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Infondata e’ anche l’eccezione inerente al capo C). La tesi di accusa -aver il (OMISSIS) ottenuto l’estromissione di (OMISSIS) dal lavoro di guardiania – e’ formulata nel capo di accusa riferendo la dipendenza della parte lesa da una societa’, titolare del servizio, che si e’ rivelata non corretta. Il dato, anche in questo caso, risulta irrilevante, sulla base degli accertamenti di merito svolti, che hanno approfonditamente scandagliato l’elemento di fatto rilevante – costituito dall’intervento del ricorrente (OMISSIS) sul libero esercizio dell’attivita’ lavorativa di guardiania da parte di (OMISSIS) nel centro vacanze gestito dalla societa’ di cui risulta socio (OMISSIS) – cosicche’, anche in questo caso la diversita’ del fatto verificato, limitata all’individuazione del titolare dell’attivita’ in cui favore la parte lesa prestava servizio, non risulta incidente sull’ampiezza del diritto di difesa, in conformita’ ai principi di diritto richiamati, di cui ha fatto buon governo il giudice di appello, pervenuto alle medesime conclusioni.
Inammissibile per genericita’, oltre che manifestamente infondata, risulta la censura inerente alla mancanza di corrispondenza del fatto accertato rispetto alla contestazione, formulata in relazione al capo G).
In realta’ il capo di accusa disegna compiutamente l’individuazione dei pubblici ufficiali, identificabili in (OMISSIS) e (OMISSIS), che si indicano concorrenti con (OMISSIS), ritenuto terzo beneficiario, cosicche’ non e’ dato cogliere quale elemento di fatto sia mutato rispetto all’originaria contestazione, che, nel prevedere le accuse di cui agli articoli 319-319 ter c.p., e’ stata convalidata limitatamente al primo reato gia’ nel giudizio di primo grado, sulla base della constatazione della mancata interferenza dell’azione in atti giudiziari, ed e’ stata circoscritta la responsabilita’ alla condotta attribuita ai pubblici ufficiali (OMISSIS) e (OMISSIS), specificamente individuata nel capo di imputazione: l’eccezione di nullita’ della sentenza per mutamento della contestazione in violazione del disposto di cui all’articolo 521 c.p.p. risulta quindi manifestamente infondata.
2.3. Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche riguardo all’eccezione che verte sulla pretesa inutilizzabilita’ delle dichiarazioni di (OMISSIS).
Ricordato che questi ha denunciato di essere stato il tramite delle pressioni presso (OMISSIS), che hanno generato l’imputazione di cui al capo A), da parte del ricorrente (OMISSIS), si osserva nel ricorso che, in sede di indagine dinanzi al P.m., per quel che e’ dato desumere dagli atti, a domanda dell’inquirente questi aveva dichiarato che all’epoca faceva parte del medesimo schieramento politico che avrebbe ispirato la condotta di (OMISSIS), cosicche’ egli ne aveva condiviso gli scopi, elemento di fatto che, secondo la prospettazione, lo qualificava come persona sottoponibile alle indagini; la circostanza avrebbe imposto per la sua audizione le cautele previste dall’articolo 63 c.p.p., non attuate, con la conseguente inutilizzabilita’ di quanto acquisito.
La censura e’ infondata nel merito. Come e’ stato gia’ osservato dal giudicante l’inutilizzabilita’ si riferisce a circostanze di fatto emerse nel corso dell’audizione, non preventivabili, cosicche’ la regola di giudizio applicabile in questi casi non avrebbe prodotto l’inutilizzabilita’ erga omnes di quanto affermato, ma solo quella in danno del (OMISSIS), emergente dalle sue dichiarazioni, secondo quanto stabilito dall’articolo 63 c.p.p., comma 1.
Inoltre, come e’ dato ricostruire dall’analisi delle sentenze di merito, il (OMISSIS) e’ stato escusso in dibattimento nel corso del presente giudizio quale testimone in epoca successiva a tali dichiarazioni, e prima della sua escussione non e’ stata eccepito alcunche’ dalle parti presenti riguardo alla sua qualita’ di indagato, o di persona sottoponibile alle indagini, pur essendo queste consapevoli del materiale contenuto nel fascicolo del P.m., diversamente dal Collegio giudicante.
Il dato riferito supera in fatto la valenza della contestazione, posto che la sanzione di inutilizzabilita’, di natura squisitamente processuale, non puo’ che attingere lo specifico atto, non quanto offerto dal dichiarante anche in diverso contesto, cosicche’ l’intervenuta acquisizione di ulteriori dichiarazioni dibattimentali, in mancanza di censure inerenti alla qualita’ del deponente ed alla necessita’ di nominare un difensore, esclude che possa assumere rilievo anche la prospettata inutilizzabilita’ di atti che non sono stati posti a base dell’accertamento dei fatti.
Risulta infondata, in fatto ed in diritto anche l’eccezione inerente al difetto di motivazione sotto tale profilo.
Oltre a quanto gia’ richiamato in punto di eccezioni processuali si deve osservare che sull’esistenza di tale motivazione non possono condividersi le censure proposte, che si incentrano sul dato che questa sarebbe costituita da un rinvio al contenuto di un atto estraneo al procedimento, il provvedimento emesso dal Tribunale del riesame, dinanzi al quale l’eccezione era stata originariamente formulata, atto per questo valutato inutilizzabile.
A prescindere dalla considerazione che l’inutilizzabilita’ e’ vizio che riguarda esclusivamente le prove e la loro possibilita’ di fondare una legittima valutazione di fatto, secondo quanto espressamente stabilito dall’articolo 191 c.p.p., si deve ricordare che la modalita’ argomentativa del giudicante sul punto e’ qualificabile quale motivazione per relationem a cui puo’ legittimamente farsi ricorso, per univoca giurisprudenza, alla presenza di tre condizioni identificabili: in un’argomentazione che faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; in un rimando che fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; nel richiamo ad un diverso atto che, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facolta’ di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell’impugnazione (principio pacifico; da ultimo, per tutte Sez. 6, n. 53420 del 04/11/2014, Mairajane, Rv. 261839).
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