La Corte di Cassazione, con la Sentenza civile n. 15075 del 5 giugno 2025, ha affrontato la questione dello status di figlio in casi di procreazione medicalmente assistita (PMA) eterologa eseguita all'estero da una coppia omosessuale femminile, con nascita avvenuta in Italia. La Corte ha stabilito che il bambino nato ha lo status di figlio riconosciuto anche nei confronti della madre intenzionale (non biologica) che, insieme alla madre biologica, aveva prestato il consenso alla pratica fecondativa. Questo riconoscimento è la diretta conseguenza della declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 8 della Legge n. 40 del 2004, sancita dalla Sentenza n. 68 del 2025 della Corte Costituzionale. La Cassazione ha precisato che, prima di tale pronuncia costituzionale, il giudice ordinario non avrebbe potuto riconoscere la genitorialità della madre intenzionale attraverso una mera interpretazione evolutiva, a causa del tenore letterale preclusivo del vecchio art. 8. Nel caso di specie, pur rigettando il ricorso, la Suprema Corte ha corretto la motivazione della Corte d'Appello che aveva accolto la domanda, precisando che il riconoscimento doveva fondarsi sulla sentenza di illegittimità costituzionale sopravvenuta e non sull'interpretazione evolutiva dell'articolo.
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Contatore la presunzione veridicità ed onere prova ripartito
La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 15061 del 5 giugno 2025, ha stabilito un importante principio in materia di contratti di somministrazione (come quelli di energia o acqua) in caso di contestazione sui consumi. La Corte ha chiarito che i dati di consumo registrati dal contatore godono soltanto di una presunzione semplice di veridicità. Di conseguenza, in caso di contestazione da parte dell'utente, l'onere probatorio viene così ripartito:
Il somministrante (ad esempio l'azienda erogatrice) deve provare che il contatore era perfettamente funzionante e immune da vizi.
L'utente (il fruitore) deve, a sua volta, dimostrare che l'eventuale eccessività dei consumi è stata causata da fattori esterni al suo controllo (come, ad esempio, un guasto occulto dell'impianto interno non imputabile a sua negligenza) e che non avrebbe potuto evitare con una diligente custodia dell'impianto. In alternativa, l'utente deve provare di aver vigilato con diligenza affinché terzi non potessero alterare il funzionamento del misuratore o causare un aumento dei consumi.
Quietanza notarile ed il valore confessorio
La Corte di Cassazione, con la Sentenza civile n. 15097 del 5 giugno 2025, ha analizzato la valenza probatoria della clausola di quietanza di pagamento contenuta in un atto notarile di compravendita. La Suprema Corte ha chiarito che l'attestazione del venditore, riportata nell'atto, secondo cui "il pagamento del prezzo complessivo è avvenuto contestualmente alla firma del presente atto", non è coperta dalla fede privilegiata propria dell'atto pubblico (ex art. 2700 c.c.).
Tale dichiarazione ha invece natura confessoria. Di conseguenza, il venditore che ha rilasciato quietanza non è generalmente ammesso a fornire la prova contraria per testimoni o presunzioni. L'unica via per disconoscere la quietanza è dimostrare, in applicazione analogica dell'art. 2732 c.c. (sulla revoca della confessione), che il rilascio della quietanza sia avvenuto per errore di fatto o per violenza. In alternativa, se il venditore deduce la simulazione del pagamento (cioè che il pagamento in realtà non è avvenuto), questa deve essere provata mediante una controdichiarazione scritta, in quanto trattasi di prova tra le parti del negozio.
Opponibilità clausole regolamento e trascrizione specifica
La Corte di Cassazione, con la Sentenza civile n. 15341 del 9 giugno 2025, ha stabilito un principio cruciale in merito all'opponibilità ai terzi acquirenti delle clausole limitative contenute nei regolamenti condominiali che impongono servitù reciproche (ad esempio, il divieto di destinare immobili ad un certo uso).
La Suprema Corte ha chiarito che l'opponibilità di tali vincoli non è automatica, ma è strettamente subordinata alla loro corretta trascrizione nei Registri Immobiliari. Le modalità di trascrizione variano a seconda dell'epoca in cui è stata effettuata:
Dopo la L. n. 52/1985 (art. 17, comma 3): è necessaria l'indicazione delle specifiche clausole limitative in una nota di trascrizione apposita, distinta da quella relativa all'atto di acquisto.
Prima della L. n. 52/1985 (sotto il codice civile): le clausole specifiche dovevano essere riportate nell'unica nota di trascrizione presentata per la vendita (artt. 2659, co. 1, n. 2, e 2665 c.c.). A tal fine, il mero generico rinvio al regolamento non è sufficiente.
Sotto il Codice Civile del 1865 (art. 1940): era necessario che la nota di trascrizione rendesse individuabili la natura della servitù reciproca e i fondi coinvolti.
In applicazione di questo principio, la Cassazione ha cassato la decisione impugnata che aveva ritenuto opponibile a un terzo acquirente una clausola del 1937 che vietava di adibire l'immobile a scuola di musica, semplicemente perché l'atto di vendita del 1938 richiamava il regolamento. La Corte ha imposto di verificare se la nota di trascrizione riportasse non solo il regolamento, ma anche la specifica clausola limitativa della proprietà.
Giudizio di rinvio integrità contraddittorio non eccepibile
La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 15400 del 9 giugno 2025, ha stabilito un importante principio in merito alla integrità del contraddittorio nel giudizio di rinvio. La Corte ha chiarito che in questa fase processuale non è più possibile eccepire né il giudice può rilevare d'ufficio la mancanza di un litisconsorzio necessario (ovvero la non integrità del contraddittorio dovuta a un'esigenza originaria). Tale preclusione si verifica se la questione non è stata sollevata nel ricorso per cassazione e, soprattutto, non è stata rilevata dal giudice di legittimità nella precedente fase. La logica sottesa è che si deve presumere che la Corte di Cassazione, non avendo sollevato il vizio, abbia implicitamente ritenuto il contraddittorio come integro. Di conseguenza, nel giudizio di rinvio e nei successivi gradi di legittimità, le sole persone che possono e devono partecipare in qualità di litisconsorti necessari sono coloro che sono stati effettivamente parti nel primo giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione.
Condominio Ordinaria e straordinaria amministrazione
La Corte di Cassazione, con la Sentenza civile n. 15346 del 9 giugno 2025, ha definito il criterio distintivo tra gli atti di ordinaria amministrazione e quelli di straordinaria amministrazione nell'ambito del condominio.
La Corte ha stabilito che la discriminante risiede nella "normalità" dell'atto di gestione rispetto all'obiettivo di utilizzo e godimento dei beni comuni. Gli atti di ordinaria amministrazione rientrano nelle funzioni dell'amministratore (art. 1133 c.c.) e sono vincolanti per tutti i condomini. Al contrario, gli atti di straordinaria amministrazione necessitano dell'autorizzazione dell'assemblea per produrre effetti vincolanti, fatte salve le eccezioni urgenti previste dall'art. 1135, comma 2, c.c.
In particolare, gli atti che comportano spese rilevanti per la loro particolarità e consistenza economica – anche se finalizzati a una migliore utilizzazione delle parti comuni o imposti da nuove normative – devono essere qualificati come straordinari e richiedono pertanto una specifica delibera assembleare.
In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto valida una delibera riguardante la "manutenzione generale dei due corpi di fabbrica" condominiali, in quanto era stata adottata senza la maggioranza qualificata richiesta per gli interventi straordinari (nella formulazione del vecchio art. 1136, comma 2, c.c.).
Foro del consumatore prevale su foro speciale avvocato
La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 15345 del 9 giugno 2025, ha risolto un conflitto di competenza per territorio tra il foro speciale per le controversie in materia di onorari forensi e il foro del consumatore.
La Suprema Corte ha stabilito che, qualora un avvocato agisca con ricorso per decreto ingiuntivo per ottenere il pagamento delle competenze professionali dal proprio cliente (o dall'erede), avvalendosi del foro speciale previsto dall'art. 637, comma 3, c.p.c. e dall'art. 14, comma 2, del D.Lgs. n. 150/2011, tale foro soccombe di fronte al foro speciale della residenza o del domicilio del consumatore (previsto dall'art. 33, comma 2, lett. u, del D.Lgs. n. 206/2005, Codice del Consumo).
La ragione di tale prevalenza risiede nella natura di competenza esclusiva del foro del consumatore. Questo foro, infatti, prevale su ogni altra previsione di competenza in virtù delle superiori esigenze di tutela che sono alla base dello statuto del consumatore, che trova applicazione anche sul terreno processuale.
La procura per la richiesta di decisione in Cassazione
La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la Sentenza civile n. 14986 del 4 giugno 2025, si è pronunciata sull'applicabilità temporale delle modifiche all'art. 380-bis c.p.c. introdotte dal D.Lgs. n. 164 del 2024, che ha eliminato l'obbligo di rilasciare una nuova procura speciale per la richiesta di decisione in Cassazione. Le Sezioni Unite hanno stabilito che, in assenza di una specifica norma transitoria (che non è rintracciabile nell'art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 164/2024 né nell'art. 35, comma 1, del D.Lgs. n. 149/2022, applicabili solo al primo grado), tale modifica normativa si applica immediatamente anche ai giudizi di cassazione introdotti con ricorso notificato prima del 1° gennaio 2023, a condizione che a quella data non fosse ancora stata fissata l'adunanza camerale o l'udienza pubblica. Questa interpretazione è stata preferita per garantire l'uniformità e il coordinamento, evitando di differenziare l'entrata in vigore delle previsioni correttive del D.Lgs. n. 164/2024 rispetto alle analoghe modifiche del giudizio di legittimità già introdotte dal D.Lgs. n. 149 del 2022.
“A prima richiesta” e contratto autonomo di garanzia
Esposizione ampia e chiara
La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza civile n. 14945 del 4 giugno 2025, ha ribadito il criterio interpretativo per distinguere la fideiussione dal contratto autonomo di garanzia. La Corte ha stabilito che l'inserimento, in un contratto di garanzia, della clausola di pagamento "a prima richiesta e senza eccezioni" è, di per sé, un elemento idoneo a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia. Questa clausola è considerata incompatibile con il principio di accessorietà che è tipico della fideiussione. Tuttavia, questa qualificazione non è automatica. Il giudice è sempre tenuto a interpretare la clausola alla luce dell'intero contenuto della convenzione negoziale per verificare l'effettiva volontà delle parti. Nel caso specifico, la Suprema Corte ha confermato la qualificazione come contratto autonomo di garanzia, supportata non solo dalla clausola "a prima richiesta", ma anche da un'ulteriore previsione che estendeva la garanzia all'obbligo di restituzione delle somme erogate, anche in caso di invalidità delle obbligazioni garantite.





