Responsabilità professionale dell’avvocato e l’obbligo di informazione dell’esito sfavorevole del giudizio di primo grado

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|19 gennaio 2024| n. 2109.

Responsabilità professionale dell’avvocato e l’obbligo di informazione dell’esito sfavorevole del giudizio di primo grado

In tema di responsabilità professionale dell’avvocato, ai fini dell’accertamento di un danno risarcibile derivante dall’inadempimento dell’obbligo di informazione dell’esito sfavorevole del giudizio di primo grado, che ha determinato l’impossibilità di proseguire il giudizio in sede di impugnazione, deve essere effettuata una valutazione prognostica sull’esito che avrebbe potuto avere l’impugnazione preclusa dall’omessa informazione, da svolgersi sulla base della prevedibile strategia difensiva (anche alla luce delle eccezioni proposte e delle difese svolte nel primo grado di giudizio) e della possibilità di ottenere un risultato favorevole (anche alla luce degli orientamenti giurisprudenziali formatisi in materia).

Ordinanza|19 gennaio 2024| n. 2109. Responsabilità professionale dell’avvocato e l’obbligo di informazione dell’esito sfavorevole del giudizio di primo grado

Data udienza 6 dicembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Avvocato e procuratore – Responsabilita’ civile – In genere responsabilità professionale dell’avvocato – Inadempimento dell’obbligo di informazione dell’esito sfavorevole del giudizio di primo grado – Impossibilità di agire in giudizio per responsabilità del professionista – Valutazione prognostica del contenuto delle difese che si sarebbero potute proporre – Perdita delle concrete e significative possibilità di successo – Affermazione dell’esistenza di un danno risarcibile.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco M. – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25183/2021 proposto da:

Gi.Io., rappresentato e difeso dall’avvocato GI. BA. CA. (…);

– ricorrente –

contro

An.Fr., rappresentato e difeso dall’avvocato DA. VI. (…);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 175/2021 della CORTE D’APPELLO DI TRIESTE, depositata il 17/05/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6/12/2023 dal Consigliere dott. MARCO DELL’UTRI;

Responsabilità professionale dell’avvocato e l’obbligo di informazione dell’esito sfavorevole del giudizio di primo grado

Ritenuto che,

con sentenza resa in data 17/5/2021, la Corte d’appello di Trieste ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha condannato Gi.Io. al risarcimento, in favore An.Fr., dei danni da quest’ultimo subiti in conseguenza dell’inesatto e negligente adempimento, da parte di Si.Io.(al quale Gi.Io. è succeduto mortis causa), delle proprie obbligazioni connesse all’incarico assunto da Si.Io. per la difesa del An.Fr. nel quadro di una controversia instaurata dinanzi alla Commissione tributaria provinciale per l’annullamento di un avviso di accertamento tributario notificato a carico del An.Fr.;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come del tutto correttamente il primo giudice avesse rilevato l’effettiva sussistenza dell’illecito contestato a carico di Si.Io., avendo quest’ultimo omesso di informare il An.Fr. della decisione negativa assunta Commissione tributaria provinciale (debitamente comunicata allo Gi.Io.), in tal modo impedendone la prosecuzione del giudizio dinanzi alla Commissione tributaria regionale ed, eventualmente, alla Corte di Cassazione, al fine di ottenere l’annullamento del ridetto avviso di accertamento: annullamento che, sulla base di una valutazione prognostica formulabile ex ante, sarebbe stato ragionevolmente conseguito nei termini di una concreta e significativa probabilità;

avverso la sentenza d’appello, Gi.Io. propone ricorso per Cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;

An.Fr. resiste con controricorso, cui ha fatto seguito del deposito di memoria;

Responsabilità professionale dell’avvocato e l’obbligo di informazione dell’esito sfavorevole del giudizio di primo grado

considerato che,

con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 342 e 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale omesso di esaminare tutte le censure avanzate dallo Gi.Io. in sede d’appello e, segnatamente, della doglianza riferita alla tardività dell’allegazione (avanzata dal An.Fr. in primo grado solo in sede conclusionale) relativa all’eventuale rilevabilità dal An.Fr., dinanzi alla Commissione tributaria regionale, della questione concernente la nullità dell’avviso di accertamento per violazione dei termini di notificazione: allegazione, quest’ultima, ritenuta da entrambi i giudici del merito decisiva ai fini del riscontro della responsabilità risarcitoria dello Gi.Io.;

sotto altro profilo, il ricorrente contesta la mancata considerazione, da parte della corte territoriale, della questione concernente la non ravvisabilità della responsabilità professionale dello Gi.Io. in relazione alla mancata coltivazione di una determinata strategia processuale, peraltro del tutto priva, secondo la consolidata giurisprudenza dell’epoca, di alcuna possibilità di essere condivisa dal giudice tributario;

il motivo è infondato;

osserva il Collegio come, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) da parte del giudice di merito, quando tali questioni o eccezioni risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dall’incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico – giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione deve ritenersi censurabile mediante ricorso per cassazione, non già per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (Sez. 3, Ordinanza n. 12131 del 08/05/2023, Rv. 667614 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 7406 del 28/03/2014, Rv. 630315 – 01);

nel caso di specie, la decisione implicitamente assunta dal giudice a quo – consistita nell’escludere la tardività dell’allegazione o dell’argomentazione sostenuta dal An.Fr. in sede conclusionale dinanzi al giudice di primo grado – non risulta adeguatamente censurata in questa sede, essendosi lo Gi.Io. limitato unicamente a trattare l’argomentazione relativa alla pronosticabilità ex ante del prevedibile carattere vincente della questione della nullità dell’avviso di accertamento (ossia il merito delle questioni sollevate in sede conclusionale di primo grado dal An.Fr.) e non già, ex professo, il tema dell’erroneità della decisione d’appello circa la ritenuta non tardività dell’allegazione (o argomentazione) sostenuta dal An.Fr. in sede conclusionale dinanzi al giudice di primo grado;

le considerazioni qui argomentate devono ritenersi peraltro estese anche alla pretesa mancata pronuncia del giudice d’appello in ordine alla non ravvisabilità della responsabilità professionale dello Gi.Io. in relazione alla mancata coltivazione di una determinata strategia processuale;

Responsabilità professionale dell’avvocato e l’obbligo di informazione dell’esito sfavorevole del giudizio di primo grado

in relazione a tale questione, infatti, deve ritenersi del tutto improprio il richiamo operato dall’odierno ricorrente alla pretesa violazione dell’art. 112 c.p.c., dovendo ravvisarsi, anche in questo caso, il ricorso di un’implicita pronuncia contraria della corte territoriale avente ad oggetto la piena censurabilità della mancata coltivazione, da parte del professionista, di una determinata strategia processuale, là dove si tratti di determinare la concretezza, o il carattere significativo, di una determinata chance di successo processuale da parte del danneggiato impossibilitato ad agire in giudizio per responsabilità del professionista;

varrà peraltro considerare come, al di là dell’eventuale esattezza del richiamo del ricorrente all’asserita violazione dell’art. 112 c.p.c. da parte della corte territoriale, entrambe le decisioni (implicitamente) assunte dal giudice d’appello debbano ritenersi corrette sul piano giuridico, dovendo ritenersi, da un lato, che nessuna tardività può essere imputata all’avvenuta indicazione, in sede conclusionale di primo grado (in relazione alla domanda di danni per responsabilità professionale), di una mera argomentazione in iure circa le ipotetiche considerazioni svolgibili al fine di lasciar emergere la fruttuosità dell’eventuale impugnazione dinanzi alla Commissione tributaria regionale (resa impossibile per responsabilità del difensore), e, dall’altro, che nessuna preclusione può essere opposta alla valutabilità giudiziale della strategia processuale adottata da un difensore (ovvero, nel caso di specie, la decisione di non agire in sede di impugnazione tributaria per la certezza della sua infondatezza), là dove, proprio l’adozione di tale strategia processuale, si rivelò tale da evidenziare i profili di negligenza o di imperizia del professionista contestati dal danneggiato;

con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che la controparte avesse fornito una prova certa e inequivocabile della responsabilità professionale dello Gi.Io. sul presupposto di argomentazioni e allegazioni non tempestivamente sollevate dall’originario attore e, pertanto, non utilmente valutabili ai fini della decisione, e per avere in tal senso erroneamente ritenuto che la sola eventuale costituzione del An.Fr. in sede di appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale avrebbe scongiurato, sul piano probabilistico, la causazione del danno lamentato in questa sede;

il motivo è infondato;

osserva il Collegio come, anche in relazione alla censura in esame, la circostanza dell’avvenuta indicazione, in sede conclusionale di primo grado (in relazione alla domanda di danni per responsabilità professionale), di una mera argomentazione in iure circa le ipotetiche considerazioni svolgibili al fine di lasciar emergere la fruttuosità dell’eventuale impugnazione dinanzi alla Commissione tributaria regionale (che non fu possibile per responsabilità del difensore), non sia valsa a integrare alcuna forma di tardività processualmente rilevante, essendosi trattato, con riguardo a tali difese, non già dell’introduzione di fatti nuovi mai precedentemente trattati dalle parti, bensì dell’illustrazione di mere argomentazioni difensive insuscettibili di soffrire di alcuna preclusione processuale di sorta;

quanto alla circostanza che l’eventuale costituzione in giudizio del An.Fr. in sede di appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale avrebbe determinato una significativa e concreta probabilità di successo, è appena il caso di considerare come la corte territoriale abbia specificamente sottolineato la circostanza dell’avvenuta sollevazione dell’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento sin dal primo grado dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, e come la stessa eccezione fosse stata riproposta dal An.Fr. in sede di legittimità dinanzi alla Corte di Cassazione, sì che del tutto correttamente la corte territoriale ha ritenuto, nell’esercizio della propria discrezionalità valutativa, come fosse del tutto prevedibile che, all’eventuale costituzione in appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale, si sarebbe accompagnata la reiterazione di quell’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento che, sulla base della giurisprudenza della stessa Commissione tributaria regionale formatasi all’epoca, sarebbe stata verosimilmente premiata da successo (così come sarebbe comunque stata premiata da successo la sua reiterazione in sede di legittimità, come osservato dalla stessa Corte di cassazione pronunciatasi in quella sede tributaria);

deve pertanto ritenersi corretta la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il solo fatto di non aver potuto partecipare al giudizio dinanzi alla Commissione tributaria regionale (tenuto conto dei prevedibili contenuti che si sarebbero accompagnati a detta partecipazione) valse a pregiudicare la possibilità, per il An.Fr., di ottenere un risultato favorevole;

del tutto inconferente, in tal senso, deve ritenersi il richiamo dell’affermazione del primo giudice più volte evocata dall’odierno ricorrente (di per sé, insuscettibile di tradursi in cosa giudicata, in ragione del quantum devolutum in appello) – secondo cui doveva essere esclusa alcuna relazione di causalità tra la mancata costituzione in giudizio, in sé considerata, e il danno lamentato dal An.Fr. – valendo al riguardo la necessità di concretizzare il senso ‘prospettico’ di quell’eventuale costituzione dinanzi alla Commissione tributaria regionale in relazione alla prevedibile strategia difensiva che avrebbe assunto il An.Fr. ove costituito in appello;

con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2236 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente valutato la condotta professionale dello Gi.Io. in contrasto con gli indirizzi della giurisprudenza in vigore all’epoca della proponibilità dell’appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale, tutti intesi ad escludere l’annullabilità dell’avviso di accertamento per tardività della relativa notificazione, in tal modo incorrendo nell’erronea valutazione di tale condotta professionale sulla base di elementi di valutazione acquisiti ex post, e non già in relazione ai parametri concretamente utilizzabili al momento dell’adozione di tale condotta professionale; il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come, attraverso la discussione della questione di diritto relativa allo stato della giurisprudenza all’epoca della condotta professionale dello Gi.Io., l’odierno ricorrente intenda ridiscutere il merito della causa attraverso una diversa lettura dei fatti di causa rispetto a quella fatta propria dal giudice a quo, secondo un’impostazione critica non consentita in sede di legittimità;

varrà peraltro considerare come la lettura interpretativa del giudice d’appello debba ritenersi comunque pienamente corretta, avendo la corte territoriale espressamente sottolineato come, ove l’iniziativa giudiziale del An.Fr. fosse stata coltivata dinanzi alla Commissione tributaria regionale, sarebbero rimaste vive chances di successo ragionevolmente e significativamente prospettabili, anche sulla base degli indirizzi della giurisprudenza di merito che andavano consolidandosi all’epoca (senza considerare i successivi sviluppi della giurisprudenza della Corte di cassazione che sarebbero stati eventualmente fruibili in sede di legittimità);

sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del D.P.R. n. 115/2002.

Responsabilità professionale dell’avvocato e l’obbligo di informazione dell’esito sfavorevole del giudizio di primo grado

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 8.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del D.P.R. n. 115/2002.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione del 6 dicembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2024.

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