Il contratto di appalto avente ad oggetto l’allestimento di un bene con affidamento in custodia all’appaltatore

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|22 gennaio 2024| n. 2232.

Il contratto di appalto avente ad oggetto l’allestimento di un bene con affidamento in custodia all’appaltatore

Il contratto di appalto avente ad oggetto l’allestimento di un bene, con affidamento in custodia all’appaltatore, non dispiega effetti protettivi a favore del terzo proprietario diverso dal committente, atteso che, fatta eccezione per il circoscritto campo delle prestazioni sanitarie afferenti alla procreazione, trova applicazione il principio generale di efficacia limitata alle parti degli effetti negoziali di cui all’art. 1372, comma 2, c.c.; ne discende che le conseguenze pregiudizievoli dell’inadempimento contrattuale nei confronti dei terzi hanno natura riflessa e comportano una responsabilità che è di tipo extracontrattuale, soggetta al termine di prescrizione quinquennale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di rigetto, per intervenuta prescrizione quinquennale, della domanda svolta dalla proprietaria di un natante, posto sotto sequestro e successivamente affidato dalla Guardia di finanza in custodia a una società appaltatrice, di risarcimento del danno patito in conseguenza della distruzione del bene a seguito di un incendio).

Sentenza|22 gennaio 2024| n. 2232. Il contratto di appalto avente ad oggetto l’allestimento di un bene con affidamento in custodia all’appaltatore

Data udienza 18 dicembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Appalto (contratto di) – Responsabilita’ – In genere contratto di appalto – Inadempimento dell’obbligazione accessoria di custodia del bene oggetto del contratto – Effetti protettivi a favore del terzo proprietario diverso dal committente – Esclusione – Fondamento – Conseguenze – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere Rel.

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

Ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso 4594/2020 proposto da:

(…) Srl in persona del Legale Rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma.Ri.;

– ricorrente –

contro

Ministero della Giustizia, Ministero delle Finanze, in persona dei rispettivi Ministri, domiciliati ex lege in Roma Via dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato da cui sono difesi per legge;

– controricorrenti –

nonché contro

C(…) di Gi.Gi. & C. Sas in persona del Legale Rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ca.Al.;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1263/2019 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 19/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2023 dal consigliere ENRICO SCODITTI;

Il contratto di appalto avente ad oggetto l’allestimento di un bene con affidamento in custodia all’appaltatore

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato in data 6 agosto 2002 (…) Srl convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Massa C(…) di Gi.Gi. & C. Sas, il Ministero della Giustizia e il Ministero delle Finanze chiedendo il risarcimento del danno nella misura di Lire 900.000.000. Espose l’attrice quanto segue: in data 30 ottobre 1996 la Guardia di Finanza aveva sequestrato un natante di proprietà dell’attrice, affidato poi con facoltà d’uso alla Stazione Navale di Bari della Guardia di Finanza; era stato stipulato contratto di appalto in data 30 dicembre 1996 fra la Guardia di Finanza e C(…) di Gi.Gi. & C. Sas per l’allestimento del natante ai fini dell’utilizzo per lo svolgimento dell’attività di repressione e di contrasto del contrabbando, con affidamento per tale incombenza del medesimo natante alla appaltatrice in custodia (art. 11 del contratto); in data 9 aprile 1997 il natante, mentre si trovava presso la sede C(…), aveva subito ingenti danni a causa di un incendio, accertato come doloso in sede di procedimento penale (conclusosi con l’archiviazione per essere rimasti ignoti gli autori del reato); a seguito del dissequestro, il natante era stato restituito all’attrice in data 26 agosto 1997 in condizioni di rottame.

2. Dichiarata l’incompetenza territoriale da parte del Tribunale, e riassunto il giudizio innanzi al Tribunale di Lecce, quest’ultimo dichiarò la prescrizione quinquennale nei confronti di C(…) e rigettò la domanda nei confronti dei Ministeri, che avevano tardivamente eccepito la prescrizione. Avverso detta sentenza propose appello l’attrice.

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3. Con sentenza di data 19 novembre 2019 la Corte d’appello di Lecce rigettò l’appello.

Premessa l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 342 cod. proc. civ. sollevata da C(…), osservò la corte territoriale, in relazione al motivo di appello secondo cui il contratto stipulato fra la Guardia di Finanza e C(…) era fonte di effetti obbligatori anche nei confronti dell’appellante con conseguente applicazione della prescrizione decennale, che (…) Srl non era parte di quel contratto, né poteva trovare applicazione la disciplina del contratto a favore di terzo, difettando la designazione da parte di C(…) di un terzo quale avente diritto alla prestazione prevista dal contratto del 30 dicembre 1996. Aggiunse, quanto alla decorrenza della prescrizione, che la missiva del 7 giugno 1997, indirizzata per conoscenza al Comando della Guardia di Finanza di Brindisi, con cui (…), per il tramite del suo legale, aveva chiesto a C(…) che le fosse indicata la compagnia assicuratrice per verificare la possibilità di una bonaria trattazione del sinistro, rivelava che l’appellante fosse alla detta data a conoscenza dell’incendio del 9 aprile 1997 e fosse consapevole di poter esercitare il proprio diritto, tanto da aggiungere che, ove l’assicuratore non avesse inteso aderire alla richiesta risarcitoria, si sarebbe resa “necessaria un’azione giudiziale con citazione del cantiere che a sua volta, per essere manlevato, chiederà la chiamata in causa del terzo garante (compagnia di assicurazione)”. Osservò ancora, alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che il termine di prescrizione decorreva dal momento in cui il danneggiato avesse avuto, o avrebbe potuto avere usando l’ordinaria diligenza, consapevolezza del pregiudizio in relazione ad una determinata causa, essendo dunque sufficiente anche la conoscibilità del danno. Aggiunse che l’appellante, nonostante il sequestro dell’imbarcazione, avrebbe potuto esercitare i diritti ad essa spettanti quale proprietaria a seguito del sinistro, del quale era a conoscenza.

Quanto alla posizione dei Ministeri, nei cui confronti l’appellante aveva in primo grado invocato, in concorso con la responsabilità del custode C(…), la culpa in eligendo, osservò la corte territoriale quanto segue: “l’appellante non ha mosso alcuna censura avverso l’iter logico-argomentativo attraverso cui il primo giudice è pervenuto ad escludere la responsabilità dei Ministeri. Non vi è, in particolare, nell’atto di appello nessuna confutazione delle ragioni addotte in sentenza a sostegno dell’inconfigurabilità sia della culpa in vigilando sia della culpa in eligendo. Consegue che non possono essere qui riesaminate le ragioni poste dal giudice a quo a fondamento della ritenuta insussistenza a carico delle Amministrazioni dell’obbligo di custodia dopo l’affidamento del natante alla C(…) Sas nonché dell’inconfigurabilità, nel caso di specie, della culpa in eligendo e, comunque, dell’assenza di profili di colpa. Non essendo suscettibili di essere elise, in quanto non investite da critiche, tali ragioni permangono a giustificare la statuizione di rigetto contenuta in sentenza”.

Aggiunse che, “in ogni caso”: l’art. 1673 cod. civ. disciplinava i rapporti fra committente e appaltatore e non invece i rapporti fra committente e terzo; nei confronti dei Ministeri non era stata fatta valere la diretta violazione dell’obbligo di custodia di cui all’art. 1177 cod. civ., ma solo una responsabilità da culpa in eligendo, esclusa dal primo giudice sulla base di motivazione non censurata. Osservò infine che i lavori di allestimento del natante erano stati affidati, nel rispetto delle procedure di legge, a società operante nel settore della cantieristica navale, la quale disponeva di luoghi recintati e custoditi al cui interno si era sviluppato l’incendio di natura dolosa.

4. Ha proposto ricorso per cassazione (…) Srl sulla base di cinque motivi e resistono con distinti controricorsi da una parte C(…) di Gi.Gi. & C. Sas, dall’altra il Ministero della Giustizia e il Ministero delle Finanze. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. Il pubblico ministero ha depositato le conclusioni scritte. E’ stata presentata memoria.

5. Con ordinanza interlocutoria n. 23891 del 4 agosto 2023 la causa è stata rimessa alla pubblica udienza. Il pubblico ministero ha nuovamente depositato le conclusioni scritte. E’ stata nuovamente presentata memoria.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1411, 1218, 1223, 1322, comma 2, 1323, 2946 cod. civ., 132 n. 4 cod. proc. civ., nonché omesso esame del fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che (…) è da ritenere parte del contratto in quanto proprietaria dell’imbarcazione ed unico soggetto interessato a far valere le obbligazioni nascenti dal contratto, alla luce della giurisprudenza sul contratto con effetti protettivi nei confronti del terzo, sul contratto a favore di terzo, sul trasporto di cose quando il destinatario è soggetto diverso dal mittente e sull’assicurazione a favore di terzo. Aggiunge che l’adesione di (…) al contratto concluso fra la Guardia di finanza e C(…) risulta dalla dichiarazione di data 8 aprile 1998, con cui si autorizzava la seconda a procedere alla demolizione del natante. Conclude nel senso dell’esistenza quindi del termine decennale di prescrizione.

1.1. Il motivo è infondato. La giurisprudenza di questa Corte mantiene fermo il principio secondo cui il contratto è retto dal principio di efficacia limitata alle parti degli effetti negoziali (art. 1372 cod. civ.). L’inadempimento contrattuale è tale, con le sue conseguenze, solo per il creditore perché la tutela contrattuale vale solo nei confronti della parte del contratto. Ne discende che le conseguenze pregiudizievoli dell’inadempimento contrattuale nei confronti dei terzi rispetto al contratto hanno natura riflessa e comportano quindi una responsabilità che è di tipo extracontrattuale.

Non ignora il Collegio che nell’ambito della dottrina è stata elaborata la figura del contratto con effetti protettivi nei confronti del terzo, valorizzando in particolare il principio costituzionale di solidarietà, nel quadro dei c.d. obblighi di protezione, e sulla scorta di quanto emergente dall’ordinamento tedesco. La problematica della protezione contrattuale del terzo va tenuta distinta dalla fattispecie del contratto a favore di terzi (art. 1411 cod. civ.) perché, mentre in quest’ultimo il terzo ha diritto alla prestazione fissata dal contratto, nel contratto con obblighi protettivi il terzo, secondo la costruzione dottrinale in discorso, ha solo diritto alla protezione ex contractu.

Reputa il Collegio che debba essere tenuto fermo l’orientamento di questa Corte, per come di recente si è stabilizzato con Cass. n. 11320 del 2022, la quale, nell’ambito della responsabilità sanitaria, ha affermato che il rapporto contrattuale tra il paziente e la struttura sanitaria o il medico non produce, di regola, effetti protettivi in favore dei terzi, perché, fatta eccezione per il circoscritto campo delle prestazioni sanitarie afferenti alla procreazione, trova applicazione il principio generale di cui all’art. 1372, comma 2, c.c., con la conseguenza che l’autonoma pretesa risarcitoria vantata dai congiunti del paziente per i danni ad essi derivati dall’inadempimento dell’obbligazione sanitaria, rilevante nei loro confronti come illecito aquiliano, si colloca nell’ambito della responsabilità extracontrattuale (si veda già prima anche Cass. n. 14258 del 2020). Trattasi di posizione coerente all’indirizzo che negli anni si è sedimentato in questa Corte, che ha riconosciuto l’effetto protettivo del terzo, per la peculiarità della fattispecie, esclusivamente per il contratto stipulato dalla gestante con la struttura sanitaria, rispetto al quale sono interessi protetti dal contratto non solo quelli della parte contrattuale, ma anche quelli del nascituro e del padre (a partire rispettivamente da Cass. n. 11503 del 1993 e n. 6735 del 2002, e poi anche Cass. n. 10741 del 2009). Tale complesso giurisprudenziale porte ad escludere che possa essere riconosciuta una figura generale di contratto con effetti protettivi del terzo.

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A conclusioni diverse non si giunge considerando gli arresti giurisprudenziali valorizzati dal Procuratore generale il quale, nelle sue conclusioni scritte, reputa che, sulla base dei detti arresti, possa nel caso di specie pervenirsi ad una tutela contrattuale del terzo proprietario del natante, considerando l’obbligazione di custodia che accede al contratto di appalto. Non è particolarmente significativo il richiamo a Cass. n. 21219 del 2022, perché nella specie si è trattato di una qualificazione del contratto come a favore di terzi (“il contratto di deposito di cose altrui è un contratto a favore di terzo ex art. 1411 c.c., il cui fine principale è quello della custodia, conservazione e restituzione delle merci, con la conseguenza che titolare dell’azione risarcitoria nei confronti del depositario per la perdita, distruzione o deterioramento delle cose depositate è, indipendentemente da chi ne sia il proprietario, non solo il depositante ma anche il terzo che avrebbe avuto titolo alla restituzione”). Nel contratto di appalto in questione non si rinvengono, alla luce dell’accertamento del giudice

del merito, i presupposti di fatto della fattispecie del contratto a favore di terzo, ma si pone il diverso problema se l’obbligazione di custodia, accessoria all’appalto, spieghi effetti non solo a favore del committente, ma anche, in funzione protettiva, a favore del terzo proprietario.

Di maggiore significato, sempre a proposito di quanto risultante dalle conclusioni scritte del Pubblico Ministero, potrebbe apparire Cass. n. 15988 del 2010, la quale, facendo perno sulla particolare fattispecie del cd. handling aeroportuale, ha affermato che in caso di alienazione di merce depositata presso l’autorità portuale, titolare dell’interesse sostanziale sotteso al rapporto di deposito non è l’originario depositante ma l’acquirente, il quale, essendo divenuto proprietario delle merci, deve considerarsi pertanto legittimato, in caso di distruzione della merce depositata a seguito di incendio, all’esercizio dell’azione risarcitoria nei confronti del depositario, secondo un meccanismo di semplificazione e accelerazione dei rapporti sostanziali e processuali conforme ai nuovi principi costituzionali sul giusto processo. Tale principio di diritto ha valenza interpretativa della portata dell’art. 1777 cod. civ. (“persona a cui deve essere restituita la cosa”) in materia di contratto di deposito, nell’ambito di una fattispecie dove all’interesse sostanziale del depositante, che aveva agito su mandato del proprietario importatore della merce, era subentrato quello del successivo acquirente della cosa depositata. Anche il caso di cui a Cass. n. 15988 del 2010 ha quindi valenze del tutto peculiari.

Deve pertanto concludersi per l’estraneità alla tradizione giurisprudenziale di una figura generale di contratto con effetti protettivi del terzo.

Né, sulla base della censura in esame, può pervenirsi ad una successiva integrazione delle parti contrattuali del rapporto di appello con la ricorrente. Nel motivo vi è una censura anche in termini di vizio di motivazione, mediante il riferimento alla circostanza di fatto della dichiarazione di data 8 aprile 1998 di autorizzazione di C(…) a demolire il natante. Poiché la pronuncia di appello è conforme a quella di primo grado, ricorre in relazione al vizio motivazionale la ragione di inammissibilità della denuncia di vizio motivazionale prevista dall’art. 348 – ter cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, né la parte ricorrente ha dimostrato che sul punto la sentenza di appello sarebbe fondata su ragioni, inerenti alle questioni di fatto, diverse da quelle poste a base della sentenza del Tribunale. E appena il caso di aggiungere che, in mancanza di altre circostanze specificanti, non si coglierebbe comunque, rispetto al contratto stipulato in data 30 dicembre 1996, la decisività di una dichiarazione resa dal terzo in data 8 aprile 1998 ai fini dell’accertamento della esistenza di un’ipotetica originaria esistenza dell’accordo contrattuale che veda come parte anche la odierna ricorrente.

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Ricorrono in definitiva solo i presupposti della responsabilità extracontrattuale da far valere nei confronti dell’appaltatore, con la relativa prescrizione quinquennale.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2947, 1223 e 2935 cod. civ., nonché omesso esame del fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la prescrizione non può essere fatta decorrere dalla lettera del 7 giugno 1997 poiché a quella data la società proprietaria del natante non conosceva chi fosse l’autore materiale dell’incendio, chi fosse il responsabile della custodia al momento del sinistro ed inoltre ignorava l’esistenza del contratto stipulato con la Guardia di Finanza. Aggiunge che al momento della lettera la (…) aveva solo appreso dei danni subiti a seguito di un incendio, ignorandone però la consistenza e gli altri profili evidenziati, e che la restituzione del natante ed il decreto di archiviazione erano fatti successivi alla lettera di cui sopra.

2.1. Il motivo è inammissibile. La corte territoriale non solo ha evidenziato come la lettera del 9 aprile 1997 rivelasse che la ricorrente fosse a conoscenza dell’incendio e fosse consapevole di poter esercitare i rimedi a tutela del suo diritto, ma anche richiamato il principio della conoscibilità del danno alla stregua della diligenza ordinaria, osservando altresì che l’appellante, nonostante il sequestro dell’imbarcazione, avrebbe potuto esercitare i diritti ad essa spettanti quale proprietaria a seguito del sinistro, del quale era a conoscenza. Trattasi di conclusione conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui ai fini della decorrenza della prescrizione non è necessario che il danneggiato abbia avuto reale e concreta percezione dell’esistenza e gravità del danno stesso, nonché della sua addebitabilità ad un determinato soggetto, ma è sufficiente che dal momento di decorrenza della prescrizione avrebbe potuto avere percezione del danno usando l’ordinaria diligenza (fra le tante Cass. n. 4899 del 2016).

La censura attinge esclusivamente il giudizio relativo alla concreta conoscenza del danno e non anche il rilievo che comunque, usando l’ordinaria diligenza, il danneggiato avrebbe potuto avere percezione del danno in relazione al quale esercitare il proprio diritto risarcitorio, una volta appresa l’esistenza dei pregiudizi subiti a seguito dell’incendio. Non avendo fatto oggetto di censura la sentenza anche per questa parte, il motivo è privo di decisività.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 1177, 1673, comma 2, 2697 cod. civ., 112 cod. proc. civ., nonché omesso esame del fatto decisivo e controverso, ai

sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, n. 4 e n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la corte territoriale ha omesso di pronunciare sui motivi di appello relativi ai Ministeri, con riferimento sia agli artt. 1177 (obbligo di custodia del natante) e 1673, comma 2 (il perimento del natante è a carico del committente, ossia le Amministrazioni dello Stato), sia alla culpa in eligendo addebitata con la citazione di primo grado, e che i motivi di appello erano ben articolati.

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2049, 1177, 1673, cod. civ., 132 n. 4 e 112 cod. proc. civ., nonché omesso esame del fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, n. 4 e n. 5, cod. proc. civ. Osserva la parte ricorrente che nella citazione di primo grado era stata ascritta alle Amministrazioni, in concorso con il difetto di custodia della C(…), una condotta colpevole sotto il profilo della culpa in eligendo, e dunque ai sensi dell’art. 2049, e che il giudice di appello ha omesso di pronunciare al riguardo, non essendo stato in grado di identificare la norma corrispondente alla culpa in eligendo.

5. Il terzo ed il quarto motivo, da trattare congiuntamente, sono inammissibili. Ha statuito il giudice di appello che “l’appellante non ha mosso alcuna censura avverso l’iter logico-argomentativo attraverso cui il primo giudice è pervenuto ad escludere la responsabilità dei Ministeri. Non vi è, in particolare, nell’atto di appello nessuna confutazione delle ragioni addotte in sentenza a sostegno dell’inconfigurabilità sia della culpa in vigilando sia della culpa in eligendo”. Tale ratio decidendi, che depone nel senso di una ritenuta inammissibilità dell’impugnazione ai sensi dell’art. 342 cod. proc. civ. (essendo stata esclusa tale inammissibilità al principio della motivazione solo in relazione all’appello proposto da C(…)), è stata impugnata in modo inidoneo.

Sia, infatti, si ritenga che la censura abbia ad oggetto il giudizio di inammissibilità ai sensi dell’art. 342, sia se si intende la censura come avente ad oggetto l’omessa pronuncia, secondo quanto depone il richiamo nella rubrica di entrambi i motivi all’art. 112 cod. proc. civ., la ricorrente non ha specificatamente indicato, in ottemperanza all’onere processuale di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ., quale fosse lo specifico contenuto del motivo appello, anche eventualmente trascrivendone le parti rilevanti, essendosi limitata ad osservare che “i motivi d’appello erano ben articolati”. In mancanza dell’assolvimento del detto onere processuale, il motivo non può essere scrutinato, come si è detto sia sotto il profilo dell’art. 342 che sotto quello dell’art. 112.

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Non vi è stata pertanto mancata percezione da parte del giudice di appello di quale fosse stata la responsabilità ascritta alle Amministrazioni dello Stato, come si denuncia nel quarto motivo, avendo anzi il giudice del merito evidenziato che non era stata fatta valere la violazione dell’obbligo di custodia di cui all’art. 1177 cod. civ., ma solo una responsabilità da culpa in eligendo. Ha tuttavia subito precisato che quest’ultima responsabilità era stata esclusa dal primo giudice sulla base di una motivazione non idoneamente censurata con l’atto di appello, ratio decidendi rispetto alla quale, come si è visto, l’odierna impugnazione non rispetta il precetto di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ..

6. Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2049 cod. civ. e 132 n. 4 cod. proc. civ., nonché omesso esame del fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente, con riferimento al rilievo che i lavori di allestimento del natante erano stati affidati, nel rispetto delle procedure di legge, a società operante nel settore della cantieristica navale, la quale disponeva di luoghi recintati e custoditi al cui interno si era sviluppato l’incendio di natura dolosa, che la motivazione sul punto è irragionevole alla luce dell’omessa custodia da parte di C(…), tanto da consentire la commissione del reato di incendio doloso, e della inaffidabilità quindi dell’impresa cui le Amministrazioni dello Stato si erano rivolte.

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6.1. Il motivo è inammissibile. E’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. sez. U. n. 8053 del 2014). La censura avente ad oggetto la motivazione è stata irritualmente formulata mediante il raffronto con le circostanze fattuali esterne, e non sulla base di un intrinseco vizio tale da rendere apparente o inesistente la motivazione.

7. La stabilizzazione recente della giurisprudenza in relazione alla questione posta dal primo motivo costituisce ragione di compensazione delle spese del giudizio di cassazione relativamente al rapporto processuale con C(…) di Gi.Gi. & C. Sas Quanto all’altro rapporto processuale le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poiché il ricorso viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

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P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio di legittimità relativamente al rapporto processuale con C(…) di Gi.Gi. & C. Sas.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Ministero della Giustizia e del Ministero delle Finanze, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese eventualmente prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma il giorno 18 dicembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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