L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|22 gennaio 2024| n. 2246.

L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

L’omessa notifica dell’appello incidentale, proposto anche nei confronti di una parte rimasta contumace a seguito della notifica dell’appello principale, non è rilevabile d’ufficio dal giudice, atteso che, sostanziandosi l’appello incidentale in una nuova domanda (d’impugnazione) nei confronti anche di detta parte rimasta contumace, non si applicano gli artt. 331 o 332 c.p.c., che concernono unicamente le situazioni nelle quali un’impugnazione è proposta senza coinvolgere una parte di una causa inscindibile o scindibile, bensì l’art. 292 c.p.c., la cui inosservanza deve ritenersi legittimamente deducibile unicamente dalla parte rimasta contumace.

Ordinanza|22 gennaio 2024| n. 2246. L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

Data udienza 11 dicembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Circolazione stradale – Sinistro – Fondo vittime per la strada – Risarcimento danni – Presupposti – Elementi probatori – Valutazione del giudice di merito – Articoli 2055 e 2909 cc – Criteri – Articolo 395 cpc – Ricorso per revocazione – Errore di fatto – Articolo 292 cpc – Comparse contenenti nuove domande – Notificazioni – Articolo 157 cpc – Notifica al contumace

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. CIRILLO Francesco M. – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Rel. Consigliere

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere

Dott. ROSSELLO Carlo C. – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26769/2021 proposto da:

St.Ma., rappresentata e difesa dall’avvocato Ni.Ri.;

– ricorrente –

contro

Ge. Spa, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Re.Ma.;

– controricorrente –

e

Do.Vl.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5648/2018 della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI, depositata il 7/12/2018;

nonché sul ricorso iscritto al n. 9907/2022 proposto da:

ST.MA. , rappresentata e difesa dall’avvocato Ni.Ri.;

– ricorrente –

contro

Ge. Spa, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Re.Ma.;

– controricorrente –

e

Do.Vl.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3644/2021 della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI, depositata l’8/10/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’11/12/2023 dal Consigliere dott. MARCO DELL’UTRI;

L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

RITENUTO CHE

con sentenza resa data 7/12/2018, la Corte d’appello di Napoli, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla Ge. Spa, e assorbito l’appello principale proposto da St.Ma. , ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni originariamente proposta dalla St.Ma. nei confronti della Ge. Spa (in qualità di impresa designata per il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada) in relazione al sinistro stradale dedotto in giudizio, in occasione del quale la St.Ma. , terza trasportata sul motoveicolo condotto da Do.Vl.(sprovvisto di copertura assicurativa), aveva subito gravi danni alla persona a seguito dell’urto tra il ridetto motoveicolo e un’autovettura dileguatasi nell’immediatezza e successivamente rimasta ignota;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale, in dissenso rispetto a quanto accertato dal giudice di primo grado (che aveva attribuito l’integrale responsabilità del sinistro all’autovettura rimasta ignota, con la conseguente condanna della Ge. Spa nella qualità connessa), ha evidenziato come gli elementi istruttori complessivamente acquisiti al giudizio non avessero fornito alcuna certezza circa le effettive e concrete modalità di verificazione del sinistro dedotto in giudizio, con la conseguente impossibilità di accogliere la domanda risarcitoria proposta dalla St.Ma. nei confronti della Ge. Spa quale impresa designata per il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada in relazione alla copertura assicurativa dell’illecito contestato a carico dell’autovettura rimasta ignota;

sotto altro profilo, il giudice d’appello ha evidenziato l’impossibilità di decidere sulla domanda originariamente proposta dalla St.Ma. nei confronti della Ge. Spa quale impresa designata per il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada in relazione alla copertura assicurativa dell’illecito contestato a carico di Do.Vl. (conducente proprietario del mezzo sprovvisto di copertura assicurativa sul quale la St.Ma. viaggiava come terza trasportata), avendo la St.Ma. trascurato di proporre appello incidentale avverso la sentenza di primo grado che, riconoscendo l’integrale responsabilità del sinistro a carico dell’autovettura rimasta ignota, aveva contestualmente disatteso la domanda risarcitoria proposta nei confronti della Ge. Spa in relazione alla responsabilità di Do.Vl.;

L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

avverso la sentenza d’appello, St.Ma. propone ricorso per cassazione sulla base di sei motivi d’impugnazione; la Ge. Spa resiste con controricorso; Do.Vl. non ha svolto difese in questa sede;

St.Ma. e la Ge. Spa hanno depositato memoria;

avverso la medesima sentenza d’appello della Corte d’appello di Napoli del 7/12/2018, St.Ma. ha altresì proposto ricorso per revocazione, ad esito del quale, con sentenza resa in data 8/10/2021, la corte territoriale ha dichiarato inammissibile l’impugnazione, evidenziando come la St.Ma. si fosse limitata alla proposizione di censure aventi a oggetto la contestazione di errori di diritto (e non di fatto) o di questioni sulle quali il giudice d’appello si era espressamente pronunciato, con la conseguente insussistenza dei presupposti previsti dalla legge per la proposizione dell’impugnazione per revocazione;

avverso la sentenza pronunciata sul ricorso per revocazione, St.Ma. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;

Ge. Spa resiste con controricorso; Do.Vl. non ha svolto difese in questa sede; St.Ma. e Ge. Spa hanno depositato memoria; all’odierna adunanza in camera di consiglio, il procedimento relativo al ricorso proposto avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli resa in data 8/10/2021 sul ricorso per revocazione è stato riunito, con separata ordinanza, al presente procedimento relativo al ricorso proposto avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli emessa in data 7/12/2018 in sede di appello;

L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

CONSIDERATO CHE

devono essere preliminarmente esaminate le censure proposte da St.Ma. con il ricorso proposto avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli resa in data 8/10/2021 sul ricorso per revocazione;

al riguardo, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale i ricorsi per cassazione separatamente proposti contro la sentenza di merito resa in grado di appello e contro quella pronunciata dallo stesso giudice d’appello nel successivo giudizio di revocazione possono essere riuniti, in quanto le due sentenze, integrandosi reciprocamente, definiscono inscindibilmente un unico giudizio e, pertanto, in sede di legittimità, possono essere oggetto di esame contestuale e di un’unica decisione, dovendosi, in tale evenienza, esaminare prioritariamente il ricorso avverso la sentenza del giudizio di revocazione, le cui questioni assumono carattere pregiudiziale (così Sez. L, Sentenza n. 7568 del 01/04/2014, Rv. 630261 – 01; cfr. altresì, con specifico riferimento alla questione concernente la riunione, Sez. 3, Sentenza n. 10534 del 22/05/2015, Rv. 635610 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 23445 del 04/11/2014, Rv. 633225 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 25376 del 29/11/2006, Rv. 592875 – 01);

con il primo motivo del ricorso proposto avverso la sentenza del giudizio di revocazione, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione, erronea e/o mancata applicazione dell’art. 395, n. 4 c.p.c., dell’art. 33 c.p.c., dell’art. 2055 c.c., dell’art. 2909 c.c., dell’art. 100 c.p.c. e dell’art. 343, co. 2 c.p.c. (in relazione all’art. 360, co. 1, nn. 3 e 4 c.p.c.), per avere la corte territoriale omesso di considerare l’avvenuto espresso riferimento, da parte dell’attrice, attraverso la proposizione della propria domanda, dell’art. 2055 c.c., con la conseguente invocazione della condanna delle Ge. Spa (quale impresa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada) al risarcimento dei danni in favore della St.Ma. , tanto in caso di accertamento della responsabilità del veicolo dileguatosi e rimasto ignoto a seguito del sinistro, quanto in caso di riconoscimento della responsabilità esclusiva o concorrente di Do.Vl., proprietario conducente del motoveicolo sul quale la St.Ma. si trovava come terza trasportata;

L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

sotto altro profilo, secondo la ricorrente, la sentenza impugnata avrebbe trascurato che il Tribunale, nella pronuncia di primo grado, non si era limitato ad accertare la responsabilità esclusiva del veicolo rimasto ignoto, ma aveva anche accertato la qualità di ‘terza trasportata’ (definendola “passeggera”) di St.Ma. sul motoveicolo sprovvisto di copertura assicurativa condotto dal proprietario Do.Vl.;

osserva la ricorrente che, al fine di accogliere l’appello incidentale, la sentenza n. 5648/2018 della Corte di appello di Napoli, oggetto di revocazione, oltre a verificare la regolare notifica dell’appello incidentale a Do.Vl., avrebbe dovuto valutare e accogliere anche l’altra doglianza contenuta nel primo motivo di appello incidentale della compagnia di assicurazione volto a accertare che il motoveicolo fosse guidato dalla danneggiata e non dal suo proprietario, Do.Vl. pertanto, a parere della ricorrente, la mancata notificazione dell’appello incidentale a Do.Vl. da parte delle Generali Spa costituiva un vizio revocatorio ex se decisivo in quanto, trattandosi di una fattispecie costituita da cause inscindibili, la Corte di merito avrebbe dovuto prendere atto che l’impugnazione non poteva non coinvolgere la posizione giuridica anche del contumace in primo grado e l’atto di appello non poteva non essere notificato pure a quest’ultimo, senza violare il suo diritto di difesa garantito dall’art. 24 della Costituzione;

evidenziava altresì che ciò era accaduto nonostante la medesima corte di merito, per ben due volte, avesse sollecitato tale notificazione e avesse, in seguito, negato la concessione di un nuovo termine al cospetto della terza richiesta in tale senso effettuata dalla Ge. Spa;

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come, attraverso la proposizione della censura in esame (nell’articolazione dei suoi profili), la ricorrente si sia limitata a una sostanziale contestazione dell’erronea valutazione o interpretazione, da parte del giudice a quo, degli atti processuali, con il conseguente (asseritamente erroneo) mancato rilievo dell’inammissibilità dell’appello incidentale ilio tempore proposto dalla Generali Spa, evocando con evidenza il mancato rilievo di un (preteso) errore di diritto, senza occuparsi (quantomeno in termini chiaramente percepibili) del rilievo di mancanza di decisività svolto dalla sentenza impugnata;

L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

varrà sul punto sottolineare come, con riguardo al tenore del preteso vizio revocatorio dedotto con il primo motivo d’impugnazione per revocazione (riprodotto al punto 1 dello svolgimento del processo), la prospettazione, da parte del giudice a quo, del carattere ‘non decisivo’ del preteso errore contestato, nella misura in cui si risolve nell’avvenuta relativa considerazione alla stregua di un errore di fatto, varrebbe unicamente a prestarsi a un mero rilievo di correzione della motivazione; motivazione che avrebbe dovuto essere resa nel senso di escludere che quello prospettato configurasse un errore di fatto rilevante in sede di revocazione;

ed invero, l’assunto secondo cui la corte territoriale, nella sentenza d’appello, non avrebbe ‘percepito’ che la notifica al Do.Vl. non era stata compiuta nonostante l’avvenuta concessione di due rinvii per provvedervi, si sostanziava nell’imputare a quella corte un error in procedendo, e non certo l’affermazione di un fatto inesistente atteso il silenzio della sentenza sulla mancata notifica, con la conseguenza che la Corte d’Appello di Napoli, pronunciando sul ricorso per revocazione, si sarebbe dovuta limitare a rilevare il carattere in iure dell’errore contestato, piuttosto che parlare di difetto di decisività della censura;

con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione, errata e/o mancata applicazione dell’art. 395, n. 4, c.p.c., dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 111, co. 6, Cost., dell’art. 132 n. 4 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. (in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.) per avere la corte territoriale disatteso il quarto motivo proposto in revocazione che, per essere accolto, avrebbe comportato l’esame e l’accertamento della circostanza (evocata nel primo motivo di appello incidentale) che la danneggiata non fosse ‘trasportata’ al momento dell’incidente, mentre la corte napoletana ha ritenuto “inammissibile è il quarto motivo di revocazione poiché le questioni sulla domanda della St.Ma. nei confronti del Do.Vl. e della sua omessa riproposizione in appello hanno costituito un punto controverso sul quale la Corte (erroneamente o meno non importa) si è pronunciata”;

al cospetto di tale affermazione, è evidente, a parere della ricorrente, la violazione e/ o la mancata applicazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato rendendo una motivazione apparente, perplessa e/o obiettivamente incomprensibile che ha di fatto reso impossibile un minimo controllo sul percorso logico dalla stessa adottato per addivenire alla dichiarazione di inammissibilità del quarto motivo del ricorso per revocazione ex art. 395 n. 4 c.p.c.;

L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come l’odierna ricorrente non abbia colto con esattezza la ratio della decisione impugnata, nella specie correttamente correlata, dal giudice a quo, al mancato riscontro di un presupposto fondamentale per la proposizione di un ricorso per revocazione, tale essendo la necessità che il giudice di merito non abbia assunto decisioni sul punto controverso ed asseritamente percepito in modo errato;

varrà peraltro ribadire, anche con riguardo a tale censura, le medesime considerazioni svolte in relazione alla decisione sul primo motivo di ricorso;

in breve – fermo il mancato svolgimento, da parte della ricorrente, di alcuna argomentazione critica riferita alla questione concernente il rilevato carattere controverso del punto dedotto – l’assunto secondo cui la corte territoriale, nella sentenza d’appello, avrebbe male inteso il quarto motivo (così incorrendo nella violazione dell’art. 112 c.p.c.), si sostanziava ancora una volta nell’imputare a quella corte un error in procedendo, e non certo un errore di fatto, con la conseguenza che la Corte d’Appello di Napoli, pronunciando sul ricorso per revocazione, si sarebbe dovuta limitare a rilevare il carattere in iure dell’errore contestato, palesandosi, anche in tal caso, l’eventualità di una mera correzione della motivazione;

con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione, errata e/o mancata applicazione del principio vulneratus ante omnia reficiendus ricavabile dagli artt. 2 e 32 Cost., dai principi posti dalla legge n. 990/69 e successive integrazioni e modifiche, in relazione all’art. 360, co. 1, nn. 3 e 4, c.p.c.;

a parere della ricorrente, la peculiarità della vicenda e la gravità delle lesioni subite dalla St.Ma. avrebbero dovuto indurre la corte di merito a motivare adeguatamente le conclusioni cui ha ritenuto di pervenire, invece di definire la questione con un’incomprensibile e superficiale pronuncia di inammissibilità; la decisione diviene paradossale in un procedimento di revocazione collegato alla materia della responsabilità civile per la circolazione stradale, in quanto non congruente con il principio di massima tutela delle vittime della strada, imposto anche dall’ordinamento comunitario, il quale vincola il giudice a utilizzare una logica stringente nel motivare le proprie pronunce; il motivo è, nel suo complesso, infondato;

L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

osserva preliminarmente il Collegio come il difetto del requisito della motivazione, qui contestato dalla ricorrente, si configuri, alternativamente, nel caso in cui la stessa manchi integralmente come parte del documento/sentenza (nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, siccome risultante dallo svolgimento processuale, segua l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione), ovvero nei casi in cui la motivazione, pur formalmente comparendo come parte del documento, risulti articolata in termini talmente contraddittori o incongrui da non consentire in nessun modo di individuarla, ossia di riconoscerla alla stregua della corrispondente giustificazione del decisum;

infatti, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili;

in ogni caso, si richiede che tali vizi emergano dal testo del provvedimento, restando esclusa la rilevanza di un’eventuale verifica condotta sulla sufficienza della motivazione medesima rispetto ai contenuti delle risultanze probatorie (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 20112 del 18/09/2009, Rv. 609353 – 01);

ciò posto, nel caso di specie, è appena il caso di rilevare come la motivazione dettata dalla corte territoriale a fondamento della decisione impugnata sia, non solo esistente, bensì anche articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico, avendo la corte d’appello dato conto, in termini lineari e logicamente coerenti, delle ragioni in fatto e in diritto poste a fondamento della propria decisione rendendo pienamente comprensibile l’itinerario seguito a tal fine;

del tutto inammissibile, sotto altro profilo, deve ritenersi la censura concernente la pretesa violazione dei parametri normativi e dei principi espressamente evocati con la doglianza in esame, essendosi la ricorrente totalmente sottratta all’onere di articolare, sul piano argomentativo, le ragioni per cui l’invocato principio vulneratus ante omnia reficiendus ricavabile dagli artt. 2 e 32 Cost., e i principi posti dalla legge n. 990/69 (e successive integrazioni e modifiche), avrebbero potuto in ipotesi valere, di per sé, a superare la palese inammissibilità dell’esperito rimedio revocatorio, rendendolo, viceversa, ammissibile;

l’insieme delle argomentazioni che precedono vale, conclusivamente, ad attestare la complessiva infondatezza delle censure avanzate dalla St.Ma. con il ricorso proposto avverso la sentenza emessa nel giudizio di revocazione;

con il primo motivo del ricorso proposto avverso la sentenza di merito resa in grado di appello, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione, errata e/o mancata applicazione dell’art. 331, co. 1 e 2, e dell’art. 159 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.), per avere la corte territoriale deciso la causa d’appello senza aver rilevato la mancata notificazione, nei confronti di Do.Vl., dell’appello incidentale proposto dalla Ge. Spa avverso la sentenza di primo grado, nonostante la ripetuta intimazione a provvedervi da parte dello stesso giudice d’appello, con la conseguente

erroneità della mancata dichiarazione dell’inammissibilità del medesimo appello incidentale; il motivo è inammissibile;

L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

osserva il Collegio come, nei casi (come quello oggetto dell’odierno esame) in cui una delle parti raggiunte dalla notificazione dell’appello principale rimanga contumace, l’eventuale proposizione di un appello incidentale da parte di altro appellato che venga proposto anche nei confronti della parte rimasta contumace, sostanziandosi in una nuova domanda (d’impugnazione) nei confronti anche di detta parte rimasta contumace, prefiguri l’applicazione, non già degli artt. 331 o 332 c.p.c., bensì dell’art. 292 c.p.c. (ancorché l’art. 343 c.p.c. preveda solo che la proposizione di un appello incidentale debba avvenire con il deposito tempestivo della comparsa di risposta e non anche la sua notificazione), atteso che gli artt. 331 o 332 c.p.c. concernono unicamente le situazioni nelle quali un’impugnazione è proposta senza coinvolgere una parte di una causa inscindibile o scindibile;

ne deriva che, nei casi corrispondenti a quello in esame, la notificazione dell’appello incidentale dev’essere ordinata dal giudice al solo scopo di portare detta impugnazione incidentale a conoscenza del contumace, ossia del soggetto che è già parte nel processo introdotto dall’impugnazione principale, dovendo ritenersi estesa, l’impugnazione incidentale, anche nei confronti della parte che, essendo convenuta nel processo, ha scelto di rimanere contumace;

dalla considerazione di tali premesse discende che l’omissione concretamente imputabile alla corte territoriale riguarda la mancata osservanza, non già dell’art. 331 c.p.c., bensì dell’art. 292 c.p.c.;

tale inosservanza, tuttavia, deve ritenersi legittimamente deducibile unicamente dalla parte rimasta contumace (ossia Do.Vl.), e non già dall’odierna ricorrente, trovando nella specie applicazione l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale la violazione dell’art. 292 c.p.c., secondo cui le comparse contenenti domande nuove devono essere notificate al contumace, non è rilevabile d’ufficio, nemmeno quando il contumace sia litisconsorte necessario rispetto a tale domanda, trattandosi di un obbligo stabilito nel suo interesse esclusivo (Sez. 2, Ordinanza n. 9527 del 18/04/2018 Rv. 648089 – 02; Sez. 2, Sentenza n. 16958 del 20/06/2008, Rv. 603736 – 01);

varrà peraltro rilevare come l’inammissibilità della censura in esame risulti apprezzabile, sotto un diverso profilo, attraverso l’esame della giurisprudenza di legittimità consolidatasi sull’esegesi del terzo comma dell’art. 157 c.p.c. (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 21381 del 30/08/2018), dovendo ritenersi che, nel caso di specie, sia stata proprio la stessa ricorrente a (concorrere a) dar causa alla nullità per inosservanza dell’art. 292 c.p.c., avendo la stessa trascurato (ancora fino all’udienza di discussione in appello) di far rilevare alla corte territoriale il mancato buon fine dei due precedenti tentativi di notificazione dell’appello incidentale al contumace: tale mancato rilievo vale dunque ad escludere la legittimazione dell’odierna ricorrente a dolersi, con il ricorso per cassazione, della conseguente nullità nella specie prodottasi, avendo la stessa istante personalmente contribuito a dar causa a detta nullità;

L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione, errata e/o mancata applicazione dell’art. 279, nn. 2 e 4, c.p.c., in combinato disposto con gli artt. 131, 331 e 340 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.), per avere il giudice d’appello omesso di rilevare il giudicato sostanzialmente formatosi sull’inammissibilità dell’appello incidentale a seguito dell’ordinanza del 16/11/2016 con la quale la stessa corte territoriale aveva negato alla Ge. Spa la concessione di un terzo termine per la notificazione dell’appello incidentale a Do.Vl. , disponendo il rinvio per la precisazione delle conclusioni;

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come, sulla base del principio di necessaria e completa allegazione del ricorso per cassazione ex art. 366 n. 6 c.p.c. (valido oltre che per il vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 5 anche per quelli previsti dai nn. 3 e 4 della stessa disposizione normativa), il ricorrente che denunzia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non può limitarsi a specificare soltanto la singola norma di cui, appunto, si denunzia la violazione, ma deve indicare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività di detta violazione (cfr. Sez. L, Sentenza n. 9076 del 19/04/2006, Rv. 588498);

siffatto onere sussiste anche allorquando il ricorrente affermi che una data circostanza debba reputarsi comprovata dall’esame degli atti processuali, con la conseguenza che, in tale ipotesi, il ricorrente medesimo è tenuto ad allegare al ricorso gli atti del processo idonei ad attestare, in relazione al rivendicato diritto, la sussistenza delle circostanze affermate, non potendo limitarsi alla parziale e arbitraria riproduzione di singoli periodi estrapolati dagli atti processuali propri o della controparte;

è appena il caso di ricordare come tali principi abbiano ricevuto l’espresso avallo della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr., per tutte, Sez. Un., Sentenza n. 16887 del 05/07/2013), le quali, dopo aver affermato che la prescrizione dell’art. 366, n. 6, c.p.c., è finalizzata alla precisa delimitazione del thema decidendum, attraverso la preclusione per il giudice di legittimità di porre a fondamento della sua decisione risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti specificamente indicati dal ricorrente, onde non può ritenersi sufficiente in proposito il mero richiamo di atti e documenti posti a fondamento del ricorso nella narrativa che precede la formulazione dei motivi (Sez. Un., Sentenza n. 23019 del 31/10/2007, Rv. 600075), hanno poi ulteriormente chiarito che il rispetto della citata disposizione del codice di rito esige che sia specificato in quale sede processuale nel corso delle fasi di merito il documento, pur eventualmente individuato in ricorso, risulti prodotto, dovendo poi esso essere anche allegato al ricorso a pena d’improcedibilità, in base alla previsione del successivo art. 369, comma 2, n. 4 (cfr. Sez. Un., Sentenza n. 28547 del 02/12/2008 (Rv. 605631); con l’ulteriore precisazione che, qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito e si trovi nel fascicolo di parte, l’onere della sua allegazione può esser assolto anche mediante la produzione di detto fascicolo, ma sempre che nel ricorso si specifichi la sede in cui il documento è rinvenibile (cfr. Sez. Un., Ordinanza n. 7161 del 25/03/2010, Rv. 612109, e, con particolare riguardo al tema dell’allegazione documentale, Sez. Un., Sentenza n. 22726 del 03/11/2011, Rv. 619317);

L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

rimane in ogni caso pur sempre fermo che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. – quale corollario del requisito di specificità dei motivi -anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non sia interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, non potendo tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (v. Sez. U, Ordinanza n. 8950 del 18/03/2022 (Rv. 664409 – 01);

con particolare riguardo all’ipotesi della deduzione di errores in procedendo (tali da legittimare l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito), varrà considerare come la stessa presupponga pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 4 e n, 6, c.p.c., che deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (cfr. Sez. L, Ordinanza n. 3612 del 04/02/2022, Rv. 663837 – 01; Sez. 1, Ordinanza n. 24048 del 06/09/2021, Rv. 662388 – 01);

nella violazione di tali principi devono ritenersi incorsi la ricorrente con il motivo d’impugnazione in esame, atteso che la stessa, nel dolersi che la corte d’appello avrebbe erroneamente omesso di rilevare il giudicato sostanzialmente formatosi sull’inammissibilità dell’appello incidentale a seguito dell’ordinanza del 16/11/2016, con la quale la stessa corte territoriale aveva negato alla Ge. Spa la concessione di un terzo termine per la notificazione dell’appello incidentale a Do.Vl. , disponendo il rinvio per la precisazione delle conclusioni, ha tuttavia omesso di fornire alcuna idonea e completa indicazione (né alcuna adeguata localizzazione negli atti nel processo) circa gli atti processuali e i documenti (e il relativo contenuto) comprovanti il ricorso effettivo di detto errore, con ciò precludendo a questa Corte la possibilità di apprezzare la concludenza delle censure formulate al fine di giudicare la fondatezza del motivo d’impugnazione proposto;

tanto non esime dal rilevare che resta misteriosa la ragione per cui l’ordinanza di cui trattasi dovrebbe ricondursi al n. 4 dell’art. 279 c.p.c.;

con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione, errata e/o mancata applicazione degli artt. 329, 339, 342, co. 2, 359 e 112 c.p.c., connessi nel caso in esame all’art. 2055 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.), per avere la corte territoriale omesso di decidere sull’intera domanda proposta dalla Ge. Spa con l’appello incidentale, con particolare riguardo al mancato esame legato alla determinazione dell’apporto causale fornito da Do.Vl. nella causazione del sinistro dedotto in giudizio, in corrispondenza all’avvenuta originaria proposizione della domanda risarcitoria da parte della St.Ma., quale terza trasportata, anche nei confronti di quest’ultimo e, dunque, della Ge. Spa, quale impresa designata per il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, in considerazione della mancata copertura assicurativa del motoveicolo di proprietà di Do.Vl.; il motivo è inammissibile;

L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

osserva il Collegio come la ricorrente non risulti aver colto con esattezza la ratio della decisione impugnata;

al riguardo, varrà considerare come la corte territoriale, dopo aver accertato l’impossibilità di attestare le concrete modalità di verificazione del sinistro (e dopo aver conseguentemente assolto Generali da ogni responsabilità connessa al contestato illecito dell’autovettura rimasta ignota), ha correttamente rilevato come non potesse essere vagliata la domanda connessa all’accertamento della responsabilità di Do.Vl.(e conseguentemente di Generali in relazione alla mancata copertura assicurativa del motoveicolo di quest’ultimo), atteso che l’assoluzione di Do.Vl. pronunciata dal giudice di primo grado non era stata impugnata in appello dalla St.Ma., con il conseguente passaggio in giudicato di tale pronuncia e l’inevitabile rigetto della corrispondente domanda dell’odierna istante;

ciò posto, la riproposizione delle questioni dedotte con la censura in esame dimostra il mancato confronto delle doglianze della ricorrente con i termini della decisione impugnata, con la conseguente inammissibilità della censura per le specifiche ragioni in precedenza indicate;

con il quarto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione, errata e/o mancata applicazione degli artt. 2700 e 2697 c.c., nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente proceduto alla valutazione dell’insieme degli elementi istruttori acquisiti al giudizio (e analiticamente richiamati ricorso), giungendo immotivatamente alla conclusione dell’insussistenza di elementi idonei alla ricostruzione delle modalità di verificazione del sinistro dedotto in giudizio;

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come, attraverso la proposizione dei motivi in esame, la ricorrente – lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle norme di legge richiamate – si sia limitata ad allegare un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione(cfr. , ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica della ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso, insistendo propriamente la stessa nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo;

nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe dei motivi d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dall’odierna ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti e dei fatti di causa;

L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;

ciò posto, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 n. 5 c.p.c. ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;

varrà peraltro sottolineare come, con riguardo alla pretesa violazione dell’art. 2700 c.c., il giudice a quo, lungi dal dubitare della verità di quanto dichiarato nelle attestazioni dei pubblici ufficiali intervenuti sul luogo del fatto, si sia unicamente limitato a procedere alla valutazione di quanto in esse rappresentato;

quanto alla pretesa violazione dell’art. 115 c.p.c., la censura illustrata dal ricorrente si presenta in forme tali da non prospettare alcuna denuncia del paradigma di tale norma, essendosi i ricorrenti limitati a denunciare unicamente una pretesa erronea valutazione di risultanze probatorie;

sul punto, varrà rimarcare il principio fatto proprio dalle Sezioni Unite di questa corte di legittimità, ai sensi del quale per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 115 c.p.c. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato, o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove (cfr. Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037; Sez. 6 -3, Ordinanza n. 26769 del 23/10/2018, Rv. 650892 – 01);

quanto, infine, alla pretesa violazione dell’art. 116 c.p.c., varrà evidenziare come, in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo ‘prudente apprezzamento’, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 02);

nella specie, la ricorrente, lungi dal denunciare il mancato rispetto, da parte del giudice a quo, del principio del libero apprezzamento delle prove (ovvero del vincolo di apprezzamento imposto da una fonte di prova legale), – ovvero lungi dall’evidenziare l’omesso esame, da parte del giudice a quo, di uno specifico fatto decisivo idoneo a disarticolare, in termini determinanti, l’esito della scelta decisoria adottata o un vizio costituzionalmente rilevante della motivazione (entro lo schema di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c.) – si è limitata a denunciare un (pretesa) cattivo esercizio, da parte della corte territoriale, del potere di apprezzamento del fatto sulla base delle prove selezionate, spingendosi a prospettare una diversa lettura nel merito dei fatti di causa, in coerenza ai tratti di un’operazione critica del tutto inammissibile in questa sede di legittimità;

con il quinto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione, errata e/o mancata applicazione dell’art. 111, co. 4, Cost., dell’art. 132 n. 4 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 342, co. 2, c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.), per avere la corte territoriale dettato una motivazione illogica e insufficiente a fondamento della decisione assunta, nella specie adottata sulla base di un’errata valutazione degli elementi istruttori acquisiti al giudizio e analiticamente richiamati in ricorso;

L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come, attraverso la proposizione della censura in esame, l’odierna ricorrente abbia prospettato una pretesa insufficienza o illogicità della motivazione della sentenza impugnata sulla base del relativo confronto con elementi del tutto estranei al testo motivazionale, e non già sulla base dell’esame del solo documento redatto dal giudice d’appello (peraltro dotato, di per sé, di piena congruità logica e adeguata comprensibilità, sì da consentire agevolmente la ricostruzione dell’iter logico-giuridico seguito ai fini della decisione); e tanto, sulla base di una modalità di evocazione del vizio di motivazione riconducibile al testo dell’art. 132 n. 4 c.p.c. non consentita in sede di legittimità;

dev’essere, nel resto, rimarcata l’inammissibilità della censura in esame sotto un diverso profilo, risolvendosi la stessa, nonostante la formale denuncia di plurimi vizi di violazione di legge, in una sostanziale proposta di rilettura nel merito dei fatti di causa, secondo una prospettiva critica non consentita in sede di legittimità;

con il sesto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione, errata e/o mancata applicazione del principio vulneratus ante omnia reficiendus ricavabile dagli artt. 2 e 32 Cost., dai principi posti dalla legge n. 990/69 con successive integrazioni e modifiche (in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.), per avere la corte territoriale violato il principio vulneratus ante omnia reficiendus, così come accolto anche dalla giurisprudenza comunitaria, negando alla terza trasportata il risarcimento dei danni alla stessa comunque dovuti in relazione alla sua qualità, omettendo di pervenire a una decisione idonea a garantirne le incontestabili ragioni di tutela;

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come, anche in relazione alla censura in esame, la ricorrente dimostri di non essersi adeguatamente confrontata con il contenuto della decisione impugnata e di non aver colto con esattezza la ratio delle relative premesse;

varrà al riguardo sottolineare come – mentre il principio vulneratus ante omnia reficiendus assume certamente un rilievo di primaria importanza là dove, sulla base di un contesto illecito pienamente accertato, il terzo trasportato chieda d’essere in ogni caso tutelato e risarcito con immediatezza e con carattere di priorità – nei diversi casi in cui il giudice del merito accerti, da un lato, con pronuncia non più impugnata (e dunque passata in giudicato) l’innocenza del proprietario e conducente del veicolo sul quale la danneggiata era trasportata e, dall’altro, l’assenza di alcuna prova circa le modalità di verificazione del fatto dedotto in giudizio, il richiamo di quel principio deve ritenersi del tutto fuori luogo, poiché, ferma l’innocenza del proprietario e conducente del veicolo trasportante, l’impossibilità di individuare alcun altro responsabile (in assenza di prove circa le stesse modalità di verificazione del fatto) rende del tutto impossibile riconoscere lo stesso diritto del terzo trasportato a un risarcimento del danno;

da qui l’inevitabile rilievo dell’inammissibilità della censura, essendosi la ricorrente totalmente sottratta all’onere di articolare, sul piano argomentativo, le ragioni per cui l’invocato principio vulneratus ante omnia reficiendus ricavabile dagli artt. 2 e 32 Cost., e i principi posti dalla legge n. 990/69 (e successive integrazioni e modifiche), avrebbero potuto in ipotesi valere a rivelare la denunciata illegittimità della sentenza impugnata;

sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure avanzate con il ricorso proposto avverso la sentenza emessa nel giudizio di revocazione e l’inammissibilità del ricorso proposto avverso la sentenza emessa in grado d’appello, dev’essere pronunciato il rigetto del primo e dichiarata l’inammissibilità del secondo;

le spese seguono la soccombenza in relazione ad entrambi i giudizi riuniti e si liquidano come da dispositivo;

si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quelli, ove dovuti, per ciascuno dei ricorsi, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.

L’omessa notifica dell’appello incidentale non è rilevabile d’ufficio

P.Q.M.

Rigetta il ricorso proposto avverso la sentenza emessa nel giudizio di revocazione.

Dichiara inammissibile il ricorso proposto avverso la sentenza emessa in grado d’appello.

Condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese relativa a ciascuno dei due giudizi riuniti, liquidate, per ciascuno dei due giudizi, in complessivi euro 7.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quelli, ove dovuti, per ciascuno dei ricorsi, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione dell’11 dicembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 22 gennaio 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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