Ricorso per cassazione in formato nativo digitale la notificazione a mezzo pec e deposito telematico e la procura alle liti rilasciata in modalità analogica
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Ricorso per cassazione in formato nativo digitale la notificazione a mezzo pec e deposito telematico e la procura alle liti rilasciata in modalità analogica

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|19 gennaio 2024| n. 2077.

In caso di ricorso nativo digitale, notificato e depositato in modalità telematica, l’allegazione mediante strumenti informatici - al messaggio di posta elettronica certificata (PEC) con il quale l'atto è notificato ovvero mediante inserimento nella “busta telematica” con la quale l'atto è depositato - di una copia, digitalizzata, della procura alle liti redatta su supporto cartaceo, con sottoscrizione autografa della parte e autenticata con firma digitale dal difensore, integra l’ipotesi, ex art. 83, terzo comma, c.p.c., di procura speciale apposta in calce al ricorso, con la conseguenza che la procura stessa è da ritenere valida in difetto di espressioni che univocamente conducano ad escludere l'intenzione della parte di proporre ricorso per cassazione.

L’avvocato stabilito e la mancata specificazione della giurisdizione ovvero l’organizzazione di iscrizione presso lo Stato membro in cui è abilitato all’esercizio della professione
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L’avvocato stabilito e la mancata specificazione della giurisdizione ovvero l’organizzazione di iscrizione presso lo Stato membro in cui è abilitato all’esercizio della professione

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|19 gennaio 2024| n. 2068.

L’avvocato stabilito è tenuto, nell’esercizio della sua professione, a far uso in modo comprensibile e senza destare dubbio del titolo di origine in modo da non creare confusione con il titolo di “avvocato”, utilizzando in via chiarificatrice il titolo di avvocato stabilito specificando la giurisdizione ovvero l’organizzazione di iscrizione presso lo Stato membro in cui è abilitato all’esercizio della professione. La mancata specificazione durante lo svolgimento dell’attività professionale costituisce una grave violazione dei principi professionali e lo svolgimento della professione in modo ingannevole.

Al fine della prova dell’autenticità della procura rilasciata al difensore
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Al fine della prova dell’autenticità della procura rilasciata al difensore

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|19 gennaio 2024| n. 2075.

Al fine della prova dell'autenticità della procura rilasciata in calce o a margine di uno degli atti indicati nel terzo comma dell'art. 83 c.p.c. è sufficiente che il difensore certifichi l'autografia della sottoscrizione della parte, non essendo necessario che attesti che la sottoscrizione sia avvenuta in sua presenza, come è invece stabilito dall'art. 2703 c.c. per l'autentica della scrittura privata da parte del pubblico ufficiale. Difatti si tratta di un’“autentica minore” che ha solamente la funzione di attestare l'appartenenza della sottoscrizione a una determinata persona, senza che il difensore assuma su di sé, all’atto dell'autenticazione della firma, l’obbligo di identificazione del soggetto che rilascia il negozio unilaterale di procura.

La rinuncia al ricorso per cassazione non richiede l’accettazione della controparte
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La rinuncia al ricorso per cassazione non richiede l’accettazione della controparte

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|22 gennaio 2024| n. 2233.

La rinuncia al ricorso per cassazione non richiede l’accettazione della controparte per essere produttiva di effetti processuali ma ha carattere recettizio, dato che l’art. 390 c.p.c. richiede esplicitamente che essa sia comunicata alle parti; quando alla rinuncia per cassazione non abbia fatto seguito l’accettazione della controparte, il processo quindi si estingue, ma non opera l'art. 391, comma 4, c.p.c. che esclude la condanna alle spese in danno del rinunciante, spettando al giudice il potere discrezionale di negarla solo in presenza di specifiche circostanze meritevoli di apprezzamento, idonee a giustificare la deroga alla regola generale della condanna del rinunciante al rimborso delle spese sostenute dalle altre parti.

L’impresa familiare e il dubbio di costituzionalità nella parte in cui non include nel novero dei familiari il convivente more uxorio
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L’impresa familiare e il dubbio di costituzionalità nella parte in cui non include nel novero dei familiari il convivente more uxorio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|18 gennaio 2024| n. 1900.

L'art 230 bis c.c. - per il quale il familiare (ovvero il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo, in base al terzo comma del suddetto articolo) che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare e ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato - pone concreti dubbi di costituzionalità nella parte in cui non include nel novero dei familiari il convivente more uxorio per violazione degli articoli 2, 3, 4, 35 e 36 della Costituzione nonché per violazione dell'art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell'unione europea e dell'art. 117, comma 1, Cost. in riferimento agli artt. 8 e 12 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

L’interventore adesivo non ha un’autonoma legittimazione a impugnare
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L’interventore adesivo non ha un’autonoma legittimazione a impugnare

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 gennaio 2024| n. 786.

L’interventore adesivo non ha un’autonoma legittimazione a impugnare laddove la parte adiuvata non abbia esercitato il proprio diritto di proporre impugnazione ovvero abbia fatto acquiescenza alla decisione a essa sfavorevole, salvo che l’impugnazione sia limitata alle questioni relative alla qualificazione dell’intervento (fattispecie relativa alla proroga delle concessioni balneari e ai diritti delle associazioni di categoria intervenute).

Il potere di autotutela attribuito all’amministrazione in relazione ai beni demaniali
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Il potere di autotutela attribuito all’amministrazione in relazione ai beni demaniali

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 gennaio 2024| n. 255.

Il potere di autotutela, attribuito all’amministrazione in relazione ai beni demaniali, è esteso, in virtù del combinato disposto degli artt. 823 e 825 c.c., ai beni del patrimonio indisponibile, mentre resta escluso per la tutela dei beni del patrimonio disponibile, rispetto ai quali l’amministrazione potrà avvalersi solo delle ordinaria azioni a tutela della proprietà e del possesso. Pertanto, in presenza di beni del patrimonio disponibile di proprietà del Comune, occupati sine titulo, gli atti posti in essere dall’Amministrazione comunale non possono ritenersi riconducibili all’esercizio di un potere autoritativo a tutela di un bene pubblico, quale è quello attribuito dall’art. 823 con riferimento ai beni demaniali e ai beni patrimoniali indisponibili, quanto piuttosto all’esercizio di un potere di autotutela del patrimonio immobiliare, posto in essere iure privatorum. Si tratta, in altre parole, di atti di diffida di natura paritetica volti alla tutela della proprietà comunale, a fronte dei quali sussistono posizioni di diritto soggettivo, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario sulle relative controversie.