Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 31 dicembre 2014, n. 27564 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ODDO Massimo – Presidente Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere Dott. MATERA Lina – Consigliere Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere Dott. ORICCHIO Antonio...
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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 23 dicembre 2014, n. 27348. Legittima la multa se il giallo non è inferiore a tre secondi
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 23 dicembre 2014, n. 27348 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ODDO Massimo – Presidente Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere Dott. PETITTI Stefano – Consigliere Dott....
Corte di Cassazione, sezione II, ordinanza interlocutoria 12 gennaio 2014, n. 223. Rimessa alle sezioni unite la questione del se, ed eventualmente in che ambito, sia esperibile il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di inammissibilità dell'appello affetta da vizi propri per omessa pronuncia su un motivo di gravame con cui sia stata sollevata una censura di puro merito
Suprema Corte di Cassazione sezione II ordinanza interlocutoria 12 gennaio 2014, n. 223 Fatto e diritto Ritenuto che, in data 28 febbraio 2008 e in data 10 marzo 2008, la società Rizzani de Eccher s.p.a. e la Zeudi s.r.l. stipulavano rispettivamente i contratti di subappalto n. (…) e di fornitura n. (…), aventi ad oggetto...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 8 gennaio 2015, n. 39. In caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l'omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest'ultimo comporta, giusta la regola dell'ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l'evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell'impugnazione. Tale posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale di quella divenuta incapace, ovvero se il suo procuratore, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza, o notifichi alle altre parti, l'evento, o se, rimasta la medesima parte contumace, esso sia documentato dall'altra parte o notificato o certificato dall'ufficiale giudiziario ex art. 300, quarto comma, cod. proc.
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 8 gennaio 2015, n. 39 Svolgimento del proceso 1– Il Comune di Mortegliano ha proposto ricorso per la revocazione della sentenza n. 14442/2013 della Cassazione con la quale è stato dichiarato inammissibile un precedente ricorso in sede di legittimità, contro la sentenza n. 244/2006 della Corte di Appello...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 23 dicembre 2014, n. 27359. In materia di risoluzione del contratto per inadempimento, la disposizione dell'art. 1453, secondo comma, c.c. – secondo cui non può più chiedersi l'adempimento una volta domandata la risoluzione – comporta la cristallizzazione definitiva delle posizioni delle parti sino alla pronuncia giudiziale, sicché il giudice dovrà accertare l'esistenza di un inadempimento imputabile al debitore soltanto con riguardo alle prestazioni già scadute e non anche con riferimento a quelle ancora da scadere. Nei contratti a prestazioni corrispettive le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 di cui all'art.1453 c.c. sono simmetriche, giacché, come non è consentito all'attore che abbia proposto domanda di risoluzione pretendere la prestazione avendo dimostrato di non avere più interesse al relativo adempimento anche per la parte di prestazione non ancora scaduta, così è vietato al convenuto di eseguire la prestazione dopo la proposizione della domanda di risoluzione e fino alla pronuncia giudiziale. Ne consegue che il perdurare dell'inadempimento nel corso del giudizio non può riflettersi negativamente sulla valutazione della gravità del comportamento pregresso, trasformando un inadempimento inizialmente "non grave" in un inadempimento "grave" e, perciò, tale da legittimare l'accoglimento della domanda di risoluzione.
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 23 dicembre 2014, n. 27359 Svolgimento del processo 1 – Con atto notificato il 2.081999 la Cooperativa Santa Marinella a r.l. evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Roma, C. Q. per sentir dichiarare risolto il rapporto costituito tra le parti con sentenza del tribunale di Roma n....
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 23 dicembre 2014, n. 27358. In tema di simulazione, il curatore del fallimento che agisca in rappresentanza del fallito (nella specie per ottenere il pagamento di un residuo suo credito derivante da un contratto di appalto concluso dall'imprenditore "in bonis"), e non della massa dei creditori, non può provare per testimoni la simulazione della quietanza di pagamento rilasciata dal primo alla controparte contrattuale Non è ammissibile la prova testimoniale diretta a dimostrare la simulazione assoluta della quietanza, che dell'avvenuto pagamento costituisce documentazione scritta, ostandovi l'art. 2726 c.c., il quale, estendendo al pagamento il divieto, sancito dall'art. 2722 dello stesso codice, di provare con testimoni patti aggiunti o contrari al contenuto del documento contrattuale, esclude che con tale mezzo istruttorio possa dimostrarsi l'esistenza di un accordo simulatorio concluso allo specifico fine di negare l'esistenza giuridica della quietanza, nei confronti della quale esso si configura come uno di quei patti, anteriori o contestuali al documento, che, appunto, il combinato disposto dei citati artt. 2722 e 2726 vieta di provare con testimoni in contrasto con la documentazione scritta di pagamento
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 23 dicembre 2014, n. 27358 Svolgimento del processo Con atto notificato il 12.3.1990 la Coop. a r.l. ” F.G.” evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Castrovillari, S.S. deducendo di avere a lui venduto un’unità immobiliare sita in Amendolara, con rogito del notaio Lacanna, per il prezzo di...
Corte di Casaszione, sezione II, sentenza 18 novembre 2014, n. 24513. Sulla natura giuridica della responsabilità di tipo extracontrattuale prevista dall'art. 2051 c.c. (riconducibile all'omessa vigilanza delle cose tenute in custodia), correlandola alla peculiare fattispecie concreta dei danni causati da movimenti franosi ad immobili ubicati in una zona in declivio e sottoposti ad altri.
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 18 novembre 2014, n. 24513 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ODDO Massimo – Presidente Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere Dott. MANNA Felice – Consigliere Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere Dott. SCALISI...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 13 novembre 2014, n. 24214. In tema di compossesso, il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei compossessori non è, di per sé, idoneo a far ritenere lo stato di fatto cosi determinatosi funzionale all'esercizio del possesso ad usucapionem e non anche, invece, conseguenza di un atteggiamento di mera tolleranza da parte dell'altro compossessore, risultando necessario, a fini della usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo sulla res communis da parte dell'interessato attraverso un'attività durevole, apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui, gravando l'onere della relativa prova su colui che invochi l'avvenuta usucapione del bene. In particolare, il coerede che dopo la morte del de cuius sia rimasto nel possesso del bene ereditario, può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso; a tal fine, egli, che già possiede animo proprio ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, il che avviene quando il coerede goda del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus, non essendo sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall'uso della cosa comune
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 13 novembre 2014, n. 24214 Ritenuto in fatto 1. – Con atto di citazione del novembre 1984 P.G. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Messina, P.M. , S. , M.T. e V. , nonché F.A. , G. e M.T. . Esponeva l’attrice di avere ereditato dai genitori,...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 27 ottobre 2014, n. 22761. Deve escludersi che, ai fini della determinazione del compenso spettante ad un avvocato quale componente del collegio sindacale di una società per azioni, possa utilizzarsi la tariffa forense, applicabile solo se riferibile alla consulenza o assistenza delle parti in affari giudiziari o extragiudiziari
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 27 ottobre 2014, n. 22761 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ODDO Massimo – Presidente Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 22 ottobre 2014, n. 22456. Il diritto reale di abitazione, riservato per legge al coniuge superstite, ha ad aggetto la casa coniugale, ossia l'immobile che in concreto era adibito a residenza familiare e si identifica con l'immobile in cui i coniugi – secondo la loro determinazione convenzionale, assunta in base alle esigenze di entrambi – vivevano insieme stabilmente, organizzandovi la vita domestica del gruppo familiare; che le espressioni usate dall'art. 540, comma secondo non lasciano al riguardo spazi a dubbi interpretativi, riferendosi alla casa che dai coniugi era stata adibita a residenza familiare (dove il concetto di residenza, di cui all'art. 43, comma secondo, c.c., richiama la effettività della dimora abituale nella causa coniugale); che la ratio della suddetta disposizione è da rinvenire non tanto nella tutela dell'interesse economico del coniuge superstite di disporre di un alloggio, quanto dell'interesse morale legato alla conservazione dei rapporti affettivi e consuetudinari con la casa familiare
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 22 ottobre 2014, n. 22456 Svolgimento del processo Con sentenza del 13 settembre 2004 il Tribunale di Roma respinse la domanda proposta da R.L. , diretta ad ottenere la condanna di suo padre R.E. al pagamento di una indennità per il mancato godimento, da parte dell’attrice, di un...