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Si e’ detto, invero, nel paragrafo precedente, cui si deve preliminarmente rinviare, che la Corte di assise di appello di Firenze riteneva indimostrate le deduzioni dei consulenti tecnici della difesa di (OMISSIS) in ordine alle condizioni di infermita’ psichica del ricorrente, confermando il giudizio sulla capacita’ di intendere e di volere espresso dal G.U.P. del Tribunale di Grosseto, che aveva escluso l’applicazione al caso di specie degli articoli 88 e 89 c.p., sulla base degli esiti degli accertamenti condotti dal consulente tecnico del pubblico ministero e in assenza di elementi nosbgrafici idonei a far ritenere infondate tali conclusioni psichiatriche.
Ricostruito in questi termini il percorso argomentativo compiuto dalla Corte territoriale fiorentina, le deduzioni difensive appaiono infondate, non tenendo conto dell’assenza di elementi documentali attestanti la condizione di infermita’ psichica del ricorrente – evidenziata nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 10 della decisione impugnata, richiamato nel paragrafo precedente rispetto alla quale i richiami alla violazione del contraddittorio appaiono eccentrici rispetto all’accertamento della capacita’ di intendere e di volere del (OMISSIS), che veniva correttamente eseguita nei giudizi di merito.
Non emergevano, per altro verso, rivalutazioni del compendio probatorio di natura dichiarativa contra reum da parte del Giudice di appello fiorentino, idonee a configurare, laddove decisive ai fini del ribaltamento del giudizio di primo grado, la violazione dell’articolo 6 CEDU, nei termini canonizzati da questa Corte, pacificamente insussistenti nel caso in esame, trovandocisi di fronte a un’ipotesi di “doppia conforme” relativa a un giudizio di condanna dell’imputato nei cui confronti si procedeva (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267486).
Ne discende che il richiamo all’articolo 6 CEDU, effettuato dalla difesa del ricorrente nelle pagine 14-16 della sentenza impugnata, anche alla luce della previsione dell’articolo 111 Cost., alla giurisprudenza comunitaria formatasi in tema di reformatio in pejus della decisione assolutoria dell’imputato, pronunciata nel primo grado di giudizio e ribaltata in appello, tende ad applicare estensivamente al tema della capacita’ di intendere e di volere di (OMISSIS) che si sta considerando parametri ermeneutici che gli sono estranei e che non sono applicabili analogicamente al caso di specie.
Deve, in proposito, rilevarsi che, sugli effetti delle decisioni della Corte EDU sull’ordinamento italiano, sono intervenute due fondamentali decisioni delle Sezioni unite, che hanno affrontato in modo esaustivo i vari temi sottesi al motivo di impugnazione che si sta considerando, alle quali questo Collegio ritiene di doversi conformare senza riserve (Sez. U, n. 34472 del (OMISSIS), Ercolano, Rv. 252933; Sez. U, n. 34233 del 19/04/2012, Giannone, Rv. 252932).
Secondo quanto affermato nella citata sentenza Ercolano, le pronunce della Corte EDU che evidenziano “una situazione di oggettivo contrasto della normativa interna sostanziale con la Convenzione EDU assumono rilevanza anche nei processi diversi da quello nell’ambito del quale e’ intervenuta la pronuncia della predetta Corte” (Sez. U, n. 34472 del (OMISSIS), Ercolano, cit.).
L’adeguamento concreto a tali principi nel diritto interno, pero’, e’ consentito solo nei casi che si trovino in una situazione perfettamente sovrapponibile a quella presupposta, con la conseguenza che, nel caso di specie, la difesa di (OMISSIS) non poteva limitarsi a censurare genericamente la violazione dell’articolo 6 CEDU, ancorche’ in correlazione alla previsione dell’articolo 111 Cost., ma avrebbe dovuto preliminarmente richiamare la decisione della Corte EDU che si riteneva concretamente rilevante e, successivamente, dedurre in ordine all’applicazione del principio discendente dalla decisione della Corte EDU presupposta a tutte quelle ipotesi – come quella in esame – sovrapponibili, nei loro elementi essenziali, alla situazione valutata dalla Corte sovranazionale (Sez. U, n. 34472 del (OMISSIS), Ercolano, cit.).
Ne discende conclusivamente che, nel caso di specie, l’assenza di indicazioni di sorta in ordine alla decisione della Corte EDU applicabile al caso in esame rende evidente l’infondatezza delle deduzioni difensive, fondate su un improprio richiamo dei parametri ermeneutici applicabili, ai sensi dell’articolo 111 Cost. e articolo 6 CEDU, alla vicenda processuale oggetto di vaglio.
2.2.1. Tali considerazioni impongono di ritenere infondato il secondo motivo di ricorso, proposto in relazione all’ipotesi di reato di cui al capo A.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all’articolo 577 c.p., comma 1, n. 3, conseguenti al riconoscimento dell’aggravante della premeditazione, la cui applicazione nei confronti di (OMISSIS) risultava in palese contrasto con le emergenze probatorie e con la ricostruzione degli accadimenti criminosi posta a fondamento delle decisioni di merito, che non consentivano di ipotizzare la predeterminazione del progetto delittuoso all’esito del quale la convivente veniva uccisa.
Tale doglianza risulta fondata.
Osserva il Collegio che, per potere affermare o escludere la sussistenza degli elementi costitutivi dell’aggravante di cui all’articolo 577 c.p., comma 1, n. 3, nel caso in esame, occorreva verificare preliminarmente quali fossero le effettive intenzioni di (OMISSIS) prima della cena consumata in compagnia della vittima, presso l’abitazione dell’imputato, nel corso della quale si concretizzava il suo progetto omicida.
Tali verifiche preliminari apparivano indispensabili e funzionali ad accertare in capo all’imputato l’esistenza di un processo di sedimentazione psicologica del suo progetto criminoso, necessario per escludere la natura estemporanea della sua azione omicida, consentendo, al contempo, di ritenere aggravata la sua condotta delittuosa, conformemente a quanto stabilito per la configurazione di tale circostanza da questa Corte, secondo cui: “Elementi costitutivi della circostanza aggravante della premeditazione sono un apprezzabile intervallo temporale tra l’insorgenza del proposito criminoso e l’attuazione di esso, tale da consentire una ponderata riflessione circa l’opportunita’ del recesso (elemento di natura cronologica) e la ferma risoluzione criminosa perdurante senza soluzioni di continuita’ nell’animo dell’agente fino alla commissione del crimine (elemento di natura ideologica)” (Sez. U, n. 337 del 18/12/2008, dep. 2009, Antonucci, Rv. 241575).
Deve, in proposito, rilevarsi che il processo di sedimentazione psicologica del progetto criminoso dell’imputato deve essere valutato in termini flessibili, adeguati alle emergenze del caso concreto, tanto e’ vero che la giurisprudenza di legittimita’ arriva ad ammettere la premeditazione condizionata (Sez. 1, n. 1079 del 27/11/2008, Lancia, Rv. 242485; Sez. 1, n. 19974 del 12/02/2013, Zuica, Rv. 256180), in tutte quelle ipotesi in cui, accertata l’esistenza delle sue connotazioni cronologiche e volitive, la determinazione soggettiva si concretizzi in una risoluzione criminosa precisa e ferma in tutte le sue componenti psicologiche, rispetto alle quali la condizione prefigurata – riconducibile a un determinato comportamento della vittima, semplicemente ipotizzato, ma non certo nel suo accadimento – si pone come un evento previsto, idoneo a sospendere o ad annullare la risoluzione adottata.
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