Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 12 settembre 2017, n. 41586. Omicidio aggravato dalla premeditazione e la valutazione dell’aggravante

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Si consideri, in proposito, che l’articolo 575 c.p. si limita a prevedere che chi cagiona la morte di un soggetto deve essere punito con una pena non inferiore a ventuno anni di reclusione; previsione, questa, che deve essere correlata alla disposizione dell’articolo 23 c.p., che prevede quale limite edittale massimo quello di ventiquattro anni.
Ne discende che, non applicandosi al caso di specie aggravanti, per effetto del bilanciamento circostanziale imposto dalla concessione delle attenuanti generiche, deve ritenersi, come correttamente evidenziato dalla difesa del ricorrente, che il limite edittale massimo della pena irrogabile a (OMISSIS) per il reato di cui al capo A ammonta a ventiquattro anni di reclusione.
Ne’ sono ipotizzabili soluzioni dosimetriche alternative, in ragione dell’univocita’ della previsione dell’articolo 23 c.p., comma 1, a tenore della quale: “La pena della reclusione si estende da quindici giorni a ventiquattro anni, ed e’ scontata in uno degli istituti a cio’ destinati con l’obbligo del lavoro e con l’isolamento notturno”
2.6.1. Tali considerazioni impongono di ritenere fondato il sesto motivo di ricorso, proposto in relazione all’ipotesi di reato di cui al capo A, cui consegue il rinvio ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Firenze per nuovo giudizio sul punto.
3. Occorre, quindi, passare a considerare l’ipotesi di reato di cui al capo B, contestata a (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 411 c.p., in relazione alla quale la difesa del ricorrente proponeva due doglianze difensive.
3.1. Con la prima di tali doglianze si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione, in riferimento agli articoli 411 e 412 c.p., conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse adeguatamente conto degli elementi probatori acquisiti, necessari alla configurazione dell’ipotesi di reato contestata al capo B, rispetto alla quale non si era tenuto conto dell’eventuale incidenza di fattori atmosferici sul deterioramento del cadavere di (OMISSIS), il cui riscontro positivo avrebbe comportato l’applicazione al caso in esame della fattispecie di cui all’articolo 412 c.p. e non gia’ della fattispecie di cui all’articolo 411 c.p. oggetto di contestazione.
Osserva, in proposito, il Collegio che sulla possibile incidenza di fattori atmosferici sul deterioramento del cadavere della persona offesa, la Corte di assise di appello di Firenze si esprimeva in termini generici e svincolati dalle emergenze probatorie, limitandosi ad affermare, a pagina 30 della sentenza impugnata, che il cadavere della vittima era stato “distrutto, dopo essere stato nascosto in modo tale da sottrarlo definitivamente alle ricerche, sia pure con grado di elevata probabilita’ che non potesse essere rinvenuto (…)”.
Si tratta, tuttavia, di un percorso motivazionale elusivo delle doglianze sollevate dalla difesa di (OMISSIS), incentrate non gia’ sulle ragioni che avevano indotto il ricorrente a occultare il cadavere della donna, bensi’ sulle modalita’ seguite dall’imputato per distruggere il corpo della vittima, nel valutare le quali occorreva tenere conto delle differenze esistenti tra le ipotesi di cui agli articolo 411 e 412 c.p..
Sul punto, non si puo’ che richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo la quale: “Il discrimine tra la sottrazione e l’occultamento di cadavere va individuato nelle modalita’ del nascondimento, tali da rendere il rinvenimento del corpo tendenzialmente impossibile nel primo caso, altamente probabile, sia pure a mezzo di una ricerca accurata, nel secondo” (Sez. 1, n. 32038 del 10/06/2013, Belmonte, Rv. 256452; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 18019 del 13/04/2011, Ghisco, Rv. 250426).
3.3.1. Queste considerazioni impongono l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla configurazione del reato di cui al capo B, con il rinvio per un nuovo giudizio sul punto, finalizzato a consentire ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Firenze di eliminare le discrasie motivazionali che si sono evidenziate, nel rispetto dei principi che si sono enunciati, cui ci si deve confrontare.
3.2. Resta assorbita nella doglianza oggetto di accoglimento la residua censura, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento agli articoli 56, 83 e 411 c.p., conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse adeguatamente conto degli elementi probatori acquisiti, indispensabili a escludere la ricorrenza di un’ipotesi di reato aberrante, in riferimento alla fattispecie di cui all’articolo 411 c.p..
La risoluzione di tale questione, infatti, presuppone il corretto inquadramento dell’ipotesi di reato di cui al capo B, che, per le ragioni che si sono esposte nel paragrafo 3.1, cui si deve rinviare, non e’ ravvisabile nel percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale.
3.2.1. Tali considerazioni impongono di ribadire l’assorbimento della doglianza in esame nel primo motivo di ricorso, proposto in relazione all’ipotesi di reato di cui al capo B.
4. Dalle considerazioni che si sono esposte nei paragrafi precedenti discendono conclusivamente le seguenti statuizioni processuali.
Occorre, innanzitutto, richiamare le conclusioni raggiunte da questo Collegio in relazione alle doglianze proposte dalla difesa di (OMISSIS), distinte in relazione ai capi A e B.
Pertanto, con riferimento alle doglianze proposte in relazione all’ipotesi di reato di cui al capo A, vengono rigettati il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso.
Vengono accolti il terzo e il sesto motivo di ricorso, nel primo dei quali si ritiene assorbito il quinto motivo di ricorso relativo al giudizio di equivalenza circostanziale espresso dalla Corte di assise di appello di Firenze in relazione all’ipotesi di reato di cui al capo A.
Per quanto riguarda, invece, le doglianze proposte dalla difesa di (OMISSIS) in relazione all’ipotesi di reato di cui al capo B, articolate in due differenti doglianze, viene accolto il primo motivo di ricorso, nel quale si ritiene assorbito il residuo motivo.
4.1. In questa cornice motivazionale, occorre conclusivamente disporre l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla qualificazione del reato di cui al capo B, contestato ai sensi dell’articolo 411 c.p..
Occorre, inoltre, disporre l’annullamento della sentenza impugnata, relativamente al reato di cui al capo A, limitatamente alla circostanza aggravante della premeditazione e al complessivo trattamento sanzionatorio.
Limitatamente ai capi e ai punti della sentenza impugnata, in relazione ai quali di dispone l’annullamento della decisione, occorre conseguentemente disporre il rinvio ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Firenze per un nuovo giudizio.
Infine, il ricorso, nel resto, deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla qualificazione del reato di cui al capo B), – contestato ai sensi dell’articolo 411 c.p. -, nonche’, con riguardo al capo A) – omicidio -, limitatamente alla circostanza aggravante della premeditazione e al complessivo trattamento sanzionatorio; e rinvia per nuovo esame su tali capi e punti ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Firenze.
Rigetta nel resto il ricorso.

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