Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 12 settembre 2017, n. 41586. Omicidio aggravato dalla premeditazione e la valutazione dell’aggravante

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In questa cornice, la Corte di assise di appello di Firenze, per affermare la ricorrenza degli elementi costitutivi della premeditazione, cosi’ come prefigurata in relazione all’ipotesi di reato di cui al capo A, ai sensi dell’articolo 577 c.p., comma 1, n. 3, avrebbe dovuto compiere una verifica preliminare, finalizzata ad accertare la sussistenza delle condizioni, cronologiche e volitive, in presenza delle quali (OMISSIS) – nella giornata del (OMISSIS) o in epoca antecedente – si era determinato a uccidere la convivente (Sez. U, n. 337 del 18/12/2008, dep. 2009, Antonucci, cit.).
In altri termini, solo sulla base di tali connotazioni, oggettive e soggettive, laddove ritenute sussistenti, era possibile affermare la natura premeditata del progetto criminoso di (OMISSIS), la cui esistenza, allo stato, risulta sprovvista di adeguato supporto motivazionale, non essendosi soffermata la Corte territoriale in termini congrui sul lasso temporale intercorso tra l’insorgenza della determinazione omicida dell’imputato e la sua esecuzione. L’assenza di indicazioni motivazionali relative alla ricorrenza di tale indispensabile lasso temporale, dunque, non consente di ritenere effettivamente sussistenti gli elementi costitutivi dell’aggravante della premeditazione, rispetto alla quale non e’ stata acquisita alcuna prova dell’intervallo cronologico esistente tra l’insorgenza del proposito criminoso finalizzato all’assassinio di (OMISSIS) e la sua esecuzione materiale.
Questo passaggio probatorio, del resto, e’ imprescindibile per la valutazione dei presupposti legittimanti l’applicazione dell’aggravante della premeditazione, conformemente a quanto stabilito da questa Corte che, quanto alla ricorrenza dell’elemento cronologico della circostanza in esame, afferma: “Elementi costitutivi della circostanza aggravante della premeditazione sono un apprezzabile intervallo temporale tra l’insorgenza del proposito criminoso e l’attuazione di esso, tale da consentire una ponderata riflessione circa l’opportunita’ del recesso (elemento di natura cronologica) e la ferma risoluzione criminosa perdurante senza soluzioni di continuita’ nell’animo dell’agente fino alla commissione del crimine (elemento di natura ideologica), dovendosi escludere la suddetta aggravante solo quando l’occasionalita’ del momento di consumazione del reato appaia preponderante, tale cioe’ da neutralizzare la sintomaticita’ della causale e della scelta del tempo, del luogo e dei mezzi di esecuzione del reato” (Sez. 5, n. 42576 del 03/06/2015, Procacci, Rv. 265149; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 5, n. 34016 del 09/04/2013, F., Rv. 256528).
Tenuto conto di questi parametri ermeneutici e della dinamica degli accadimenti criminosi in conseguenza dei quali la persona offesa veniva assassinata, occorre ribadire che il percorso argomentativo seguito dal Giudice di appello per affermare la ricorrenza dell’aggravante della premeditazione non appare congruo, non essendosi compiuta un’adeguata ricognizione delle prove acquisite nei giudizi di merito, sulla base delle quali individuare l’esatto momento dell’insorgenza del proposito omicida di (OMISSIS) e la sedimentazione psicologica antecedente alla sua concretizzazione, non essendo possibile collegare la sua determinazione criminosa ai dissapori sentimentali esistenti tra i due conviventi, che appaiono sul piano probatorio, privi di collegamenti diretti con l’azione dell’imputato. Da questo punto di vista, appaiono generiche e assertive le conclusioni alle quali perveniva la Corte territoriale che, nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 18, affermava: “Le crescenti difficolta’ nel rapporto con la (OMISSIS) avevano convinto l’imputato che la relazione era ormai giunta al termine, ma il (OMISSIS) non avrebbe accettato di essere lasciato dalla donna (…)”.
Ne discende che lo stato di tensione personale esistente tra (OMISSIS) e (OMISSIS), di per se’ solo, non puo’ essere ritenuto idoneo a ipotizzare la sussistenza di un’azione omicida premeditata in capo all’imputato, atteso che i dissapori sentimentali esistenti tra i due conviventi risultano risalenti nel tempo, alla luce delle testimonianze rese da alcune conoscenti della vittima, tra cui (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
L’assenza di preordinazione criminosa, per altro verso, sembrerebbe ulteriormente confermata dalla deposizione della dottoressa (OMISSIS), presso la quale i due conviventi si erano recati nell’ambito di una terapia di coppia, alla quale si richiamava la stessa sentenza impugnata nel passaggio motivazionale esplicitato nelle pagine 16 e 17 della sentenza impugnata, senza pero’ collegare cronologicamente tale percorso terapeutico al processo volitivo in conseguenza del quale (OMISSIS) si determinava a uccidere la vittima. Tale percorso di sostegno terapeutico, infatti, anche tenuto conto delle modalita’ con cui la persona offesa veniva assassinata, sembrerebbe porsi in contrasto con l’ipotesi di una condotta omicida premeditata, apparendo scarsamente plausibile che (OMISSIS) accettasse volontariamente di sottoporsi a una lunga terapia di coppia per salvare la propria relazione sentimentale e contemporaneamente progettasse di uccidere la propria convivente.
Si consideri, in proposito, che sull’origine risalente della crisi che la coppia attraversava e sulla terapia di sostegno psicologico svolta presso la dottoressa (OMISSIS) – dalla quale (OMISSIS) e la convivente si erano recati nello stesso pomeriggio dell’omicidio – la Corte territoriale, senza stabilire alcun collegamento con la fase genetica dell’azione omicida dell’imputato, si limitava ad affermare genericamente: “Che la crisi fosse profonda e irrimediabile lo aveva percepito, dopo il primo incontro, anche la psicologa dott. (OMISSIS), che ha ricordato, nel corso della sua testimonianza, come la seduta di psicoterapia si caratterizzo’ per l’acceso litigio intercorso tra i due, e mise in luce le gravi difficolta’ nelle quali si imbatteva la (OMISSIS) (…)”.
2.3.1. Queste considerazioni impongono l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente all’aggravante della premeditazione contestata in relazione all’ipotesi di reato di cui al capo A, con il conseguente rinvio per un nuovo giudizio sul punto, finalizzato a consentire ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Firenze di eliminare le discrasie motivazionali che si sono evidenziate, rivalutando analiticamente i presupposti legittimanti l’applicazione della premeditazione nel rispetto dei principi di diritto che si sono enunciati, ai quali ci si dovra’ conformare.

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