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6.5. In questo quadro “di sistema” si inserisce la norma che introduce la sanzione della nullita’ di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato nelle locazioni abitative (L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 1), della quale la giurisprudenza di legittimita’ adottera’ ancora una volta un’interpretazione stringentemente restrittiva e strettamente civilistica, tale da escludere ogni interferenza tra la regola tributaria concernente l’obbligo di registrazione e la validita’ dell’atto (e cio’ sino all’intervento di queste sezioni unite con la sentenza n. 18213 del 2015), interpretando la disposizione alla luce di un preteso quanto indimostrato principio di immodificabilita’ del canone di locazione abitativa soltanto in corso di rapporto, ed escludendo quindi che essa sanzionasse la diversa ipotesi del patto occulto contestuale alla stipula del contratto di locazione, al quale pertanto veniva riconosciuta validita’ (Cass. n. 16089 del 27 ottobre 2003 e successiva giurisprudenza conforme, tanto di legittimita’ quanto di merito).
6.5.1. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza poc’anzi citata, modificheranno radicalmente tale orientamento, affermando che la nullita’ prevista dalla L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 1, sanziona esclusivamente il patto occulto di maggiorazione del canone, oggetto di un procedimento simulatorio, mentre resta valido il contratto registrato e dovuto il canone apparente; tale patto occulto, si legge ancora in sentenza, in quanto nullo, non e’ sanato dalla registrazione tardiva, vicenda extranegoziale inidonea ad influire sulla testuale (in)validita’ civilistica (la fattispecie, relativa ad una locazione abitativa, era disciplinata dalla L. del 1998, ed era anteriore all’entrata in vigore della L. del 2004, articolo 1 comma 346).
6.5.2. Precisera’, infatti, questa stessa Corte che “non la mancata registrazione dell’atto recante il prezzo reale…, ma la illegittima sostituzione di un prezzo con un altro, espressamente sanzionata di nullita’, e’ colpita dalla previsione legislativa, secondo un meccanismo del tutto speculare a quello previsto per l’inserzione automatica di clausole in sostituzione di quelle nulle: nel caso di specie, l’effetto diacronico della sostituzione e’ impedito dalla disposizione normativa, si’ che sara’ proprio la clausola successivamente inserita in via interpretativa attraverso la controdichiarazione ad essere affetta da nullita’ ex lege, con conseguente, perdurante validita’ di quella sostituenda (il canone apparente) e dell’intero contratto”.
6.5.3. Da tale ricostruzione, che va in questa sede confermata, deriva che nessun rilievo puo’ assumere la successiva registrazione dell’atto contro-dichiarativo recante la pattuizione di un canone maggiore, posto che l’adempimento formale (ed extranegoziale) dell’onere di registrazione di tale patto “non vale a farne mutare sostanza e forma rispetto alla simulazione”, risultando “inidoneo a spiegare influenza sull’aspetto civilistico della sua validita’/efficacia”. Infatti, chiarira’ ulteriormente la sentenza, qualsiasi ricostruzione volta a riconoscere un effetto di sanatoria della registrazione “appare questione del tutto mal posta”, poiche’ “manca proprio l’oggetto (e il presupposto) di tale sanatoria”: cio’ in quanto l’atto negoziale contro-dichiarativo risulta insanabilmente e testualmente nullo per contrarieta’ a norma di legge (da ravvisare nell’articolo 13, comma 1, espressamente volto ad impedire la sostituzione del canone apparente con quello reale convenuto con il patto occulto), restando tale anche a seguito della sopravvenienza di un requisito extraformale ed extranegoziale quale la registrazione.
6.5.4. Oltre che di natura testuale, secondo il ragionamento di queste Sezioni Unite, la riconosciuta, in parte qua, invalidita’ negoziale aveva altresi’ i connotati della nullita’ virtuale, attesa la causa concreta del patto occulto, ricostruita alla luce del precedente procedimento simulatorio, illecita perche’ caratterizzata dalla vietata finalita’ di elusione fiscale e, quindi, insuscettibile di sanatoria (in proposito, autorevole dottrina, non condividendo tale soluzione, ha osservato che il problema del rapporto tra regola tributaria e sistema civilistico sarebbe stato eluso dal questa Corte, alla quale sarebbe “ripugna(to) affermare che la nullita’ del patto potesse derivare dalla mancata registrazione”. La critica non pare cogliere nel segno, volta che una piu’ attenta lettura della sentenza avrebbe consentito di rilevare come, pur non potendo farne applicazione nella fattispecie ratione temporis, il problema, ben lungi dall’essere eluso, venisse affrontato apertis verbis con la precisazione secondo la quale “se la sanzione della nullita’ derivasse dalla violazione dell’obbligo di registrazione, allora sembrerebbe ragionevole ammettere un effetto sanante al comportamento del contraente che, sia pur tardivamente, adempia a quell’obbligo (nel sistema tributario e’ previsto, difatti, il cosiddetto “ravvedimento” Decreto Legislativo n. 471 del 1997, ex articolo 13 comma 1…”, non senza aggiungere, ancora, che la soluzione adottata con riferimento alla L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 1, aveva il pregio “di porsi in armonia, quoad effecta (anche se non sotto il profilo formale dell’efficacia negoziale della registrazione, predicabile solo a far data dalla L. n. 311 del 2004) con la successiva legislazione intervenuta in subiecta materia”.
6.5.5. Sotto tale, ulteriore profilo, si e’ criticato il ragionamento sviluppato da questa Corte in punto di raccordo tra la disciplina dell’articolo 13, comma 1 e l’istituto della simulazione, osservando che le Sezioni Unite avrebbero accolto un inquadramento “monistico” del fenomeno della simulazione relativa oggettiva, in virtu’ del quale il procedimento simulatorio consterebbe soltanto di accordo di simulare e negozio ostensibile, mentre il patto dissimulato non avrebbe alcuna autonomia strutturale, bensi’ natura di mero strumento probatorio cosi’ che la conseguenza di tale premessa, che nega la sussistenza di un autonomo contratto dissimulato, non potrebbe essere allora la nullita’ riferita alla controdichiarazione, ma dovrebbe essere la nullita’ dell’accordo simulatorio, il cui destino verrebbe invece del tutto sottaciuto”.
6.5.6. Osserva il collegio che tali rilievi, da un canto, prescindono del tutto dal dato normativo, che limita al solo patto di maggiorazione del canone, e non all’intero contratto, la sanzione della nullita’, con conseguente validita’ (e sopravvivenza) ex lege dell’accordo negoziale “depurato” dal patto illecito; dall’altro, sovrappongono indebitamente la morfologia del “patto dissimulato”, di cui si evoca una pretesa “autonomia strutturale”, alla sua funzione, cosi’ ricadendo nell’errore di considerare il procedimento simulatorio caratterizzato da una duplicita’ di strutture contrattuali – caratterizzazione, in realta’, del tutto impredicabile, come condivisibilmente sostenuto dalla piu’ accorta dottrina, volta che la fattispecie disciplinata dagli articoli 1414 e 1417 c.c., e’ fenomenologicamente, prima ancora che giuridicamente, unitaria (di tal che il destino dell’accordo simulatorio, ben lungi dall’essere del tutto sottaciuto, e’ proprio quello scolpito dalla norma che ne sancisce la perdurante validita’ ed efficacia, una volta depurato dal patto controdichiarativo contenente la illegittima maggiorazione del canone).
6.6. Tali considerazioni si segnalano per la loro specifica attinenza alla questione oggi nuovamente sottoposta al collegio con riferimento alle locazioni ad uso diverso da abitazione alle quali sia applicabile ratione temporis la L. n. 311 del 2004, e possono offrire un primo spunto interpretativo nell’analisi della fattispecie in esame.
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