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1.4 Com’e’ noto, in tema di responsabilita’ civile, anche contrattuale, la valutazione del nesso causale si ispira, tra gli altri, al criterio della cosiddetta causalita’ adeguata, sulla base del quale, all’interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano – ad una valutazione ex ante – del tutto inverosimili (Sez. U, Sentenza n. 576 del 11/01/2008, Rv. 600899; ex Sez. 3, Sentenza n. 16123 del 08/07/2010, Rv. 613967).
In particolare, occorre scomporre il giudizio causale in due autonomi e consecutivi segmenti.
Il primo e’ volto ad identificare il nesso di causalita’ materiale che lega la condotta all’evento di danno: in tale fase dell’indagine eziologica, il danno rileva solo come evento lesivo, e la problematica causale, sia pur regolata da diversi criteri sullo stesso piano morfologico (il giudice penale adottando il criterio c.d. condizionalistico, quello civile utilizzando la regola della causalita’ adeguata, se del caso integrata sostituita con quella dello scopo della norma violata e della signoria dell’uomo sul fatto), parrebbe sovrapponibile, in parte qua, a quella posta, in seno al giudizio penale, dagli articoli 40 e 41 c.p..
Ancor piu’ significative risultano poi le differenze sul piano dell’analisi funzionale del nesso, in relazione al regime probatorio applicabile: mentre nel processo penale deve trovare applicazione il principio della prova piena “oltre il ragionevole dubbio” (Sez. U Pen., n. 30328 del 10/07/2002 – dep. 11/09/2002, Franzese, Rv. 222139), nel processo civile vige la regola della preponderanza dell’evidenza o del “piu’ probabile che non” (Sez. 16/10/2007, Rv. 599816; Sez. 3, 11/05/2009, Rv. 608391; Sez. 3, 16/01/2009, Rv. 606129). Detta preponderanza, peraltro, non va intesa in termini di mera probabilita’ quantitativa della frequenza di un evento, che potrebbe anche mancare essere inconferente, ma va verificata, secondo la c.d. probabilita’ logica, nell’ambito degli elementi di conferma, e, nel contempo, nell’esclusione di quelli alternativi, disponibili in relazione al caso concreto (Sez. L, Sentenza n. 47 del 03/01/2017, Rv. 642263).
Il secondo segmento, al quale va riferita la regola dell’articolo 1223 c.c., e’ diretto, pertanto, ad accertare il nesso di causalita’ giuridica che lega l’evento alle conseguenze dannose risarcibili; si tratta cioe’ di individuare, all’interno delle serie causali, quelle che, nel momento in cui si produce l’evento, non appaiono del tutto inverosimili, come richiesto dalla cosiddetta teoria della causalita’ adeguata della regolarita’ causale, in base a un giudizio formulato in termini ipotetici (Sez. 3, Sentenza n. 21255 del 17/09/2013, Rv. 628703; Sez. 1, Sentenza n. 26042 del 23/12/2010, Rv. 615614).
Il danno connesso all’inadempimento e’ quindi quello causato dalla condotta del debitore, quando costituisce l’effetto normale, ordinario di essa. Devono conseguentemente essere eliminati dal novero dei danni risarcibili gli eventi che rappresentano sviluppi eccezionali, al di fuori di qualsiasi logica ordinaria, pur quando rinvengono come antecedente l’inadempimento del debitore. Viceversa, devono essere ricompresi nel risarcimento anche i danni indiretti e mediati che si presentino come effetto normale dell’inadempimento, con la conseguenza che, ai fini del sorgere dell’obbligazione risarcitoria, il rapporto fra illecito ed evento puo’ anche non essere diretto e immediato se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo e purche’ – come s’e’ detto – le conseguenze dannose non risultino del tutto inverosimili (Sez. 3, Sentenza n. 15274 del 04/07/2006, Rv. 591703; Sez. 3, Sentenza n. 16163 del 21/12/2001, Rv. 551313; Sez. 3, Sentenza n. 5913 del 09/05/2000, Rv. 536323).
1.5 Sulla base di tali premesse deve essere affrontata anche la problematica delle concause, rilevante sotto due distinti profili.
Per un verso, sul piano della causalita’ materiale, va verificata la questione dell’interruzione del nesso di causalita’. Per altro verso, sul piano del danno risarcibile, deve essere esaminato il tema del concorso di colpa (rectius, di cause) ex articolo 1227 c.c., comma 1.
Quanto al primo aspetto, occorre premettere che la soluzione non muta se il fattore concausale e’ di origine naturale (ossia si tratta di un fenomeno sottratto al controllo umano imputabile all’uomo (lo stesso danneggiato o terzi). In applicazione del principio di cui all’articolo 41 c.p. – che sancisce, a differenza del precedente articolo 40, una vera e propria regola (con)causale – l’interruzione della serie causale si verifica solo quando il fattore sopravvenuto, pur inserendosi nella serie causale gia’ intrapresa, dia origine ad un’altra serie causale eccezionale ed atipica rispetto alla prima, idonea da sola a produrre l’evento dannoso, che sul piano giuridico assorbe ogni diversa serie causale e la riduce al ruolo di semplice occasione (Sez. 3, Sentenza n. 8096 del 06/04/2006, Rv. 588863).
Laddove, invece, non sia possibile distinguere fra cause mediate o immediate, dirette indirette, precedenti o successive e si deve riconoscere a tutte la medesima efficacia (Sez. 3, Sentenza n. 23915 del 22/10/2013, Rv. 629115; Sez. 3, Sentenza n. 8096 del 06/04/2006, Rv. 588863). Tuttavia, l’adozione del criterio correttivo della probabilita’ relativa (altrimenti detto della preponderanza dell’evidenza o del “piu’ probabile che non”), implica un’analisi specifica e puntuale di tutte le risultanze probatorie del singolo processo, nella loro irripetibile unicita’, con la conseguenza che la concorrenza di cause di diversa incidenza probabilistica deve essere attentamente valutata e valorizzata in ragione della specificita’ del caso concreto, senza potersi fare meccanico e semplicistico ricorso alla regola della “meta’ piu’ uno (Sez. 3, Sentenza n. 15991 del 21/07/2011, Rv. 618880).
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