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Come affermato, infatti, dall’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimita’, condiviso dal Collegio, ai fini della sussistenza del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, che ogni atto distrattivo assume rilievo ai sensi della L. Fall., articolo 216, in caso di fallimento, indipendentemente dalla rappresentazione di quest’ultimo, il quale non costituisce l’evento del reato che, invece, coincide con la lesione dell’interesse patrimoniale della massa. (cfr., ex plurimis, Cass., sez. 5, 24.3.2010, n. 16579, rv. 246879).
Cio’ in quanto il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione e’ reato di pericolo a dolo generico per la cui sussistenza, pertanto, non e’ necessario che l’agente abbia consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, ne’ che abbia agito allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volonta’ di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (cfr. Cass., sez. 5, 14.12.2012, n. 3229, rv. 253932; Cass., sez. 5, 13.2.2014, n. 21846, rv. 260407; Cass., Sez. Un., 31.3.2016, n. 22474, rv. 266805).
Ne’ va taciuto che anche in una recente e, per il momento, isolata pronuncia della Suprema Corte, che, in relazione al reato di bancarotta fraudolenta prefallimentare, costruisce la dichiarazione di fallimento come condizione oggettiva di punibilita’, si ribadisce come trattasi di un evento estraneo all’offesa tipica ed alla sfera di volizione dell’agente (cfr. Cass., sez. 5, 8.2.2017, n. 13910, rv. 269388).
Va, dunque, ribadito, anche in questa sede il consolidato e prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimita’ (rispetto al quale si pone un solo precedente di segno contrario, ormai risalente nel tempo: cfr. Cass., sez. 5, 24.9.2012, n. 47502), secondo cui in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione a configurare l’elemento soggettivo del reato e’ sufficiente il dolo generico, che consiste nella coscienza e volonta’ di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alle finalita’ dell’impresa, con la consapevolezza che tale destinazione determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni della classe creditoria, non essendo invece richiesta la specifica conoscenza dello stato di dissesto della societa’. Non si richiede, pertanto, al fine di integrare il dolo generico del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, che l’agente abbia consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, ne’ che abbia agito allo scopo di recare pregiudizio ai creditori (cfr. Cass., sez. 5, 24/03/2010, n. 16579; Cass., sez. 5, 23/04/2013, n. 28514; Cass., sez. 5, 14.12.2012, n. 3229, rv. 253932; Cass., sez. 5, 13.2.2014, n. 21846, rv. 260407).
5. Quanto alla posizione del (OMISSIS), si deve ribadire come la maggior parte dei motivi di ricorso siano generici e di natura meramente fattuale. Con particolare riferimento alla qualifica di amministratore di fatto rivestita dal (OMISSIS), la corte territoriale ha reso una motivazione assolutamente conforme ai principi elaborati al riguardo dalla giurisprudenza della Suprema Corte.
Ed invero, consolidato appare, all’interno della giurisprudenza di legittimita’, l’orientamento secondo cui la nozione di amministratore di fatto, introdotta dall’articolo 2639 c.c., postula l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione, anche se “significativita’” e “continuita’” non comportano necessariamente l’esercizio di “tutti” i poteri propri dell’organo di gestione, ma richiedono l’esercizio di un’apprezzabile attivita’ gestoria, svolta in modo non episodico od occasionale.
La posizione dell’amministratore di fatto, destinatario delle norme incriminatrici della bancarotta fraudolenta, dunque, va determinata con riferimento alle disposizioni civilistiche che, regolando l’attribuzione della qualifica di imprenditore e di amministratore di diritto, costituiscono la parte precettiva di norme che sono sanzionate dalla legge penale. La disciplina sostanziale si traduce, in via processuale, nell’accertamento di elementi sintomatici di gestione o cogestione della societa’, risultanti dall’organico inserimento del soggetto, quale “intraneus” che svolge funzioni gerarchiche e direttive, in qualsiasi momento dell'”iter” di organizzazione, produzione e commercializzazione dei beni e servizi rapporti di lavoro con i dipendenti, rapporti materiali e negoziali con i finanziatori, fornitori e clienti – in qualsiasi branca aziendale, produttiva, amministrativa, contrattuale, disciplinare.
Peraltro l’accertamento degli elementi sintomatici di tale gestione o cogestione societaria costituisce oggetto di apprezzamento di fatto che e’ insindacabile in sede di legittimita’, se sostenuto da motivazione congrua e logica (cfr. Cass., sez. 5, 14.4.2003, n. 22413, rv. 224948; Cass., sez. 1, 12.5.2006, n. 18464, rv. 234254).
In conclusione puo’ dunque affermarsi che in tema di bancarotta fraudolenta, i destinatari delle norme di cui alla L. Fall., articoli 216 e 223 vanno individuati sulla base delle concrete funzioni esercitate, non gia’ rapportandosi alle mere qualifiche formali ovvero alla rilevanza degli atti posti in essere in adempimento della qualifica ricoperta (cfr. Cass., sez. 5, 13.4.2006, n. 19145, rv. 234428).
Orbene, la corte di appello di Lecce, con motivazione articolata, esauriente ed immune da vizi, si e’ mossa nel solco interpretativo tracciato dalla giurisprudenza di legittimita’.

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