Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 5 gennaio 2018, n. 169. Revocabile di diritto il testamento del defunto che lascia i suoi averi alla moglie ai figli riconosciuti e ai nipoti ignorando la figlia che sapeva di avere ma che non aveva mai voluto riconoscere.

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Per l’effetto si e’ ritenuto che l’articolo 687 c.c., comma 1, abbia un fondamento oggettivo, individuabile nella modificazione della situazione familiare in relazione alla quale il testatore aveva disposto dei suoi beni, e poiche’ tale modificazione sussiste sia quando il testatore abbia riconosciuto un figlio naturale, sia quando nei suoi confronti sia stata esperita vittoriosamente l’azione di accertamento di filiazione naturale, dal combinato disposto dell’articolo 277 c.c., comma 1, e articolo 687 c.c., comma 1, deriva che la revoca del testamento e’ ricollegabile anche al secondo di tali eventi.
7. Ritiene il Collegio che debba darsi seguito a tale valutazione della norma in chiave oggettiva (cfr. in tal senso anche la recente Cass. n. 18893/2017, sebbene riferita alla diversa ipotesi di sopravvenienza di figli per il testatore che gia’ ne aveva in precedenza), e nell’ottica prevalente della tutela dei figli, senza che tale soluzione si ponga in contrasto con il diverso approccio volontaristico che e’ invece alla base dell’esegesi della previsione di cui all’articolo 803 c.c., deponendo in tal senso anche le differenze di disciplina ed effetti evidentemente esistenti tra le due norme.
7.1 In primo luogo, la revocazione della donazione e’ rimessa ad un’iniziativa del donante ovvero dei suoi eredi ed e’ assoggettata ad un breve termine di decadenza, palesandosi in tal modo come la perdita di efficacia della donazione sia ricollegata ad una specifica iniziativa individuale e che il ripensamento del donante debba intervenire in un tempo contenuto, laddove a contrario la fattispecie in esame opera di diritto, ed anche laddove il de cuius abbia potuto fruire di un termine anche ampio per procedere alla revoca del precedente testamento ed ad una eventuale nuova manifestazione di volonta’ (si pensi al caso in cui la sopravvenienza del figlio, successiva alla redazione del testamento, preceda di vari anni la morte del testatore).
Ancora, in caso di revocazione della donazione, i beni rientrano nella disponibilita’ assoluta del donante, che, fatti salvi i limiti derivanti dall’operare delle regole in tema di successione necessaria, puo’ nuovamente provvedere secondo il proprio insindacabile giudizio, senza che quindi gli stessi beni oggetto della donazione revocata siano essenzialmente vincolati in favore dei figli sopravvenuti.
Viceversa, in caso di revocazione del testamento, non essendo piu’ in vita il testatore, e non avendo in precedenza disposto altrimenti, e’ destinata ad operare la successione legittima, con immediato e diretto vantaggio in favore del figlio o del discendente sopravvenuto.
Inoltre la valorizzazione dell’elemento soggettivo e della tutela della volonta’ del donante trova il conforto anche nel dettato letterale dell’articolo 803 c.c., il quale con specifico riferimento all’ipotesi del riconoscimento del figlio (fattispecie alla quale viene ad assimilarsi quella qui in esame, giusta il disposto dell’articolo 277 c.c.) prevede che la revocazione possa darsi anche a seguito del riconoscimento di un figlio naturale, “salvo che si provi che al tempo della donazione il donante aveva notizia dell’esistenza del figlio”.
L’assenza di un’analoga disposizione nel testo dell’articolo 687 c.p.c., appare al Collegio costituire un ulteriore argomento a favore della tesi oggettiva del fondamento della revocazione, in quanto solo nel caso di donazione la consapevolezza della esistenza del rapporto di filiazione, sebbene non ancora consacrato dal riconoscimento, impedisce la revocazione, posto che tale consapevolezza esclude la necessita’ di approntare una tutela per una volonta’ che non puo’ reputarsi viziata ovvero formatasi in difformita’ di quanto e’ dato ritenere secondo l’id quod plerumque accidit.
Ed, invero cio’ che rileva ai fini della caducazione del testamento e’ la sopravvenienza o la scoperta dell’esistenza di una filiazione in senso giuridico, e non anche in senso meramente naturalistico, e cio’ dovendosi far richiamo all’opinione di questa Corte che ha sempre ritenuto irrilevante la conoscenza dell’esistenza di figli biologici, che il testatore non ha riconosciuto per scelta, posto che la scoperta di figli biologici, non riconosciuti, non preclude quindi la revocazione, se il testatore, per esempio, aveva gia’ notizia dell’esistenza di altri figli naturali non riconosciuti (cosi’ Cass. n. 612/1961).
Infine, un ulteriore argomento portato a contrasto della tesi cd. soggettiva e’ quello che ha riguardo al fatto che la revoca non si verifica, stando a quanto previsto nell’articolo 687 c.c., u.c., se i figli o discendenti non vengono alla successione e non si fa luogo a rappresentazione: nell’ottica della presunzione di volonta’, si e’ rilevato che una simile previsione non si spiegherebbe, in quanto anche in tal caso la revocazione, se veramente fondata sulla volonta’ presunta del testatore, dovrebbe avere luogo.
7.2 Peraltro, e ribadita l’adesione del Collegio alla tesi sostenuta nella piu’ recente giurisprudenza di questa Corte, anche gli argomenti addotti in senso contrario dalla decisione gravata non paiono cogliere nel segno.
Ed, invero, quanto alla compatibilita’ dell’istituto de quo con le disposizioni in tema di tutela dei legittimari ovvero con il principio della prevalenza della volonta’ testamentaria, le considerazioni del giudice di appello appaiono volte piu’ che a confutare l’applicabilita’ dell’articolo 687 c.c., alla fattispecie in esame, piuttosto a porre in dubbio la stessa ragion d’essere dell’istituto, sollecitando nella realta’ una disapplicazione della norma in ragione dell’irrazionalita’ del rimedio accordato, in presenza di un meccanismo di tutela del tutto diverso rispetto a quello offerto dal codice civile ai legittimari, essendo la norma ancorata ad un modello di famiglia, nel quale il primogenito “fa la parte del leone”, e che viene ritenuto anacronistico.
Ed, ancora, quanto al fatto che la norma dell’articolo 687 c.c., deroghi ai princi’pi della successione necessaria, in quanto volta ad attuare un “bilanciamento” diverso da quello cui i principi medesimi mirano, vale osservare che l’articolo 687 cod. civ., pur sovrapponendosi in parte alla disciplina della c.d. successione necessaria, realizza “per i legittimari un risultato ulteriore rispetto a quello che questi potrebbero conseguire con la semplice azione di riduzione”, rientrando nella discrezionalita’ del legislatore individuare quali siano gli strumenti giuridici ritenuti piu’ idonei ad accordare tutela a coloro che rivestono la qualita’ di legittimari (sebbene facendo ricorso ad una soluzione che distingue tra le varie categorie di legittimari – e si veda in tal senso il differente trattamento di favore accordato dalla riforma del 1975 al coniuge superstite quanto al diritto di uso e di abitazione di cui all’articolo 540 c.c., – privilegiando la situazione del primo figlio, dovendosi ravvisare in cio’ la penetrazione di una valutazione oggettivizzata della volonta’, sebbene nella prospettiva della tutela della condizione del figlio, nel senso che la “revoca legale” del testamento per sopravvenienza di figli, e’ giustificata legislativamente dalla considerazione del “dato di comune esperienza che la mancanza di figli condiziona la volonta’ testamentaria, e che di regola una persona non fa testamento o lo fa diversamente se ha un discendente”).
Quanto invece al preteso vulnus al principio della tutela della volonta’ testamentaria, da un lato puo’ osservarsi che la norma in esame rappresenta una specificazione e puntuale applicazione al caso del piu’ generale principio posto dall’articolo 457 c.c., comma 2″, ma dall’altro si traduce in una piu’ intensa ed efficace tutela dei figli e discendenti del de cuius (tutela che, come conferma la disciplina della successione necessaria consente anche di rendere priva di efficacia la contraria volonta’ del de cuius), tutela destinata a recedere nel solo caso in cui emerga una espressa volonta’ di mantenere ferme le disposizioni testamentarie ovvero laddove il testatore abbia diversamente provveduto, non potendosi quindi fondare l’esclusione della revocazione su di una presunzione di prevalenza della volonta’ testamentaria di rendere intangibili le proprie disposizioni di ultima volonta’ (e cio’ in particolare nel caso in cui sia sopravvenuta la conoscenza dell’esistenza del figlio), ma su una espressa volonta’ in tale direzione.

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