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Questa Corte, infatti, ha ripetutamente affermato che la responsabilita’ di cui all’articolo 2051 c.c., va esclusa quando venga dimostrata dal custode l’esistenza d’un caso fortuito; che il caso fortuito puo’ consistere anche nel fatto della vittima (c.d. “fortuito incidentale”); che la condotta della vittima puo’ rappresentare tanto una concausa del danno, quanto causa esclusiva di esso, ad esempio nell’ipotesi di uso improprio della cosa altrui (tra le tante, in tal senso, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 11526 del 11/05/2017; Sez. 3, Sentenza n. 12895 del 22/06/2016; Sez. 3, Sentenza n. 18317 del 18/09/2015; Sez. 3, Sentenza n. 9547 del 12/05/2015; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 20619 del 30/09/2014).
Pertanto l’affermazione compiuta dalla Corte d’appello, in se’, non viola l’articolo 2051 c.c., poiche’ e’ esatto in linea teorica che la condotta colposa della vittima del danno, a determinate condizioni (delle quali si dira’ affrontando il secondo motivo di ricorso), esclude la responsabilita’ del custode.
2.4. Poiche’ il principio teorico affermato dalla Corte d’appello fu in se’ corretto, non rileva che la sentenza impugnata abbia ritenuto di corroborarlo affermando che il dislivello tra il pavimento della cabina dell’ascensore e il piano circostante “non potesse rappresentare un trabocchetto o un’insidia” (cosi’ la sentenza, foglio 11, quarto capoverso).
E’ vero, infatti, quanto dedotto dal ricorrente, ovvero che la responsabilita’ del custode di cui all’articolo 2051 c.c., sussiste sia quando il danno sia provocato da cose insidiose, sia quando sia provocato da cose non insidiose, non seagenti, non pericolose.
Che la cosa fonte di danno fosse “insidiosa” (ovvero oggettivamente pericolosa e soggettivamente non percepibile) e’ infatti circostanza che puo’ rilevare sul piano processuale della prova della colpa della vittima, non sul piano sostanziale della sussistenza della responsabilita’ del custode. Cio’ vuol dire che tanto maggiore era la prevedibilita’ del pericolo, tanto minore sara’ la scusabilita’ della condotta della vittima, e viceversa (Sez. 3, Sentenza n. 4279 del 19/02/2008).
Tuttavia nel caso di specie il riferimento all’inesistenza d’una “insidia o trabocchetto” compiuto dalla Corte d’appello non fu la vera ratio decidendi: per quanto gia’ detto, infatti, la domanda venne rigettata dal giudice d’appello sul presupposto della ricorrenza d’un caso fortuito, rappresentato dalla colpa esclusiva della vittima. Quell’affermazione pertanto, per quanto inesatta, non costituisce il fondamento giuridico della decisione d’appello, e non la rende percio’ scorretta sotto questo aspetto.
3. Il secondo motivo di ricorso.
3.1. Col secondo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione degli articoli 1227, 2043 e 2051 c.c..
Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe violato l’articolo 1227 c.c., attribuendo alla vittima la responsabilita’ esclusiva dell’accaduto. Infatti la condotta della vittima in tanto puo’ escludere la responsabilita’ del custode in quanto abbia i caratteri di autonomia, eccezionalita’, imprevedibilita’, inevitabilita’. Nel caso di specie, tuttavia, il condominio non aveva mai offerto alcuna prova che la condotta della vittima avesse avuto tali requisiti; ed in ogni caso quella condotta, anche a volerla ritenere colposa, avrebbe potuto avere al massimo l’efficacia di una concausa del danno, ma non di causa esclusiva dell’accaduto. Infatti senza il dislivello tra il pavimento dell’ascensore e il terreno circostante la caduta mai si sarebbe potuta verificare.
3.2. Il motivo e’ fondato.
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