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In ogni caso, la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e’ giustificata da motivazione esente da manifesta illogicita’, anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non e’ necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e’ sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, sent. n. 3609 del 18/01/2011, Sermone e altri, Rv. 249163).
4. Dunque, i ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS) devono essere dichiarati inammissibili.
Alla dichiarazione di inammissibilita’ dei predetti ricorsi consegue di diritto, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., comma 1, la condanna dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte cost. sentenza n. 186 del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo determinare, tra il minimo e il massimo previsti, in Euro 2.000,00 cadauno.
5. L’esame dei motivi di doglianza di (OMISSIS) conduce al rigetto degli stessi, sebbene vada anticipato che la loro ammissibilita’ in rito produce conseguenza in termini di pena inflitta, per come spiegato infra.
5.1. Il primo motivo di ricorso dell’ (OMISSIS) contesta la ritenuta partecipazione ad una rissa ed insiste nell’affermare la necessita’ di una difesa dall’altrui aggressione: in particolare, pero’, sostiene che vi era stato un travisamento da parte del giudice nel ritenere che il ricorrente avesse affermato di essere stato colpito da un bastone mentre era nella sua vettura, poiche’, in realta’, egli aveva riferito che era stato colpito mentre stava per rientrare nella vettura: da questo travisamento era dipesa la valutazione di inattendibilita’ delle dichiarazioni del ricorrente, il quale non aveva ragioni di astio verso il (OMISSIS).
Il motivo lambisce l’inammissibilita’: tuttavia appare doveroso precisare che la porzione di ricostruzione dei fatti che il ricorrente reputa essere frutto di un travisamento non ha, in realta’, un rilievo particolare; in effetti, che il ricorrente fosse stato colpito mentre era nella vettura o mentre stava per rientrare nella vettura, l’elemento comunque da considerare (e considerato dal giudice) era che egli era stato colpito presso la sua vettura; peraltro, la valutazione circa quella dichiarazione era stata effettuata anche tenendo conto di quanto dichiarato dal teste Conti, presente ai fatti: proprio sulla base delle sue dichiarazioni la Corte territoriale aveva concluso che l’ (OMISSIS) non poteva trovarsi all’interno della propria vettura al momento del primo colpo (pag. 6 della sentenza impugnata). In ogni caso, poi, l’asserito travisamento sarebbe avvenuto su una dichiarazione del ricorrente, non riscontrata dall’istruttoria: la valutazione di rilievo e’ quella per cui egli prese a lottare, disarmo’ l’avversario e lo colpi’ con violenza con una falce al capo.
La conclusione e’ quindi corretta: infatti, la modifica normativa dell’articolo 606 c.p.p., comma 1 lettera e), lascia inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di Cassazione, che puo’ essere solo di legittimita’ e non puo’ estendersi ad una valutazione di merito. Il nuovo vizio introdotto e’ quello che attiene alla motivazione, il cui vizio di mancanza, illogicita’ o contraddittorieta’ puo’ ora essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato, ma anche da altri atti del processo specificamente indicati. E’ percio’ possibile ora valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorche’ si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronunzia. Tuttavia, il dato probatorio che si assume travisato od omesso deve avere carattere di decisivita’ non essendo possibile da parte della Corte di Cassazione una rivalutazione complessiva delle prove che sconfinerebbe nel merito (Sez. 2, n. 13994 del 23/03/2006, Rv. 233460; Sez. 7, ord. N. 27518 del 11/05/2006, Rv. 234604).
Nel caso di specie viene proposta questa Corte una rilettura degli elementi di prova (sia singolarmente considerati che globalmente valutati) che implica un giudizio di merito.
5.2. Il secondo motivo di doglianza del ricorrente attiene al tema della legittima difesa, asseritamente non considerata a causa della ritenuta sussistenza della rissa, alla quale ostava il fatto che il ricorrente era stato colpito per primo e aveva dovuto difendersi da una persona che impugnava una falce, senza avere mai partecipato ad una spedizione punitiva.
La doglianza e’ infondata: la Corte territoriale ha esaminato questa argomentazione partendo da un dato di fatto e cioe’ che il (OMISSIS) certamente aveva impugnato una falce nel corso della violenta colluttazione, e l’aveva fatto con l’intento di recare offesa all’avversario. Ma la sentenza impugnata sottolinea che l’ (OMISSIS), nel corso dello scontro fisico, era riuscito a disarmare il (OMISSIS) e ad impossessarsi della pericolosa arma da taglio, compiendo un’azione successiva che eliminava ogni possibilita’ di riconoscere la difesa legittima di cui all’articolo 52 c.p.: infatti – scrive la Corte territoriale – nel contesto di concitazione e di reciproca volonta’ offensiva, l’ (OMISSIS) aveva violentemente colpito al capo il (OMISSIS) invece di limitarsi ad allontanarlo, come pure avrebbe potuto giacche’ era lui ora a brandire la falce di fronte ad un avversario disarmato; al contrario l’ (OMISSIS), pur potendo agevolmente tenere a bada l’avversario e pur potendo allontanarsi, aveva preferito infliggere un violento colpo al cranio del (OMISSIS), conficcandogli in capo la falce la quale restava ivi infissa sino alla rimozione avvenuta soltanto con intervento chirurgico.
La conclusione della Corte territoriale e’ corretta: in primo luogo, per come gia’ detto in precedenza, e’ inapplicabile al reato di rissa la causa di giustificazione della legittima difesa, considerato che i corissanti sono ordinariamente animati dall’intento reciproco di offendersi ed accettano la situazione di pericolo nella quale volontariamente si pongono, con la conseguenza che la loro difesa non puo’ dirsi necessitata; essa puo’, tuttavia, essere eccezionalmente riconosciuta quando, sussistendo tutti gli altri requisiti voluti dalla legge, vi sia stata un’azione assolutamente imprevedibile e sproporzionata, ossia un’offesa che, per essere diversa a piu’ grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma ed in tal senso ingiusta, circostanza che, nel caso di specie, non e’ stata ritenuta sulla base di deduzioni logiche ineccepibili (Sez. 5, n. 32381 del 19/02/2015, Rv. 265304).
Ma, ancor piu’, va esclusa la difesa legittima proprio per le circostanze sopra descritte: l’ (OMISSIS) aveva colpito al capo con una falce un uomo che era disarmato e che poteva, senza particolare sforzo, tenere lontano da se’; e, anche se il contesto era di concitazione e di colluttazione tra piu’ persone, non puo’ dimenticarsi che l’attualita’ del pericolo richiesta per la configurabilita’ della scriminante della legittima difesa implica un effettivo, preciso contegno del soggetto antagonista, prodromico di una determinata offesa ingiusta, la quale si prospetti come concreta e imminente, cosi’ da rendere necessaria l’immediata reazione difensiva, sicche’ resta estranea all’area di applicazione della scriminante ogni ipotesi di difesa preventiva o anticipata (Sez. 1, n. 6591 del 27/01/2010, Rv. 246566).
Questa Corte ha piu’ volte ribadito che la legittima difesa presuppone un’aggressione ingiusta ed una reazione legittima; la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocerebbe nella lesione del diritto, la seconda comporta l’inevitabilita’ del pericolo, la necessita’ della difesa e la proporzione tra questa e l’offesa. Ne consegue che non e’ giustificabile una reazione quando l’azione lesiva sia ormai esaurita; ne’ puo’ ritenersi legittimo l’uso di mezzi che non siano gli unici nella circostanza disponibili, perche’ non sostituibili con altri ugualmente idonei ad assicurare la tutela del diritto aggredito e meno lesivi per l’aggressore. Ed invero il requisito della proporzione viene meno, nel conflitto fra beni eterogenei, quando la consistenza dell’interesse leso e’ enormemente piu’ rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionalmente e penalmente protetti, di quella dell’interesse difeso ed il male inflitto all’aggredito abbia una intensita’ di gran lunga superiore a quella del male minacciato.
Nella fattispecie, le condizioni sopra descritte non si riscontrano, per cui correttamente e’ stata esclusa la sussistenza della scriminante menzionata.
5.3. Il terzo motivo di ricorso dell’ (OMISSIS) e’ strettamente connesso al precedente e lamenta l’asserita mancanza di motivazione sul dedotto eccesso colposo di legittima difesa.
Trattasi di una doglianza infondata: la mancanza dei presupposti della scriminante della legittima difesa – esclusa correttamente dalla Corte territoriale – impedisce di ravvisare anche l’ipotesi dell’eccesso colposo di cui all’articolo 55 c.p.. L’espresso richiamo contenuto nell’articolo 55 c.p. alle disposizioni che disciplinano le singole cause di giustificazione, e la specificazione che l’eccesso ricorre quando, per colpa, si eccedono i limiti stabiliti dalla legge o dall’Autorita’ (nelle ipotesi previste dagli articoli 51 e 53 c.p.), o dalla necessita’ di difendere il proprio o l’altrui diritto o se’ stesso da un danno grave alla persona (nelle ipotesi di legittima difesa e stato di necessita’ previste dagli articoli 52 e 54 c.p.), conduce a affermare che l’articolo 55 c.p. postula necessariamente un collegamento tra eccesso colposo e situazioni scriminanti, con conseguente impossibilita’ di ritenere la sussistenza della fattispecie colposa descritta dalla norma richiamata in assenza di una situazione di effettiva sussistenza della singola scriminate di cui si eccedono colposamente i limiti (Sez. 1, n. 18926 del 10/04/2013, Rv. 256017).
Ed allora va richiamata, sul punto specifico oggetto del ricorso Sez. 1, n. 740 del 04/12/1997, Rv. 209452: “Il presupposto su cui si fondano sia l’esimente della legittima difesa che l’eccesso colposo e’ costituito dall’esigenza di rimuovere il pericolo di un’aggressione mediante una reazione proporzionata e adeguata, cosicche’ l’eccesso colposo si distingue per un’erronea valutazione del pericolo e dell’adeguatezza dei mezzi usati: ne deriva che, una volta esclusi gli elementi costitutivi della scriminante per l’inesistenza di una offesa dalla quale difendersi – non vi e’ alcun obbligo per il giudice di una specifica motivazione in ordine ad un eccesso colposo in tale scriminante, pur se espressamente prospettato dalla parte interessata”.
5.4. Il successivo motivo di doglianza del ricorrente (OMISSIS) censura la ritenuta sussistenza del tentato omicidio, sostenendo che la Corte di Appello non aveva tenuto in conto la richiesta di derubricazione del fatto pur se, dopo il colpo di falce al cranio, il ricorrente non aveva proseguito nell’azione ne’ infierito, cosi’ dimostrando che non aveva intenzioni omicidiarie.
Il motivo di ricorso e’ infondato: il fatto risulta adeguatamente inquadrato in termini di tentato omicidio, in linea con l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, alla luce del fatto che la penetrazione della falce nel cranio della vittima richiese un intervento chirurgico per la rimozione della lama e che il colpo aveva interessato la teca cranica e la meninge regione occipitale, determinando il ricovero in prognosi riservata. Come e’ noto, la valutazione che deve essere compiuta non puo’ essere condizionata dagli effetti realmente raggiunti: cosi’ opinando infatti, l’azione per non aver conseguito l’evento, sarebbe sempre inidonea nel delitto tentato. Il giudizio di idoneita’, come e’ stato ripetutamente sottolineato, consiste in una prognosi con riferimento alla situazione che si presentava all’imputato al momento dell’azione, in base alle condizioni umanamente prevedibili nel caso particolare.
La Corte territoriale si e’ attenuta a tali parametri ed ha correttamente concluso, riconoscendo la idoneita’ degli atti in funzione omicidiaria: si legge in sentenza che ricorrevano, nell’azione del ricorrente, la micidialita’ dell’arma utilizzata (una falce appuntita), la direzione del colpo e la gravita’ delle conseguenze riportate; sebbene il colpo fosse stato unico, esso era stato violento e volontariamente indirizzato, da breve distanza, al capo dell’avversario, dall’alto verso il basso e con la punta rivolta al bersaglio; la potenzialita’ lesiva era evidente ed infatti la sede attinta era notoriamente luogo di organi vitali la cui lesione puo’ causare il decesso: ed infatti la morte era stata evitata soltanto per il tempestivo intervento dei sanitari.
Dal punto di vista soggettivo, l’animus necandi e’ stato inferito da un compendio che imponeva tale giudizio, poiche’ ritenuto correttamente dotato di inequivoca incidenza dimostrativa: basti pensare alla potenzialita’ offensiva dell’arma, alla distanza ravvicinata da cui fu colpita la vittima, alla zona attinta, alla forza impressa al colpo ed alla direzione dello stesso, tutti fattori deponenti, senza possibilita’ di errore, per una manifesta volonta’ diretta di uccidere (Sez. 1, n. 32851 del 10.06.2013, Rv 256991).
5.5. L’ultimo motivo di ricorso dell’ (OMISSIS) lamenta il mancato riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione, invocata in ragione della bestiale aggressivita’ del (OMISSIS) e negata a causa della ritenuta sussistenza di una rissa.
Anche questa doglianza si fonda sull’assunto difensivo secondo il quale vi era stata una aggressione ed una difesa ed il ricorrente si era limitato a difendersi.
Ma, per come detto in precedenza, correttamente la Corte territoriale aveva escluso detto assunto: cosi’ la sentenza impugnata aveva chiarito che la provocazione non e’ configurabile nel reato di rissa e nei reati connessi ad essa, poiche’ le condotte sono reciprocamente aggressive.
Trattasi di una conclusione corretta, sulla base di un consolidato orientamento di questa Corte: l’attenuante della provocazione e’ stata bene esclusa dal giudice di appello, il quale ha tenuto conto del fatto che un violento scontro fisico era stato accettato e fomentato da entrambe le parti, reputandolo incompatibile con l’assunto difensivo secondo cui l’azione era stata originata da un fatto ingiusto altrui; ne’ era stata riscontrata, poi una tracotante pretesa proveniente da uno solo dei gruppi o una condotta eccedente i limiti prevedibili (Sez. 5, n. 8020 del 13/12/2012, Rv. 255218; Sez. 1, n. 710 del 14/12/1992, Rv. 192794).
6. Ad ogni modo, dall’ammissibilita’ in rito dei motivi di ricorso dell’ (OMISSIS) (a differenza che per gli altri ricorrenti) consegue che questa Corte deve constatare l’avvenuta estinzione del reato di rissa al medesimo contestato, per intervenuta prescrizione.
Infatti, occorre considerare il titolo del reato, l’epoca della sua commissione ((OMISSIS)), il prolungamento – in ragione di un quarto – del termine ordinario di anni sei. Non risultano sospensioni del decorso della prescrizione: di conseguenza, la prescrizione del reato e’ maturata in data 22/11/2014.
Consegue la relativa declaratoria con annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, non apprezzandosi la ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste dall’articolo 129 c.p.p., comma 2, per l’adozione di una formula assolutoria piu’ favorevole per il reo.
Parimenti deve essere eliminata la relativa pena pari a giorni quindici di reclusione.
Il resto del ricorso va rigettato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al delitto di rissa perche’ estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di giorni quindici di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso dell’ (OMISSIS).
Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 cadauno in favore della cassa delle ammende.
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