Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 1 marzo 2018, n. 9428. Ai fini della configurabilita’ del reato di rissa, una volta accertata l’esistenza di gruppi contrapposti con vicendevole intenzione offensiva dell’altrui incolumita’ personale, e’ irrilevante individuare chi per primo sia passato a vie di fatto

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1. I ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS) devono essere dichiarati inammissibili poiche’ manifestamente infondati.

Entrambi i ricorsi si articolano su motivi di doglianza che si prestano ad.una trattazione unitaria poiche’ in piu’ punti appaiono sovrapponibili nella tipologia di censure che vengono mosse alla sentenza impugnata.

Il ricorso di (OMISSIS) va invece rigettato, seppure, per come meglio spiegato in seguito, si impone una modifica nel trattamento sanzionatorio.

2. Il primo motivo di doglianza espresso da (OMISSIS) censura sostanzialmente la ricostruzione della dinamica degli eventi, affermando che l’istruttoria non aveva chiarito ne’ da chi era partita l’iniziativa dello scontro fisico ne’ i motivi della lite ne’ la totalita’ dello svolgimento della colluttazione ne’ la credibilita’ di alcune testimonianze ne’ la sussistenza di mere ragioni di difesa rispetto ad una aggressione.

Il primo motivo di doglianza di (OMISSIS), a sua volta, contesta la partecipazione del ricorrente alla rissa e la stessa qualificazione dei fatti.

Il secondo motivo di doglianza di (OMISSIS) sostiene che non vi era stata una rissa tra i protagonisti della vicenda, ma soltanto una difesa da un’aggressione.

Questi tre motivi di ricorso si prestano, come gia’ anticipato, ad una trattazione unitaria, poiche’ essi, sia pure da angolazioni differenti, tendono a censurare la ricostruzione dei fatti, la partecipazione dei ricorrenti agli stessi, la qualificazione data dal giudice di appello a detta partecipazione e la natura delle azioni poste in essere.

In altri termini, viene chiesta una rilettura delle risultanze istruttorie: tuttavia e’ necessario precisare che, nel caso portato alla cognizione di questa Suprema Corte, ci si trova di fronte a due pronunzie, di primo e di secondo grado, che concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle conformi rispettive decisioni, con una struttura motivazionale della sentenza di appello che viene a saldarsi perfettamente con quella precedente, si’ da costituire un corpo argomentativo uniforme e privo di lacune, in considerazione del fatto che entrambe le pronunzie hanno offerto una congrua e ragionevole giustificazione del giudizio di colpevolezza formulato nei confronti dei ricorrenti.

Discende da tale evenienza, secondo una linea interpretativa in questa Sede da tempo tracciata, che l’esito del giudizio di responsabilita’ non puo’ certo essere invalidato da prospettazioni alternative, risolventisi in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perche’ illustrati come maggiormente plausibili, o perche’ assertivamente dotati di una migliore capacita’ esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si e’ in concreto realizzata (Sez. 6, n. 22256/2006, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369/2006, Rv. 235507).

Nel caso di specie, l’adeguatezza delle ragioni giustificative illustrate nell’impugnata sentenza non e’ stata validamente censurata dai ricorrenti, limitatisi a riproporre, per lo piu’, una serie di obiezioni gia’ esaustivamente disattese dai Giudici di merito ed a formulare critiche e rilievi sulle valutazioni espresse in ordine alle risultanze offerte dal materiale probatorio sottoposto alla loro cognizione, prospettandone, tuttavia, una diversa ed alternativa lettura, in questa Sede, evidentemente, non assoggettabile ad alcun tipo di verifica, per quanto sopra evidenziato.

Il tessuto motivazionale della sentenza in esame, in definitiva, non presenta affatto quegli aspetti di carenza o macroscopica illogicita’ del ragionamento del giudice di merito, nel quale sostanzialmente si risolvono le censure dai ricorrenti articolate.

Nella fattispecie, la sentenza impugnata affronta espressamente il tema delle immagini registrate dalle telecamere di vigilanza del distributore di carburante e chiarisce che, sebbene le stesse non abbiano immortalato l’intera sequenza dinamica, tuttavia era evidente che piu’ persone si stava fronteggiando, colluttavano e si lanciavano reciprocamente oggetti contundenti. Questo elemento era stato rapportato alle dichiarazioni dei ricorrenti stessi, i quali avevano ammesso di avere preso parte attiva in quella lotta, narrando in modo pero’ ritenuto – con motivazione logica e lineare, priva di vizi giuridici – come inverosimile in ordine alla genesi dei fatti: cosi’ si concludeva che la contesa violenta aveva visto il coinvolgimento attivo di quattro persone, intente ad aggredirsi reciprocamente con il proposito di provocarsi lesioni fisiche; sebbene ciascuno asserisse di essersi difeso, la Corte territoriale concludeva che ad uno scontro verbale era seguita la colluttazione furiosa tra le quattro persone, le quali avevano tutte dichiarato di non avere inteso allontanarsi ma di essersi procurati mezzi per ledere (manico di zappa, falce).

Di conseguenza, si era trattato di una rissa, e questa conclusione appare corretta ed adesiva agli orientamenti consolidati di questa Corte, che ha piu’ volte ribadito che, ai fini della configurabilita’ del reato di rissa, una volta accertata l’esistenza di gruppi contrapposti con vicendevole intenzione offensiva dell’altrui incolumita’ personale, e’ irrilevante individuare chi per primo sia passato a vie di fatto e che per la configurazione del reato di rissa e’ necessario e sufficiente che, nella violenta contesa, vi siano gruppi contrapposti, con volonta’ vicendevole di attentare all’altrui incolumita’ personale (Sez. 6, n. 24630 del 15/05/2012, Rv. 253107; Sez. 1, n. 18788 del 19/01/2015, Rv. 263567).

Parimenti, da questo presupposto veniva esclusa l’ipotizzabilita’ di una difesa legittima di taluno contro talaltro: infatti, e’ inapplicabile al reato di rissa la causa di giustificazione della legittima difesa, considerato che i corissanti sono ordinariamente animati dall’intento reciproco di offendersi ed accettano la situazione di pericolo nella quale volontariamente si pongono, con la conseguenza che la loro difesa non puo’ dirsi necessitata; essa puo’, tuttavia, essere eccezionalmente riconosciuta quando, sussistendo tutti gli altri requisiti voluti dalla legge, vi sia stata un’azione assolutamente imprevedibile e sproporzionata, ossia un’offesa che, per essere diversa a piu’ grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma ed in tal senso ingiusta, circostanza che, nel caso di specie, non e’ stata ritenuta sulla base di deduzioni logiche ineccepibili (Sez. 5, n. 32381 del 19/02/2015, Rv. 265304).

3. Il secondo motivo di doglianza di (OMISSIS) attiene al tema della pena inflitta, considerata come eccessiva e incongruamente privata del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, dovute per l’incerta ricostruzione dei fatti.

Il terzo motivo di doglianza di (OMISSIS) attiene anche esso al tema della pena inflitta e lamenta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, riconoscibili per la vetusta’ del precedente penale annoverato, la corretta condotta

processuale e l’estraneita’ ad ambienti malavitosi.

Anche questi motivi sono, ad un tempo, trattabili unitariamente per la loro portata argomentativa e manifestamente infondati.

Secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, in tema di circostanze attenuanti generiche, posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa e’ quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso piu’ favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si e’ reso responsabile, ne deriva che la meritevolezza di detto adeguamento non puo’ mai essere data per scontata o per presunta, si’ da dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza.

Al contrario, e’ la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell’imputato volta all’ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che cio’ comporti tuttavia la stretta necessita’ della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda (Sez. 1, n. 11361 del 19.10.1992, Rv 192381).

Nella fattispecie, la Corte territoriale ha sottolineato come al ricorrente (OMISSIS) non potesse concedersi la diminuente di cui all’articolo 62 bis c.p., e cio’ in considerazione della aggressivita’ dimostrata nel corso della rissa e della negativa personalita’ del medesimo (descritto come persona annoverante plurime condanne per reati anche molto gravi come l’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti). Parimenti, anche per il (OMISSIS) e’ stato considerato che egli ha tenuto una condotta fortemente aggressiva, ha partecipato ad una rissa dalle conseguenze molto gravi ed annoverava plurimi e gravi precedenti penali denotanti un’indole violenta: peraltro, la richiesta del ricorrente mostra la sua infondatezza manifesta laddove si basa su di una asserita incertezza dei fatti, nella realta’ inesistente (peraltro, e’ il caso di precisare che il (OMISSIS) lamenta che la diminuente sia stata concessa agli altri due imputati, mentre, in realta’, essa e’ stata riconosciuta per uno solo di essi; inoltre egli lamenta la contestazione dei futili motivi, mentre la relativa circostanza aggravante non e’ mai stata contestata ne’ ritenuta dal giudice).

Dunque, la sentenza impugnata ha motivato in modo congruo sul punto, richiamando i fattori valutativi presi in considerazione e dipanando la sua convinzione sulla base delle dinamiche dell’accaduto e della personalita’ dimostrata dai ricorrenti.

Insindacabile in questa sede, in quanto congruamente motivato, e’ il diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

Invero, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui all’articolo 62 bis c.p., puo’ essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 3, n. 44071/2014, Rv 260610).

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