Valida la delibera condominiale in merito alla chiusura dell’asilo nido aperto da un condomino nel suo appartamento privato se il regolamento condominiale vieta le attività rumorose
Suprema Corte di Cassazione
sezione II civile
sentenza 6 dicembre 2016, n. 24958
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6279/2012 R.G. proposto da:
(OMISSIS) soc. coop. a resp. lim., – c.f. (OMISSIS) – in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO via (OMISSIS), – c.f. (OMISSIS) – in persona dell’amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
e
(OMISSIS) – c.f. (OMISSIS) – (OMISSIS) – c.f. (OMISSIS) – (quali eredi di (OMISSIS));
– intimati –
Avverso la sentenza n. 427/2012 della corte d’appello di Roma;
Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 30 settembre 2016 dal consigliere dott. Luigi Abete;
Udito l’avvocato (OMISSIS) per la ricorrente;
Udito l’avvocato (OMISSIS) per il controricorrente;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 24.2.2005 (OMISSIS), proprietario dell’appartamento interno n. 1 ricompreso nel fabbricato in (OMISSIS), citava a comparire innanzi al tribunale di Roma il condominio dello stabile.
Esponeva che con delibera assembleare in data 4.2.2005 gli era stato fatto divieto di uso ad “asilo nido” dell’appartamento di sua proprieta’; che tanto era stato disposto sulla scorta di un asserita previsione in tal senso del regolamento condominiale.
Chiedeva che l’adito giudice pronunciasse l’annullamento della suindicata deliberazione. Si costituiva il condominio di via (OMISSIS).
Instava per il rigetto dell’avversa domanda ed in via riconvenzionale perche’ fosse disposta la chiusura dell’attivita’ di “asilo nido” che nell’appartamento di proprieta’ dell’attore era svolta dalla soc. coop. a resp. lim. ” (OMISSIS)”.
Con separato atto di citazione del 28.4.2005 (OMISSIS), nella medesima veste di proprietario del suindicato appartamento, conveniva dinanzi al tribunale di Roma il condominio del fabbricato.
Chiedeva annullarsi annullarsi la delibera in data 12.4.2005 con cui il condominio aveva dato incarico a un legale perche’ gli fosse inibito l’uso ad “asilo nido” del suo appartamento.
Parimenti resisteva il condominio.
Riuniti i giudizi, si costituiva, siccome chiamata in causa dal convenuto, la soc. coop. a resp. lim. ” (OMISSIS)”.
Espletata c.t.u., con sentenza n. 5834/2009 il tribunale adito rigettava le domande tutte di parte attrice ed, in accoglimento della riconvenzionale del condominio, faceva ordine a (OMISSIS) e alla ” (OMISSIS)” di “cessare immediatamente l’attivita’ di asilo nido perche’ esercitata con modalita’ in violazione con quanto previsto dal regolamento condominiale “ovvero eccedente i limiti di normale tollerabilita’” (cosi’ ricorso, pag. 4); condannava in solido l’attore e la terza chiamata alle spese di lite.
Interponeva appello (OMISSIS).
Resisteva il condominio.
Interponeva separato appello la soc. coop. a resp. lim. ” (OMISSIS)”.
Del pari resisteva il condominio.
Riuniti i gravami, si costituivano, a seguito del morte di (OMISSIS), quali suoi eredi, (OMISSIS) e (OMISSIS).
Con sentenza n. 427/2012 la corte d’appello di Roma rigettava gli appelli riuniti e condannava la soc. coop. a resp. lim. ” (OMISSIS)”, (OMISSIS) e (OMISSIS) alle spese del grado.
Per quel che rileva in questa sede la corte esplicitava quanto segue.
In primo luogo, che l’articolo 3 del regolamento condominiale vietava la destinazione degli appartamenti ad esercizi rumorosi, sicche’ occorreva accertare in concreto la rumorosita’ dell'”asilo nido” in dipendenza delle sue concrete modalita’ di espletamento.
In secondo luogo, che a tal ultimo fine il primo giudice aveva disposto il ricorso all’ausilio di un c.t.u., il quale si era attenuto ai parametri legislativi in materia ed era pervenuto alla conclusione per cui “le immissioni provenienti dall’asilo nido superano i limiti di normale tollerabilita’ in due degli appartamenti indagati” (cosi’ sentenza d’appello. pag. 8).
In terzo luogo, che le censure alla relazione di c.t.u. formulate con gli atti di gravame erano destituite di fondamento.
In quarto luogo, che l’esaustivita’ della consulenza tecnica e l’infondatezza degli addotti rilievi critici giustificavano il rigetto dell’istanza di rinnovo della c.t.u..
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la soc. coop. a resp. lim. ” (OMISSIS)”; ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni susseguente pronuncia in ordine alle spese di lite.
Il condominio di via (OMISSIS) ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese di lite.
(OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno svolto difese.
Il condominio ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1366 e 1371 c.c., in relazione all’articolo 3 del regolamento condominiale.
Deduce che l’articolo 3 del regolamento condominiale vieta l’uso degli appartamenti “contrario alla tranquillita’ dell’intero fabbricato”; che, viceversa, nel caso di specie, “e’ stato accertato dalla c.t.u. svolta in primo grado che l’attivita’ di asilo nido e’ rumorosa solo per due condomini sui ventisei di cui si compone il Condominio di via (OMISSIS)” (cosi’ ricorso, pag. 11).
Deduce conseguentemente che la corte d’appello ha fatto erronea applicazione dell’articolo 3 in dipendenza della sua inesatta interpretazione, inesatta interpretazione che ha obliterato l’inciso “intero” in violazione del criterio ermeneutico letterale, in violazione del criterio per cui le clausole si interpretano alla stregua del tenore complessivo dell’atto, in violazione del criterio per cui le clausole che comprimono le prerogative dei singoli condomini si interpretano restrittivamente, in violazione del criterio per cui in caso dubbio le clausole si interpretano nel senso meno gravoso per l’obbligato.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., comma 3, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
Deduce che il condominio ha depositato in appello, all’udienza collegiale del 9.7.2009, nuovi documenti; che la corte di merito non ha reputato indispensabile siffatta documentazione, ne’ controparte ha dato prova di non averla potuta produrre in prime cure per causa ad essa non imputabile; che nondimeno la corte distrettuale “non soltanto ha dato menzione del loro deposito ma addirittura ha fondato su di essa il concetto astratto di attivita’ rumorosa” (cosi’ ricorso, pag. 12).
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia l’omessa, l’insufficiente ovvero la contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; denuncia l’omessa e insufficiente valutazione delle prove.
Deduce che la corte distrettuale dapprima ha ammesso che l’attivita’ di “asilo nido” non e’ in se’ rumorosa, poi, in evidente contraddizione, ha affermato che “l’attivita’ di asilo nido e’ innegabilmente rumorosa in se’ stessa indipendentemente dal concreto esercizio dell’attivita’”. (cosi’ ricorso, pag. 13).
Deduce che la corte territoriale ha in ogni caso errato, allorche’ ha assunto che l’attivita’ di “asilo nido” e’ di per se’ rumorosa; che, invero, “il regolamento condominiale non la annovera specificamente nell’elenco delle attivita’ vietate” (cosi’ ricorso, pag. 14), sicche’ in relazione al generico divieto regolamentare delle attivita’ che turbano la tranquillita’, l’igiene, la decenza e il buon nome del fabbricato, occorre che si accertino le concrete modalita’ di esercizio dell’attivita’ di “asilo nido”, onde verificarne la effettiva rumorosita’.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’omessa, l’insufficiente ovvero la contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; denuncia l’omessa e insufficiente valutazione delle prove; denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione della L. n. 447 del 1995, articolo 2, lettera b), e degli articoli 3, 4, all. A), 5, 7 e 16, all. B), del Decreto Ministeriale 16 marzo 1998.
Deduce che risultati della c.t.u. non sono attendibili perche’ non sono stati rilevati con le metodologie impartite dalle direttive legislative vigenti in materia e in maniera difforme dai canoni ordinari di controllo imposti al c.t.u. quale organo di imparziale rilevazione” (cosi’ ricorso, pag. 17).
Deduce che la corte di Roma non ha esaminato i rilievi critici addotti avverso la consulenza.
Destituito di fondamento e’ il primo motivo di ricorso.
Le censure che il primo mezzo veicola, si risolvono propriamente in una quaestio ermeneutica.
Intese in tal guisa (in linea, d’altronde, con le prefigurazioni della ricorrente: “si pone quindi in tali casi un problema di esatta interpretazione del contenuto della clausola del Regolamento Condominiale, al fine di accertare la portata ed i limiti dei divieti di destinazione delle singole unita’ immobiliari ivi previste”: cosi’ ricorso, pag. 8), non possono che esplicar valenza gli insegnamenti di questo Giudice del diritto.
Innanzitutto, l’insegnamento secondo cui l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata – e, dunque, pur, siccome nel caso di specie, di un regolamento condominiale contrattuale – costituisce un’attivita’ riservata al giudice di merito ed e’ censurabile in sede di legittimita’ soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioe’ tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131).
Altresi’, l’insegnamento secondo cui ne’ la censura ex n. 3) ne’ la censura articolo 360 c.p.c., comma 1, ex n. 5), possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione; d’altronde, per sottrarsi al sindacato di legittimita’, sotto entrambi i cennati profili, quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicche’, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu’ interpretazioni (plausibili), non e’ consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimita’ del fatto che sia stata privilegiata l’altra (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131).
Nel segno delle enunciate indicazioni nomofilattiche l’interpretazione patrocinata dalla corte d’appello e’ in foto inappuntabile, giacche’, da un lato, non si prospetta in spregio ad alcun criterio ermeneutico legale, giacche’, dall’altro, risulta sorretta da motivazione esaustiva, congrua e logica.
Si rappresenta in particolare che la corte di merito ha correttamente, ovvero in pieno ossequio al canone esegetico letterale, ancorato il riscontro cui poi ha concretamente atteso, alla previsione del regolamento ove, al di la’ delle attivita’ oggetto di esplicita e puntuale menzione, e’ tout court, senza, ben vero, precisazione alcuna, “fatto divieto di destinare gli appartamenti ad esercizi rumorosi” (“l’articolo 3 del regolamento recita che e’ fatto divieto di destinare gli appartamenti ad uso di qualsiasi industria od esercizi rumorosi, sicche’ il concetto di rumoroso va delineato in relazione al suo concreto espletamento”: cosi’ sentenza d’appello, pag. 6).
In tal guisa l’assunto della ricorrente secondo cui la corte distrettuale avrebbe “omesso di considerare il chiaro dettato letterale dell’articolo 3 del Regolamento Condominiale, nella parte in cui individua nella tranquillita’ dell’intero fabbricato il limite superato il quale le attivita’ non tipizzate (qual e’ quella di asilo nido) possono ritenersi vietate poiche’ (nel caso di specie) rumorose” (cosi’ ricorso, pagg. 8 – 9), non puo’ in alcun modo essere recepito.
L’anzidetto assunto, difatti, si risolve nella prospettazione per cui altra sarebbe stata la specifica previsione dell’articolo 3 del regolamento condominiale cui nel caso in esame occorreva far riferimento (“e’ fatto divieto di destinare gli appartamenti ad (…) un uso contrario alla tranquillita’ (…) dell’intero fabbricato”) e percio’ si traduce nella mera giustapposizione di una dissimile opzione ermeneutica.
Tanto, si badi, rileva di per se’ ed ancor prima della pretesa erronea interpretazione che del teste’ menzionato inciso la corte territoriale avrebbe, in spregio ed in violazione di ben precisi canoni ermeneutici, operato.
Privo di fondamento e’ pur il secondo motivo di ricorso.
Vero e’ che la corte romana, onde escludere l’assimilabilita’ di un “asilo nido” ad una famiglia media anche con bambini in tenera eta’ e dar ragione in linea astratta della rumorosita’ dell’attivita’ di -asilo nido”, ha fatto riferimento a “documentazione depositata, illustrante una serie di attivita’ fonti di per se’ di rumori” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 6).
E tuttavia va appieno condiviso il rilievo del condominio controricorrente, alla cui stregua “la Corte di Appello non ha fondato la propria decisione su quegli specifici documenti” (cosi’ controricorso, pag. 5).
Infatti la corte di seconde cure ha ancorato il concreto riscontro della rumorosita’ dell’attivita’ di “asilo – nido” agli esiti della consulenza tecnica d’ufficio (cfr. sentenza d’appello, pag. 8).
In questi termini la censura in disamina non si correla puntualmente alla ratio decidendi.
Immeritevole di seguito e’ il terzo motivo di ricorso.
E’ da escludere recisamente che la motivazione dell’impugnato dictum sia contraddittoria.
Si ribadisce che la corte distrettuale ha, per un verso, disconosciuto in linea di principio l’equiparabilita’ dell’attivita’ di un “asilo – nido” all’attivita’ “di una famiglia media, anche con bimbi in tenera eta’”; ha, per altro verso, atteso in concreto (“sicche’ il concetto di rumoroso va delineato in relazione al suo concreto espletamento”: cosi’ sentenza d’appello, pag. 6), alla luce degli esiti della c.t.u., all’accertamento della reale rumorosita’ dell’attivita’ di “silo – nido” (cfr. sentenza d’appello, pag. 8).
Del tutto ingiustificate sono quindi le deduzioni della ricorrente a tenor delle quali “la Corte di merito erra quando parte dal presupposto che l’attivita’ di asilo nido e’ di per se’ rumorosa” (cosi’ ricorso, pag. 14), “la modalita’ di esercizio dell’attivita’ di asilo nido deve essere accertata in concreto per verificare l’esistenza della sorgente rumorosa” (cosi’ ricorso, pag. 14).
Al contempo, al cospetto del concreto riscontro della rumorosita’ dell’attivita’ di “asilo – nido” espletata dalla ” (OMISSIS)”, a nulla vale dedurre che l'”asilo nido (…) non deve essere confuso con una nursery o con un baby – parking dove i bambini vengono lasciati a se stessi e controllati a distanza ma un luogo altamente professionale con funzione sociale” (cosi’ ricorso, pag. 14).
Non merita seguito il quarto motivo di ricorso.
Si rappresenta previamente che, in ossequio al canone di cosiddetta “autosufficienza” del ricorso per cassazione (cfr. Cass. sez. lav. 4.3.2014, n. 4980), quale positivamente sancito all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6), ben avrebbe dovuto la ricorrente, onde consentire a questa Corte il compiuto riscontro, il compiuto vaglio dei suoi assunti, riprodurre piu’ o meno integralmente nel corpo del ricorso il testo della consulenza tecnica d’ufficio.
E cio’ tanto piu’ giacche’ la stessa ricorrente adduce che corte territoriale avrebbe omesso di valutare le conclusioni del c.t.u. (cfr. ricorso, pag. 23).
Si rappresenta comunque che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisce al giudice di legittimita’ non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensi’ la sola facolta’ di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi, dando, cosi’, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. 9.8.2007, n. 17477; Cass. 7.6.2005, n. 11789).
Si rappresenta in particolare che, ai fini di una corretta decisione, il giudice del merito non e’ tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, ne’ a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr. Cass. 10.5.2000, n. 6023).
Si rappresenta conseguentemente che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorieta’ della medesima, puo’ legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (cfr. Cass. 9.8.2007, n. 17477; Cass. 7. 6. 2005, n. 11789).
Nei termini teste’ enunciati l’iter motivazionale che sorregge il dictum della corte di merito risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo ed esaustivo sul piano logico – formale.
Piu’ esattamente la corte di Roma per nulla ha reputato la c.t.u. “mero parametro di riferimento” (cosi’ ricorso, pag. 16). Anzi ha debitamente puntualizzato che proprio al fine di “avere un parametro oggettivo e non emotivo, quale puo’ essere quello fornito dalla prova testimoniale” (cosi’ sentenza d’appello. pag. 8), era stata ammessa la consulenza tecnica d’ufficio.
Piu’ esattamente la corte di Roma ha esplicitato che l’ausiliario aveva dato conto della metodologia adoperata e si era attenuto ai parametri normativi in materia. E cio’ tanto piu’ – ha soggiunto – che, in ipotesi di violazione di norme regolamentari di natura contrattuale, non e’ da applicare la legge n. 477/1995 sull’inquinamento acustico, “perche’ detta normativa attiene a rapporti di natura pubblicistica” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 8).
Piu’ esattamente la corte di Roma ha esaminato analiticamente le censure addotte avverso la relazione di consulenza (cfr. sentenza d’appello, pagg. 9-10).
D’altro canto, in ordine all’assunto della ricorrente secondo cui “i rilievi sono stati eseguiti dal c.t.u. in assenza del consulente tecnico di parte, ancorche’ regolarmente nominato” (cosi’ ricorso, pag. 18), sicche’ il dato sarebbe inutilizzabile, si osserva che la ” (OMISSIS)” avrebbe dovuto dimostrare di aver eccepito, in ossequio al disposto dell’articolo 157 c.p.c., comma 2, la nullita’ della consulenza nella prima difesa o istanza successiva alla data del deposito dell’elaborato peritale.
Da ultimo, in relazione alla reiezione della richiesta di rinnovo della consulenza, si osserva che rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell’opportunita’ di disporre indagini tecniche suppletive o integrative di quelle gia’ espletate, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico di ufficio ovvero di disporre addirittura la rinnovazione delle indagini, con la nomina di altri consulenti, e l’esercizio di un tale potere (cosi’ come il mancato esercizio) non e’ censurabile in sede di legittimita’ (cfr. Cass. 3.4.2007, n. 8355).
Con la memoria ex articolo 378 c.p.c., il condominio controricorrente ha rivolto a questo Giudice del diritto istanza ai sensi dell’articolo 614 bis c.p.c..
L’istanza non puo’ ricevere seguito.
Al di la’ del rilievo per cui il provvedimento di cui alla menzionata disposizione del codice di rito e’ riservato al giudice che pronuncia la condanna, si evidenzia che nel giudizio civile di legittimita’, con le memorie di cui all’articolo 378 c.p.c., destinate esclusivamente ad illustrare e chiarire le ragioni gia’ compiutamente svolte con l’atto di costituzione ed a confutare le tesi avversarie, non e’ possibile specificare od integrare, ampliandolo, il contenuto delle originarie argomentazioni che non fossero state adeguatamente prospettate o sviluppate con il detto atto introduttivo, ne’, tanto meno, e’ possibile dedurre nuove eccezioni o sollevare nuove questioni di dibattito, diversamente violandosi il diritto di difesa della controparte in considerazione dell’esigenza per quest’ultima di valersi di un congruo termine per esercitare la facolta’ di replica (cfr. Cass. sez. un. 15.5.2006, n. 11097).
Il rigetto del ricorso giustifica la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’. La liquidazione segue come da dispositivo.
(OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso, pertanto, nessuna statuizione nei loro confronti va assunta in ordine alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, soc. coop. a resp. lim. ” (OMISSIS) a rimborsare al controricorrente, Condominio di via (OMISSIS), le spese del giudizio di legittimita’, spese che si liquidano in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge
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