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Quando il sequestro cd. diretto del profitto del reato tributario non e’ possibile nei confronti della societa’, non e’ consentito nei confronti dell’ente collettivo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, salvo che la persona giuridica costituisca uno schermo fittizio, poiche’ i reati tributari non sono ricompresi, nella lista del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, tra quelli che consentono il sequestro per equivalente nei confronti di una persona giuridica.
Quando e’ possibile nei confronti della societa’ il sequestro cd. diretto del profitto di reato tributario non e’ consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per reati tributari da costoro commessi a vantaggio della societa’, che non puo’ considerarsi, in questo caso, terza estranea al reato.
3.3. Dunque, per poter eseguire nel corso del procedimento penale il sequestro finalizzato alla confisca “per equivalente”, di beni di cui il reo abbia la disponibilita’ per un valore corrispondente a quello del profitto del reato (cfr. Cass. Sez. 3, n. 40362 del 2016, Rv. 268587, D’Agostino) e’ necessario l’accertamento del presupposto costituito dalla impossibilita’ di sequestrare in via diretta i beni che costituiscono il profitto del reato stesso.
Pertanto, il p.m. non ha una libera scelta tra il sequestro diretto e il sequestro per equivalente (in tal senso in motivazione, Cass. Sez. 3, n. 35330 del 2016, Rv. 267649, Nardelli); nella fase genetica del sequestro, cioe’ prima di procedere alle sue richieste, e’ tenuto ad accertare l’impossibilita’ del sequestro del profitto del reato (sequestro cd. diretto o in forma specifica).
Tale impossibilita’ puo’ essere anche solo transitoria, senza che sia necessaria la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto di reato: inoltre, “In ogni caso, l’onere di procedere, da parte dell’accusa, all’aggressione diretta del profitto del reato non puo’ trasformarsi in una probatio diabolica, nel senso che per dimostrare l’impossibilita’ di procedere al sequestro in via diretta non devono ritenersi necessari accertamenti specifici e capillari” (in tal senso Cass. Sez. 3, n. 40362 del 2016, Rv. 268587, D’Agostino).
Si e’ pero’ affermato che se non e’ compatibile con i principi stabiliti dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la pretesa del ricorrente di un vero e proprio accertamento quale presupposto della richiesta da parte del p.m. di un sequestro preventivo per equivalente, pero’, nei reati tributari, il pubblico ministero e’ legittimato, sulla base del compendio indiziario emergente dagli atti processuali, a chiedere al giudice il sequestro preventivo nella forma per “equivalente”, invece che in quella “diretta”, all’esito di una valutazione allo stato degli atti della capienza patrimoniale dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato, dovendosi escludere, peraltro, che in tale valutazione possano rientrare considerazioni di “prudenza investigativa” estranee alla concrete difficolta’ di accertamento del patrimonio dell’ente beneficiato (cosi’ Cass. Sez. 3, n. 35330 del 2016 Rv. 267649, Nardelli).
Il grado dell’accertamento e’ direttamente proporzionale ai presupposti della cautela ed alla natura dell’istituto: “… Cosi’ come la cognizione e’ sommaria in ordine al fumus commissi delicti e al periculum in mora, parimenti non puo’ che essere sommaria in ordine alla identificazione della capienza patrimoniale dell’ente che ha tratto profitto dal reato tributario. Il che significa che il PM dovra’ effettuare una verifica di quanto risulta allo stato degli atti prima di chiedere la misura cautelare, non essendo invece obbligato a svolgere accertamenti specifici e ulteriori rispetto a quanto e’ gia’ confluito nel compendio indiziario”: (cosi’ Cass. Sez. 3, n. 35330 del 2016 Rv. 267649, Nardelli).
Dunque, il p.m. per poter richiedere il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente deve assolvere quanto meno a tale onere: l’assenza di tale accertamento, per altro minimale, rende non possibile il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente e l’eventuale sequestro per equivalente illegittimo, perche’ in violazione di quanto disposto dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 bis.
L’interessato potra’ ricorrere al riesame nel caso in cui il giudice non abbia disposto il sequestro in forma specifica nei confronti della persona giuridica e quando l’onere non sia stato assolto nella fase genetica.
Inoltre, nella fase genetica, a differenza di quella funzionale, l’assenza di tale accertamento da parte del p.m. non rende sussistente a carico del soggetto destinatario del provvedimento cautelare un onere di dimostrare l’esistenza del presupposto per il sequestro diretto (cosi’ Cass. Sez. 3, n. 35330 del 2016 Rv. 267649, Nardelli, in motivazione).
3.4. Come gia’ affermato da Cass. Sez. 3, n. 40362 del 2016, Rv. 268587, D’Agostino, l’impossibilita’ di ricorrere al sequestro in forma specifica e’ funzionale quando, esercitata l’azione cautelare, il pubblico ministero abbia chiesto al giudice il sequestro in forma specifica nei confronti della persona giuridica e quello per equivalente nei confronti della persona fisica indagata o imputata del reato tributario e – disposta dal giudice tanto l’una, quanto l’altra forma di sequestro – non sia stato rintracciato presso la persona giuridica, in tutto o in parte, il profitto del reato o, comunque, risulta ex actis, sulla base di accertamenti compiuti dopo l’esercizio dell’azione cautelare e prima dell’eventuale emissione del decreto di sequestro preventivo, che presso la persona giuridica non sia rintracciabile il profitto del reato tributario commesso nell’interesse dell’ente.
In tal caso e’ dunque possibile eseguire il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente disposto dal giudice per le indagini preliminari.
Se, nella fase funzionale, l’indagato vuole evitare il sequestro dei suoi beni finalizzato alla confisca per equivalente ha un onere di allegazione ed e’ tenuto ad indicare i beni sui quali sia possibile disporre la confisca diretta nei confronti della societa’.
In tal caso non e’ in discussione la legittimita’ del provvedimento genetico.
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