Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 9 gennaio 2018, n. 268. In tema di omesso versamento Iva ed il sequestro finalizzato alla confisca


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Secondo la difesa, inoltre, l’ordinanza impugnata non ha fatto buon governo dei principi espressi dalla sentenza Gubert laddove esclude l’esistenza di una pretesa del ricorrente di un vero e proprio accertamento quale presupposto della richiesta del p.m. di sequestro preventivo per equivalente.
Invece, secondo la difesa, proprio la sentenza Bartolini afferma che il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente puo’ essere disposto sui beni degli amministratori solo nell’ipotesi in cui il profitto non sia piu’ nella disponibilita’ della persona giuridica; che nei reati tributari il p.m. e’ legittimato, sulla base degli atti, a richiedere il sequestro preventivo per equivalente – invece del sequestro finalizzato alla confisca diretta del profitto – all’esito di una valutazione allo stato degli atti in ordine alle risultanze relative al patrimonio dell’ente, non essendo invece necessario il compimento di specifici ed ulteriori accertamenti preliminari per rinvenire il prezzo o il profitto nelle casse della societa’ o per ricercare i beni che costituiscono la trasformazione del profitto, incombendo al soggetto destinatario del provvedimento cautelare l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti per disporre il sequestro in forma diretta.
Secondo la difesa, il Tribunale del Riesame non ha accertato se fosse possibile procedere al sequestro dei beni della societa’ ne’ ha valutato l’operato del p.m., rispetto alla richiesta di sequestro preventivo solo per equivalente dei beni del ricorrente.
Segnala la difesa di aver prodotto all’udienza dinanzi al Tribunale del Riesame la documentazione dalla quale risulta che la societa’ ha beni mobili ed immobili per un valore superiore al profitto e ciononostante il Tribunale del Riesame di Benevento ha ritenuto legittimo il sequestro per equivalente.
La difesa ha contestato poi la motivazione dell’ordinanza laddove, invece di valutare l’assenza ab origine della ricerca del profitto tra i beni della societa’, ha affermato che le disponibilita’ della societa’ sono limitate, laddove dal complesso dei documenti forniti dalla difesa l’attivo patrimoniale e’ superiore ad Euro 1.600.000 senza dar conto del perche’ non siano stati sottoposti a sequestro prima i beni della societa’.
3. Con il secondo motivo la difesa ha contestato la “Violazione dell’articolo 606 lettera b, in relazione all’articolo 321, comma 2, all’articolo 322 ter, al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 10 ter e 12 bis; per insussistenza del fumus commissi delicti”.
In estrema sintesi, la difesa ha rilevato che al Tribunale del Riesame di Benevento era stato rappresentato che la (OMISSIS) s.r.l., gia’ in data 20 aprile 2015, aveva presentato ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo; trascorso il termine di 120 giorni concesso dal Tribunale, in data 25 novembre 2015 ha presentato la proposta, il piano e la documentazione.
La societa’ e’ stata ammessa al concordato preventivo dal Tribunale di Benevento con provvedimento del 26 settembre 2016; il piano prevede fra l’altro il pagamento integrale del debito Iva. Dunque, secondo la difesa, l’ammissione alla procedura del concordato preventivo in epoca antecedente alla scadenza del termine per il versamento dell’imposta, rende insussistente il fumus del delitto contestato. La difesa ha poi citato un passo di una sentenza, senza pero’ indicarne gli estremi.
In ogni caso, secondo la difesa, la presentazione del ricorso e il deposito del piano di ristrutturazione che include il pagamento del debito Iva, incidono sulla materialita’ del reato o quanto meno sulla sussistenza dell’elemento psicologico del reato. Sul punto, secondo la difesa, il Tribunale del Riesame di Benevento e’ stato silente, limitandosi a riportare un principio giurisprudenziale che per il quale sussiste il reato anche in caso di ammissione alla procedura di concordato preventivo.
Inoltre, secondo la difesa, la motivazione dell’ordinanza e’ manifestamente illogica perche’, invece di analizzare la sussistenza dell’elemento psicologico in capo al (OMISSIS), afferma esclusivamente che il mancato pagamento concretizza ex se il reato contestato.

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