Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 9 gennaio 2018, n. 268. In tema di omesso versamento Iva ed il sequestro finalizzato alla confisca


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Aggiungono le Sezioni unite della Corte di Cassazione che “Il debito verso il fisco relativo ai versamenti IVA e’ collegato al compimento delle operazioni imponibili. Ogni qualvolta il soggetto d’imposta effettua tali operazioni riscuote gia’ (dall’acquirente del bene o del servizio) l’IVA dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all’obbligazione tributaria”.
Orbene, la questione dell’insussistenza del fumus per la mancanza dell’elemento soggettivo del reato e’ stata proposta dalla difesa al Tribunale del riesame; nell’ordinanza impugnata non vi e’ un’esplicita motivazione.
Deve pero’ ritenersi che tale questione sia stata implicitamente rigettata dal Tribunale del riesame laddove ha ritenuto la sussistenza del fumus – e di conseguenza la volontarieta’ dell’omissione – in base alla natura istantanea del delitto, alla prevalenza degli obblighi tributari relativi all’Iva, anche con riferimento alla natura di tributo comunitario, rispetto alle scelte privatistiche collegate alla domanda di ammissione al concordato preventivo, ed ai diritti dei creditori.
Va aggiunto che la censura, se esaminata, non sarebbe stata in astratto suscettibile di accoglimento, posto che la domanda di ammissione al concordato preventivo non elide gli obblighi fiscali; risulta presentata la dichiarazione Iva; non risultano effettuati gli accantonamenti dell’Iva; l’Iva dichiarata non risulta versata.
3. Il primo motivo di ricorso va accolto nel senso che segue.
3.1. Ai sensi del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 bis, comma 1 (introdotto da Decreto Legislativo n. 158 del 2015 ed in vigore dal 22 ottobre 2015; la analoga disciplina previgente era disciplinata dall’articolo 322 ter c.p., richiamato dalla L. n. 244 del 2007, articolo 1, comma 143) “Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 c.p.p. per uno dei delitti previsti dal presente decreto, e’ sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non e’ possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilita’, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto”.
Nei reati tributari il profitto e’ identificabile con “qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e puo’, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario” (cosi’ la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 18374 del 2013, Adami, Rv. 255036).
Tenuto conto che la condotta tipica del delitto ex Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 ter consiste nell’omesso versamento dell’Iva, il profitto e’ rappresentato dal denaro (non versato, oltre agli interessi ed alle sanzioni); pertanto, la confisca delle somme o del tantundem rinvenuti nella disponibilita’ del soggetto che l’ha conseguito, anche sotto forma di un risparmio di spesa attraverso l’evasione dei tributi, avviene, alla luce della fungibilita’ di tale profitto, sempre in forma specifica o diretta e mai per equivalente (Cass. Sez. 3, n. 41073 del 2015, Scognamiglio, Rv. 265028); in tal caso non occorre, per la particolare natura del bene, la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della confisca e il reato. Di conseguenza, qualora il prezzo o il profitto c.d. accrescitivo derivante dal reato sia costituito da denaro, il sequestro delle somme, di cui il soggetto abbia la disponibilita’, deve essere qualificato come sequestro cd. diretto e, anche in tal caso, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto del vincolo preventivo e il reato (cfr. la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 31617 del 2015, Lucci, Rv. 264437).
3.2. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. la sentenza n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258647), gia’ prima dell’entrata in vigore dell’articolo 12 bis, in un regime normativo di fatto immutato, hanno affermato che e’ consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica stessa quando tale profitto (o il bene direttamente riconducibile al profitto) sia rimasto nella disponibilita’ della persona giuridica.

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