Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 9 gennaio 2018, n. 268. In tema di omesso versamento Iva ed il sequestro finalizzato alla confisca


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La motivazione sarebbe poi affetta da illogicita’ manifesta laddove afferma che e’ consentita la dilazione di pagamento dell’iva e che il debitore concordatario non viola il principio di uguaglianza tra i creditori se versa il tributo dopo la presentazione della domanda di concordato.
Afferma la difesa che (OMISSIS) non puo’ aver voluto il fatto reato se ha deciso di soddisfare i creditori, di estinguere i debiti compreso quello relativo all’Iva, procedendo al piano di ristrutturazione, con conseguente postergazione e dilazione degli adempimenti, nella procedura giurisdizionalizzata.
La difesa ha quindi chiesto l’annullamento dell’ordinanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va premesso che avverso le ordinanze emesse nella procedura di riesame delle misure cautelari reali il ricorso per cassazione e’ ammesso, ai sensi dell’articolo 325 c.p.p., soltanto per violazione di legge; e’ preclusa ogni censura relativa ai vizi della motivazione, salvi i casi della motivazione assolutamente mancante – che si risolve in una violazione di legge per la mancata osservanza dell’obbligo stabilito dall’articolo 125 c.p.p. – e della motivazione apparente, tale cioe’ da rendere l’apparato argomentativo, posto a sostegno del provvedimento, privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi, inidonei, a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.
Non puo’ essere dedotto il vizio della illogicita’ manifesta della motivazione, che puo’ essere denunciato, in sede di legittimita’, soltanto mediante lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e).
2. In ordine logico, va affrontato prima il secondo motivo relativo alla sussistenza del fumus commissi delicti. Tale motivo e’ infondato.
2.1. L’ammissione al concordato preventivo e’ avvenuta dopo la scadenza del termine ex Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 ter, come per altro indicato dallo stesso ricorrente anche nei motivi presentati al Tribunale del riesame; pertanto sussiste il fumus del delitto contestato perche’ la mera istanza di ammissione al concordato preventivo lascia intatti gli obblighi fiscali del legale rappresentante della societa’.
Cfr. in tal senso, con riferimento a diversa ipotesi di reato, Cass. Sez. 3, n. 8002 del 10/06/1997 Rv. 209084, Laghi: “Nel caso in cui una Societa’ abbia presentato domanda per essere ammessa alla procedura di concordato preventivo, il legale rappresentante ha ancora la piena capacita’ di effettuare i pagamenti dovuti, e in particolare di versare all’erario le ritenute fiscali operate come sostituto d’imposta, fino a quando il tribunale competente abbia disposto il decreto di ammissione alla detta procedura. Cio’ perche’ gli effetti del concordato preventivo nei confronti dell’imprenditore che ha presentato la relativa istanza iniziano solo dopo l’emissione del decreto di ammissione da parte del tribunale: infatti, solo con il decreto il tribunale dichiara aperta la procedura, nomina il giudice delegato e il commissario giudiziale e solo dopo l’ammissione a tale procedura il potere di amministrare dell’imprenditore rientra sotto la vigilanza del commissario giudiziale e sotto la direzione del giudice delegato”.
Tale principio e’ stato ribadito anche da quella giurisprudenza che ha ammesso l’esistenza di effetti dell’ammissione al concordato preventivo ma solo prima della scadenza del termine degli obblighi tributari. Cfr. Cass, Sez. 3a, n. 15853 del 12/03/2015, Rv. 263436, imputato Fantini: In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, non e’ configurabile il “fumus commissi delicti” del reato di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 10 ter per il mancato versamento del debito IVA scaduto, nel caso in cui il debitore sia stato ammesso al concordato preventivo in epoca anteriore alla scadenza del termine per il relativo versamento, per effetto della inclusione nel piano concordatario del debito d’imposta, degli interessi e delle sanzioni amministrative.
2.2. Quanto alla questione relativa alla insussistenza del fumus per la mancanza dell’elemento soggettivo, va ricordato che in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice, benche’ sia precluso l’accertamento del merito dell’azione penale ed il sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa, e’ demandata una valutazione sommaria in ordine al fumus del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata; ne consegue che lo stesso giudice puo’ rilevare anche il difetto dell’elemento soggettivo del reato, purche’ esso emerga ictu °cui/ (Cass. Sez. 2, n. 18331 del 2016 Rv. 266896, Iommi e altro) o sia di immediato rilievo (Cass. Sez. 6, n. 16153 del 2014 Rv. 259337, Di Salvo).
Il delitto per cui si procede e’ punibile a titolo di dolo generico: per la commissione del reato e’ sufficiente la coscienza e volonta’ di non versare all’Erario l’Iva gia’ percepita ed indicata nella dichiarazione.
In piu’, come affermato nella motivazione della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 37424 del 28/03/2013 Rv. 255757, Romano, proprio in relazione al delitto ex articolo 10 ter, la prova del dolo e’ insita in genere nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge quanto e’ dovuto a titolo di imposta, e che deve, quindi, essere saldato o almeno contenuto non oltre la soglia di Euro cinquantamila, entro il termine lungo previsto.

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