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Con riferimento al ricorso in questione e’ importante rilevare che la prescrizione dell’articolo 1127 c.c., comma 2, si applica anche con riferimento alle sopraelevazioni realizzate dal proprietario del lastrico solare (in relazione a quanto previsto dal 1 comma della stessa norma), qualita’ ricoperta, nella fattispecie, dal dante causa dei coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS) (odierni ricorrenti e originari convenuti), il quale aveva iniziato la costruzione (in assenza di concessione edilizia ed in violazione della normativa antisismica), al di sopra dell’immobile degli attori, di un altro piano, utilizzando la superficie di mq. 50 a lui donata dai genitori, non risultando, quindi, decisiva, ai fini dell’applicabilita’ della norma censurata di cui alla L. n. 1684 del 1962, articolo 9, la circostanza che gli immobili contigui interessati debbano risultare tra loro in aderenza.
Del resto, l’inosservanza delle norme antisismiche comporta il diritto alla riduzione in pristino non solo quando risultino violate norme integrative di quelle previste dall’articolo 873 c.c. e segg., in materia di distanze, ma anche quando emerga una concreta lesione o il pericolo attuale di una lesione all’integrita’ materiale del bene oggetto di proprieta’, ovvero si sia verificata la violazione di altra specifica disposizione delimitativa della sfera delle proprieta’ (in senso ampio) contigue, che conceda in via autonoma la tutela diretta. In particolare, l’attualita’ del pericolo di danno deve valutarsi non gia’ in riferimento allo stato asismico, bensi’ in relazione alla possibilita’, sempre incombente nelle zone sismiche, di un movimento tellurico, sicche’ dalla inosservanza delle prescrizioni tecniche dettate per prevenire le conseguenze dannose del sisma deve desumersi una presunzione di instabilita’ della costruzione realizzata, e, quindi, una situazione di pericolo permanente, da rimuovere senza indugio alcuno (cfr. Cass. n. 2335/1981; Cass. n. 5024/1991 e, piu’ recentemente, Cass. n. 24141/2007). Da cio’ consegue la superfluita’ di un accertamento di pericolo attuale e di una motivazione necessariamente specifica al riguardo, stante l’immanenza del pericolo, per il futuro, nel fatto stesso dell’edificazione effettuata in violazione della normativa antisismica.
Sulla base di tali presupposti, la Corte distrettuale ha – con corretta e compiuta motivazione – espressamente evidenziato, in piu’ passaggi, nella sentenza impugnata, come – ai fini della pronuncia di merito da adottare in ordine all’azione cosi’ come esperita – non rilevava lo stato peculiare dell’immobile di proprieta’ degli originari attori, quanto lo stato di sopravvenuto pericolo derivante dalla realizzazione della fabbrica nuova soprastante di proprieta’ degli attuali ricorrenti, avvenuta in violazione delle relative norme urbanistiche, edilizie e, soprattutto, antisismiche.
Infine, deve rilevarsi che la doglianza – ricompresa nell’ottavo motivo attinente alla supposta erroneita’ o insufficienza di motivazione della sentenza impugnata sull’aspetto riguardante l’assunta inapplicabilita’ della disciplina normativa antisismica e’ da qualificarsi propriamente inammissibile siccome riferita alla antecedente formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel mentre – nella fattispecie – risulta applicabile la nuova formulazione di tale norma, dal momento che la sentenza impugnata e’ stata pubblicata il 25 ottobre 2012 (e, quindi, dopo l’11 settembre 2012, ai sensi dell’articolo 54, comma 3, del d.l. n. 82/2012, con., con modif., dalla legge n. 134/2012). In ogni caso, la Corte di appello catanzarese ha esaminato il fatto decisivo della controversia relativo alle condizioni fattuali di applicabilita’ dell’articolo 9 della piu’ volte menzionata legge antisismica, anche sulla scorta delle condivise risultanze della relazione del c.t.u. alla stregua delle quali era rimasto comprovato il pericolo di crollo – tale da poter interessare tutto il complesso edilizio – eziologicamente riconducibile all’unitario organismo strutturale edificato in sopraelevazione (v. pag. 6 della sentenza di appello).
9. In definitiva, sulla scorta delle argomentazioni complessivamente esposte, il ricorso deve essere integralmente rigettato, con la conseguente condanna dei soccombenti ricorrenti al pagamento, con vincolo solidale, delle spese del presente giudizio, liquidate nella misura di cui in dispositivo in favore dei controricorrenti.
Ricorrono, infine, le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in via solidale, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, con vincolo solidale, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti in via solidale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato articolo 13, comma 1-bis
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