Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 29 gennaio 2018, n. 2115. La (eventuale) sanatoria o il condono degli illeciti urbanistici, inerendo al rapporto fra P.A. e privato costruttore, esplicano i loro effetti soltanto sul piano dei rapporti pubblicistici amministrativi, penali e/o fiscali – e non hanno alcuna incidenza nei rapporti fra privati

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Con sentenza n. 303/2007 il Tribunale di Rossano Calabro – pronunciandosi sulla domanda proposta dai sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti dei sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS) (che proponevano, al loro volta, domanda riconvenzionale) al fine di sentir condannare i convenuti alla demolizione di un corpo di fabbrica realizzato dal loro dante causa sulla superficie sovrastante un immobile di loro proprieta’ siccome del tutto abusivo l’accoglieva e, per l’effetto, ritenuta la violazione del disposto della L. 25 novembre 1962, n. 1684, articolo 9, condannava i medesimi convenuti alla demolizione dell’immobile illegittimamente edificato e al ripristino del lastrico solare, oltre che al risarcimento dei danni subiti a seguito di infiltrazioni idriche, quantificati in Euro 652,81, respingendo la domanda riconvenzionale avanzata dai sigg. (OMISSIS) – (OMISSIS) volta ad ottenere la condanna degli attori all’esecuzione di opere necessarie ad evitare i denunciati pericoli di crollo.
I convenuti soccombenti proponevano appello contro la suddetta decisione e, nella costituzione delle parti appellate, la Corte di appello di Catanzaro, con sentenza depositata il 25 ottobre 2012, rigettava il gravame e, per l’effetto, confermava l’impugnata sentenza e condannava gli appellanti alla rifusione delle spese del grado.
A sostegno dell’adottata pronuncia il giudice di secondo grado – previo rilievo della circostanza che gli appellanti non avevano mai sollevato nel corso del giudizio di prime cure l’eccezione in ordine all’illiceita’ del corpo di fabbrica degli originari attori – rilevava l’infondatezza dell’appello in ordine alla dedotta mancata considerazione del fatto che il pericolo di crollo derivasse non gia’ dalla costruzione in sopraelevazione dedotta in controversia, bensi’ dalle precarie condizioni originarie della struttura realizzata a piano di campagna, evidenziando come, piuttosto, dovesse essere valorizzato lo stato di sopravvenuto pericolo derivante dal compimento delle opere nuove in spregio alle disposizioni di legge applicabili in materia (e, segnalatamente, della L. n. 1684 del 1962, citato articolo 9). Considerava, poi, il giudice del gravame del tutto attendibili le conclusioni raggiunte dal c.t.u. confortanti la fondatezza della domanda degli originari attori.
Avverso la suddetta sentenza (non notificata) hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS), articolato in otto motivi, al quale hanno resistito con controricorso gli intimati (OMISSIS) e (OMISSIS). La difesa dei ricorrenti ha anche depositato memoria illustrativa ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione o falsa applicazione dell’articolo 102 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), censurando la sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di appello non aveva – a loro avviso – rilevato che il giudizio, sia in primo che in secondo grado, si era svolto in assenza di due persone fisiche da qualificarsi come litisconsorti necessari, identificantisi con i proprietari comunisti del contiguo corpo di fabbrica, sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS).
1.1. Rileva il collegio che la censura e’ da ritenersi inammissibile e, in ogni caso, nella specifica fattispecie, priva di pregio giuridico.
Infatti, i ricorrenti, per la prima volta, solo in sede di ricorso per cassazione, hanno dedotto la questione relativa alla eventuale sussistenza di una ipotesi di litisconsorzio necessario (nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), quali proprietari dell’immobile contiguo a quello dedotto in controversia), senza, pero’, che la stessa fosse stata prospettata con l’atto di appello (tanto e’ vero che nella impugnata sentenza non viene dato atto di cio’) o, comunque, eccepita nei due gradi del giudizio di merito.
In ogni caso la censura si profila destituita di fondamento.
I giudici di merito hanno, invero, dato atto e riscontrato che la domanda originaria era stata rivolta nei riguardi degli stessi (OMISSIS) e (OMISSIS) quali comproprietari dell’appartamento sito al primo piano del complesso edificato antecedentemente dal loro dante causa (OMISSIS) (che aveva ceduto altra parte dell’immobile realizzato al piano terra ai predetti (OMISSIS) – (OMISSIS)), il quale sovrastava il fabbricato rurale ubicato a piano terra e composto da due vani di proprieta’ degli attori, precisandosi che il petitum ineriva il solo immobile degli attuali ricorrenti sul presupposto che solo da esso proveniva il pericolo di crollo e che lo stesso era stato eseguito in violazione delle nome urbanistiche e sismiche oltre che del divieto di sopraelevazione.
Non si desume, percio’, da quale elemento oggettivo si sarebbe dovuta trarre l’emergenza del preteso litisconsorzio necessario posto che l’immobile di cui era stata chiesta la demolizione si apparteneva in via esclusiva ai predetti coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS), ne’ una possibile contitolarita’ – rilevante in relazione all’oggetto della causa – si puo’ ammissibilmente rinvenire nel citato passaggio della relazione del c.t.u. riportato a pag. 9 del ricorso (in base al quale ” (OMISSIS) con atto per notar (OMISSIS) n. (OMISSIS) rep. vende ai coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) il corpo di fabbrica a pianterreno costruito nel 1983. Nel seguito i coniugi (OMISSIS) vendettero ad altri, ma per quello che interessa la presente perizia, questo corpo di fabbrica verra’ nel seguito indicato come ex (OMISSIS)”).
La giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Cass. n. 12767/1999) ha, invero, statuito che sebbene l’azione diretta (non al semplice accertamento dell’esistenza o inesistenza dell’altrui diritto ma) al mutamento di uno stato di fatto mediante la demolizione di manufatti o costruzioni da’ luogo ad un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra i proprietari dei beni interessati ed ancorche’, in tali ipotesi, la mancata integrazione del contraddittorio deve considerarsi rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado e anche in sede di legittimita’, ove la relativa eccezione puo’ essere proposta per la prima volta se sulla questione non si sia formato il giudicato, e’, tuttavia, indispensabile che il presupposto e gli elementi di fatto a fondamento dell’eccezione emergano con evidenza dagli atti senza necessita’ di nuove prove e dello svolgimento di ulteriori attivita’ vietate nel giudizio di cassazione. Orbene, nella fattispecie, queste condizioni non risultano riscontrabili come sussistenti (dovendo, anzi, desumersi che l’immobile a cui poneva riferimento l’iniziale domanda appartenesse alla proprieta’ esclusiva dei coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS)), ragion per cui il primo motivo deve essere respinto.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti hanno prospettato il vizio di violazione o falsa applicazione dell’articolo 1117 c.c. (sempre con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), assumendo che – con la sentenza impugnata – non era stato rilevato che il fabbricato a cui era riferibile la struttura al piano di campagna fosse di proprietari diversi, i quali, con l’aggiunta di quella dei convenuti al primo piano, avevano determinato la conseguenza che l’intera struttura dell’edificio si dovesse considerarsi munita delle caratteristiche di condominio con parti comuni, non risultando diversamente dai titoli.
2.1. Anche questa doglianza, collegata alla precedente, si profila inammissibile perche’ dalla sentenza di secondo grado non emerge giammai la sussistenza della pretesa condominialita’ dell’intero immobile menzionato e, pertanto, in questo caso la questione si pone come nuova, rilevandosi, peraltro, che l’azione demolitoria era stata formulata solo con riferimento alla proprieta’ esclusiva degli originari convenuti (oggi ricorrenti in cassazione), secondo quanto gia’ evidenziato con riguardo alla prima censura.

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