Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 29 gennaio 2018, n. 2115. La (eventuale) sanatoria o il condono degli illeciti urbanistici, inerendo al rapporto fra P.A. e privato costruttore, esplicano i loro effetti soltanto sul piano dei rapporti pubblicistici amministrativi, penali e/o fiscali – e non hanno alcuna incidenza nei rapporti fra privati

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3. Con la terza doglianza i ricorrenti hanno denunciato la violazione o falsa applicazione degli articoli 1171 e 1172 c.c. (in ordine all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), sul presupposto che nella fattispecie avrebbero dovuto trovare applicazione le condizioni per la proposizione delle azioni nunciatorie in via cautelare di cui alle denunciate disposizione normative, senza che si potesse direttamente esperire l’azione di merito.
3.1. Il motivo e’ manifestamente infondato e deve, quindi, essere rigettato.
Va, infatti, rilevato che, nel caso di specie, gli attori intesero proporre direttamente un’azione ordinaria di merito tesa a tutelare il loro diritto dominicale derivante dalla realizzazione illegittima della costruzione sopraelevata dei convenuti e dal correlato pericolo di crollo, in tal modo ricollegando la loro domanda alla violazione dell’articolo 1127 c.c., comma 2 e all’illegittimita’ dell’eretto manufatto soprastante. Si osserva che, in ipotesi, l’esperita azione avrebbe potuto essere preceduta dall’azione nunciatoria della nuova opera ai sensi dell’articolo 1171 c.c. (per preservare il diritto petitorio) e da quella – eventualmente cumulata – di danno temuto di cui all’articolo 1172 c.c. (in ordine al pericolo di crollo a tutela dello stesso diritto), ma certamente tali procedimenti cautelari (oltretutto da basarsi su condizioni specifiche oggettive, soggettive e cronologiche previste nelle stesse citate norme di riferimento) non avrebbero dovuto essere – in difetto di un vero e proprio rapporto di strumentalita’ – instaurati obbligatoriamente, potendo, invero, gli aventi diritto – come legittimamente verificatosi – intentare direttamente la suddetta azione ordinaria per il conseguimento di un tutela pienamente satisfattoria e non solamente di natura cautelare (e, quindi, indirizzata all’assolvimento di una funzione di tutela provvisoria del diritto cautelando, alla quale sono preposte, infatti, le anzidette azioni nunciatorie).
4. Con la quarta censura i ricorrenti hanno denunciato la violazione e/o falsa applicazione della L. 28 febbraio 1985, n. 47, articoli 31 e 35 (ancora in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), non avendo – secondo la loro prospettazione – la Corte di appello di Catanzaro tenuto conto che il loro dante causa aveva presentato domanda di condono ai sensi della citata legge e che sulla stessa si era formato il silenzio-assenso, con la conseguenza che il corpo di fabbrica dedotto in controversia avrebbe dovuto essere qualificato come legittimo.
4.1. Anche questo motivo e’ del tutto destituito di fondamento e va respinto.
Occorre, invero, al riguardo sottolineare che se anche la costruzione sopraelevata fosse stata “condonata”, la relativa circostanza (di cui, oltretutto, non risulta esserne stata accertata la sussistenza da parte della Corte di appello) non avrebbe avuto rilevanza ai fini della valutazione della fondatezza dell’azione proposta dai (OMISSIS), avendo la giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 10082/2013) chiarito che l’articolo 1127 c.c., comma 2, il quale fa divieto al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio condominiale di realizzare sopraelevazioni precluse dalle condizioni statiche del fabbricato e consente agli altri condomini di agire per la demolizione del manufatto eseguito in violazione di tale limite, impedisce altresi’ di costruire sopraelevazioni che non osservino le specifiche disposizioni dettate dalle leggi antisismiche, fondandosi la necessita’ di adeguamento alla relativa normativa tecnica su una presunzione di pericolosita’, senza che abbia rilievo, ai fini della valutazione della legittimita’ delle opere sotto il profilo del pregiudizio statico, il conseguimento della concessione in sanatoria relativa ai corpi di fabbrica elevati sul terrazzo dell’edificio, atteso che tale provvedimento prescinde da un giudizio tecnico di conformita’ alle regole di costruzione. In ogni caso va ribadito che e’ pacifico il principio secondo cui la (eventuale) sanatoria o il condono degli illeciti urbanistici, inerendo al rapporto fra P.A. e privato costruttore, esplicano i loro effetti soltanto sul piano dei rapporti pubblicistici amministrativi, penali e/o fiscali – e non hanno alcuna incidenza nei rapporti fra privati, lasciando impregiudicati i diritti dei privati confinanti derivanti dalla eventuale violazione delle distanze legali o degli altri limiti legali di vicinato previsti dal codice civile e dalle norme regolamentari integratrici dello stesso codice (v. Cass. Sez. U. n. 11260/1992; Cass. n. 12966/2006 e Cass. n. 3031/2009).
5. Con il quinto motivo i ricorrenti hanno – in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – censurato la sentenza d’appello per asserita violazione o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., sul presupposto che la Corte di secondo grado ha omesso di pronunciarsi sulla domanda riconvenzionale da essi riproposta ancorche’ in via subordinata – anche nelle conclusioni del giudizio di appello.
6. Con il settimo motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione o falsa applicazione dell’articolo 183 c.p.c. (ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) oltre che il vizio di erroneita’ o insufficienza della motivazione dell’impugnata sentenza rispetto al punto decisivo della controversia (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) riguardante l’eccezione di illiceita’ del corpo di fabbrica di proprieta’ degli originari attori.
6.1. Queste due censure vanno esaminate congiuntamente perche’ tra loro connesse.
Esse sono prive di fondamento giuridico e vanno rigettate.
La quinta, in particolare, difetta di specificita’ non avendo i ricorrenti riportato quale era, con precisione, la domanda sulla quale la Corte di appello ha omesso di pronunciare. In ogni caso la Corte territoriale ha risposto sulla doglianza relativa alla prospettata illiceita’ della costruzione degli originari attori (v. pagg. 4 e 5 della sentenza di appello) ritenendo – in disparte la dichiarata preclusione formatasi, in virtu’ dell’articolo 183 c.p.c., nei riguardi degli originari convenuti sulla predetta questione (siccome non proposta nei termini decadenziali dalla predetta norma contemplati e, quindi, inammissibile nel giudizio di appello) – che non era stata, comunque, fornita la dimostrazione della qualita’ “illecita” dell’immobile dei fratelli (OMISSIS) e che quel che rilevava ai fini della definizione della controversia non era – come gia’ posto in risalto – lo stato peculiare dell’immobile di proprieta’ degli medesimi attori, bensi’ lo stato di sopravvenuto pericolo derivante dalla realizzazione delle opere nuove eseguite dai coniugi oggi ricorrenti in spregio delle previsioni di legge. Percio’ non ricorre il vizio di omessa pronuncia ne’ tantomeno quello dedotto con il settimo motivo, avendo la Corte territoriale esaminato il merito della doglianza ed avendone escluso, con motivazione sufficiente, la fondatezza.
7. Con il sesto motivo i ricorrenti hanno prospettato la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 1684 del 1962, articolo 9, comma 3 (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), sostenendo la sua inapplicabilita’ al caso di specie laddove il fabbricato di essi ricorrenti non era contiguo a quello di proprieta’ dei sigg. (OMISSIS) ma ubicato, rispetto a quest’ultimo, al piano superiore.
8. Con l’ottava ed ultima censura i ricorrenti hanno denunciato la violazione od errata applicazione della menzionata L. n. 1684 del 1962, stesso articolo 9, unitamente ad un ulteriore vizio della motivazione della sentenza impugnata (sotto l’aspetto della sua erroneita’ od insufficienza) circa il punto decisivo della controversia esaminato nella sentenza impugnata laddove con essa, in riferimento al secondo motivo di appello, la Corte di secondo grado lo aveva rigettato riconfermando la decisione di primo grado di condanna alla demolizione del fabbricato, siccome illegittimo sulla base delle risultanze della c.t.u..
8.1. Anche questi due ultimi motivi – da trattare unitariamente per effetto della loro intima connessione – sono da dichiarare infondati e devono, percio’, essere respinti.
Osserva il collegio che, in via generale, l’articolo 1127 c.c. (con particolare riferimento al disposto del comma 2) prevede il rispetto di tre condizioni, di cui quella riguardante la salvaguardia delle condizioni statiche dell’edificio ha carattere assoluto. L’accertamento delle condizioni statiche non costituisce propriamente un limite all’esercizio del diritto a sopraelevare, ma un presupposto della sua esistenza. Il relativo divieto deve essere inteso non solo nel senso che le strutture del fabbricato devono consentire di sopportare il peso della sopraelevazione, ma anche nel senso che dette strutture devono permettere di sopportare – una volta eretta la nuova fabbrica – l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica: pertanto, quando le norme antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’articolo 1127 c.c., comma 2 e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosita’ della sopraelevazione che puo’ essere superata esclusivamente mediante l’allegazione della prova, incombente sull’autore della nuova costruzione, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante, sia idonea a fronteggiare il rischio sismico (v. Cass. n. 3196/2008 e Cass. n. 10082/2013).

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