Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 23 gennaio 2018, n. 1616. In tema di distanze tra costruzioni, il Decreto Ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, articolo 9, comma 1

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4.7. La predetta interpretazione dell’articolo 873 c.c. e del Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968, articolo 9, comma 1, – valorizzando quest’ultima disciplina che trae la sua forza normativa dai commi 8 e 9 non abrogati dell’articolo 41 quinquies L. Urb. – supera anche le problematiche poste dall’abrogazione richiamata del comma 1, in relazione all’orientamento che precedentemente riteneva necessario, per la disciplina delle distanze nelle zone A, il riferimento all’articolo 41 quinquies stesso, comma 1, lettera c).

4.8. Infine l’indirizzo qui condiviso, in quanto recepisce una comprensione delle finalita’ delle “limitazioni alla proprieta’ privata, derivanti dall’obbligo di osservare le distanze nelle costruzioni” non ristrette a quella tradizionale di evitare intercapedini dannose o pericolose tra le costruzioni stesse, ma “stabilite, al pari di tutte le altre limitazioni, anche per fini di interesse generale, che si ricollegano alla funzione sociale della proprieta’, alla quale il codice si riferisce in varie disposizioni” (cosi’ Corte cost., 9 luglio 1959, n. 38), e’ coerente anche con l’evoluzione giurisprudenziale registratasi parallelamente in altro ambito parimenti connotato da interrelazione tra interessi pubblici e privati: anche in tema di norme per l’edilizia nelle zone sismiche prescrittive di particolari modalita’ costruttive degli edifici (giunti e altri opportuni accorgimenti idonei a consentire la libera e indipendente oscillazione delle costruzioni vicine), superando l’orientamento precedente che alla violazione delle disposizioni in parola faceva seguire il solo risarcimento del danno non riconoscendo le stesse integrative dell’articolo 873 c.c. in quanto non specificamente delimitative della sfera delle proprieta’ contigue, questa corte ha poi affermato, e ormai da epoca risalente, che la realizzazione degli accorgimenti costruttivi in parola “assolve a funzione analoga a quella assolta dagli intervalli di isolamento”, dovendo quindi ammettersi l’esperimento anche di un’azione per la riduzione in pristino (cfr. per l’innovazione, inizialmente, Cass. n. 5024 del 07/05/1991 e n. 1654 del 21/02/1994, nonche’ sez. U, n. 7396 del 28/07/1998, seppur adite per questione di giurisdizione; piu’ recentemente, tra le molte, Cass. n. 9319 del 17/04/2009 e n. 23231 del 15/11/2016).

4.9. Ne deriva che la sentenza impugnata va cassata per quanto di ragione come innanzi, onde il giudice di rinvio, svolti gli opportuni accertamenti documentali relativi al regime delle distanze applicabile, ove risulti un divieto di nuove edificazioni, dovra’ procedere a rinnovato esame della fattispecie ritenendo le distanze pari a quelle individuate dai volumi preesistenti all’entrata in vigore del divieto, non derogabili dall’autonomia privata, applicando il seguente principio di diritto:

“in tema di distanze tra costruzioni, il Decreto Ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, articolo 9, comma 1 – traendo la sua forza cogente dall’articolo 41 quinquies L. Urb., commi 8 e 9 e prescrivendo, per la zona A, per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, che le distanze tra gli edifici non possano essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti – e’ disciplina integrativa dell’articolo 873 c.c. immediatamente idonea a incidere sui rapporti interprivatistici, per cui, sia in caso di adozione di strumenti urbanistici contrastanti con la norma citata, sia con ancor maggior fondamento in caso di mancanza di contrasto e quindi in presenza di disposizioni di divieto assoluto di costruire, sussiste l’obbligo per il giudice di merito – nel primo caso mediante disapplicazione della disposizione illegittima, nel secondo caso mediante diretta applicazione della norma di divieto – di dare attuazione alla disposizione integrativa dell’articolo 873 c.c., ove il costruttore sia stato proprietario di un preesistente volume edilizio, mediante condanna all’arretramento di quanto successivamente edificato oltre i limiti di tale volume o, qualora invece non sussistesse alcun preesistente volume, mediante condanna all’integrale eliminazione della nuova edificazione”.

5. Quanto al profilo sub c) del motivo unico del ricorso incidentale, anche in ordine a esso la doglianza e’ fondata quanto al dedotto vizio motivazionale, assorbito l’altro profilo. La censura deve essere chiarito – va esaminata per l’ipotesi che, all’esito del rinnovato esame a disporsi da parte del giudice del rinvio, lo stesso ritenga – per ragioni diverse da quelle di cui alle statuizioni di cui innanzi, determinanti la cassazione – applicabile la distanza di cui all’articolo 873 c.c., e quindi possibile una deroga ad opera dell’autonomia privata. Con riferimento a tale aspetto, invero, a fronte della clausola dell’atto di donazione sopra citato, che collega a determinati requisiti dimensionali e costruttivi la possibilita’ di edificazione in prolungamento accordata a (OMISSIS), la corte territoriale effettivamente non ha adeguatamente approfondito il tema relativo al se l’edificazione fosse condizionata al rispetto dei predetti requisiti dimensionali e costruttivi e, in ipotesi positiva, se questi ultimi risultassero osservati in concreto. Anche sul punto, dunque, la sentenza impugnata deve essere cassata.

6. La corte territoriale investita del rinvio, in altra sezione, regolera’ anche le spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La corte accoglie per quanto di ragione il motivo unico del ricorso incidentale, assorbiti i motivi del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia a diversa sezione della corte d’appello di Napoli, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

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