SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 22 marzo 2016, n.5621 Ritenuto in fatto M.M. agì in giudizio nei confronti della Provincia di Ascoli Piceno per ottenere il risarcimento dei danni (indicati in Euro 619.000,00) subiti in conseguenza del tardivo rilascio dell’autorizzazione a gestire un’autoscuola in (omissis) , richiesta nel 1983 e ottenuta, in via...
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Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 20 gennaio 2016, n. 192. Nelle procedure concorsuali i componenti delle commissioni esaminatrici hanno l’obbligo di astenersi solo se ricorre una delle condizioni tassativamente indicate dall’art. 51 c.p.c., senza che le cause di incompatibilità previste dalla stessa disposizione possano essere oggetto di estensione analogica. In particolare, l’appartenenza allo stesso ufficio del candidato e il legame di subordinazione o di collaborazione tra i componenti della commissione e il candidato non sono sufficienti a configurare un vizio della composizione della commissione stessa, non potendo le cause di incompatibilità previste dalla predetta norma (tra le quali non rientra l’appartenenza allo stesso ufficio e il rapporto di colleganza), essere oggetto di estensione analogica in assenza di ulteriori e specifici indicatori di una situazione di particolare intensità e sistematicità, tale da dar luogo ad un vero e proprio sodalizio professionale
Consiglio di Stato sezione III sentenza 20 gennaio 2016, n. 192 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 6203 del 2015, proposto da: Ma. Ma.; contro AUSL (omissis); nei confronti di Da. Ra. e Pa....
Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 26 maggio 2015, n.10798. La regola di carattere generale secondo cui non sono ammessi arricchimenti ingiustificati né spostamenti patrimoniali ingiustificabili trova applicazione paritaria nei confronti del soggetto privato come dell’ente pubblico; e poiché il riconoscimento dell’utilità non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, il privato attore ex art. 2041 c.c. nei confronti della P.A. deve provare – e il giudice accertare – il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’amministrazione possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, potendo essa, piuttosto, eccepire e dimostrare che l’arricchimento non fu voluto o non fu consapevole
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI sentenza 26 maggio 2015, n.10798 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Nel gennaio 1995 M. P., vedova ed erede di D. R., convenne in giudizio il Comune di Reggio Calabria chiedendone la condanna al pagamento di Lire 23.967.034, oltre accessori, a titolo di arricchimento senza causa. Espose che il marito, cui...
Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 20 gennaio 2015, n. 159. L'elemento che differenzia il rinnovo del contratto dalla proroga sta nella circostanza che mentre il rinnovo presuppone una rinegoziazione delle condizioni, la proroga si riduce soltanto ad un mero differimento temporale. Di fronte all'approvazione di una proroga di un contratto ritenuta dal privato non corrispondente all'offerta presentata, questi ha piena libertà di rifiutare la prestazione e cessare il servizio, né l'Amministrazione potrebbe avvalersi di strumenti coercitivi per imporgli la prosecuzione, se non il condizionamento, di natura esclusivamente economica, verso la sottoscrizione del nuovo contratto, che, tuttavia, rientra nella dialettica procedimentale tra stazione appaltante e prestatore di servizi, e non si traduce in un vizio di legittimità dell'azione amministrativa.
Consiglio di Stato sezione III sentenza 20 gennaio 2015, n. 159 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE TERZA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 5207 del 2014, proposto da: Pl. S.p.a., rappresentata e difeso dall’avv. Fa.Da., con domicilio eletto presso...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 19 dicembre 2014, n. 26911. La nullità derivante dall’adozione d’una delibera di conferimento dell’incarico professionale non accompagnata dall’attestazione della necessaria copertura finanziaria può essere sanata attraverso la ricognizione postuma di debito da parte dell’ente locale, ai sensi dell’art. 24 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66 (convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 1989, n. 144), poi seguito dal d.lgs. n. 267 del 2000 (art. 191 e 194); tale dichiarazione, per contro, non rileva e non può avere alcuna efficacia sanante ove il contratto stipulato dalla P.A. sia privo della forma scritta. Il credito di chi ha fornito la prestazione od il servizio nei confronti della p.a. sussiste dunque direttamente nei confronti del funzionario. Questi, ove manchino i necessari adempimenti formali per la validità dell’impegno di spesa assunto dalla p.a., ne risponderà in proprio verso il privato fornitore. L’insorgenza del rapporto obbligatorio direttamente tra il fornitore e l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione comporta l’impossibilità di esperire nei confronti del Comune l’azione di arricchimento senza causa, stante il difetto del necessario requisito della sussidiarietà. Pertanto, dopo l’introduzione della normativa di cui agli artt. 191 e 194 del D.Lgs. n. 267/2000, la questione del riconoscimento dell’utilità della prestazione può porsi di regola solo allorché siano il funzionario o l’amministratore responsabili verso il privato a proporre l’azione di cui all’art. 2041 cod. civ. nei confronti della P.A.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE I SENTENZA 19 dicembre 2014, n. 26911 Motivi della decisione II motivi di ricorso. 1.1. Con tutti e sette i motivi del proprio ricorso il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che il Comune di Roccarainola abbia riconosciuto l’utilità dell’opera svolta dal professionista. Più...
Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 6 ottobre 2014, n. 4987. Nonostante l'art. 15, comma 2, della legge n. 241 del 1990 non menzioni in modo espresso il comma 4 dell'art. 11 -in tema di esercizio del potere di recesso da parte della P.A. dagli accordi- fra le disposizioni applicabili anche agli accordi fra amministrazioni pubbliche di cui all'art. 15, nondimeno è da ritenersi che la effettiva sussistenza di tale potere di recesso emerga quale corollario del principio di inesauribilità del potere pubblico, che caratterizza l'esercizio delle pubbliche funzioni. Il provvedimento che sia espressione di un tale potere di recesso va adeguatamente motivato, tenendo conto delle circostanze avvenute e delle esigenze di spesa, e se del caso anche della illegittimità della originaria determinazione, ma comunque valutando gli interessi pubblici -e privati- sui quali si va ad incidere.
Consiglio di Stato sezione IV sentenza 6 ottobre 2014, n. 4987 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE QUARTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 9168 del 2013, proposto da: Ministero della Giustizia, Consiglio Superiore della Magistratura, in persona dei rispettivi legali...