Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 20 gennaio 2015, n. 159

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE TERZA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5207 del 2014, proposto da:
Pl. S.p.a., rappresentata e difeso dall’avv. Fa.Da., con domicilio eletto presso Ad.Gi. in Roma, via (…);
contro
Azienda Sanitaria Locale di Vercelli, rappresentata e difesa dagli avv. Al.Ro. e Ca.Em.Ga., con domicilio eletto presso Alberto Romano in Roma, (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PIEMONTE – TORINO, SEZIONE I, n. 00674/2014, resa tra le parti, concernente affidamento servizio di archiviazione cartelle cliniche – proroga di un anno – risarcimento danni;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Locale di Vercelli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2014 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati Ca. su delega di Da. e Ro.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO

 
1. La società odierna a

Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere

Pierfrancesco Ungari – Consigliere, Estensoreppellante dal 2001 ha gestito il servizio di archiviazione e gestione dei documenti amministrativi per l’ASL di Vercelli.

Ai sensi dell’art 2 del capitolato speciale, il servizio comprendeva una serie di prestazioni: preparazione e trasferimento della documentazione nei locali a ciò destinati; catalogazione materiale; archiviazione, ricerca, consegna e riarchiviazione della documentazione richiesta e altri servizi connessi.

Il servizio, dopo la prima scadenza (31 gennaio 2008), è stato prorogato di anno in anno, fino a tutto il 2010. Infine, con la determinazione n. 230 in data 31 dicembre 2010 (essendo in corso “una gara aggregata a favore di tutte le ASL dell’Area di coordinamento, che avrebbe previsto l’affidamento del servizio in strutture delle singole ASL/ASO e non più presso i magazzini del fornitore”), la ASL ha disposto in favore dell’appellante (la quale aveva formulato in data 21 dicembre 2010 specifica offerta) un’ulteriore proroga annuale, ma limitatamente ai segmenti della “archiviazione e custodia” e delle “ricerche ordinarie”, quindi senza i servizi di “descaffalazione e approntamento a bocca d’archivio …” e “fornitura scatole …” (che pure erano inclusi nell’offerta predetta).

2. Dinanzi al TAR Piemonte, la società ha lamentato che, in violazione dei principi di buona fede, correttezza e legittimo affidamento, degli artt. 1325 e 1373 c.c. e del divieto di modificazione unilaterale del contratto, la proroga (anziché incidere solo sulla durata del rapporto contrattuale) abbia modificato l’oggetto o le condizioni contrattuali; in tal modo l’Amministrazione avrebbe contravvenuto anche al divieto di aggiudicazione parziale del servizio.

La ricorrente ha chiesto anche il risarcimento dei danni (nella misura di euro 228.916,50 – pari al minor vantaggio economico conseguito) subiti per aver sottoscritto un contratto (di oggetto limitato e pertanto) economicamente non conveniente.

3. Il TAR Piemonte, con la sentenza appellata (I, n. 674/2014), ha respinto il ricorso.

Ciò, precisando anzitutto che:

(a) – la ricorrente non ha sollevato alcun profilo di illegittimità del provvedimento, nella parte in cui approva la proroga contrattuale, ma ha sostenuto solo l’illegittimità di una proroga “parziale”, realizzata in violazione al divieto di modifica unilaterale delle condizioni del contratto.

(b) – il servizio che l’ASL ha richiesto, nella fase transitoria prima di concludere la gara per l’affidamento del nuovo servizio, è differente solo dal punto di vista quantitativo, rispetto a quello preesistente, in quanto prevede solo alcune prestazioni (l’attività di custodia e consegna delle cartelle cliniche, con esclusione dell’attività ulteriore di prelevamento di ulteriore documentazione).

(c) – nel provvedimento impugnato si legge che “le condizioni contrattuali hanno dovuto essere necessariamente riviste e ridefinite con l’Azienda interessata”, ed emerge chiaramente dagli atti che il servizio è poi stato eseguito dalla ricorrente, secondo le condizioni pattuite.

Ed affermando, su tale base, che:

(d) – al di là della qualifica del provvedimento quale “proroga”, l’elemento maggiormente rilevante è che venisse dato atto che tra le parti era stato raggiunto un accordo per l’oggetto differente del contratto e che la società Pl. abbia poi eseguito il servizio.

(e) – il servizio è stato affidato mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, ricorrendo l’ipotesi di cui all’art. 57, comma 2, lett. c), del d.lgs. 163/2006.

(f) – vi è stata quindi una complessiva rinegoziazione del preesistente rapporto contrattuale, per cui il provvedimento non si configura come una mera “proroga” del termine finale del precedente contratto, ma come un rinnovo, in cui le parti hanno proceduto a rinegoziare il rapporto, giungendo a modificare il contenuto del servizio, eliminando alcune parti, in quanto non più attuali.

(g) – pertanto, riqualificato in tal modo l’atto impugnato, non si ravvisa alcuna violazione ai principi di correttezza e di buona fede, dal momento che le nuove condizioni, secondo quanto emerge dagli atti, sono state oggetto di contrattazione e sono state accettate dalla società ricorrente, che ha eseguito il servizio.

4. Nell’appello, la società contesta la ricostruzione operata dal TAR, ed insiste per la violazione da parte della ASL di Vercelli del dovere di comportarsi secondo buona fede, sostenendo in particolare che:

(a) – con lettera del 21 dicembre 2010, aveva offerto la disponibilità alla proroga, a prezzi scontati, con riferimento a due distinte modalità di fatturazione, per il servizio archiviazione-gestione e per il servizio descaffalazione e fornitura scatole; la ASL ha modificato unilateralmente il contenuto del contratto, riducendo i servizi, con violazione del principio della corrispondenza tra offerta e accettazione; la ricorrente ha sottoscritto il contratto con riserva, dopo aver impugnato la determina n. 230/2010.

(b) – pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal TAR, non vi è stata alcuna rinegoziazione, o accettazione da parte della ricorrente.

(c) – né la variazione contrattuale è solo quantitativa, in quanto l’eliminazione di alcune funzioni comporta modificazione della qualità del servizio: i prezzi offerti, trovavano una giustificazione solo nell’ambito della gestione del servizio nella sua interezza, per cui la riduzione stravolge l’equilibrio economico del contratto.

5. Si è costituita in giudizio e controdeduce puntualmente la ASL di Vercelli.

6. L’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.

Le censure dedotte dalla società appellante non scalfiscono la legittimità del provvedimento impugnato.

Infatti, i profili di censura dedotti sono riconducibili all’affermazione dell’illegittimità di una proroga del contratto parziale e non corrispondente a quanto era stato offerto dalla società.

Il Collegio osserva che l’esistenza di una offerta contrattuale difforme, non impediva alla ASL di disporre un affidamento contrattuale (correttamente, il TAR ha rilevato come l’elemento che differenzia il rinnovo del contratto dalla proroga sta nella circostanza che mentre il rinnovo presuppone una rinegoziazione delle condizioni, la proroga si riduce soltanto ad un mero differimento temporale – cfr. Cons. Stato, III, nn. 2682/2012 e 1687/2012). Semmai, l’affidamento poteva incontrare profili di criticità in relazione alle norme dell’evidenza pubblica (ed alla sussistenza dei presupposti per l’affidamento senza gara), ma tali profili non sono stati minimamente accennati dalla ricorrente.

Di fronte all’approvazione di una “proroga” (ormai, rectius: di un “affidamento”) di un contratto ritenuta non corrispondente all’offerta presentata, la società aveva invece piena libertà di rifiutare la prestazione e cessare il servizio; e la ASL non avrebbe avuto strumenti coercitivi per imporgli la prosecuzione (il richiamo, nell’appello, all’ingiustificata utilizzazione del principio di vincolatività dell’offerta, ex art. 11 del d.lgs. 163/2006, è evidentemente un fuor d’opera).

I fatti dimostrano che vi è stata una rinegoziazione (sia pure, con esito contestato), o quanto meno l’accettazione del contratto, che è stato stipulato, anche se con riserva degli esiti del contenzioso già instaurato: ma ciò significava soltanto la non acquiescenza o non rinuncia alle pretese azionate in giudizio; e che la prestazione è stata eseguita (a quanto sembra, vi sono state poi ulteriori proroghe del servizio, così ridotto nel contenuto; in ogni caso, è della legittimità del provvedimento, e non della successiva esecuzione contrattuale che si discute).

Allo stesso modo, non rileva se l’offerta della società, disattesa, riguardasse esclusivamente la proroga dell’intero servizio, ovvero comprendesse la possibilità di scinderne alcune parti; la questione, sollevata dalla ASL (che ne ha argomentato la corrispondenza tra offerta e provvedimento impugnato), è stata oggetto di replica dell’appellante (replica che sembra fondata, dato che la nota in data 21 dicembre 2010 contenente l’offerta si riferisce alla “proroga del contratto in essere in scadenza”, e solo dopo dettaglia i costi in relazione ai distinti servizi), ma appare irrilevante ai fini della legittimità del provvedimento impugnato.

Il condizionamento (l’aut aut, come lamenta l’appellante) verso la sottoscrizione del nuovo contratto, se c’era (l’appellante, pur affermando che la limitazione delle prestazioni ha fatto saltare l’equilibrio economico, non lo dimostra con riferimenti oggettivi), era di natura esclusivamente economica, ma ciò rientra nella dialettica procedimentale tra stazione appaltante e prestatore di servizi, e non si traduce in un vizio di legittimità dell’azione amministrativa.

Non vi è comunque violazione della buona fede e correttezza negoziale, perché non risulta che la ASL abbia mai suscitato la nascita di un affidamento in ordine alla prosecuzione del contratto a condizioni inalterate, e comunque sussistevano oggettivi ragioni per disporre una continuazione limitata nelle more della definizione di diverse e più razionali modalità di gestione complessiva del servizio. In sostanza, mentre dapprima il servizio comportava la raccolta delle cartelle cliniche presso i presidi ospedalieri ed il trasporto presso il magazzino/archivio della società, in seguito avrebbe comportato soltanto la conservazione delle cartelle esistenti in archivio e non invece il prelievo di nuove cartelle dai presidi (in quanto ormai destinate ad essere archiviate presso strutture apprestate dalle ASL), né quello di descaffalazione delle cartelle medesime per il trasferimento in una nuova sede (presso le ASL) con fornitura delle scatole (la ASL sottolinea che si riservava di esaminarlo successivamente, una volta attivato il nuovo archivio).

La pretesa risarcitoria cade insieme alla domanda di annullamento del provvedimento impugnato, non trovando nel mero comportamento della ASL alcun autonomo alternativo fondamento. Ciò, a prescindere dalla mancata dimostrazione del danno subito (può peraltro dubitarsi che la continuazione del solo servizio di custodia delle cartelle archiviate presso il proprio magazzino, risulti per la società non remunerativo).

7. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento in favore dell’Azienda appellata della somma di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge, per le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo – Presidente

Vittorio Stelo – Consigliere

Angelica Dell’Utri – Consigliere

Depositata in Segreteria il 20 gennaio 2015.

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