Le donazioni

Le donazioni

saggio dottrinario e giurisprudenziale aggiornato in forza dei collegamenti ipertestuali con le sentenze della Cassazione

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Sommario

A) NOZIONE E DEFINIZIONE

art. 769  c.c.  definizione

la donazione é il contratto con il quale per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa un diritto proprio, presente nel patrimonio o assumendo verso la stessa una obbligazione.

 

Dalla nozione civilistica si evince come la donazione sia un contratto, che però non trova collocazione, nel codice civile del 1942, nei contratti Libro IV Delle Obbligazioni, ma alla fine del Libro II Delle Successioni.

La sua collocazione é riflesso del fatto che il Legislatore ha voluto applicare alle donazioni principi propri del testamento (in particolare la nullità), delle norme strettamente collegate al fenomeno successorio (istituto della collazione[2],

esperimento dell’azione di riduzione[3] da parte dell’erede legittimario), ma che allo stesso tempo, non essendo specificatamente disciplinato, sarà assoggettato alla disciplina generale sui contratti, e non le disposizioni proprie del testamento.

In sintesi, si possono distinguere 4 tipi di donazioni
A) donazione reale traslativa – che ha per oggetto il trasferimento a titolo gratuito del diritto di proprietà ovvero di altro diritto reale di godimento
B) donazione reale costitutiva – costituzione senza corrispottevivo di un diritto reale nuovo
C) DONAZIONE OBBLIGATORIA[4] – che per oggetto la gratuita assunzione di un’obbligazione da parte del donante
D) donazione liberatoria[5] – liberazione del donatario da un obbligo non adempiuto

Il negozio di liberalità costituisce una categoria generale che comprende svariate figure negoziali, tra cui l’atto di donazione che viene distinto dal legislatore perché sottoposto ad una particolare disciplina.

Il rapporto tra negozio gratuito, liberalità e contratto di donazione viene così delineato[6]

il negozio gratuito é – il genere –
la liberalità é la – specie –
il contratto di donazione é –  la principale liberalità –

Per ultima pronuncia della Cassazione[7] la donazione é quell’atto di liberalità disciplinato dall”articolo 769 c.c., con il quale un soggetto (il donante), con animus donandi, vuole arricchire altro soggetto (il donatario) per gratitudine, per un servizio reso o per qualunque altra ragione.

Quando, però, si parla di liberalità, é necessario, ai fini di una corretta  individuazione giuridica, così come confermato dalla Cassazione a Sezioni Unite[8], indagare preliminarmente anche sugli interessi concretamente perseguiti e condivisi dalle parti, in quanto assume un ruolo rilevante, nella identificazione della causa del negozio, la gratuità con cui il disponente attua tale interesse non patrimoniale: infatti, solo laddove il disponente é portatore di un interesse non patrimoniale (si intende senza nemmeno ricevere vantaggi economici indiretti) e il beneficiario ottiene vantaggi economici in termini di arricchimento, come l’attribuzione di diritti reali o personali, si può parlare di inquadramento nelle gratuità o liberalità (diretta o indiretta).

Negli altri casi, laddove entrambe le parti sono portatrici di interessi patrimoniali c’é la collocazione del negozio giuridico nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive (attuate o mediante vendita oppure dove l’onerosità si realizza indirettamente attraverso l’impiego di schemi negoziali a titolo gratuito come il comodato d’uso previsto dal legislatore) oppure quando entrambe le parti sono portatrici di interessi non patrimoniali, quindi non é possibile parlare di negozi  contrattuali ma si parlerà piuttosto di “rapporto di cortesia” ma non di liberalità.

Tuttavia, la dottrina e la giurisprudenza hanno da tempo, e in maniera costante, evidenziato che il risultato di un tipico atto di liberalità può essere raggiunto anche in maniera indiretta.

La DONAZIONE INDIRETTA [9], pur non essendo configurata formalmente come una donazione, e pur non apparendo all’esterno come tale, concretamente raggiunge il medesimo risultato di un tipico atto di liberalità.

Elemento determinate per avere donazione, come detto, é lo spirito di liberalità qualificato anche con animus donandi, che viene tradotto nella condizione di libertà, spontaneità, mancanza di costrizioni, collegata alla generosità che si può ricercare nel comportamento del donante, che lo spinge a concludere consapevolmente tale atto di donazione: in capo al disponente si riconosce la volontà di compiere un atto di favore nei confronti del donatario, determinando in capo a questo un arricchimento senza avere in cambio un interesse patrimoniale (un corrispettivo – una controprestazione).

L’intento di donare é la coscienza del donante circa il compimento di un’elargizione patrimoniale al donatario, in assenza di vincolo giuridico che determini tale comportamento.

In altri termini, l’animus donandi – l’intenzione di compiere la liberalità – non basta un’attribuzione patrimoniale fatta senza corrispettivo (caratteristica del negozio gratuito), ma occorre che questa sia giustificata dalla coscienza di conferire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi costretti.

Per la Cassazione[10] l’intento di donare, quale volontà del donante diretta a compiere a favore di un altro soggetto un’attribuzione patrimoniale gratuita, priva cioé di controprestazione, consiste nella coscienza del donante del compimento di un’elargizione patrimoniale ad altri in assenza di un vincolo giuridico che determini tale comportamento. pertanto, lo spirito di liberalità richiamato dall’art 769 c.c. si identifica non con un intento benefico o altruistico, ma con lo scopo obbiettivo che si raggiunge attraverso il negozio e che ne costituisce la causa, cioé, la gratuita attribuzione del bene al donatario.

Ciò vale anche per le cosiddette donazioni indirette, in cui la liberalità é raggiunta attraverso l’utilizzazione strumentale di negozi diversi.

É, innegabile, comunque, anche se vi possono essere disposizione testamentarie o di legato che non determinano alcuna liberalità a favore dell’istiuito, che il carattere della liberalità accomuna disposizione testamentarie e donazioni, come é confermato dalla disciplina, contenuta nello stesso libro del codice, che riguarda:

  1. A) l’incapacità a ricevere[11] (artt. 795 e 799 e 596 c.c.)
  2. B) i limiti di vaidità della sostituzione fedecommissaria[12] (artt. 795 e 692 c.c.)
  3. C) la revocazione per sopravvenienza dei figli[13] (artt. 803 e 687 c.c.)
  4. D) la sanatoria del negozio nullo (artt. 799 e 590 c.c.)
  5. E) la rilevanza del motivo illecito[14] (artt. 788 e 626 c.c.)

B) I CARATTERI DELLA DONAZIONE

1) NATURA GIURIDICA

É un contratto a titolo gratuito caratterizzato dall’animus donandi (spirito di liberalità) che lo differenzia dagli atti a titolo gratuito in genere (come il comodato, il mutuo senza interessi).

Lo spirito di liberalità che connota il depauperamento del donante e l’arricchimento del donatario va ravvisato nella consapevolezza dell’uno di attribuire all’altro un vantaggio patrimoniale in assenza di qualsivoglia costrizione, giuridica o morale.

In particolare, tale spontaneità dell’attribuzione patrimoniale non é incompatibile con l’esasperata conflittualità esistente tra le parti al momento del contratto, la quale rappresenta un elemento fattuale del tutto neutro rispetto alla causa della donazione, non integrando né un’ipotesi di cogenza giuridica, né un’ipotesi di costrizione morale, salva l’eventuale rilevanza di motivi di annullamento del contratto per vizio della volontà[15].

La struttura contrattuale – tuttavia – non rappresenta un’imprescindibile necessità, ma solo il frutto di una valutazione di opportunità in omaggio alla regola invito beneficium non datur, che corrisponde all’esigenza dell’intangibilità della sfera di ogni individuo.

Non può peraltro, escludersi che, per favorire gli interessi considerati preminenti dal legislatore, il criterio della contrattualità possa essere abbandonato e la perfezione del negozio possa realizzarsi in forza della sola volontà del donante.

Donazione a struttura unilaterale

La perfezione del negozio può realizzarsi unilateralmente in forza della sola volontà del donante

Non sono ipotesi di donazioni a strutture unilaterali –

1)              Negozio di dotazione delle fondazioni – negozio con causa propria e non di donazione – liberalità non donativa

2)              La promessa al pubblico – non ha lo scopo di arricchire un altro soggetto perché il vantaggio promesso é solo strumento per il raggiungimento di un risultato che il promettente si propone.

Consensuale

perché non richiede necessariamente per il suo perfezionamento la consegna della cosa; il consenso del donante (es. proposta di donazione) e del donatario (ed. accettazione) possono avvenire in tempi diversi, ma in tal caso é di grande rilievo la disciplina dell’art.782 cc.  Un’eccezione si ritrova nella donazione di modico valore, che verrà analizzata più avanti.

Solenne: (o formale): é richiesto l’atto pubblico coi testimoni

Normalmente tralslativo: in quanto consiste, di regola nel trasferimento di un diritto.

La donazione obbligatoria[16] e la donazione liberatoria rappresentano figure eccezionali.

Normalmente con obbligazione Unilaterale: questa categoria é prevista dall’art. 1333

art. 1333 c.c.   contratto con obbligazione del solo proponente

la proposta diretta a concludere un contratto da cui derivano obbligazioni per il solo proponente é irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale é destinata.

Il destinatario può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi, in mancanza di tale rifiuto il contratto é concluso.

 

Almeno nell’ipotesi di donazione obbligatoria, poiché nelle altre ipotesi é applicabile la disciplina speciale (art. 782, II e III comma c.c.) secondo la quale la donazione si perfeziona solo con l’accettazione del donatario e il donante può revocare la sua proposta fino a quando la donazione non si é perfezionata.

 

2)   ACCORDO DELLE PARTI

Anche il contratto di donazione si conclude nel momento in cui chi ha fatto la proposta (il donante) ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte.

art. 1326 c.c.  conclusione del contratto

il contratto é concluso dal momento  in cui chi ha fatto la proposta é a conoscenza dell’accettazione dell’altra parte.

L’accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell’affare o secondo gli usi.

Il proponente può ritenere efficace l’accettazione tardiva, purché ne dia immediatamente avviso all’altra parte.

Qualora il proponente richieda per l’accettazione una forma determinata, l’accettazione non ha effetto se é data in forma diversa.

Un’accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta.

La dottrina sostiene che mentre in ogni contratto, proponente può essere una qualsiasi delle parti e si può parlare di proponente soilo in termini cronologici, in tema di donazione é sempre il donante che prende l’iniziativa, in quanto dispone a favore del donatario.

Con la conseguenza che in nessun caso il donatario assume il ruolo di proponente, per cui, a differenza di quanto accade per gli altri contratti, se l’accettazione del donatario non é conforme alla proposta, nel senso che ne modifica qualche elemento, non si avrà una nuova proposta, ma occorrerà un nuovo atto di disposizione da parte del donante, cui dovrà seguire una nuova accettazione ai fini della perfezione dell’atto.

Per tali ragioni l’unico valora attribuibile all’accettazione del donatario difforme dalla proposta é quello di invito a donare, da intendersi come mera espressione di desiderio.

art. 1328 c.c.  revoca della proposta e della accettazione

la proposta    può essere revocata finché il contratto non sia concluso. Tuttavia, se l’accettante ne ha intrapreso in buona fede l’esecuzione prima di aver notizia della revoca, il proponente é tenuto ad indennizzarlo delle spese e delle perdite subite. L’accettazione  può essere revocata, purché la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell’accettazione.

La revoca é atto non formale, nemmeno per relationem.

Non deve infatti essere osservata la forma che ha rivestito l’accettazione o la proposta.

 

art 1329 c.c.   proposta irrevocabile[17]

La proposta irrevocabile applicabile alla donazione

Se il proponente si é obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca é senza effetto.

 

É discusso se l’istituto della proposta irrevocabile sia applicabile anche alla donazione

tesi negativa[18] si basa soprattutto sul carattere essenzialmente revocabile della dichiarazione del donante –

é preferibile la teoria positiva[19] secondo la quale non vi é nessuna raggione per escluderla – poiché, se la donazione é un contratto, ad essa devono essere applicate tutte le norme sui contratti in generale.

Non trova applicazione – la presunzione di conoscenza prevista all’art. 1335 c.c., poiché la donazione, ai sensi dell’art. 782, II comma, c.c. non é perfetta se non dal momento in cui l’atto di accettazione é notificato al donante (sistema c.d della ricezione)

Opzione [20]  di donazione     

Trova applicazione – anche l’istituo dell’opzione (1331), giacché altro non é che una proposta irrevocabile sottoforma di contratto –

Non trova applicazione –

la responsabilità precontrattuale (1337) perché nella donazione non vi sono trattative ma disposizioni.

Il preliminare[21] di donazione 

Parte della dottrina[22]  ritene che il preliminare non sia ammissibile nel contratto di donazione.

Dal momento che sarebbe di ostacolo all’assunzione di un vincolo preliminare la necessaria spontaneità che caratterizza l’atto liberale.

Infatti, se la donazione é stipulata in esecuzione di un precedente vincolo obbligatorio, non potrebbe più parlarsi di liberalità ma di doverosità.

Qualche spunto in senso contrario[23] potrebbe ricavarsi dall’art. 769 c.c. che prevede anche la LA DONAZIONE OBBLIGATORIA[24] con cui il donante assume verso il donatario un’obbligazione.

In tal modo peraltro l’atto donativo finirebbe per identificarsi con il contratto preliminare e non con quello definitivo.

Secondo ultima sentenza di merito[25] il contratto preliminare di donazione é nullo, non potendosi ammettere l’insorgenza di un vincolo preliminare idoneo a determinare in capo al donante l’obbligo di donare, in quanto tale contratto avrebbe l’effetto di eliminare il carattere di spontaneità della disposizione liberale, elemento essenziale della donazione. L’assunzione di un mero obbligo a donare non fa che manifestare una propensione all’altrui arricchimento ancora insufficiente a giustificare uno spostamento di ricchezza, donde la incoercibilità di una siffatta volontà, causalmente inidonea a supportare effetti giuridicamente vincolanti. Ulteriore argomento contrario alla praticabilità del contratto preliminare di donazione é il divieto di donare beni futuri di cui all’art. 771 c.c.

Sulla questione già sono intervenute le sezioni unite[26] con una lontana pronuncia del 75’ secondo cui una promessa di donazione non é giuridicamente produttiva di obbligo a contrarre, perché la coazione all’adempimento, cui il promittente sarebbe soggetto, contrasta con il requisito della spontaneità della donazione, il quale deve sussistere al momento del contratto.

 

3)  OGGETTO

In astratto tutti i beni potrebbero formare oggetto di donazione, qualora abbiano i requisiti previsti in generale per i contratti:

art. 1346 c.c.  l’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile.

Ma in concreto non tutti i beni possono essere donati (o per il divieto imposto dalla legge o per la loro natura).

 

a) Oggetti ammissibili di donazione

1)    I diritti di piena proprietà o diritti reali di godimento;

nessun problema particolare sorge per:

Ø  la superficie[27]

Ø  l’usufrutto, l’uso e l’abitazione[28]

Ø  la servitù[29]

Ø  riguardo all’enfiteusi

bisogna distinguere

Ø     fra la costituzione ex novo di enfiteusi a titolo gratuito – che per la dottrina unanime non si ravvisa un’ipotesi donazione – perché l’atto costitutivo rappresenta un negozio con una propria causa tipica.

Se poi il concedente dispensasse l’enfiteuta dall’obbligo di pagare il canone annuo, si avrebbe, in realtà, una donazione di proprietà.

Se il canone capitalizzato fosse inferiore al valore della cosa si avrebbe una DONAZIONE INDIRETTA [30] e, precisamente, un negozio misto con donazione.

Ø     il trasferimento, senza corrispettivo, dell’enfiteuta ad altra persona, dell’enfiteusi già costituita.

In questo caso non ci sarà mai donazione diretta perché anche se l’enfiteuta alienante non riceve corrispettivo, il nuovo enfiteuta acquirente dovrà pur sempre pagare il canone ed eseguire i miglioramenti.

 

2)    La donazione d’azienda

[31]

Dottrina e giurisprudenza si sono interrogate sull’applicabilità dell’appena richiamata disposizione anche alla fattispecie della donazione d’azienda, facendo riferimento ora alla natura giuridica dell’azienda (vedendo a tal proposito contrapposte la concezione unitaria a quella atomistica), ora alla stessa ratio della norma.

Se da un lato, infatti, la specificazione dei beni sembra voler garantire un’adeguata meditazione del donante, dall’altro la stessa sembra voler tutelare non solo il donante, ma anche i suoi legittimari ed i creditori interessati, laddove si voglia favorire la corretta individuazione del bene, anche in considerazione delle successive vicende ipotizzabili, come la collazione[32], la revocazione[33] e la riduzione[34].

In considerazione del fatto che l’azienda costituisce, in ogni caso, un unico complesso, la dottrina ritiene sufficiente indicare il valore dell’intero complesso aziendale.

La Cassazione[35], al contrario, al fine di garantire la maggior tutela dei singoli, ritiene necessario la specificazione e la valutazione dei singoli beni.

Al fine di garantire il rispetto delle esigenze del donante, il contratto potrebbe essere inoltre sottoposto ad usufrutto[36], a modus[37] a termine[38] o a condizione[39], qualora il donante vogli garantarsi una sorta di rendita.

Nel trattare la disciplina della donazione d’azienda, si ritiene infine rilevante fornire alcuni cenni in tema di collazione[40].

Ai sensi degli artt.737 e ss. c.c., infatti, coloro che concorrono alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati.

Giova, a tal proposito, essere altresì ricordato che la collazione può essere in natura o per imputazione: mentre nel primo caso deve essere restituito alla massa lo stesso bene ricevuto, con la collazione per imputazione si fa riferimento al valore al tempo di apertura della successione, e la restituzione avviene quindi per equivalente.

La Cassazione[41] ha chiarito che la collazione della quota d’azienda va compiuta secondo le modalità previste dall’art. 746 c.c. per gli immobili, ovvero ricorrendo alla collazione per imputazione.

A tal fine si dovrà avere riguardo al valore assunto dall’azienda, quale complesso unitario organizzato per fini produttivi, al tempo dell’apertura della successione.

L’art. 747 c.c. va tuttavia coordinato con l’art. 748 c.c., in virtù del quale «si deve dedurre, a favore del donatario, il valore delle migliorie apportate al fondo nei limiti del valore al tempo dell’aperta successione».

Con riferimento alla donazione d’azienda si ritiene altresì sicuramente applicabile l’art. 2112 c.c., in virtù del quale, «in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. Il cedente e il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento».

 

b) Oggetti o prestazioni inammissibili di donazione

 

1)    donazione di beni futuri

art. 771 c.c.    donazione di beni futuri

la donazione non può comprendere che i beni presenti del donante (c.c.1348). Se comprende beni futuri, é nulla rispetto a questi (c.c.1419 e seguenti) salvo che si tratti di frutti non ancora separati (c.c.820).

Qualora oggetto della donazione sia un’universalità di cose (c.c.816) e il donante ne conservi il godimento trattenendola presso di sé, si considerano comprese nella donazione anche le cose che vi si aggiungono success.te, salvo che dall’atto risulti una diversa volontà.

Per illiceità della prestazione.

La donazione per produrre effetti traslativi deve riguardare i beni presenti nel patrimonio del donante, al fine di non favorire la prodigalità.

Diversamente dal venditore[42] (artt. 1472 e 1478 c.c.) il donante non é dunque obbligato a procurare l’acquisto della proprietà al donatario, né costui acquista la proprietà ove la cosa venga ad esistenza o il donante l’acquisti dal terzo.

 

2)    donazioni di cosa altrui

Mentre il legislatore ha espressamente previsto la vendita di cosa altrui[43], non ha dettato alcuna disposizione analogia in tema di donazione

La mancanza di una specifica disciplina normativa in tema di donazione di beni altrui ha da sempre rappresentato l’origine del dibattito intorno a due problemi fondamentali:

Ø  il problema di coniugare la prospettiva della validità inter partes del negozio di donazione con la prospettiva del giudizio in ordine

Ø  alla idoneità di tale titolo ai fini dell’acquisto per usucapione e, dunque, dei consequenziali effetti nei confronti dei terzi.

Sulla sorte della donazione di beni altrui, si sono, in giurisprudenza, affacciati due fondamentali orientamenti che hanno, nel tempo, lasciato sedimentare due linee interpretative della fattispecie – anche se le Sezioni Unite, si spera definitivamente – hanno di recente statuito sulla nullità delle stesse.

Per autorevole dottrina[44]  e parte della giurisprudenza [45] – é ammessa la donazione di cosa altrui soltanto se questo tipo di donazione la si faccia rientrare nella previsione dell’art. 769, tale norma, infatti, sancisce che é donazione anche il contratto con il quale per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra assumendo verso la stessa un’obbligazione, avente espressamente l’obbligo per il donante di farne conseguire la proprietà al donatario.

A conferma di tale ipotesi si adduce anche l’art. 797 c.c., il quale ammette che in determinati casi, il donante risponde dell’evizione della cosa donata, e ciò suppone la validità della donazione di cosa totalmente altrui, essendo questo il presupposto imprescindibile per l’operatività della garanzia stessa.

Il donante dovrebbe allora acquistare il bene del proprietario e poi trasferirlo, come cosa propria al donatario.

Si sarebbe così in presenza di un preliminare (con efficacia obbligatoria e non produttivo di effetti reali, sino a quando il donante non acquista la proprietà del bene oggetto della donazione) di donazione di cosa altrui, da cui nascerebbe un obbligo di dare, come per il preliminare di vendita di cosa altrui.

Altra dottrina[46] ed altra giurisprudenza[47] esclude che la donazione possa avere per oggetto una cosa totalmente altrui.

Argomentando sulla base

Ø     dello stesso art. 769 c.c., il quale esige che il donante deve disporre del suo diritto;

Ø     dell’art. 771 c.c., l’invalidità della donazione riguardo ai bei soggettivamente futuri, ossia ai beni altrui;

Su tale contrasto, come detto, sono state interepellate anche le sezioni unite[48], le quali venivano compulsate dalla seconda sezione, sulla seguente questione: “Se la donazione dispositiva di un bene altrui debba ritenersi nulla alla luce della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell’articolo 771 codice civile, poiché il divieto di donazione dei beni futuri ricomprende tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante e quindi anche quelli aventi ad oggetto i beni altrui, oppure sia valida ancorché inefficace, e se tale disciplina trovi applicazione, o no, nel caso di donazione di quota di proprietà pro indiviso”.

Ebbene, le Sezioni Unite, hanno così risposto:

Preliminarmente sulla questione se la donazione di cosa altrui sia nulla o no, la giurisprudenza di questa Corte si é reiteratamente espressa, nel senso della nullità.

Secondo Cass. n. 3315 del 1979, “la convenzione che contenga una promessa di attribuzione dei propri beni a titolo gratuito configura un contratto preliminare di donazione che é nullo, in quanto con esso si viene a costituire a carico del promittente un vincolo giuridico a donare, il quale si pone in contrasto con il principio secondo cui nella donazione l’arricchimento del beneficiario deve avvenire per spirito di liberalità, in virtù cioé di un atto di autodeterminazione del donante, assolutamente libero nella sua formazione”.

La successiva Cass. n. 6544 del 1985, ha affermato che la donazione di beni altrui non genera a carico del donante alcun obbligo poiché, giusta la consolidata interpretazione dell’articolo 771 codice civile, dal sancito divieto di donare beni futuri deriva che é invalida anche la donazione nella parte in cui ha per oggetto una cosa altrui; a differenza di quanto avviene, ad esempio, nella vendita di cosa altrui, che obbliga il non dominus alienante a procurare l’acquisto al compratore. Tale decisione ha quindi affermato che “ai fini dell’usucapione abbreviata a norma dell’articolo 1159 codice civile non costituisce titolo astrattamente idoneo al trasferimento la donazione di un bene altrui, attesa l’invalidità a norma dell’articolo 771 codice civile, di tale negozio”.

Sempre nell’ambito della nullità si colloca Cass. n. 11311 del 1996, così massimata: “l’atto con il quale una pubblica amministrazione, a mezzo di contratto stipulato da un pubblico funzionario, si obblighi a cedere gratuitamente al demanio dello Stato un’area di sua proprietà, nonché un’altra area che si impegni ad espropriare, costituisce una donazione nulla, sia perché, pur avendo la pubblica amministrazione la capacità di donare, non é ammissibile la figura del contratto preliminare di donazione, sia perché l’atto non può essere stipulato da un funzionario della pubblica amministrazione (possibilità limitata dal Regio Decreto n. 2440 del 1923, articolo 16, ai soli contratti a titolo oneroso), sia perché l’articolo 771 codice civile, vieta la donazione di beni futuri, ossia dell’area che non rientra nel patrimonio dell’amministrazione “donante” ma che la stessa si impegna ad espropriare”.

Particolarmente significativa é poi Cass. n. 10356 del 2009, secondo cui “la donazione dispositiva di un bene altrui, benché non espressamente disciplinata, deve ritenersi nulla alla luce della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell’articolo 771 codice civile, poiché il divieto di donazione dei beni futuri ricomprende tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante; tale donazione, tuttavia, é idonea ai fini dell’usucapione decennale prevista dall’articolo 1159 codice civile, poiché il requisito, richiesto da questa norma, dell’esistenza di un titolo che legittimi l’acquisto della proprietà o di altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, deve essere inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere suscettibile in astratto, e non in concreto, di determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l’acquisto del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato titolare”.

Da ultimo, Cass. n. 12782 del 2013 si é espressa in senso conforme alla decisione da ultimo richiamata.

In senso difforme si rinviene [l’unica pronuncia] Cass. n. 1596 del 2001, che ha affermato il principio per cui “la donazione di beni altrui non può essere ricompresa nella donazione di beni futuri, nulla eper articolo 771 codice civile, ma é semplicemente inefficace e, tuttavia, idonea ai fini dell’usucapione abbreviata eper articolo 1159 codice civile, in quanto il requisito, richiesto dalla predetta disposizione codicistica, della esistenza di un titolo che sia idoneo a far acquistare la proprietà o altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, va inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere idoneo in astratto, e non in concreto, a determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l’acquisto del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato titolare”.

A ben vedere, per il Collegio a sezioni unite, il contrasto tra i due orientamenti giurisprudenziali non coinvolge il profilo della efficacia dell’atto a costituire titolo idoneo per l’usucapione abbreviata [che sarà successivamente affrontato], ma, appunto, la ascrivibilità della donazione di cosa altrui nell’area della invalidità, e segnatamente della nullità, ovvero in quella della inefficacia.

Il Collegio, ha ritenuto che alla questione dovessere essere data risposta nel senso che la donazione di cosa altrui o anche solo parzialmente altrui é nulla, non per applicazione in via analogica della nullità prevista dall’articolo 771 codice civile, per la donazione di beni futuri, ma per mancanza della causa del negozio di donazione.

La mancanza, nel codice del 1942 – continuano le Sezioni Unite –  di una espressa previsione di nullità della donazione di cosa altrui, dunque, non può di per sé valere a ricondurre la fattispecie nella categoria del negozio inefficace.

Invero, come si é notato in dottrina, il fatto stesso che il legislatore del codice civile abbia autonomamente disciplinato sia la compravendita di cosa futura che quella di cosa altrui, mentre nulla abbia stabilito per la donazione a non domino, dovrebbe suggerire all’interprete di collegare il divieto di liberalità aventi ad oggetto cose d’altri alla struttura e funzione del contratto di donazione, piuttosto che ad un esplicito divieto di legge. Pertanto, posto che l’articolo 1325 codice civile, individua tra i requisiti del contratto “la causa”; che, ai sensi dell’articolo 1418 codice civile, comma 2, la mancanza di uno dei requisiti indicati dal’articolo 1325 codice civile, produce la nullità del contratto; e che l’altruità del bene non consente di ritenere integrata la causa del contratto di donazione, deve concludersi che la donazione di un bene altrui é nulla.

Con riferimento alla donazione – precisano le sezioni unite –  deve quindi affermarsi che se il bene si trova nel patrimonio del donante al momento della stipula del contratto, la donazione, in quanto dispositiva, é valida ed efficace; se, invece, la cosa non appartiene al donante, questi deve assumere espressamente e formalmente nell’atto l’obbligazione di procurare l’acquisto dal terzo al donatario.

La donazione di bene altrui vale, pertanto, come DONAZIONE OBBLIGATORIA di dare, purché l’altruità sia conosciuta dal donante, e tale consapevolezza risulti da un’apposita espressa affermazione nell’atto pubblico (articolo 782 c.c.). Se, invece, l’altruità del bene donato non risulti dal titolo e non sia nota alle parti, il contratto non potrà produrre effetti obbligatori, né potrà applicarsi la disciplina della vendita di cosa altrui.

La sanzione di nullità si applica normalmente alla donazione di beni che il donante ritenga, per errore, propri, perché la mancata conoscenza dell’altruità determina l’impossibilità assoluta di realizzazione del programma negoziale, e, quindi, la carenza della causa donativa.

La donazione di bene non appartenente al donante é quindi affetta da una causa di nullità autonoma e indipendente rispetto a quella prevista dall’articolo 771 codice civile, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 769 codice civile (il donante deve disporre “di un suo diritto”) e dell’articolo 1325 codice civile, e articolo 1418 codice civile, comma 2.

In sostanza – concludono le seizoni unite – avendo l’animus donandi rilievo causale, esso deve essere precisamente delineato nell’atto pubblico; in difetto, la causa della donazione sarebbe frustrata non già dall’altruità del diritto in sé, quanto dal fatto che il donante non assuma l’obbligazione di procurare l’acquisto del bene dal terzo.

Alle medesime conclusioni deve pervenirsi per il caso in cui, come nella specie, oggetto della donazione sia un bene solo in parte altrui, perché appartenente pro indiviso a più comproprietari per quote differenti e donato per la sua quota da uno dei coeredi. Non é, infatti, dato comprendere quale effettiva differenza corra tra i “beni altrui” e quelli “eventualmente altrui”, trattandosi, nell’uno e nell’altro caso, di beni non presenti, nella loro oggettività, nel patrimonio del donante al momento dell’atto, l’unico rilevante al fine di valutarne la conformità all’ordinamento.

In sostanza, la posizione del coerede che dona uno dei beni compresi nella comunione (ovviamente, nel caso in cui la comunione abbia ad oggetto una pluralità di beni) non si distingue in nulla da quella di qualsivoglia altro donante che disponga di un diritto che, al momento dell’atto, non può ritenersi incluso nel suo patrimonio.

Né una distinzione può desumersi dall’articolo 757 codice civile, in base al quale ogni coerede é reputato solo e immediato successore in tutti i beni componenti la sua quota o a lui pervenuti dalla successione anche se per acquisto all’incanto e si considera come se non avesse mai avuto la proprietà degli altri beni ereditari. Invero, proprio la detta previsione impedisce di consentire che il coerede possa disporre, non della sua quota di partecipazione alla comunione ereditaria, ma di una quota del singolo bene compreso nella massa destinata ad essere divisa, prima che la divisione venga operata e il bene entri a far parte del suo patrimonio.

In conclusione, é stato affermato il seguente principio di diritto:

La donazione di un bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per difetto di causa, a meno che nell’atto si affermi espressamente che il donante sia consapevole dell’attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio. Ne consegue che la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria é nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante”.

La possibile idoneità della donazione di beni altrui a rappresentare titolo per l’acquisto per usucapione[49]

L’altra importante implicazione derivante dalla donazione di beni altrui riguarda la sua suscettibilità a costituire titolo astrattamente idoneo per il perfezionamento di un acquisto a non domino a norma dell’art. 1159 c.c.

A tale proposito i due summenzionati orientamenti approdano, coerentemente, a due opposte e non irrilevanti conclusioni.

Infatti, mentre parte della Cassazione[50], sul presupposto della nullità ab origine della donazione dispositiva di beni altrui, nega, plausibilmente, la suscettibilità della stessa a rappresentare titolo idoneo (in quanto nullo) ai fini dell’acquisto per usucapione abbreviata eper art. 1159 c.c., non altrettanto é a dirsi per la Cass. n. 1596/2001.

Di vero, la decisione del 2001 escludendo che la donazione di beni altrui sia affetta da nullità, stante la natura eccezionale dell’art. 771 c.c., e ritenendo che la sanzione più adeguata sia la mera inefficacia dell’atto di liberalità, apre la strada alla qualificazione della donazione di beni altrui quale «titolo astrattamente idoneo» per il perfezionamento di un acquisto a non domino a norma dell’art. 1159 c.c.

Sul contrasto é intervenuta la Cassazione del 2009 [51], confermata anche da successvive pronunce della medesima Cassazione del 2013.

Si legge nella sentenza del 2009, che sebbene la nullità della donazione con cui il donante dispone di un diritto altrui, intendendo produrre un effetto traslativo immediato, non sia espressamente comminata da alcuna norma, la conclusione si ricava dalla disciplina complessiva della donazione.

L’art. 769 c.c., infatti, per la fattispecie rispondente allo schema del contratto con efficacia reale, definisce la donazione come il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto. La regola di attualità dello spoglio, tratto caratterizzante della donazione con effetti reali immediati, implica il requisito dell’appartenenza del diritto al patrimonio del donante al momento del contratto, ossia, come precisa l’inciso della citata disposizione, l’arricchimento realizzato mediante disposizione di un “suo diritto.

Inoltre, mentre i principi generali sanciscono la validità tanto dell’atto su cosa futura, quanto dell’atto sul patrimonio altrui, il microsistema della donazione, al fine di inibire liberalità anticipate, reca un principio settoriale di tenore diverso, prevedendo, all’art. 771 c.c., comma 1, la nullità della donazione di beni futuri. L’esigenza, che ne é alla base, di porre un freno agli atti di prodigalità e di limitare l’impoverimento ai beni esistenti nel patrimonio del donante, accomuna futurità e altruità, sicché l’istanza protettiva disvelata dalla norma citata impone di ritenere – superando un’interpretazione pedissequamente ancorata all’enunciato – che il divieto da essa dettato abbracci tutti gli atti di donazione dispositiva perfezionati prima ancora che il loro oggetto (non importa se futuro in senso oggettivo o anche futuro in senso soltanto soggettivo) entri a comporre il patrimonio del donante.

Se la donazione dispositiva di bene altrui é da considerare nulla, nondimeno, ai fini della soluzione, in favore del terzo di buona fede, del conflitto di interessi che lo oppone al proprietario, essa può fungere da coelemento della fattispecie acquisitiva a titolo originario a norma dell’art. 1159 c.c.

Difatti, la nullità della donazione di cosa altrui dipende non da un vizio di struttura, ma esclusivamente – come é stato osservato in dottrina – da una ragione inerente alla funzione del negozio, ossia dalla altruità del bene donato rispetto al patrimonio del donante, altruità dalla quale, tuttavia, occorre prescindere allorché si procede alla valutazione della idoneità del titolo, che si ha tutte le volte in cui l’effetto immediatamente attributivo é unicamente precluso dalla carenza di legittimazione traslativa dell’alienante.

In altri termini, la provenienza dell’attribuzione dal non legittimato, se intacca la validità della donazione (non consentendo a essa, per questa sola ragione, di adempiere concretamente la funzione traslativa del tipo al quale appartiene), non inficia la sua astratta idoneità a inserirsi in una più complessa fattispecie acquisitiva a non domino.

Va, pertanto, data continuità, in parte qua, alla citata sentenza n. 1596/2001.

Essa, pur muovendo da diverse premesse (l’inefficacia anziché la nullità della donazione dispositiva di beni altrui), é pervenuta, superando il precedente rappresentato dalla sentenza n. 6544/1985 (ma ponendosi in continuità con Cass., Sez. II, 23 giugno 1967, n. 1532), alla conclusione – che il Collegio ha condiviso – secondo cui tale negozio, quando conformato in termini di atto di alienazione, stante l’ignoranza delle parti circa l’alienità della res donata, é suscettibile di fungere da titulus adquirendi ai fini dell’usucapione abbreviata ai sensi dell’art. 1159 c.c., in quanto il requisito, richiesto dalla predetta disposizione codicistica, della esistenza di un titolo idoneo a far acquistare la proprietà o altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, va inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere idoneo in astratto, e non in concreto, a determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l’acquisito del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato titolare.

Tale indirizzo é stato confermato, come già riportato, anche ad ultima Giurisprudenza di legittimità[52] e di merito[53], nonché per certi versi confermato delle sezioni unite di cui sopra, ma con alcune differenze in merito alla consapevolezza o meno dell’atruità trasfusa nell’atto pubblico di trasferimento di cosa altrui.

 

3)   donazione universale

Non é consentita quella donazione attraverso la quale vengono elargiti tutti i beni presenti e futuri, perché il complesso dei beni di una persona (patrimonio) non costituisce una universalità di diritto.

É, invce, consentita la donazione di tutti i beni presenti, i quali devono essere specificati nell’atto di donazione con l’indicazione del valore, non solo come risulta dagli artt. del codice riguardo ai beni mobili e immobili ma anche dall’art. 51 dlla legge notarile.

4)   Concessione di garanzia

La costituzione a titolo gratuito di diritto reale di garanzia (pegno, ipoteca) non rientra nella fattispecie della donazione, giacché non vi é depauperamento di chi presta la garanzia, né arricchimento a favore del garantito.

È, invece, ammessa la trasmisisone del grado di ipoteca purchè ad altro creditore sullo stesso immobille, mediante la cosiddetta postergazione del credito (art. 2843 c.c.), con la forma solenne della donazione.

5)   obbligazione di fare e di non fare

 

[54]

Si pensi alla gratuita prestazione del medico o dell’avvocato, di non costruire un muro, non togliere luce al fondo attiguo.

Dottrina contraria[55] dubita per il facere, perché prestare la propria opera non produrrebbe un depauperamento nel patrimonio del beneficiante, mancando il passaggio definitivo di un valore da un patrimonio ad un altro ed inoltre[56] sarebbe difficilmente applicabile la disciplina delle donazioni in punto di revoca, collazione e riduzione[57], dovendo procedersi a stima del valore del facere.

Per altri autori [58] (favorevole) la tesi contraria va respinta perché un valore nel facere (anche nel non facere) é pur sempre ravvisabile e stimabile, tanto più in quanto, come spesso accade, esso si risolva in un dare, cioé nell’esecuzione e consegna di un’opera.

Inoltre[59], ha sostegno di tale opinione adduce lo stesso testo dell’art. 769 che disciplina qualsiasi obbligazione genericamente intesa

 

4)   FORMA ed ACCETTAZIONE

 

Negozio solenne

richiede la necessità dell’atto pubblico notarile e la presenza di 2 testimoni (art. 48, l. 16 febbraio 1913, n. 89 sull’ordinamento del notariato).

Questo formalismo viene giustificato dalla necessità di una maggiore riflessione e consapevolezza che il donante avrà quando partecipa al rito dell’atto notarile con la presenza dei testimoni e l’intervento del pubblico ufficiale.

art. 782 c.c.     forma della donazione

la donazione deve essere fatta per atto pubblico (c.c.2699), sotto pena di nullità. Se ha per oggetto cose mobili (ad es. azienda), essa non é valida che per quelle specificate con indicazione del loro valore nell’atto medesimo della donazione, ovvero in una nota a parte sottoscritta dal donante, dal donatario e dal notaio.

L’accettazione può essere fatta nell’atto stesso o con atto pubblico posteriore. In questo caso la donazione non é perfetta se non dal momento in cui l’atto di accettazione é notificato al donante.

Prima che la donazione sia perfetta, tanto il donante quanto il donatario possono revocare la loro dichiarazione.

Accettazione implicita

Secondo la Corte normofilattica[60] l’accettazione della donazione, pur dovendo risultare da atto pubblico, non deve essere necessariamente espressa e solenne, ma può risultare implicitamente dall’atto stesso: conseguentemente, la donazione può intendersi accettata anche quando il donatario si sia limitato a sottoscrivere il documento notarile. Lo stabilire se dall’atto pubblico risulti inequivocabilmente quella manifestazione di volontà del donatario, che valga a significare accettazione, é compito riservato al giudice di merito, il cui giudizio al riguardo si traduce in apprezzamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, se correttamente e congruamente motivato.

Principio, poi, ripreso anche da altra pronuncia[61] secondo la quale l’accettazione della donazione nel medesimoatto pubblico a mezzo del quale essa viene effettuata non postula l’adozione di formule solenni determinate, ma può risultare anche per implicito, ove il contesto complessivo di detto atto evidenzi inequivocabilmente la volontà di accettare alla luce anche della condotta dell’interessato.

 

Donazione ex intervallo 

Nel caso che l’accettazione non sia contenuta nello stesso atto pubblico, ma in un atto pubblico successivo, e secondo la dottrina preferibile[62] anche in questo successivo atto é necessaria la presenza dei due testimoni, questo perché l’art. 48 della legge notarile riguarda l’intero contratto di donazione senza distinguere tra proposta ed accettazione

In contrario, altra parte della dottrina e una risalente decisione della Cassazione[63] afferma che vi é una differenza tra la solennità dell’offerta di donazione e quella della sua accettazione: l’intervento dei testimoni é necessario per la prima, ma non per la seconda.

Offerta di donazione

La conclusione dell’accordo può tuttavia avvenire, ed é un’eccezione rispetto alla con testualità tipica dell’atto pubblico, anche tra persone lontane, così come é normale avvenga per i contratti.

In tal caso si procede con un’offerta di donazione notarile con 2 testimoni, notificata all’oblato, il quale a sua volta può accettare con altro atto notarile con testimoni notificato all’offerente.

Il contratto si perfeziona al momento in cui l’accettazione é notificata, potendo fino a quel momento sia l’offerente che l’oblato revocare senza formalità, rispettivamente l’offerta e l’accettazione.

Difatti, per la S.C.[64] in presenza di un contratto di donazione non ancora perfetto, per la mancanza della notificazione al donante dell’atto pubblico di accettazione del donatario, ai sensi dell’art. 782, secondo comma, c.c., va riconosciuto in capo all’accipiens il solo animus detinendi e non l’animus possidendi[65], trattandosi di negozio traslativo non ancora venuto ad esistenza in quanto privo dell’elemento conclusivo di una fattispecie a formazione progressiva.

La morte anche del solo offerente prima della notifica (che deve avvenire per ufficiale giudiziario) dell’accettazione interrompe la sequenza ed impedisce la formazione: la notifica é dunque coelemento perfezionativo.

Sul punto la Cassazione[66] ha, però, così statuito: a norma dell’art. 782, secondo comma, c.c., la donazione si perfeziona con l’accettazione da parte del donatario, la quale deve coesistere con la volontà del donante; ne consegue che – in conformità al principio generale secondo cui ogni proposta contrattuale cade con la morte del proponente – dopo la morte del donante, il donatario non può accettare la donazione né notificare l’atto di accettazione, a nulla rilevando che nell’atto di donazione risulti l’espressa previsione che l’accettazione può intervenire anche dopo la morte del donante.

Per l’eventuale mandato [67] a donare nei limiti in cui l’ammette l’art. 778 [68] cc. é richiesta la stessa forma; la dottrina e la giurisprudenza più recenti ritengono necessari i testimoni solo nel mandato a donare e non nel mandato ad accettare la donazione, perché la solennità della forma é essenziale rispetto all’animus donandi e non rispetto all’animus accipiendi.

Prescrizione del diritto di accettare

Per la Cassazione[69] in tema di esercizio del diritto di accettazione di donazione, in difetto di una specifica disposizione di legge al riguardo, deve applicarsi il generale criterio posto dall’art. 2946 c.c. dell’ordinaria prescrizione decennale dei diritti come parametro di valutazione di un lasso di tempo ragionevole oltre il quale deve ritenersi estinto il diritto di accettare la proposta di donazione, anche se trattasi, come nella specie, di persona giuridica soggetta ad eventuali modificazioni.

 

5)   LA CAUSA

Si rileva dalla sua stessa definizione (769 c.c.) e consiste nello spirito di liberalità (elemento soggettivo) e nell’arricchimento del donatario (e depauperamento del donante).

La dottrina ha sostenuto 3 diversi orientamenti relativamente alla causa –

1^ – teoria[70]  – poco seguita – ha sostenuto l’acausalità della donazione, ispirandosi a quella concezione che nega la sussistenza della causa quale requisito autonomo.

2^ – teoria[71]  – sostiene che la causa della donazione si compenetra inscindibilmente con l’elemento soggettivo e consiste nell’animus donandi.

Per la Cassazione[72], il negozio di liberalità – che costituisce una categoria generale nella quale rientrano varie figure negoziali, tra cui la donazione, che é tipizzata distintamente dal legislatore perché sottoposta ad una particolare disciplina – é quello con il quale un soggetto, consapevole di non esservi tenuto in virtu di un vincolo giuridico o di un vincolo epertragiuridico rilevante per la legge, opera liberamente e spontaneamente un’attribuzione patrimoniale gratuita a favore di un altro soggetto allo scopo di arricchirlo.

Conseguentemente, la causa di tale negozio é costituita dall’effettuazione di una attribuzione patrimoniale gratuita, che comporti un arricchimento del destinatario, qualificata soggettivamente dalla consapevolezza, nell’autore di essa, che la medesima é operata in assenza di un qualsiasi dovere, giuridico oppure soltanto morale o sociale, e, perciò, in definitiva, per quello spirito di liberalità, che é legislativamente riferito al contratto di donazione (art 769 c.c.).

3^– teoria[73] –  Oggettiva. L’intento soggettivo é irrilevante, mentre in chiave oggettiva, l’arricchimento di cui parla l’art. 769 c.c., é effetto economico[74] , non giuridico[75] .

Interesse non patrimoniale

Lo spirito di liberalità, dunque, quale dato in negativo, deve collegarsi ad un elemento che sia in grado di caratterizzare in positivo l’attribuzione donativa, sia essa obbligatoria o reale. Tale é l’interesse del donante, di carattere religioso, affettivo, culturale e quindi sempre non patrimoniale.

Ma tale interesse é < debole >, proprio perché non patrimoniale, laddove la patrimonialità e alla base del contratto, ed inoltre può non essere espresso. Ecco perché é necessaria una forma < forte > quale é quella dell’atto pubblico, laddove per il contratto tale forma é richiesta solo per l’opponibiltà mediante trascrizione di taluni contratti, ma giammai per la loro validità, essendo sufficiente anche la scrittura privata.

Liberalità e gratuità: l’interesse non patrimoniale distingue poi la donazione dai negozi gratuiti, che sono sorretti da un interesse patrimoniale anche mediato, perché giuridicamente rilevante, di chi si obbliga o trasferisce, per i quali, infatti, non si richiede mai l’atto pubblico.

6)   Il MOTIVO

Conoscere il motivo per il quale si opera l’attribuzione sarebbe allora utile, perché esso esprime l’interesse (importante per la differenza con l’obbligazione naturale [76]).

La causa, elemento costante, non va confusa con i motivi che possono essere vari e diversi (affetto, beneficenza, vanità, desiderio di accattivarsi l’altrui favore).

I motivi sono di regola irrilevanti, salvo le ipotesi espressamente previste.

art. 787 c.c.     errore sul motivo della donazione

la donazione può essere impugnata per errore  sul motivo, sia esso di fatto o di diritto, 1 – quando il motivo risulta dall’atto ed 2 – é il solo che ha determinato il donante alla liberalità .

Secondo la Cassazione[77] lo stabilire se un determinato elemento della donazione sia da qualificare come onere[78], ai sensi dell’art 793 c.c., o come motivo, per gli effetti di cui all’art 787 dello stesso codice, si risolve nella valutazione di circostanze di fatto, connesse alla ricerca della effettiva volontà dei contraenti, che può essere censurata in sede di legittimità solo se le ragioni poste a base del convincimento espresso dal giudice del merito siano viziate da errori logici o giuridici.

art. 788 c.c.   motivo illecito

il motivo illecito rende nulla (c.c.799) la donazione 1 – quando risulta dall’atto ed 2 – é il solo che ha determinato il donante alla liberalità (c.c.1345, 1418 e seguenti).

L’art. 788 c.c. il quale, con norma analoga a quella dell’art. 626 c.c. in tema di testamenti, dispone che il motivo illecito rende nulla la donazione quando risulta dall’atto ed é il solo che ha determinato il donante alla liberalità, non postula necessariamente che il motivo sia indicato nell’atto, ma è necessario che il motivo possa desumersi interpretando la volontà del donante risultante dall’atto, potendo eventuali elementi interpretativi ricavabili aliunde soltanto confermare quanto già risulta dall’interpretazione dell’atto al fine di ricostruire pienamente la volontà del donante nella sua formazione[79].

 

7)              GLI ELEMENTI ACCIDENTALI

 

L’autonomia privata si manifesta non solo con la conclusione di contratti atipici, che non appartengono, cioé, ai tipi aventi una disciplina particolare (art. 1322, II comma, c.c.), ma anche con la possibilità offerta ai privati di apporre al contratto i c.d. elementi accidentali.

La condizione, il termine e il modus fanno parte del contenuto accidentale del contratto e non del contenuto essenziale che deve essere sempre presente in ogni regolamento contrattuale.

Queste clausole però a loro volta nel momento in cui sono pattuite esse divengono essenziali, sempre che non siano state apposte nell’interesse esclusivo di un solo contraente, perché allora di esse si potrà avvalere solo costui, con possibile rinuncia.

 

a) La condizione

Non vi é certo dubbio sulla possibilità di apporre una condizione, sospensiva o risolutiva, al contratto di donazione, come risulta testualmente dall’art. 1353 c.c. applicabile ad ogni tipo di contratto (donazione).

Secondo le Sezioni Unite della Casaszione[80], mentre nella donazione modale l’onere imposto al donatario costituisce una vera e propria obbligazione, con la conseguente rilevanza dell’indagine volta ad accertare se la sua mancata esecuzione dipenda da inadempimento imputabile al donatario, l’avveramento dell’evento futuro ed incerto previsto dalle parti come condizione risolutiva del contratto produce effetti a prescindere da ogni indagine sul comportamento colposo o meno dei contraenti in ordine al verificarsi dell’evento stesso, tenuto conto che nella disciplina delle condizioni del contratto non possono trovare applicazione i principi che regolano l’imputabilità in materia di obbligazioni.

Ad esempio, poi, secondo il Tribunale Amministrativo Regionale LOMBARDIA[81] l’apposizione di una condizione risolutiva ad un contratto di donazione di un’azienda attraverso la quale è esercitato il commercio su aree pubbliche in una serie di Comuni (mancato ottenimento da parte del donatario della volturazione delle autorizzazioni e licenze relative all’azienda ceduta) è lecita e possibile, essendo in ogni caso ammissibile apporre condizioni al contratto di donazione, nonostante le peculiari caratteristiche di tale figura contrattuale[82]; pertanto, avverandosi la condizione risolutiva, viene privato il contratto di ogni efficacia ab origine, atteso il carattere retroattivo dell’avveramento della condizione risolutiva, ai sensi dell’art. 1360 c.c. e dovrà essere stipulato un nuovo contratto di donazione a partire dalla cui data decorrerà il termine di quattro mesi previsto dalla legge regionale n. 15/2000 per la comunicazione del subingresso nella concessione.

Per le condizioni – ILLECITE – IMPOSSIBILI

si applicheranno le norme generali sul contratto (vitiatur sed vitiat) e non quelle prevesti in materia testamentaria   secondo cui si hanno per non apposte (vitiatur sed non vitiat).

art 1354  c.c.  condizione illecita o impossibile

è nullo il contratto al quale è apposta una condizione, sospensiva o risolutiva,  contraria a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume (ILLECITE).

La condizione IMPOSSIBILE rende nullo il contratto se è sospensiva;  se è risolutiva,  si ha come non apposta.

Se la condizione illecita o impossibile è apposta a un patto singolo del contratto, si osservano, riguardo all’efficacia del patto, le disposizioni dei commi precedenti, fermo quanto è disposto dall’art. 1419.

Particolare rilievo hanno, in tema di donazione, quelle condizioni potestative il cui oggetto consiste nella limitazione della libertà del donatario (tenere una certa condotta – contrarre o non contrarre matrimonio, abbracciare o non abbracciare il sacerdotizio).

Queste condizioni, come é stato osservato dalla dottrina e dalla giurisprudenza, non possono considerarsi illecite o lecite in base ad un criterio assoluto perché si deve tener conto delle reali intenzioni del donante; bisogna accertarlo in concreto se vi è stato un vera intenzione di coartare la volontà del donatario (condizione illecita) ovvero una semplice intenzione di assecondare e agevolare la determinazione del donatario (condizione lecita).

 

b) Riserva di disporre

art. 790 c.c.     riserva di disporre di cose determinate

quando il donante si è (1^ ipotesi) riservata la facoltà di disporre di qualche oggetto compreso nella donazione o (2^ ipotesi) di una determinata somma sui beni donati (o di usufrutto o di altro diritto reale di godimento), e muore senza averne disposto, tale facoltà non può essere esercitata dagli eredi.

1^ ipotesi

Es. dono a mio nipote Tizio la mia biblioteca giuridica, ma mi riservo di disporre dei libri scritti d alcuni autori in particolare – donazione sottoposta a condizione risolutiva meramente potestativa, eccezionalmente valida.

Una riserva relativa a quasi tutti i beni donati sarebbe nulla in quanto negozio in frode alla legge .

2^ ipotesi

Es. dono il fondo Tuscolano a Tizio, riservandomi di disporre di un milione – in realtà si pone un obbligo a carico del donatario: pagamento di una somma di denaro a richiesta del donante –

In realtà si tratta di una donazione con onere[83] sottoposta a condizione risolutiva meramente potestativa, eccezionalmente valida.

La somma non deve essere necessariamente essere oggetto della donazione (la riserva di disporre può riguardare anche, nell’esempio fatto, 1 milione al donatario) e, se è stata oggetto di donazione, essa si è ormai confusa nel patrimonio del donatario, trattandosi di cosa fungibile.

 

c) Condizione di riversibilità

 

art. 791 c.c    condizione di reversibilità

il donante può stipulare la riversibilità delle cose donate, sia per il caso di premorienza del solo donatario, sia per il caso di premorienza del donatario e dei suoi discendenti.

Nel caso in cui la donazione è fatta con generica indicazione della riversibilità, questa riguarda la premorienza, non solo del donatario, ma anche dei suoi discendenti.

Non si fa luogo a riversibilità che a beneficio del solo donante. Il patto a favore di altri si considera non apposto

Il divieto si spiega per il meccanismo della condizione risolutiva – se l’evento previsto si verifica é come se il negozio non fosse mai esistito e gli effetti prodotti vengono cancellati.

Il ritorno dei beni donati non può perciò aver luogo che a favore del donante: per il passaggio dei beni ad un altro soggetto occorrerebbe un nuovo e distinto atto di donazione da parte del donante al terzo.

Il cd. patto di riversibilità (tra donante e donatario) da cui scaturisce la condizione di riversibilità) ha la sua RATIO nel fatto che il donante vuole ARRICCHIRE ESCLUSIVAMENTE il donatario oppure il donatario e i suoi discendenti; pertanto, qualora il DONATARIO PREMUOIA al DONANTE, i beni ritornano al DONANTE liberi da pesi, ipoteche, (o diritti reali di godimento es. usufrutto) su di esso costituiti; vengono anche travolti gli atti di alienazione fatti dal donatario a favore di Terzi.

Natura giuridica

La riversibilità opera come CONDIZIONE RISOLUTIVA per cui verificatasi la morte del donatario (del donatario e suoi ascendenti) essendo ancora in vita il donante, i beni donati AUTOMATICAMENTE ritornano nel patrimonio del donante (riversibilità reale ex tunc).

Effetto risolutorio

Gli eventuali acquisti di terzi dal donatario non sono in tal caso fatti ovviamente salvi trattandosi di condizione risolutiva ed avendo dunque i terzi acquistato in forma parimenti condizionata.

Non é preclusa alle parti di porre in essere una donazione con condizione di reversibilità ad effetti obbligatori, ossia, valevole solo tra le parti

Secondo autorevole dottrina[84] sono, peraltro, salvi gli effetti di usucapione ventennale, anche abbreviata, in caso di buona fede.

Contrario altro autore[85], perché verificatasi la risoluzione con effetto retroattivo, non esiste più il titolo astrattamente idoneo e al terzo sarà solo consentita solo quella ordinaria.

L’unico limite alla totale riversibilità é dato da eventuali ipoteche sui beni donati a favore del coniuge del donatario quando tali ipoteche siano coeve alla donazione e al contratto matrimoniale (art.792, 1° comma) dalle quote di riserva del coniuge del donatario che si calcola anche sui beni donati in oggetto; in entrambi i casi a) e b) solo quando gli altri beni non sono sufficienti a soddisfare i diritti di tale coniuge.

art. 792 c.c.     effetti della reversibilità

il patto di riversibilità produce l’effetto di risolvere tutte le alienazioni dei beni donati e di farli ritornare al donante liberi da ogni peso o ipoteca, ad eccezione dell’ipoteca iscritta a garanzia della dote (c.c.2817, 2832) o di altre convenzioni matrimoniali, quando gli altri beni del coniuge donatario non sono sufficienti, e nel caso soltanto in cui la donazione é stata fatta con lo stesso contratto matrimoniale da cui l’ipoteca risulta.

É valido il patto per cui la riversione non deve pregiudicare la quota di riserva spettante al coniuge superstite (c.c.540 e seguenti) sul patrimonio del donatario, compresi in esso i beni donati.

L’ipotesi prevista dall’art.792 c.c. é quella che il donatario, ricevuta la donazione (con condizione di riversibilità) abbia stipulato in occasione delle nozze donazioni o altre convenzioni matrimoniali aventi ad oggetto i beni oggetto della citata donazione con riversibilità ed eventualmente abbia anche concesso ipoteca su tali beni a garanzia della dote (ante 1975) o di altre obbligazioni nascenti dal CONTRATTO MATRIMONIALE: tale ipoteca non viene travolta dalla RIVERSIBILITÀ; la tutela del coniuge del donatario può essere accresciuta col patto (valido eper 792, II comma) che la RIVERSIONE non deve pregiudicare la quota di riserva del coniuge superstite sul patrimonio del donatario, compresi in esso i beni donati.

 

d) Donazione si premoriar

Sarebbe, invece, nulla la donazione con condizione sospensiva si praemoriar (della premorienza, cioé, del donante al donatario, quale evento futuro ed incerto, potendo il donatario morire prima), perché violativi del divieto dei patti successori.

L’attribuzione, infatti, sarebbe collegata nel tempo al momento della morte del donante, come nella successionis mortis causa, ma irrevocabile.

Secondo alcuni[86] la validità di tale donazione dipenderebbe invece dalla volontà dei contraenti di considerare la premorienza del donante al donatario non già causa dell’attribuzione, ma mero fatto condizionante la produzione degli effetti definitivi, con nascita immediata di un’aspettativa di diritto, secondo le ordinarie regole che disciplinano la condizione.

In tal modo la donazione potrebbe però molto facilmente prestarsi ad agirare il divieto dei patti successori determinando così un negozio in frode alla legge (art. 1344) con conseguente nullità[87].

Per ultima sentenza di merito[88], le donazioni con clausola si praemoriar (ossia condizionate alla premorienza del donante) e con termine iniziale di efficacia costituito dalla morte del donante (cum praemoriar), non integrano donationes mortis causa, nulle per violazione dell’art. 458 c.c., giacché in tal caso la morte non integra la causa della donazione, ma costituisce solo un riferimento alla produzione degli effetti. Gli anzidetti negozi rappresentano, al contrario, normali e, quindi, consentite donazioni tra vivi sottoposte a termine e condizione, con la sola particolarità che l’evento é dato dalla morte del donante. La validità delle anzidette donazioni va, dunque, affermata ogni qualvolta la morte costituisce non già la causa dell’attribuzione, ma piuttosto un evento condizionante la produzione degli effetti definitivi, senza impedire la produzione degli effetti prodromici e preliminari. Nel caso di specie, del resto, le donazioni di cui si controverte risultano perfette e produttive di effetti ab initio, mentre solo il loro effetto é stato subordinato alla condizione della morte del donante, avendo, nel contempo, il donatario acquistato fin una aspettativa non di mero fatto ma di diritto, quindi legalmente tutelata, con la possibilità di compiere atti conservativi e di disposizione del diritto condizionato ai sensi degli artt. 1356 c.c.

 

e) Il termine

Le parti possono fissare un termine a far tempo del quale (termine iniziale) o fino al quale (termine finale) si produrranno gli effetti del contratto.

Esso consiste in un evento futuro ma certo nel suo avverarsi, da cui dipendono gli effetti finali del negozio e, precisamente, il principio o la fine.

 

Donatio cum moriar

Qualora il termine iniziale della donazione coincida con la morte del donante non si ha, perciò solo, una donazione a causa di morte, inammissibile nel nostro ordinamento, ma una donazione valida nella quale il termine (certus an, incertus quando) consiste nella morte del donante.

Relativamente al TERMINE FINALE

Es. Ti dono il fondo Tuscolano per la durata di 20 anni – la soluzione del problema dipende dall’ammissibilità, nel nostro ordinamento, della proprietà temporanea;

parte della dottrina[89] sostiene la tesi negativa – rilevando che una signoria destinata preventivamente a cessare é effimera e contrasta con la pienezza riconosciuta al dominus.

Viola il numerus clausus dei diritti reali.

Pertanto il negozio con il quale si trasferisce la proprietà a termine deve ritenersi invalido o, in via interpretativa, valido soltanto, se possibile, come costituzione di un diritto reale limitato, in particolare all’usufrutto.

L’orientamento dottrinario prevalente[90]  è decisamente nel senso che:

la perpetuità non rappresenta un elemento essenziale del diritto di proprietà, come é confermata dall’esistenza nel nostro diritto positivo, di vari casi di proprietà temporanea, fra i quali la proprietà superficiaria a tempo determinato – il legato a termine (637 c.c.) e il fedecommesso (art. 692 c.c.).

Al problema della tipicità dei diritti reali e dell’integrità della piena proprietà va osservato che il nostro ordinamento ha già disciplinato legislativamente fenomeni di proprietà atipica come la Multiproprietà che certamente presenta un superamento dell’integrità del diritto di proprietà;

 

f) L’onere – (modus)

art. 793 c.c.    donazione modale

la donazione può essere gravata da un onere.

Il donatario é tenuto all’adempimento dell’onere entro i limiti del valore della cosa donata.

Per l’adempimento dell’onere può agire, oltre il donante, qualsiasi interessato, anche durante la vita del donante stesso.

La risoluzione per inadempimento dell’onere, se preveduta nell’atto di donazione, può essere domandata dal donante o dai suoi eredi (c.c.2652, n. 1).

La donazione (come il legato) può essere gravato da un ONERE questo è un PESO che il donante impone al donatario e può consistere sia nell’erogazione di una parte del bene donato per un dato scopo, sia nel compiere un’azione (o un’omissione) a favore del donante o di un Terzo: esso costituisce una vera e propria obbligazione a carico del donatario la cui incidenza non può superare il valore del bene donato; per l’adempimento può agire sia il donante che l’interessato (qualora il donatario non adempia spontaneamente)[91].

Giova innanzitutto precisare che la stessa legge impone un limite all’obbligo del donatario: quest’ultimo é gravato nei limiti del valore della cosa donata, non potendo richiedersi una prestazione più onerosa di quella ricevuta con la donazione.

Circa la natura giuridica della donazione modale si discute se si tratta

Ø     di un negozio con un elemento accessorio secondo la dottrina tradizionale[92], il modo innesta sugli effetti tipici del negozio altri effetti, accessori e secondari rispetto ai primi, per cui può distinguersi una volontà principale, diretta alla produzionedegli effetti tipici, e una volontà subordinata che é appunto quella istitutiva del modus.

Ø     Un’isolata dottrina[93]  ritiene che la donazione modale sia contratto a prestazioni corrispettive quando l’onere é stato l’unico motivo determinante della donazione.

In tal caso il modus non sarebbe più elemento accidentale, ma controprestazione del donatario, dando vita non più ad una connessione genetica ma funzionale.

Si ritiene, in altri termini, che il modo non esaurisca la sua funzione nella produzione di effetti accessori e secondari, ma modifichi la struttura stessa della donazione che non sarebbe più in tal caso un contratto unilaterale, ma un contratto a prestazioni corrispettive.

Ø     Di un negozio autonomo[94] da cui scaturisce un’obbligazione per il donatario. In tal caso non si ha un’unica donazione (nel caso dell’accrescimento) ma tante proposte di donazioni quanti sono i donatari. Orbene, qualora il donante proponga di donare cum onere a Tizio e a Caio un determinato bene con clausola di accrescimento, se Tizio rifiuta e Caio accetta, quest’ultimo dovrà adempiere l’intero onere (in analogia a ciò che prescrive, in materia testamentaria, il II comma dell’art. 676 c.c.). Ciò conferma che il modus non ha carattere accessorio né si inserisce nello schema della donazione stessa, se é vero che gli è permesso di trasmigrare sia pure in parte, a carico di un solo donatario.

La Suprema Corte di Cassazione[95] ha precisato che la presenza del modus non snatura l’essenza della donazione: la causa dell’atto è sempre lo spirito di liberalità anche se, accanto a questo, si pone un interesse del donante che trova realizzazione mediante l’adempimento dell’onere.

In altri termini, la donazione modale non rientra nella categoria dei contratti a titolo oneroso, in quanto il modus non assume la veste di corrispettivo. La liberalità rimane la causa del negozio che però viene limitata dalla presenza di un onere.

Ne deriva, pertanto, che anche il bene oggetto di donazione modale, al pari di tutti gli altri beni, è assoggettato all’obbligo di collazione.

In quest’ottica, l’inserimento di detto elemento non snaturerebbe l’essenza della donazione, che resterebbe sempre una manifestazione di liberalità alla quale si aggiungerebbe, però, uno scopo ulteriore del donante (oltre quello tipico di realizzazione di un arricchimento del patrimonio del donatario) consistente nella soddisfazione di un proprio interesse di carattere “secondario”.

Ad avviso della diversa corrente di pensiero, invece, l’introduzione, nel negozio di donazione, di una clausola modale determinerebbe la trasformazione dello stesso in un contratto a titolo oneroso ovvero a prestazioni corrispettive, in quanto una parte del dono verrebbe controbilanciata dalla prestazione imposta al donatario; il che implicherebbe una alterazione dello schema tipico della donazione.

Questa diversa soluzione, si giustificherebbe considerando:

1) che l’utilità patrimoniale conseguita dal donatario potrebbe astrattamente essere del tutto erosa dalla esecuzione della prestazione modale, e che dunque il donatario potrebbe anche non trarre alcun arricchimento dalla attribuzione liberale;

2) che lo spirito di liberalità, che deve caratterizzare intrinsecamente il negozio di donazione, risulta difficilmente rinvenibile allorquando il solo motivo determinante dell’atto donativo sia l’imposizione, a carico del donatario, di una determinata prestazione;

3) che la risoluzione per inadempimento, prevista anche per l’ipotesi di mancata esecuzione del modus (art. 793, comma IV, c.c.), è istituto tipico dei contratti a prestazioni corrispettive;

4) che, qualora la donazione imponesse all’onerato lo svolgimento di una prestazione a favore del disponente stesso, potrebbe finanche venire a mancare un reale depauperamento del patrimonio del donante.

 

Il donante (o i suoi eredi) possono chiedere la RISOLUZIONE della donazione per inadempimento dell’onere quando tale risoluzione sia prevista nell’atto di donazione (793 cc.)

É da ricordare che nelle successioni la risoluzione dell’onere può essere chiesta anche in un secondo caso (648 cc. II comma) ossia quando abbia costituito il solo motivo determinante della disposizione (istituzione di ente o legato).

Sebbene, ad avviso del prevalente orientamento della dottrina e della giurisprudenza[96], la donazione modale costituisca la fonte di un vero e proprio rapporto obbligatorio tra donante e donatario, in materia di risoluzione della donazione per inadempimento dell’onere, secondo la giurisprudenza, non troverebbero comunque applicazione le norme relative ai contratti a prestazioni corrispettive; e ciò, in quanto la risoluzione della donazione modale per inadempimento dell’onere sarebbe disciplinata da una normativa non soggetta – in quanto specifica e completa – ad integrazioni da parte della disciplina sulla risoluzione prevista per detti contratti[97]. La soluzione della «non applicabilità della disciplina dei contratti a prestazioni corrispettive» viene principalmente offerta allo scopo di escludere l’utilizzabilità, nella materia de qua, dell’istituto della risoluzione di diritto delineato dall’art. 1456 c.c.[98]

Tale istituto, si osserva, sarebbe in contrasto con la disciplina specifica contenuta nell’art. 793, comma IV, c.c., che (nello stabilire che «la risoluzione…può essere “domandata”») sembra legare indissolubilmente la risoluzione della donazione esclusivamente alla emanazione di una pronunzia giurisdizionale di carattere costitutivo[99].

Sotto un mero profilo processuale in caso di inadempimento dell’onere previsto in un atto donativo contenente una clausola risolutiva, la parte interessata alla risoluzione dovrà promuovere, non un’azione di mero accertamento volta ad ottenere una pronunzia dichiarativa dell’avvenuta risoluzione, ma un’azione costitutiva diretta alla adozione di una pronunzia (costitutiva, appunto) che sciolga il rapporto contrattuale[100].

E sotto un profilo probatorio la recente ordinanza della Cassazione[101], osservato che, mentre il donante è tenuto esclusivamente ad allegare ed indicare l’inadempimento del donatario (e non, dunque, a provare l’inadempimento), grava, invece, sul debitore–donatario la prova della non imputabilità dell’inadempimento (e ciò, in linea con quanto stabilito dall’art. 1218 c.c.), «indipendentemente dalla circostanza che il contratto abbia o meno natura sinallagmatica».

Secondo la giurisprudenza di legittimità, la risoluzione della donazione per inadempimento dell’onere costituisce, alla luce della specifica disciplina contenuta nell’art. 793, comma IV, c.c., fenomeno che può configurarsi solo in presenza di una pronunzia giurisdizionale di carattere costitutivo.

Pertanto – stante l’inapplicabilità delle disposizioni generali in tema di risoluzione del contratto per inadempimento e dunque, più specificamente, stante l’inapplicabilità anche dell’art. 1456 c.c. – non sarebbe concepibile una risoluzione di diritto (sganciata, vale a dire, dalla erogazione di una tutela costitutiva) in virtù di una clausola risolutiva espressa.[102]

Così, anche secondo ultima Cassazione

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|17 dicembre 2020| n. 28993.

secondo la quale, appunto, in tema di donazione modale, la risoluzione per inadempimento dell’onere non può avvenire “ipso iure”, senza valutazione di gravità dell’inadempimento, in forza di clausola risolutiva espressa, istituto che, essendo proprio dei contratti sinallagmatici, non può estendersi al negozio a titolo gratuito, cui pure acceda un “modus”.

Ferma, allora, la necessità dell’esperimento di una azione costitutiva, la giurisprudenza si è mossa alla ricerca dei presupposti che devono sussistere affinché il giudice possa pronunziare una sentenza di risoluzione della donazione per inadempimento dell’onere.

La giurisprudenza di legittimità individua, due requisiti che condizionano l’adozione della pronunzia costitutiva di risoluzione:

1) la “non scarsa importanza” dell’inadempimento;

2) l’imputabilità dell’inadempimento al donatario.

Il primo requisito che, pur non essendo menzionato dall’art. 793, comma IV, c.c., troverebbe comunque applicazione alla luce della asserita accostabilità della lettera di tale norma alla lettera dell’art. 1453 c.c.; norma, quest’ultima, che disciplina la materia della risoluzione dei contratti a prestazioni corrispettive.

Tale analogia, però presta il finaco ad una forte critica, ovvero, subordinare la risoluzione della donazione modale alla circostanza che l’inadempimento dell’onere “non abbia scarsa importanza” significa, di fatto, applicare una disciplina – quella dei contratti a prestazioni corrispettive – che la stessa giurisprudenza di legittimità[103] ha, però, ritenuto non utilizzabile nella materia delle donazioni modali stante l’asserita specificità e completezza dell’impianto normativo governante l’istituto della risoluzione della donazione cum onere.

In merito al secondo requisito si ha la configurabilità di un rapporto obbligatorio, con conseguente applicabilità della disciplina generale delle obbligazioni, consente anche di individuare gli effetti derivanti dall’impossibilità sopravvenuta (e, dunque, successiva al perfezionamento della donazione) della prestazione oggetto della clausola modale per causa non imputabile al donatario onerato.

In questo caso, soccorre, invero, l’art. 1256 c.c.

Per la Cassazione[104] l’impossibilità dell’onere che rende nulla la donazione modale ove l’onere stesso ne abbia costituito “il solo motivo determinante” è soltanto l’impossibilità originaria, ossia già esistente all’atto della stipulazione, mentre quella sopravvenuta non può produrre altro effetto che l’estinzione del modus, facendo sì che la donazione ne resti liberata, salva l’ipotesi, disciplinata dall’art. 793, IV comma, c.c., che le parti abbiano “espressamente” previsto la risoluzione per inadempimento dell’onere e quest’ultimo sia divenuto impossibile per fatto e colpa del donatario

Sempre secondo la Giurisprudenza di legittimità, è possibile che sussista il dubbio se un determinato elemento della donazione sia da qualificare come onere o come motivo, con eventuale applicazione dell’art. 787.

Il dubbio è possibile anche rispetto alla condizione, parimenti espressione di un motivo, da cui il modus si distingue perché, rispetto a quella risolutiva, pretende, in caso d’inadempimento, una sentenza.

art. 787 c.c.     errore sul motivo della donazione

la donazione può essere impugnata per errore sul motivo, sia esso di fatto o di diritto, quando il motivo risulta dall’atto ed è il solo che ha determinato il donante alla liberalità.

Onere donativo a favore di soggetto determinato

Secondo alcuni – nell’ambito della successione testamentaria non sarebbe altro che un legato – ora bisogna vedere se può essere applicato per analogia alle donazioni:

Teoria unitaria – la dottrina tradizionale[105] non distingue l’ipotesi del beneficiario determinato, inquadrandola nel generale concetto di donazione modale – essa non può essere configurata come contratto a favore del terzo perché lo stipulante nulla riceve per sé, mentre nella donazione modale l’attribuzione principale è a suo favore.

Teoria del contratto a favore del terzo – altri autori[106] ritengono, invece, che, quando il terzo beneficiario del modo è un soggetto determinato, la donazione modale ha tutti i caratteri del contratto a favore del terzo.

Lo stipulante non è il donatario obbligato, ma il donante il quale nulla riceve (né deve ricevere) per sé, ma conserva solo il diritto a chiedere l’adempimento della prestazione posta a carico del promettente (donatario) a favore del terzo – ma secondo Capozzi tale figura non può essere presa unitariamente – perché, se si adotta la teoria del negozio autonomo, il modus può esser soltanto collegato e non essere un tutt’uno con la donazione.

Teoria della DONAZIONE INDIRETTA[107] – secondo autorevole autore[108] – con questo sistema in realtà il donante realizza due donazioni – una diretta e un’altra indiretta.

Troverà, perciò logicamente applicazione la disciplina sostanziale delle donazioni prevista all’art. 809 c.c. (liberalità non donative).

Se Tizio dona a Caio il fondo Tuscolano con l’onere di dare 10 mila euro a Mevio, egli, in realtà, avrà compiuto 2 donazioni; una diretta a favore di Caio e una indiretta a favore di Mevio.

 

Impossibilità

art. 794 c.c.    onere illecito o impossibile

l’onere illecito o impossibile si considera non apposto; rende tuttavia nulla (c.c.1421 e seguenti) la donazione se ne ha costituito il solo motivo determinante. (c.c.788).

E’ discusso se deve essere originaria o sopravvenuta.

La dottrina prevalente[109] e la costante giurisprudenza della Cassazione[110] ritengono che questo art. è riferito all’impossibilità originaria e non sopravvenuta.

In altri termini, la nullità viene causata solo dall’impossibilità originaria, cioè già esistente al momento della conclusione della donazione, mentre quella sopravvenuta produce l’estinzione della sola obbligazione nascente dal modus, facendo sì che la donazione ne resti liberata; ciò è dovuto alla ineliminabile considerazione che nel nostro ordinamento positivo il concetto di nullità attiene esclusivamente al momento genetico e mai a quello funzionale del negozio.

Per recente pronuncia di merito[111] in base a quanto disposto dall’art. 794 c.c., l’onere impossibile rende nulla la donazione se ne ha costituito il solo motivo determinante. Ne deriva che assume rilievo preliminare l’esame della volontà delle parti e l’interpretazione del contratto da condurre secondo i canoni ermeneutici indicati negli artt. 1362 e ss. c.c.

Trascrizione

Sul punto recente Cassazione[112] ha affermato che la trascrizione della donazione modale non vale a far acquisire all’onere un carattere reale, atteso il principio di tipicità dei diritti reali e la riconducibilità della donazione modale nell’ambito dei rapporti obbligatori.

C) I SOGGETTI DELLA DONAZIONE

1)  DONANTE

E’ necessario avere la piena capacità naturale, in difetto c’è annullabilità senza i limiti di cui all’art. 428 (grave pregiudizio), e la piena capacità di disporre, cosicché non può essere né minore, né emancipato, né inabilitato. La norma che richiede la piena capacità di disporre per compiere l’atto di donazione, trova giustificazione negli effetti del negozio, il quale importa un depauperamento senza corrispettivo, determinato da spirito di liberalità.

Un negozio che produce tali effetti non può essere compiuto da una persona che non è in grado d’intendere e di volere.

Il carattere strettamente personale dell’atto di volizione del donante rende incompatibile, non solo la deliberazione del rappresentante legale dell’incapace, ma anche la cooperazione psichica del curatore dell’emancipato o dell’inabilitato nella formazione della volontà di avvantaggiare altri senza corrispettivo.

art. 774 c.c.     capacità di donare

non possono fare donazione coloro che non hanno la piena capacità di disporre dei propri beni (c.c.2, 394, 424, 427). É tuttavia valida la donazione fatta dal minore e dall’inabilitato nel loro contratto di matrimonio a norma degli artt. 165 e 166.

Le disposizioni precedenti si applicano anche al minore emancipato autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale (c.c.397).

Neanche il minore emancipato autorizzato all’esercizio di una impresa commerciale, il quale è parificato ad un maggiorenne per quanto attiene al compimento degli atti di straordinaria amministrazione, può fare donazione dei suoi beni.

La donazione fatta da persona incapace

art. 775 c.c.    donazione fatta da persona incapace d’intendere o di volere

la donazione fatta da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d’intendere o di volere al momento in cui la donazione è stata fatta, può essere annullata su istanza del donante, dei suoi eredi o aventi causa (c.c.428).

L’azione si prescrive (c.c.2962) in cinque anni dal giorno in cui la donazione è stata fatta (c.c.428, 1442 e seguenti).

Articolo da leggere in combinato disposto con l’art. 425 c.c.

art. 428 c.c.  atti compiuti da persona incapace d’intendere o di volere

 

Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d’intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullato su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all’autore.

L’annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d’intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell’altro contraente.

L’azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui l’atto o il contratto è stato compiuto.

Resta salva ogni diversa disposizione di legge

Per giurisprudenza di merito[113] – allineata a quella di legittimità – in tema di donazione, ai sensi dell’art. 775 c.c. è statuito che la donazione fatta da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere i di volere al momento in cui la donazione è fatto, può essere annullata si istanza del donante, dei suoi eredi o aventi causa.

L’incapacità di intendere o di volere, detta anche incapacità naturale, attiene allo stato di disordine delle facoltà intellettive e volitive dell’individuo privandolo delle capacità di rendersi conto di ciò che si vuole, si dichiara o si compie nelle singole attività negoziali. A tal fine però, non è sufficiente una qualsiasi anomalia delle facoltà psichiche ed intellettive, essendo necessaria un’infermità transitoria o permanente che privi il soggetto in modo assoluto della capacità di autodeterminarsi e della coscienza del significato dell’atto stesso secondo un giudizio riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivato.

Ancora, secondo la Corte Capitolina[114], può essere annullata la donazione fatta da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa incapace di intendere e di volere al momento in cui la donazione è stata fatta. In ordine alla determinazione di tale presupposto, analogo a quello previsto per la più complessa fattispecie di annullabilità disciplinata dall’art. 428 c.c., non è necessaria la prova che il soggetto, al compimento dell’atto, versasse in uno stato patologico tale da far venir meno, in modo totale e assoluto, le facoltà psichiche, ma è sufficiente accertare che tali facoltà fossero turbate al punto da impedire al soggetto una seria valutazione del contenuto e degli effetti dell’atto, e quindi il formarsi di una volontà cosciente.

La prova dell’incapacità naturale così definita può essere data con ogni mezzo o in base ad indizi e presunzioni, che anche da soli possono essere decisivi ai fini della sua configurabilità[115]

art. 776 c.c.    donazione fatta dall’inabilitato

la donazione fatta dall’inabilitato, anche se anteriore alla sentenza d’inabilitazione o alla nomina del curatore provvisorio, può essere annullata (c.c.799, 1442) se fatta dopo che è stato promosso il giudizio d’inabilitazione (c.c.427).

Il curatore dell’inabilitato per prodigalità (c.c.415) può chiedere l’annullamento della donazione, anche se fatta nei sei mesi anteriori all’inizio del giudizio d’inabilitazione.

L’atto compiuto dal rappresentante in violazione del divieto imposto con una norma imperativa è nullo.

Invece, l’atto di donazione compiuto personalmente dall’incapace è annullabile secondo la regola generale dell’art. 1425, come si desume altresì dall’art. 776 c.c

Divieto della rappresentanza legale

Per autorevole dottrina[116] poiché l’atto di donazione è incompatibile con lo scopo dell’amministrazione vincolata di un patrimonio proprio o altrui, che tende alla conservazione dei beni evitandone la dispersione, l’art. 777 c.c., nel dettare norme sulla rappresentanza legale relativa al compimento dell’atto di donazione, dispone che il padre ed il tutore non possono fare donazioni per la persona incapace.

art. 777 c.c.     donazioni fatte da rappresentanti di persone incapaci

il padre e il tutore non possono fare donazioni per la persona incapace da essi rappresentata.

 

A mente di una pronuncia[117] condivisivìbile, in virtù del disposto di cui all’art. 411 u.c. codice civile trova applicazione alla amministrazione di sostegno la norma di cui all’art. 777 codice civile che vieta al tutore di donare i beni dell’assistito stante l’esigenza di tutelare con rigore la posizione e gli interessi del donante di cui sia stata giudizialmente accertata la parziale incapacità di provvedere alla cura dei propri interessi.

Divieto della rappresentanza volontaria

Del menzionato carattere strettamente personale della volizione del donante discende anche, come principio generale, la nullità del Mandato[118] a donare.

art. 778 c.c.    mandato a donare

è nullo (c.c.1421 e seguenti) il mandato con cui si attribuisce ad altri la facoltà di designare la persona del donatario o di determinare l’oggetto  della donazione.

É peraltro valida la donazione a favore di persona che un terzo sceglierà tra più persone designate dal donante o appartenenti i determinate categorie, o a favore di una persona giuridica tra quelle indicate dal donante stesso.

É del pari valida la donazione che ha per oggetto una cosa che un terzo determinerà tra più cose indicate dal donante o entro i limiti di valore dal donante stesso stabiliti.

 

La nullità del mandato a donare, prevista dall’art. 778 c.c., si estende all’atto di donazione che sia stato stipulato in esecuzione del mandato espressamente sanzionato con la nullità del legislatore. É, pertanto, responsabile della contravvenzione di cui all’art. 28, n. 1, della legge 16 febbraio 1913, n. 89, il notaio che roghi un atto di donazione, in cui il donante sia rappresentato dal suo procuratore in forza di procura, ricevuta dallo stesso notaio senza la presenza di testimoni, priva della designazione del donatario e della specifica indicazione dei beni oggetto della donazione[119].

Inoltre, è stato precisato dalla Cassazione[120] che l’art. 809 c.c.[121], il quale stabilisce quali norme della donazione sono applicabili alle liberalità che risultino da atti diversi, deve essere interpretato restrittivamente, nel senso che alle liberalità anzidette non si applicano tutte le altre norme da esso non richiamate.

Ne consegue che l’art. 778 c.c., che detta limiti al mandato a donare, non essendo richiamato dal citato art. 809, non é applicabile al mandato a stipulare un “negotium mixtum cum donatione” (nella specie, vendita il cui prezzo era stato stabilito in misura notevolmente superiore a quello di mercato).

Donazioni da parte delle persone giuridiche private

La dottrina e la giurisprudenza riconoscono la capacità di fare donazioni alle persone giuridiche private, qualora non vi siano limitazioni negli atti costitutivi o negli statuti.

In base al rapporto organico che esiste tra gli amministratori e la persona giuridica determinando così un unico soggetto giuridico in base appunto non ad un rapporto di rappresentazione ma di immedesimazione.

Discussa, invece, è la capacità delle società –

La teoria positiva[122] – ritiene che non sussiste un’incompatibilità ontologica tra atti di donazione e fini societari; si richiede solo un’indagine rivolta ad accertare se, in concreto, il negozio di donazione aderisca ai fini della società.

Mentre la teoria negativa[123] fa leva, oltre che sul carattere personale della donazione, sulla mancanza nella donazione stessa dello scopo di lucro che rappresenta la caratteristica esenziale di ogni società (2247 c.c.).

È stato però giustamente osservato[124] che un negozio gratuito può essere compiuto dalla società se esso, sia pure in via diretta, è in funzione dello scopo sociale: conseguire apprezzamento sul mercato, propagandare la merce, ecc.

In contrario, è stato affermato[125] che siffatti contratti si differenziano dall’autentica donazione perché colui che esegue il negozio gratuito atipico (poiché non è né una donazione e né un contratto di scambio) riceve pur sempre un vantaggio economico, anche se non precisamente quantificabile e anche se non rappresentato da una contrapposizione.

Donazioni da parte delle persone giuridiche pubbliche

Secondo la giurisprudenza della Cassazione è possibile che tali persone giuridiche possano donare poiché si osserva che:

  1. A) innanzitutto la mancanza del divieto di carattere generale per gli enti pubblici ad effettuare donazioni –
  2. B) in secondo luogo, questi atti, anche se escludono evidentemente ogni utilità economica per il donante, ben possono essere ispiratia valori ideali coerenti con la finalità pubblica dell’ente.

ECCEZIONI  

 

1)      Capacità di donare del minore e dell’emancipato nel loro contratto di matrimonio

Una prima eccezione alla regola generale sull’incapacità di donare del minore e dell’inabilitato è stabilita limitatamente alle donazioni fatte nel loro contratto di matrimonio a norma degli artt. 165 e 166 c.c.

Al riguardo, non è prescritta alcuna autorizzazione, trattandosi di capacità a donare ammessa ope legis con l’autorizzazione a contrarre matrimonio, occorre invece l’assistenza a norma degli artt. 165 e 166 c.c.

L’applicazione della norma è limitata alle donazioni che l’uno dei futuri coniugi fa all’altro nel contratto di matrimonio.

art. 165 c.c.     capacità del minore

il minore ammesso a contrarre matrimonio è pure capace di prestare il consenso per tutte le relative convenzioni matrimoniali, le quali sono valide se egli è assistito dai genitori esercenti la potestà su di lui o dal tutore o dal curatore speciale nominato a norma dell’art. 90.

art. 166 c.c.     capacità dell’inabilitato

per la validità delle stipulazioni e delle donazioni, fatte nel contratto di matrimonio dall’inabilitato (415) o da colui contro il quale è stato promosso giudizio di inabilitazione, è necessaria l’assistenza del curatore già nominato. Se questi non è stato ancora nominato, si provvede alla nomina di un curatore speciale

É vietata la donazione obnuziale fatta a favore di terzi ed in contemplazione del matrimonio di terzi.

Il minore agisce in nome proprio, in ossequio al principio della personalità dell’atto di volizione, e non a mezzo dei genitori esercenti la potestà del tutore, ma deve essere assistito da costoro.

Le donazioni in occasione delle nozze sono cosa diversa dalle donazioni obnuziali: si tratta  delle donazioni che il minore (o l’inabilitato) potrebbero compiere in occasione delle loro nozze: per la verità l’art. 165 c.c. parla solo di convenzioni matrimoniali, mentre l’art. 166 c.c. parla (per l’inabilitato) di stipulazioni o donazioni: pertanto, alcuni Autori[126], optano per la teoria restrittiva secondo la quale solo l’inabilitato in occasione delle nozze può, con le forme abilitative richieste, porre in essere donazioni a favore della sposa; mentre il minore potrebbe porre in essere solo convenzioni matrimoniali.

Secondo la teoria estensiva[127] , il minore nel suo contratto di nozze, oltre alle convenzioni matrimoniali, potrebbe inserire anche atti di liberalità a favore della sposa: ciò si ricava dall’art. 774 c.c. che continua a parlare di donazione del minore (sposo) nonostante a seguito della legge di Riforma del diritto di famiglia (L. n. 131/75) l’art. 165 c.c. abbia abrogato tacitamente l’art. 774 c.c. in ordine alle donazioni.

 

2)  Donazioni in occasione di nozze a favore dei discendenti di interdetti e di inabilitati

art. 777 c.c.     donazioni fatte da rappresentanti di persone incapaci

il padre e il tutore non possono fare donazioni per la persona incapace da essi rappresentata.

Sono consentite, con le forme abilitative richieste, le liberalità in occasione di nozze a favore dei discendenti dell’interdetto o dell’inabilitato.

 

La disposizione, che è diretta a favorire il matrimonio dei discendenti dei predetti incapaci, non include i minori, per l’impossibilità che essi abbiano già dei figli capaci di contrarre matrimonio.

L’atto di donazione, è compiuto dal tutore o dal curatore in rappresentanza dell’interdetto o dell’inabilitato, il quale ultimo agisce in nome proprio con l’assistenza del curatore.

É compresa ogni altra donazione, anche se si riferisce ad un matrimonio già celebrato, purché non sia decorso un così periodo da escludere l’occasione delle nozze.

Sono richieste le autorizzazioni necessarie per il compimento di atti di straordinaria amministrazione, ed in particolare per le alienazioni, nel cui ambito si può comprendere la donazione, che non è espressamente prevista.

art. 375 c.c.   autorizzazione del tribunale

il tutore non può senza l’autorizzazione del tribunale (Cod. Proc. Civ. 732):

alienare (le donazioni) beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile deterioramento (376);

costituire pegni o ipoteche;

procedere a divisione o promuovere i relativi giudizi;

fare compromessi e transazioni o accettare concordati.

L’autorizzazione è data su parere del giudice tutelare.

art. 394 c.c.   capacità dell’emancipato

l’emancipazione conferisce al minore la capacità di compiere gli atti che non eccedono l’ordinaria amministrazione (397, 2942).

Il minore emancipato può con l’assistenza del curatore riscuotere i capitali sotto la condizione di un idoneo impiego e può stare in giudizio sia come attore sia come convenuto.

Per gli altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, oltre il consenso del curatore (395), è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare (att. 45–1) Per gli atti indicati nell’art. 375 l’autorizzazione, se curatore non è il genitore, deve essere data dal tribunale su parere del giudice tutelare.

Qualora nasca conflitto di interessi fra il minore e il curatore, è nominato un curatore speciale a norma dell’ultimo comma dell’art. 320 (396; att. 45–1).

Le disposizioni esaminate non riguardano le liberalità d’uso e le donazioni di modico valore, che sono ammesse anche se non ricorre l’occasionalità con le nozze e senza necessità di alcuna autorizzazione, trattandosi di atti di ordinaria amministrazione

 

2)    DONATARI

 

A) Donazione ai nascituri

art. 784 c.c.    donazione a nascituri

la donazione può essere fatta anche a favore di chi è soltanto concepito, ovvero a favore dei figli di una determinata persona vivente al tempo della donazione benché non ancora concepiti (c.c.462).

L’accettazione della donazione a favore di nascituri, benché non concepiti, è regolata dalle disposizioni degli artt. 320 e 321.

Salvo diversa disposizione del donante, l’amministrazione dei beni donati spetta al donante o ai suoi eredi, i quali possono essere obbligati a prestare idonea garanzia (c.c.1179). I frutti maturati prima della nascita sono riservati al donatario se la donazione è fatta a favore di un nascituro già concepito. Se è fatta a favore di un non concepito, i frutti sono riservati al donante sino al momento della nascita del donatario.

Natura giuridica dell’istituto

secondo la dottrina prevalente l’acquisto dei beni oggetto della donazione è sottoposto alla condizione sospensiva della nascita;

d’altra parte, soltanto con la nascita il donatario acquista la Capacità Giuridica e quindi la capacità di essere titolare di rapporti giuridici.

Ricorre, quindi, anche per la donazione a nascituri, quella suggestiva figura del negozio a consenso anticipato[128], messa in luce da un’autorevole dottrina[129] con particolare riguardo alla vendita di cosa futura, che si ha quando si verifica un’inversione dell’ordine cronologico di formazione degli atti giuridici.

Per Capozzi, invece la natura giuridica dell’istituto la si ottiene dalla previsione eper artt. 320 e 321 c.c. – Tipica rappresentanza di soggetto futuro.

L’accettazione avviene al momento della donazione eper artt. 320–321 cc. da parte dei genitori legali rappresentanti con l’autorizzazione del Giudice Tutelare.

Momento dell’acquisto

L’accettazione del rappresentante legale non determina per il nascituro l’effetto tipico del negozio, cioè l’acquisto del bene donato.

In altre parole, l’acquisto avverrà al momento della nascita.

Essa esprime, invece, subordinatamente al controllo del giudice, la valutazione, da parte di un soggetto diverso dall’incapace, dell’opportunità e della convenienza di un futuro acquisto subordinato alla nascita. la quale valutazione è necessaria anche quando l’acquisto avviene a titolo gratuito.

La cosiddetta rappresentanza legale dei genitori o del curatore speciale è in realtà una gestione conservativa.

art. 320 III co c.c.    rappresentanza e amministrazione

…………….

I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali (1572) o compiere altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione né promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti, se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare

………

art. 321 c.c.    nomina di un curatore speciale

in tutti i casi in cui i genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà 1155), non possono o non vogliono compiere uno o più atti di interesse del figlio, eccedente l’ordinaria amministrazione, il giudice, su richiesta del figlio stesso, del pubblico ministero o di uno dei parenti che vi abbia interesse, e sentiti i genitori, può nominare al figlio un curatore speciale autorizzandolo al compimento di tali atti.

Titolarità dei beni in attesa della nascita

Alcuni autori[130] sostengono che, in attesa della nascita, il bene donato sia temporaneamente senza soggetto: non più del donante, che se ne è spogliato, non ancora del donatario attualmente inesistente.

Si avrebbe, analogamente a quanto avviene per l’istituzione dei nascituri, un centro autonomo d’interessi che la legge ritiene meritevole di conservazione e di tutela, assegnando provvisoriamente l’amministrazionbe del bene donato ai soggetti (donante e i suoi eredi) che potranno riacquistarlo qualora i nascituri non vengano ad esistenza.

La tesi della dottrina prevalente[131] ritiene che l’incompletezza della fattispecie per difetto di un elemento essenziale impedisce la produzione dell’effetto traslativo. Il bene donato è perciò ancora del donante, il quale però non è più titolare del diritto pieno, ma del diritto risolutivamente condizionato all’evento nascita.

Amministrazione

Secondo un autore[132] in pendenza della nascita il donante conserva la proprietà dei beni donati e può quindi amministrarli e trasmetterli ai suoi eredi; il suo diritto è però subordinato alla CONDIZIONE RISOLUTIVA della nascita del donatario.

Mentre i frutti del bene donato maturati prima della nascita sono riservati.

ü     al donatario in caso di donazione al concepito (effetto ex tunc della Condizione);

ü     al donante in caso di donazione al non concepito (effetto ex nunc).

È discusso se, con quali consensi ed eventualmente con quali autorizzazioni, possono essere compiuti gli atti di straordinaria amministrazione –

è stato sostenuto[133] che, non potendo i genitori disporre in alcun modo dell’aspettativa riservata ai nascituri, non è consentita l’alienazione del diritto pieno, ma è solo consentito al donante di alienare il diritto risolubile.

Altra dottrina[134] ritiene che il donante non ha il potere di disporre del diritto pieno, avendolo perduto per effetto dell’irrevocabilità della donazione, ma potrà alienare questo diritto solo con il consenso dei genitori del nascituro, i quali, con le debite autorizzazioni possono sciogliere il donante dal vincolo determinato dalla donazione stessa, consentendo non certo il ritorno del bene al donante, ma la surrogazione del bene donato con il corrispettivo ricevuto dall’alienazione.

Ulterirore dottrina[135] pur ritenendo che il donante possa compiere qualunque atto, anche di straordinaria amministrazione, afferma che l’atto è risolutivamente condizionato alla venuta ad esistenza del nascituro.

È preferibile aderire a quella teoria[136] che ritiene il donante (analogamente alla posizione giuridica dell’istituito nella sostituzione fedecommissaria)  è titolare di un ufficio di diritto privato e anche dopo la donazione è titolare di un diritto proprio, vale a dire del diritto risolutivamente condizionato alla nascita del donatario.

Di questo diritto egli può liberamente disporne.

In altre parole, il donante può anche alienare i beni donati senza condizioni ma con obbligo di reimpiego: il reimpiego avrebbe l’effetto di una surrogazione reale a favore del donatario[137] nessun problema ci sarebbe invece per l’alienazione dei beni sotto Condizione risolutiva dell’evento nascita[138].

Altro autore[139] precisa che eventuali alienazioni di beni lasciati in eredità o donati a nascituri concepiti o non concepiti sono soggetti a disciplina differenziata.

Beni ereditari: trova applicazione la disciplina della curatela dell’eredità giacente posto che sia nel caso del concepito che in quello del NON CONCEPITO non vi può essere accettazione dell’eredità; di conseguenza i poteri di rappresentanza e di amministrazione dei genitori (o del genitore) previsti dall’art. 643 c.c. sono MOLTO LIMITATI nel senso che a) potranno essere diretti soltanto alla tutela delle aspettative del nascituro, eventuali alienazioni di singoli beni saranno possibili solo in FUNZIONE CONSERVATIVA (cioè per assicurare l’attuazione della volontà del disponente) con le autorizzazioni degli artt. 782/783 cpc (senza parere del GT e con accantonamento a mezzo di reimpiego dei corrispettivi; non sarebbe possibile secondo LOREFICE destinare tale corrispettivo a cure mediche per favorire la procreazione del NON CONCEPITO);

BENI donati: l’Amministrazione spetta al donante, che può alienare i beni sotto condizione risolutiva dell’EVENTO – NASCITA (e con particolari tutele per i diritti del nascituro)

 

B) Donazione a favore del minore

art. 356 c.c.    donazione o disposizione testamentaria a favore del minore

chi fa una donazione o dispone con testamento a favore di un minore, anche se questi è soggetto alla potestà dei genitori, può nominargli un curatore speciale per l’amministrazione dei beni donati o lasciati.

Se il donante o il testatore non ha disposto altrimenti, il curatore speciale deve osservare le forme stabilite dagli artt. 374 e 375 per il compimento di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione.

Si applica in ogni caso al curatore speciale l’art. 384 c.c.

La donazione fatta ad un soggetto incapace se, accettata personalmente dal minore, è irrevocabile, ma può essere annullata ad istanza dell’incapace e del suo rappresentante, e, pertanto finché non venga esercitata l’azione di annullamento, essa è produttiva degli effetti suoi propri, cioè l’irrevocabilità del trasferimento della titolarità del bene donato

 

C) Donazione a favore del tutore o protutore

art. 779 c.c.    donazione a favore del tutore o protutore

è nulla (c.c.1418 e seguenti) la donazione a favore di chi è stato tutore o protutore del donante, se fatta prima che sia stato approvato il conto (c.c.385 e seguenti) o sia estinta l’azione per il rendimento del conto medesimo.

Si applicano le disposizioni dell’art. 599.

 

D) Donazione ad Ente non riconosciuto (originario art. 786 c.c.)

Il Codice Civile la sottoponeva alla condicio juris del riconoscimento dell’Ente, per cui l’associazione non riconosciuta o altro Ente in attesa di riconoscimento per evitare l’inefficacia della donazione doveva entro un anno dalla proposta di donazione notificare al donante l’avvenuta istanza di riconoscimento:

una prima BRECCIA in tale regime è stata aperta dalla legge 11/8/91 n.266 sulle organizzazioni di volontariato che, ancorchè NON RICONOSCIUTE, sono capaci di ricevere donazioni.

Una seconda breccia è stata aperta dalla legge del 22/6/2000 n.192 che ha abrogato l’art.600 c.c. (in toto) l’art. 786 c.c. (in toto) e l’art.782, comma IV; ha modificato l’art.473 c.c. prevedendo l’accettazione beneficiata delle eredità per le associazioni non riconosciute.

Pertanto, ormai vi è EQUIPARAZIONE TOTALE tra donazione ad Enti riconosciuti e Non riconosciuti.

E) Donazione a persona giuridica

In base all’art.17 cc. le donazioni e i legati (nonchè gli acquisti in genere anche a titolo oneroso) erano soggetti all’autorizzazione dell’Autorità governativa (a seconda delle circostanze Ministero dell’Interno o Prefetto; a quest’ultimo era subentrata la Regione con un’apposita sezione destinata alle persone giuridiche.)

Senonchè a seguito della legge Bassanini Ter (445/2000) è stata TOTALMENTE abrogata tale disposizione, per cui qualunque persona giuridica (Associazione riconosciuta, fondazione, persona giuridica ecclesiastica) può ricevere donazioni senza alcun tipo di autorizzazione.

F) Ipotesi di pluralità di donatari

art. 773 c.c.    donazione a più donatari

la donazione fatta congiuntamente a favore di più donatari s’intende fatta per parti uguali, salvo che dall’atto risulti una diversa volontà.

É valida la clausola con cui il donante dispone che, se uno dei donatari non può o non vuole accettare, la sua parte si accresca agli altri (c.c.676).

Nonostante il testo legislativo e l’opinione di una parte della dottrina[140], deve ritenersi che il I comma non preveda la proposta di un’unica donazione, ma una pluralità di proposte, poco importa che il bene sia unico.

L’unicità, infatti, è solo apparente, perché ad ogni donatario viene proposta, in realtà, la donazione di una quota.

Se uno dei donatari non accetta, le conseguenze sono evidenti; si perfezionano soltanto le donazioni con le persone che hanno accettato, mentre le quote non accettate restano nel patrimonio del donante.

Ø     art. 773 I° comma: presunzione di donazione congiuntiva

Per quote (indivise) eguali se il donante nulla dice; in tal caso si hanno più proposte di donazione a più soggetti le quali sfociano in donazione solo per quelle accettate dai rispettivi donatari. Le quote non accettate restano nel patrimonio del donante.

Ø     art. 773 II° comma: presunzione di donazione congiuntiva con clausola di accrescimento

Si ha un’unica proposta di donazione a più soggetti congiuntamente che è suscettibile di espandersi nel suo seno a seguito della rinunzia o di altro evento (es. premorienza) di uno o più destinatari; pertanto il donante, afferma autorevole dottrina[141], non potrà più recuperare alcuna quota del bene donato a differenza della previsione nel I° comma.

Il donante, con la clausola di accrescimento, ha inteso donare potenzialmente tutto a tutti i donatari e l’acquisto a favore degli accettanti avviene automaticamente e necessariamente non occorre un nuovo atto di accettazione e neppure è possibile rifiutare l’estensione dell’acquisto, ossia l’accrescimento.

Ci si chiede se è ammissibile un accrescimento successivo all’acquisto.

La tesi preferibile[142], seguita anche dalla giurisprudenza della Cassazione, è quella che distingue tra proprietà e usufrutto:

nella prima ipotesi l’accrescimento non può ammettersi perché:

Ø     il diritto di proprietà è stato irreversibilmente acquistato dal con donatario e, alla sua morte, dovrà necessariamente far parte della sua successione, salvo, ben s’intende, che egli non ne abbia già disposto per atto inter vivos;

Ø     inoltre, una clausola di tal tipo urterebbe contro il divieto della sostituzione fedecommissaria (art. 692) e contro quello dei patti successori (art. 458)

Nel caso di cousufrutto (di uso e di abitazione) l’accrescimento successivo è possibile.

Essendo un diritto di natura temporale e non suscettibile di trasmissione ereditaria nemmeno per rappresentazione, nessun ostacolo in ordine logico – giuridico si pone contro la configurabilità del patto di accrescimento:

Ø     non la necessaria trasmissione agli eredi, trattandosi, appunto, di diritto intrasmissibile;

Ø     non il divieto di sostituzione fedecommissaria, giacché l’operare dell’accrescimento non determina una vera e propria successione di più soggetti nello stesso diritto, ma la naturale espansione dell’unico godimento, per effetto del venir meno del limiti originario costituito dal concorso altrui;

Ø     non il divieto dei patti successori, non potendo il diritto di usufrutto considerarsi in alcun modo quale bene ereditario.

Molto diffusa (può rientrare nel II° comma 773 c.c.) è la donazione di usufrutto congiuntivo a favore di due o più soggetti (due coniugi, due figli, etc): in tal caso, se si aggiunge la clausola del reciproco accrescimento tra i co–usufruttuari tale clausola avrà una ulteriore valenza: che alla morte di uno degli usufruttuari, o in caso di sua rinunzia, la quota di usufrutto non si riunirà alla nuda proprietà, ma si ACCRESCERÀ all’altro co–usufruttuario.

Dono la casa per la nuda proprietà a mia figlia Genoveffa e per l’usufrutto congiuntivo con accrescimento a Gennaro e Gabriele; se Gabriele muore o rinunzia l’usufrutto di Gennaro aumenta da 500 millesimi a 1000 millesimi.

G) La sostituzione ordinaria

art. 795 c.c.     divieto di sostituzione

nelle donazioni non sono permesse le sostituzioni se non nei casi e nei limiti stabiliti per gli atti di ultima volontà (688 e seguenti).

La nullità delle sostituzioni non importa nullità della donazione.

Natura giuridica

Si avranno in concreto 2 o più proposte di donazione –

la 1^ pura e le successive condizionate sospensivamente alla mancata accettazione della prima proposta.

Qualche utilità (a differenza delle disposizioni di ultimà volontà dove la sostituzione ordinaria può servire perchè il testatore ignora al momento del testamento se la persona da lui designatagli sopravviverà o accetterà, ciò, invece, è di scarso rilievo nelle donazioni, poiché il donante potrà, successivamente all’ipotesi di non accettazione da parte del primo donatario, disporla a favore di un altro soggetto con una nuova proposta) potrebbe aversi solo nel caso di donazioni a favore di nascituro essendo in questi casi dubbia l’esistenza del primo destinatario della proposta.

H) La sostituzione fedecommissaria

Art. 795 c.c. in relazione all’art. 692 c.c.

art. 692 c.c.      sostituzione fedecommissaria

ciascuno dei genitori  o degli altri ascendenti in linea retta o il coniuge  dell’interdetto possono istituire rispettivamente il figlio, il discendente, o il coniuge con l’obbligo di conservare e restituire alla sua morte i beni anche costituenti la legittima (c.c.737), a favore della persona o degli enti che, sotto la vigilanza del tutore, hanno avuto cura dell’interdetto medesimo.

Natura giuridica

Una sola donazione modale in cui il modus sia sottoposto a condizione sospensiva.

 

D) LA DONAZIONE DI MODICO VALORE

 

art. 783 c.c.    donazioni di modico valore

la donazione di modico valore che ha per oggetto beni mobili (c.c.812) è valida anche se manca l’atto pubblico, purché vi sia stata la tradizione.

La modicità deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante

La forma pubblica non è richiesta nel caso di donazione di modico valore di cosa mobile, là dove la forma è sostituita dalla traditio cioè dalla consegna, anche simbolica.

La traditio rei, la quale, a norma dell’art 783 primo comma c.c., costituisce requisito per il perfezionarsi della donazione di beni mobili di modico valore, e per il non assoggettamento della medesima all’atto pubblico, non implica necessariamente una consegna effettiva e manuale, ma può verificarsi anche in modo simbolico[143], ove la volontà di donare sia manifestata a chi abbia già la detenzione dei predetti beni, e da questi venga accettata, mentre resta irrilevante, al fine indicato, che il bene donato sia detenuto dal donatario insieme con altri di proprietà del donante.

L’art 783 c.c., nel disciplinare le donazioni di modico valore, prevede, anzitutto, che la modicità dell’oggetto della donazione sia valutata obbiettivamente, soggiungendo che essa va riguardata anché in rapporto alle condizioni economiche del donante: a tal fine, secondo la S.C.[144], il giudice deve compiere un’indagine complessa che, partendo dall’accertamento di dati analitici egualmente essenziali, attinenti al valore del bene in se ed alla potenzialità economica di chi se ne spoglia, pervenga, mediante il loro contemperamento, ad escludere, o meno, che la liberalità incida in modo apprezzabile sul patrimonio del donante.

Altra sentenza di merito[145], facendo seguito al principio dettato più volte dalla Cassazione[146], ha affermato che ai fini del riconoscimento del modico valore di una donazione, l’art. 783 c.c. non detta criteri rigidi cui ancorare la relativa valutazione, onde il giudizio in proposito è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, il quale deve considerare gli elementi del caso ed in particolare quello oggettivo, correlato al valore del bene che ne è oggetto, e quello soggettivo, per il quale si tiene conto delle condizioni economiche del donante: di guisa che l’atto di liberalità, per essere considerato di modico valore, non deve incidere in modo apprezzabile sul patrimonio del donante.

Da ultimo, una pronuncia di merito, ha affermato che la nullità della donazione di non modico valore mancante della forma prevista dall’art. 782 c.c., anche qualora da intendersi come donazione rimuneratoria[147]. La relativa nullità può essere rilevata d’ufficio, in qualsiasi stato e grado del giudizio, anche per una ragione diversa da quella espressamente dedotta, essendo in contestazione l’esecuzione del contratto, la cui validità rappresenta un elemento costitutivo della domanda.

Nel caso concreto, rilevato che la donazione effettuata dall’appellato alle appellanti è nulla in ragione di quanto innanzi, la stessa non ha prodotto l’effetto della attribuzione conseguente in favore delle odierne appellanti, le quali, pertanto, nulla possono pretendere in restituzione a tale titolo.

Per la Cassazione, da ultimo

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 17 febbraio 2020, n. 3858.

ai fini del riconoscimento del modico valore di una donazione, l’art. 783 c.c. non detta criteri rigidi cui ancorare la relativa valutazione, dovendosi essa apprezzare alla stregua di due elementi di valutazione la cui ricorrenza, involgendo un giudizio di fatto ed imponendo il contemperamento di dati analitici, è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, se non ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: quello obiettivo, correlato al valore del bene che ne è oggetto, e quello soggettivo, per il quale si tiene conto delle condizioni economiche del donante. Ne consegue che l’atto di liberalità, per essere considerato di modico valore, non deve mai incidere in modo apprezzabile sul patrimonio del donante.

 

E) LA DONAZIONE INDIRETTA

 

1)              DEFINIZIONE

Sono donazioni indirette, art. 809 c.c., tutte quelle attività o di atti giuridici che, ricorrendo lo spirito di liberalità e producendo il depauperamento del patrimonio del disponente nonché il corrispondente arricchimento del beneficiario permettono di realizzare gli stessi risultati che si otterrebbero attraverso il contratto di donazione, ma che utilizzano strumenti diversi e quindi non si adotterà la forma solenne dell’atto pubblico prescritto dall’art. 782 c.c. poiché la legge non prescrive una forma ad substantiam, ma prescrive che sia quella del negozio usato per raggiungere il fine di liberalità.

Per autorevole dottrina[148] sono quelle che ricorrono quando un soggetto per raggiungere lo scopo liberale (ossia la causa della donazione tipica) si avvale di un negozio–mezzo diverso dalla donazione; secondo la dottrina moderna si ha un collegamento negoziale[149] tra il negozio–mezzo (vendita a prezzo vile detta anche “negozio misto a donazione”, rinunzia, adempimento del terzo, accollo del debito altrui, contratto a favore del terzo, etc.) ed il risultato finale (scopo liberale) voluto dalle parti, onde la donazione (indiretta) è il RISULTATO di questa combinazione.

Donazioni dirette e indirette, pertanto, si differenziano per il mezzo utilizzato alla realizzazione del medesimo risultato finale, nel senso di attuazione del fine di liberalità: nelle prime si utilizzerà il contratto di donazione, soggetto pertanto alla necessaria della forma solenne dell’atto, mentre le seconde si realizzano, attraverso il porre in essere atti che nascono legislativamente per la realizzazioni di intenti diversi da quello donativo, negozi che pur essendo a titolo oneroso, producono l’effetto diretto che gli è proprio, ma che allo stesso tempo realizzano l’arricchimentodel destinatario della liberalità medesima, dando effetto ”all’animo donandi”.

2)              DISCIPLINA

Il codice civile agli articoli 737 c.c. (collazione[150]) e 809 c.c. (revocazione e riduzione) prende in considerazione rispettivamente le donazioni indirette (737 c.c.) e le liberalità che risultano da atti diversi dalla donazione (809 c.c.).

La dottrina ritiene che si applichino alle donazioni indirette numerose altre norme proprie della donazione: 437 c.c. (obbligo degli alimenti); 771 c.c. (beni futuri[151]); 776–777 c.c. (incapacità a donare[152]); 779 c.c. (incapacità a ricevere per donazione[153]); 787 –788 c.c. (errore sul motivo e motivo illecito[154]); 2901 c.c. (azione revocatoria); ritiene, invece, che non applichino le norme relative alla FORMA della donazione (atto pubblico, testimoni, indicazione specifica del valore delle cose mobili: 782 c.c.[155]) bensì quelle relative alla FORMA del negozio – mezzo adottato.

art. 809 c.c.      norme sulle donazioni applicabili ad altri atti di liberalità

le liberalità, anche se risultano da atti diversi da quelli previsti dall’art. 769 (c.c.1237, 1411, 1875, 1920), sono soggette alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa d’ingratitudine e per sopravvenienza di figli (800 e seguenti), nonché a quelle sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari (c.c.553 e seguenti).

Questa disposizione non si applica alle liberalità previste dal secondo comma dell’art. 770 e a quelle che a norma dell’art. 742 non sono soggette a collazione.

Secondo alcuni autori[156]  consisterebbero in atti materiali.

La questione è però dubbia: ad es. 1) nelle piantagioni o opere sul fondo altrui, la donazione è semmai nella rinunzia all’indennità eper art. 936 II comma, c.c.;

in caso di mancata interruzione volontaria dell’usucapione, o questa non matura, ravvisandosi tolleranza;

inoltre, non si saprebbe come applicare la disciplina della riduzione, revoca, collazione[157] chiaramente riferibile agli atti e non ai comportamenti.

In contrario, è stato osservato che non sono i predetti comportamenti causativi dell’arricchimento ma, di volta, in volta, l’accessione o il passare del tempo.

Secondo altri autori: consisterebbero in negozi unilaterali, ad es:

ü     rinunzia ad un diritto rele di godimento;

ü     remissione del debito (art. 1236 c.c.);

ü     rinunzia all’azione di regresso, in caso di estromissione (art 1272 c.c.);

ü     contestazione di conto corrente bancario con versamenti da parte di un solo soggetto, i quali, pur avendo un proprio schema tipico, sono accomunati dal fatto di realizzare, quale conseguenza ulteriore, un arricchimento altrui, in termini economici, giustificato dall’interesse non patrimoniale di chi attribuisce il bene o rinunzia al diritto.

Le donazioni indirette sono assoggettate alla disciplina del tipo di utilizzato, salvo per quanto riguarda la riduzione in sede di reintegrazione della quota di riserva[158], la revocazione[159] e la collazione[160].Per la validità delle donazioni indirette, cioè di quelle liberalità realizzate ponendo in essere un negozio tipico diverso da quello previsto dall’art. 782 c.c., non è richiesta la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità, dato che l’art. 809 c.c., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati connegozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 c.c., non richiama l’art. 782 c.c., che prescrive l’atto pubblico per la donazione[161].

Principio confermato anche da recente Cassazione[162], secondo cui, appunto, per la validita della donazione indiretta, non è necessaria la forma della donazione (atto pubblico a pena di nullità), bensì quella prescritta per lo schema negoziale effettivamente adottato dalle parti (vendita): questo perchè l’articolo 809 c.c., nel sancire l’applicabilità delle norme sulle donazioni agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’articolo 769 c.c., non richiama l’articolo 782 c.c., che prescrive la forma dell’atto pubblico per la donazione

Altra Cassazione[163], ha avuto modo di specificare che l’art. 809 c.c., nell’indicare quali norme della donazione siano applicabili alle liberalità risultanti da atti diversi dalla donazione, va interpretato restrittivamente, nel senso che alle liberalità anzidette non si applicano tutte le altre disposizioni non espressamente richiamate. Ne consegue l’inapplicabilità dell’art. 778 c.c., che stabilisce i limiti al mandato a donare, al mandato a stipulare un negotium mixtum cum donatione.

Sulla stessa linea anche ultima Cassazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|23 aprile 2024| n. 10979.

secondo la quale l‘art. 809 c.c., nell’indicare quali norme della donazione siano applicabili alle liberalità risultanti da atti diversi da essa, va interpretato restrittivamente, nel senso che alle liberalità anzidette non si applicano tutte le altre disposizioni non espressamente richiamate; ne consegue che al negotium mixtum cum donatione non si applica l’art. 771 c.c. non essendo richiamato dall’art. 809 c.c.

Ancora, secondo altra recente Cassazione[164] la donazione indiretta si caratterizza per il fine perseguito e non già per lo strumento negoziale adottato a tal scopo, che dunque può essere costituito da qualunque negozio o da più negozi collegati: dunque la mancanza di rapporto diretto tra donante e donatario non assumerebbe alcun rilievo preclusivo – non senza peraltro omettere di rilevare che la presenza di un conto cifrato presupponeva per sua stessa natura la collaborazione dei beneficiari a che il suo utilizzo fosse frutto di un accordo collaborativo da parte dei medesimi con il conferente; come pure non é rilevante che il mezzo attributivo della liberalità sia un negozio astratto (di tal che la dottrina ha da tempo sostenuto che anche le modificazioni soggettive dal lato passivo delle obbligazioni concorrono a costituire uno dei presupposti (l’altro é l’animus donandi) della figura in esame: ad esempio, nella delegazione non c’é un rapporto di provvista e, tuttavia, il delegato esegue l’ordine del delegante adempiendo la sua obbligazione verso il delegatario; ovvero quando tra l’espromesso e l’espromittente non vi sia alcuna obbligazione e tuttavia l’espromittente adempia la prestazione dell’espromesso all’espromissario rinunciando all’azione di regresso).

In senso generale è intervenuta la Cassazione a sezioni unite
Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 27 luglio 2017, n. 18725
cercando in qualche modo di enunciare alcuni principi al fine di chiarire il concetto di donazione indiretta e diretta , validi anche per ciò che si leggerà successivamente in ordine alla natura ed alla disciplina delle donazioni indiretta.
Si legge nella sentenza in commento che la questione sottoposta all’esame delle Sezioni Unite solleva un problema di rapporti tra il contratto tipico di donazione e le liberalita’ diverse dalla donazione (dette anche donazioni indirette o liberalita’ atipiche): l’uno, definito dall’articolo 769 c.c., come l’atto con il quale, per spirito di liberalita’, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa una obbligazione; le altre, contemplate dall’articolo 809 c.c., come liberalita’ risultanti da atti diversi dalla donazione stessa, le quali hanno in comune con l’archetipo l’arricchimento senza corrispettivo, voluto per spirito liberale da un soggetto a favore dell’altro, ma se ne distinguono perche’ l’arricchimento del beneficiario non si realizza con l’attribuzione di un diritto o con l’assunzione di un obbligo da parte del disponente, ma in modo diverso.
Si tratta, in particolare nel caso di specie, di stabilire se l’operazione attributiva di strumenti finanziari dal patrimonio del beneficiante in favore di un altro soggetto, compiuta a titolo liberale attraverso una banca chiamata a dare esecuzione all’ordine di trasferimento dei titoli impartito dal titolare con operazioni contabili di addebitamento e di accreditamento, costituisca una donazione tipica, identificata dalla definizione offerta dall’articolo 769 c.c., o sia inquadrabile tra le liberalita’ non donative, ai sensi dell’articolo 809 c.c., ossia tra gli atti, molti dei quali aventi una propria disciplina, che, secondo una accreditata definizione dottrinale, possono essere impiegati per attuare in via mediata effetti economici equivalenti a quelli prodotti dal contratto di donazione.
Piu’ precisamente, occorre domandarsi se la stabilita’ del trasferimento di ricchezza attuato donandi causa a mezzo banca sia subordinata all’adozione dello schema formale – causale della donazione; o se l’attribuzione liberale a favore del beneficiario rappresenti una conseguenza indiretta giustificata dal ricorso ad un’operazione trilaterale di movimentazione finanziaria con l’intermediazione dell’ente creditizio.
La riconduzione all’uno o all’altro ambito ha conseguenze sul piano della disciplina applicabile.
Infatti, si legge nella sentenza delle sezioni unite che “il codice civile estende alle liberalita’ diverse dalla donazione tipica le disposizioni riguardanti la revocazione per causa di ingratitudine e per sopravvenienza di figli e quelle sulla riduzione per integrare la quota dovuta ai legittimari (articolo 809), e le assoggetta alla disciplina della collazione (articolo 737), ma al contempo prevede l’applicabilita’ delle norme riguardanti l’atto per mezzo del quale la liberalita’ e’ compiuta, senza che occorra l’assolvimento dell’onere della forma di cui all’articolo 782.
Il regime formale della forma solenne (fuori dai casi di donazione di modico valore di cosa mobile, dove, ai sensi dell’articolo 783 c.c., la forma e’ sostituita dalla traditio) e’ esclusivamente proprio della donazione tipica, e risponde a finalita’ preventive a tutela del donante, per evitargli scelte affrettate e poco ponderate, volendosi circondare di particolari cautele la determinazione con la quale un soggetto decide di spogliarsi, senza corrispettivo, dei suoi beni.
Per la validita’ delle donazioni indirette, invece, non e’ richiesta la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalita’, dato che l’articolo 809 cod. civ., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalita’ realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’articolo 769 c.c., non richiama l’articolo 782 c.c., che prescrive l’atto pubblico per la donazione (Cass., Sez. 3, 11 ottobre 1978, n. 4550; Cass., Sez. 2, 16 marzo 2004, n. 5333; Cass., Sez. 1, 5 giugno 2013, n. 14197).
Per rispondere al quesito secondo la S.C., occorre preliminarmente procedere ad una ricognizione delle ipotesi piu’ significative che l’esperienza giurisprudenziale ha ricondotto all’ambito della donazione indiretta e di quelle per le quali si e’ ritenuta invece necessaria l’adozione del contratto di donazione per la manifestazione della volonta’ e per la realizzazione dell’interesse liberale.
Spiegano le Sezioni Unite che la liberalita’ non donativa puo’ essere realizzata con un contratto a favore di terzo, ossia in virtu’ di un accordo tra disponente – stipulante e promittente con il quale al terzo beneficiario e’ attribuito un diritto, senza che quest’ultimo paghi alcun corrispettivo e senza prospettiva di vantaggio economico per lo stipulante. Il contratto a favore di terzo puo’ bensi’ importare una liberalita’ a favore del medesimo, ma costituendo detta liberalita’ solo la conseguenza non diretta ne’ principale del negozio giuridico avente una causa diversa, si tratta di una donazione indiretta, la quale, se pure e’ sottoposta alle norme di carattere sostanziale che regolano le donazioni, non sottosta’ invece alle norme riguardanti la forma di queste (Cass., Sez. 1, 29 luglio 1968, n. 2727).
Seguendo quest’ordine di idee, afferma ancora la sentenza in commento, si e’ ricondotta , come si avrà anche successivamente modo di leggere nel presente articoloalla donazione indiretta la cointestazione, con firma e disponibilita’ disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, qualora detta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari, rilevandosi che, in tal caso, con il mezzo del contratto di deposito bancario, si realizza l’arricchimento senza corrispettivo dell’altro cointestatario (Cass., Sez. 2, 10 aprile 1999, n. 3499; Cass., Sez. 1, 22 settembre 2000, n. 12552; Cass., Sez. 2, 12 novembre 2008, n. 26983). Anche la cointestazione di buoni postali fruttiferi, ad esempio operata da un genitore per ripartire fra i figli anticipatamente le proprie sostanze, puo’ configurare, ove sia accertata l’esistenza dell’animus donandi, una donazione indiretta, in quanto, attraverso il negozio direttamente concluso con il terzo depositario, la parte che deposita il proprio denaro consegue l’effetto ulteriore di attuare un’attribuzione patrimoniale in favore di colui che ne diventa beneficiario per la corrispondente quota, essendo questi, quale contitolare del titolo nominativo a firma disgiunta, legittimato a fare valere i relativi diritti (Cass., Sez. 2, 9 maggio 2013, n. 10991).
Costituisce, sempre per la medesima Cassazione,  del pari donazione indiretta il pagamento di un’obbligazione altrui compiuto dal terzo per spirito di liberalita’ verso il debitore (Cass., Sez. 1, 3 maggio 1969, n. 1465). Anche qui si assiste ad un’operazione che vede il coinvolgimento delle sfere giuridiche di tre soggetti: il solvens, estraneo al rapporto obbligatorio ma autore dell’adempimento, il quale dispone della propria sfera nel senso della liberalita’ verso il debitore, liberandolo da un’obbligazione; il creditore; ed il debitore, beneficiario della liberalita’.
Il risultato liberale puo’ essere conseguito anche attraverso la combinazione di piu’ atti e negozi. A seguito di una pronuncia di queste Sezioni Unite (Cass., Sez. U., 5 agosto 1992, n. 9282), la giurisprudenza qualifica l’intestazione di beni a nome altrui come una donazione indiretta del bene: una liberalita’ nascente da un complesso procedimento, rivolto a fare acquistare al beneficiario la proprieta’ di un bene, nel quale la dazione del denaro, anche quando fatta dal beneficiante al beneficiario, assume un valore semplicemente strumentale rispetto al conseguimento di quel risultato (Cass., Sez. 3, 14 maggio 1997, n. 4231; Cass., Sez. 2, 29 maggio 1998, n. 5310; Cass., Sez. 2, 24 febbraio 2004, n. 3642; Cass., Sez. 6-2, 2 settembre 2014, n. 18541; Cass., Sez. 2, 4 settembre 2015, n. 17604; Cass., Sez. 2, 30 maggio 2017, n. 13619).
Donazione indiretta puo’ aversi anche quando le parti di un contratto oneroso fissino un corrispettivo molto inferiore al valore reale del bene trasferito ovvero un prezzo eccessivamente alto, a beneficio, rispettivamente, dell’acquirente o dell’alienante (Cass., Sez. 2, 7 giugno 2006, n. 13337; Cass., Sez. 2, 30 gennaio 2007, n. 1955; Cass., Sez. 2, 3 gennaio 2009, n. 23297; Cass., Sez. 2, 23 maggio 2016, n. 10614). In tal caso, infatti, il contratto di compravendita e’ stipulato dalle parti soltanto per conseguire – appunto, in via indiretta, attraverso il voluto sbilanciamento tra le prestazioni corrispettive – la finalita’, diversa ed ulteriore rispetto a quella di scambio, consistente nell’arricchimento, per mero spirito di liberalita’, del contraente che beneficia dell’attribuzione di maggior valore.
Anche la rinuncia abdicativa puo’ atteggiarsi a liberalita’ (Cass., Sez. 2, 3 marzo 1967, n. 507; Cass., Sez. 2, 29 maggio 1974, n. 1545; Cass., Sez. 2, 10 gennaio 2013, n. 482; Cass., Sez. 2, 25 febbraio 2015, n. 3819).
Passando alle ipotesi che sono state ricondotte, attraverso un’opera di perimetrazione, nell’ambito del contratto di donazione, la giurisprudenza (Cass., Sez. 1, 23 febbraio 1973, n. 527) ha considerato donazione diretta il trasferimento del libretto di deposito a risparmio al portatore, effettuato dal depositante al terzo possessore al fine di compiere una liberalita’; e cio’ sul rilievo che, quando trasferisce detto libretto, il depositante non utilizza la causa tipica del rapporto con la banca per conseguire un diverso risultato economico, ma pone in essere con un diverso soggetto un altro negozio, quello di trasferimento, realizzabile per una delle tante cause possibili, le quali non sono conseguite come effetto indiretto della trasmissione, ma ne costituiscono direttamente lo scopo.
Analogamente, le liberalita’ attuate a mezzo di titoli di credito non sono donazioni indirette, ma donazioni dirette. Il fatto che l’obbligazione del donante sia incorporata in un titolo formale e astratto non muta la natura dell’obbligazione stessa, trasformando cosi’ la donazione diretta in indiretta. L’astrattezza del titolo nei rapporti tra le parti ha, infatti, funzione processuale, non anche sostanziale, restando il titolo formale pur sempre collegato al negozio sottostante.
Si e’ infatti affermato (Cass., Sez. 2, 30 marzo 1950, n. 870) che, poiche’ si rientra nell’ambito dell’articolo 809 cod. civ. quando per raggiungere l’intento di liberalita’ le parti, anziche’ utilizzare lo schema negoziale, all’uopo apprestato dalla legge, ne abbiano adottato un altro, caratterizzato da causa diversa, la donazione indiretta non e’ configurabile allorche’ la donazione sia rivestita sotto la forma cambiaria: in tale ipotesi, restando, nei rapporti tra gli originari negoziatori, l’efficacia del titolo formale condizionata alla esistenza ed alla validita’ del rapporto sottostante, la donazione e’ impugnabile per la mancanza del requisito della forma dell’atto pubblico.
E piu’ di recente (Cass., Sez. 2, 30 maggio 1990, n. 7647; Cass., Sez. 1, 6 marzo 1997, n. 1983) – nel ribadire che qualora un assegno bancario venga emesso a titolo di donazione, l’opponibilita’, nel rapporto diretto con il prenditore, di tale contratto sottostante implica anche la possibilita’ di dedurre la nullita’ della donazione medesima, per carenza della prescritta forma – si e’ sottolineato che l’esclusione dell’onere di forma deve intendersi riferita alle sole fattispecie negoziali causali, tali cioe’ che abbiano in se’ la causa giustificativa del relativo effetto, ma non anche ai negozi astratti come quelli di emissione o di girata di titoli di credito o di assegni, i quali trovano necessario fondamento in un rapporto sottostante, e quindi in un negozio del quale ricorrano i requisiti di sostanza e di forma, con conseguente opponibilita’ del difetto nei rapporti diretti tra emittente e prenditore e tra girante e rispettivo giratario.
E’ stata ricondotta alla donazione diretta (da Cass., Sez. 2, 6 novembre 2008, n. 26746) l’elargizione come tale di somme di danaro di importo non modico mediante assegni circolari, in fattispecie nella quale il beneficiante aveva chiesto alla banca presso la quale intratteneva un rapporto di conto corrente, su cui era autorizzata ad operare anche la beneficiata, la formazione di un certo numero di assegni circolari intestati a quest’ultima disponendo che il relativo importo fosse addebitato a quel conto (assegni poi utilizzati dalla donataria, con autonoma determinazione, per il pagamento del prezzo relativo all’acquisto di un fondo).
La giurisprudenza (Cass., Sez. 2, 30 marzo 2006, n. 7507) ha inoltre ravvisato una donazione diretta nell’accollo interno con cui l’accollante, allo scopo di arricchire un familiare con proprio impoverimento, si sia impegnato nei confronti di quest’ultimo a pagare all’istituto di credito le rate del mutuo bancario dal medesimo contratto, rilevandosi che la liberalita’ non e’ un effetto indiretto ma la causa dell’accollo.
Tornando, poi alla questione rimessa alle S.U., la stessa afferma che in questa sede non occorre approfondire il profilo teorico dell’inquadramento delle liberalita’ risultanti da atti diversi da quelli previsti dall’articolo 769 c.c.. E’ un aspetto, questo, sul quale, alla ricerca del dato unificante delle liberalita’ non donative, si e’ soffermata a lungo la dottrina, delineando un panorama articolato: alcuni autori costruendo gli atti di liberalita’ diversi dalla donazione come un negozio indiretto ed altri muovendo nella direzione di un allontanamento da questa figura; ora cogliendosi l’elemento unificatore e qualificatore nel risultato o effetto dell’atto, riconducibile all’arricchimento del beneficiario, definito nel suo aspetto giuridico o in quello economico; ora mettendosi in luce l’incidenza causale della liberalita’ nel senso dell’arricchimento dello schema causale minimo eventualmente predisposto dal legislatore (arricchimento inteso non come giustapposizione di un “pezzo”, ma come possibilita’ di emersione di un nuovo profilo di una causa comunque unitaria).
Interessa, piuttosto, considerare gli aspetti di distinzione delle liberalita’ non donative rispetto al contratto di donazione.
Sotto questo profilo, proprio muovendo dalla lettura dei dati offerti dall’esperienza giurisprudenziale, la dottrina ha evidenziato che la donazione indiretta non si identifica totalmente con la donazione, cioe’ con il contratto rivolto a realizzare la specifica funzione dell’arricchimento diretto di un soggetto a carico di un altro soggetto, il donante, che nulla ottiene in cambio, in quanto agisce per spirito di liberalita’. Si tratta – e’ stato sottolineato – di liberalita’ che si realizzano: (a) con atti diversi dal contratto (ad esempio, con negozi unilaterali come l’adempimento del terzo o le rinunce abdicative); (b) con contratti (non tra donante e donatario) rispetto ai quali il beneficiario e’ terzo; (c) con contratti caratterizzati dalla presenza di un nesso di corrispettivita’ tra attribuzioni patrimoniali; (d) con la combinazione di piu’ negozi (come nel caso dell’intestazione di beni a nome altrui).
Va inoltre tenuto conto del significato che la dottrina ha ricondotto alla tipizzazione del contratto di donazione. La configurazione della donazione come un contratto tipico a forma vincolata e sottoposto a regole inderogabili obbliga infatti a fare ricorso a questo contratto per realizzare il passaggio immediato per spirito di liberalita’ di ingenti valori patrimoniali da un soggetto ad un altro, non essendo ragionevolmente ipotizzabile che il legislatore consenta il compimento in forme differenti di uno stesso atto, imponendo, pero’, l’onere della forma solenne soltanto quando le parti abbiano optato per il contratto di donazione.
L’inquadramento nella donazione indiretta del trasferimento per spirito di liberalita’, a mezzo banca, di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli in amministrazione del beneficiante a quello del beneficiario, muove dalla considerazione che l’accreditamento nel conto del beneficiario si presenta come il frutto di un’operazione, sostanzialmente trilaterale, eseguita da un soggetto diverso dall’autore della liberalita’ sulla base di un rapporto di mandato sussistente tra beneficiante e banca, obbligata in forza di siffatto rapporto a dar corso al bancogiro e ad effettuare la prestazione in favore del beneficiario. Non vi sarebbe nessun atto diretto di liberalita’ tra soggetto disponente e beneficiario, ma si sarebbe di fronte ad un’attribuzione liberale a favore del beneficiario attraverso un mezzo, il bancogiro, diverso dal contratto di donazione.
E’ una soluzione che le Sezioni Unite non condividono, perche’ l’operazione bancaria in adempimento dello iussum svolge in realta’ una funzione esecutiva di un atto negoziale ad esso esterno, intercorrente tra il beneficiante e il beneficiario, il quale soltanto e’ in grado di giustificare gli effetti del trasferimento di valori da un patrimonio all’altro. Si e’ di fronte, cioe’, non ad una donazione attuata indirettamente in ragione della realizzazione indiretta della causa donandi, ma ad una donazione tipica ad esecuzione indiretta.
Come infatti si e’ sottolineato in dottrina, da una parte gli strumenti finanziari che vengono trasferiti al beneficiario attraverso il virement provengono dalla sfera patrimoniale del beneficiante; dall’altra il trasferimento si realizza, non attraverso un’operazione triangolare di intermediazione giuridica, ma, piu’ semplicemente, mediante un’attivita’ di intermediazione gestoria dell’ente creditizio, rappresentando il bancogiro una mera modalita’ di trasferimento di valori del patrimonio di un soggetto in favore del patrimonio di altro soggetto.
Milita in questa direzione anche l’osservazione secondo cui nel bancogiro, pur inquadrato nello schema della delegazione che si innesta nel rapporto di mandato sotteso a quello di conto corrente (Cass., Sez. 1, 3 gennaio 2017, n. 25), la banca non puo’ rifiutarsi di eseguire l’ordine impartitole, in considerazione del rapporto contrattuale che la vincola al delegante, sempre che esista la disponibilita’ di conto; e cio’ a differenza di quanto avviene nella delegazione, dove l’articolo 1269 c.c., comma 2, consente al delegato, ancorche’ debitore del delegante, di non accettare l’incarico.
Pertanto, il trasferimento scaturente dall’operazione di bancogiro e’ destinato a rinvenire la propria giustificazione causale nel rapporto intercorrente tra l’ordinante-disponente e il beneficiario, dal quale dovra’ desumersi se l’accreditamento (atto neutro) e’ sorretto da una fusta causa: di talche’, ove questa si atteggi come causa donandi, occorre, ad evitare la ripetibilita’ dell’attribuzione patrimoniale da parte del donante, l’atto pubblico di donazione tra il beneficiante e il beneficiario, a meno che si tratti di donazione di modico valore.
6.1. – In particolare, il passaggio di valori patrimoniali a titolo di liberalita’ dal beneficiante al beneficiario eseguito a mezzo banca non ricade nell’ambito del contratto a favore di terzo, schema attraverso il quale – come si e’ visto – lo stipulante puo’ realizzare un’attribuzione patrimoniale indiretta a favore del terzo avente i connotati della spontaneita’ e del disinteresse.
Nel contratto a favore di terzo, infatti, il patrimonio del promittente e’ direttamente coinvolto nel processo attributivo e non si configura – e’ stato affermato – come mera “zona di transito” tra lo stipulante e il terzo: l’oggetto dell’attribuzione donandi causa in favore del terzo si identifica con la prestazione del promittente e non con quanto prestato dallo stipulante al promittente medesimo.
A cio’ deve aggiungersi che, mentre nel contratto a favore di terzo nasce immediatamente un diritto azionabile del terzo verso il promittente, il terzo beneficiario che sia destinatario di un ordine di giro non acquista alcun diritto nei confronti della banca proveniente dal contratto che intercorre tra la banca medesima e l’ordinante. Difatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. 3, 1 dicembre 2004, n. 22596; Cass., Sez. 1, 19 settembre 2008, n. 23864; Cass., Sez. 1, 3 gennaio 2017, n. 25, cit.), l’ordine di bonifico ha natura di negozio giuridico unilaterale, la cui efficacia vincolante scaturisce da una precedente dichiarazione di volonta’ con la quale la banca si e’ obbligata ad eseguire i futuri incarichi ad essa conferiti dal cliente, ed il cui perfezionamento e’ circoscritto alla banca e all’ordinante, con conseguente estraneita’ del beneficiario, nei cui confronti, pertanto, l’incarico del correntista di effettuare il pagamento assume natura di delegazione di pagamento. Anche il delegato al pagamento puo’ essere obbligato, ma solo se il medesimo si obbliga personalmente verso il creditore delegatario e questi accetti l’obbligazione del delegato, ai sensi dell’articolo 1269 c.c., comma 1.
Ne’ la fattispecie che qui viene in considerazione e’ assimilabile alla cointestazione del deposito bancario, suscettibile di integrare gli estremi di una donazione indiretta in favore del cointestatario con la messa a disposizione, senza obblighi di restituzione o di rendiconto, di somme di denaro in modo non corrispondente ai versamenti effettuati. Solo nella cointestazione, infatti, si realizza una deviazione in favore del terzo degli effetti attributivi del contratto bancario; laddove nel caso che ci occupa il contratto di deposito titoli in amministrazione conserva integra la causa sua propria, senza alcuna implementazione liberale, collocandosi l’ordine di bonifico dato alla banca dal beneficiante nella fase di esecuzione del contratto bancario di riferimento.
In conclusione, è stato enunciato il seguente principio di diritto: “Il trasferimento per spirito di liberalita’ di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario realizzato a mezzo banca, attraverso l’esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente, non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta; ne deriva che la stabilita’ dell’attribuzione patrimoniale presuppone la stipulazione dell’atto pubblico di donazione tra beneficiante e beneficiario, salvo che ricorra l’ipotesi della donazione di modico valore“.

 

Differenza con l’intestazione fiduciaria di un bene

Mentre, come anche affermato da recente Cassazione[165] l’intestazione fiduciaria di un bene – frutto della combinazione di effetti reali in capo al fiduciario e di effetti obbligatori a vantaggio del fiduciante – è caratterizzata non solo dal trasferimento vero e proprio in favore del fiduciario, ma anche dal pactum fiduciae ovvero dall’obbligo, inter partes, del ritrasferimento al fiduciante o al beneficiario da lui indicato, mancando, invece – a differenza della donazione indiretta – qualsiasi intento liberale del fiduciante verso il fiduciario, essendo la posizione di titolarità creata in capo a quest’ultimo soltanto provvisoria e strumentale al ritrasferimento a vantaggio del fiduciante.

In detta figura manca qualsiasi intento liberale del fiduciante verso il fiduciario e la posizione di titolarità creata in capo a quest’ultimo è soltanto provvisoria e strumentale al ritrasferimento a vantaggio del fiduciante[166].

3)   NATURA GIURIDICA

  1. A) Teoria negatrice

Altri autori[167] negano che il contratto indiretto costituisca una categoria giuridica poiché il raggiungimento dello scopo ulteriore non costituisce che un motivo estraneo al contratto e alla sua causa come tale giuridicamente irrilevante

  1. B) Teoria del contratto atipico

Altri autori[168] ravvisano nel contratto indiretto (in generale) e nella donazione indiretta (in particolare), un contratto atipico, nel senso che, il soggetto per raggiungere, il risultato voluto, non adopera la via diretta tipica, ma una via indiretta, dunque atipica.

  1. C) Teoria dell’unico contratto con clausola speciale

Unica teoria[169] che ha avuto larghi consensi sostiene che il contratto indiretto non è una figura negoziale autonoma, ma rappresenta un procedimento per cui, consapevolmente, si utilizza l’effetto negoziale di un dato contratto per conseguire risultati ulteriori.

Ciò avviene mediante l’apposizione di clausole speciali le quali fanno corpo unico con la dichiarazione principale di volontà.

Se Tizio paga il debito di Caio pari a 2000 euro al fine di donargli quella somma, egli, secondo questa teoria, compirà un unico negozio, che non sarà una donazione (ancorché atipica), ma il negozio di adempimento dell’obbligo altrui (art. 1180 c.c.) il quale, con l’apposizione di una specifica clausola, raggiungerà lo stesso risultato di una donazione fatta Caio. Tuttavia, tale teoria non tiene conto del fatto che, l’inserimento di clausole che snaturano la funzione del contratto, danno vita ad un contratto diverso[170].

  1. D) Teoria del doppio negozio collegato[171]

Altri[172], infine, affermano l’esistenza, in concreto, non di un unico negozio (indiretto), ma di due negozi diversi, tra loro collegati: l’uno (negozio mezzo) PRODUTTIVO DEGLI EFFETTI NORMALI (remissione del debito, adempimento del terzo ecc.), prescelto dalle parti ha la funzione di vincolare le parti al raggiungimento  dell’ulteriore risultato che rappresenta la causa dell’altro negozio (negozio fine o negozio indiretto).

La disciplina

La teoria seguita rende più agevole, inoltre, il problema della disciplina giuridica che sarà innanzitutto quella del negozio – mezzo (per ciò che riguarda la forma) e, in secondo luogo, quella del negozio fine.

Così se Tizio per donare 100 a Caio gli rimette il debito di pari importo, troveranno applicazione sia la normativa sulla remissione del debito (il debitore ad es. può dichiarare in un congruo termine di non volerne profittare: art.1236) e sia tutta la normativa sostanziale sulla donazione.

4)   VANNO INQUADRATE NELLE DONAZIONI INDIRETTE

a) La rinunzia

è l’atto avente come scopo ( é la sua CAUSA) la dismissione di un diritto (reale o di credito) senza trasferirlo ad altri.

La figura più importante è la remissione del debito. Ovviamente, questa causa di per sé NEUTRA si colora di GRATUITÀ o LIBERALITÀ  a seconda dello scopo perseguito dal rinunziante:

1)      remissione del debito per ragioni fiscali (atto neutro a titolo gratuito),

2)      remissione del debito per arricchire il debitore (donazione  indiretta);

3)      lo stesso vale per la rinunzia abdicativa all’usufrutto;

Da ultimo, in un caso particolare la Cassazione

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 11 giugno 2019, n. 15666

ha avuto modo di affermare che la rinuncia a un diritto, se fatta allo scopo di avvantaggiare un terzo, può importare donazione indiretta, purché fra donazione e arricchimento sussista un nesso di causalità diretta. (Nella specie, la S.C. ha escluso che la rinuncia del “de cuius” a sottoscrivere la quota di aumento del capitale sociale di una s.r.l., seguita dalla concomitante sottoscrizione, da parte del figlio, della quota non sottoscritta dal genitore, costituisse donazione indiretta, atteso che, a seguito della rinuncia del “de cuius”, anche gli altri soci avevano avuto analoga possibilità di sottoscrizione).

Ancora secondo altra recente Cassazione

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 18 settembre 2019, n. 23260

ai fini della collazione, il pagamento di un debito eseguito dal “de cuius” nei confronti di uno dei figli origina verso di lui un credito di pari importo e la rinuncia ad agire in regresso verso lo stesso costituisce una fattispecie di donazione indiretta.

 

b) Adempimento del terzo

[173]

Si ha adempimento del terzo quando un soggetto esegue l’obbligazione altrui in nome proprio al di fuori dell’esercizio di un’autorizzazione negoziale o di un ufficio. Se l’adempiente ha proceduto all’adempimento per spirito di liberalità si ha donazione indiretta.

Secondo una parte della dottrina[174] la donazione consisterebbe nella rinunzia del solvens a ripetere ciò che ha pagato, ma si è in contrario osservato[175]  che, se esiste l’animus donandi, manca il diritto alla ripetizione colui che dona, poca importa se in via diretta o in via indiretta.

c) Opere su suolo altrui

[176]

secondo la S.C.[177], la sopravvenienza dell’animus donandi alla realizzazione di un’opera su suolo altrui, può configurare una donazione indiretta a favore del proprietario del suolo lasciando prescrivere il diritto all’indennità eper art. 936 comma secondo c.c. ovvero rinunciando all’indennità.

d) Costituzione di fondo patrimoniale

[178]

da parte del terzo o di uno dei coniugi e l’atto di dotazione della fondazione.

Atto di dotazione, vale a dire il negozio con il quale si destinano determinati beni al futuro enete da istituire perché sia messo in grado di operare.

Esso si distingue dalla donazione (ancorché modale), perché la sua funzione non consiste nell’attribuzione, ma nella destinazione dei beni da un determinato fine.

Anche in questa ipotesi si realizza l’effetto tipico della liberalità: l’impoverimento del suo autore e l’arricchimento dell’ente.

e) Comunione legale

 

[179] – esclusione di cui all’art. 179 c.c.

In tema di comunione legale dei coniugi, la donazione indiretta rientra nell’esclusione di cui all’art. 179, primo comma, lett. b), c.c., senza che sia necessaria l’espressa dichiarazione da parte del coniuge acquirente prevista dall’art. 179, primo comma, lett. f), c.c., né la partecipazione del coniuge non acquirente all’atto di acquisto e la sua adesione alla dichiarazione dell’altro coniuge acquirente ai sensi dell’art. 179, secondo comma, c.c., trattandosi di disposizione non richiamate[180].

f) Contratto di mantenimento

Il contratto di mantenimento si distingue dalle rendite vitalizie art. 1872 c.c.[181] e rientra tra i cosiddetti vitalizi impropri, ed è caratterizzato dall’assunzione da parte di un soggetto dell’obbligo di fornire adun altro, quale corrispettivo del trasferimento di un bene della cessione di un capitale, prestazioni alimentari o assistenziali vita natural durante concernenti ilvitto, l’alloggio, il vestiario, le cure mediche e l’assistenza morale.

Dottrina e giurisprudenza[182] sono concordi nell’affermare che non si tratta di una sottospecie della rendita vitalizia, ma di un negozio atipico con schema causale autonomo, dove oggetto della prestazione non è altro che un’obbligazione di facere infungibili, e il contratto si presenta essere intuitus personae, in cui le qualità della persona debitrice e le prestazioni a lui richieste sono fondamentali per la conclusione del contratto.

g) Appalto gratuito

[183] 

Limitatamente alla parte nella quale vi sia tanto l’arricchimento del committente quanto il correlativo impoverimento dell’appaltatore.

h) Riparto non proporzionale nell’ambito della cessione dei beni ai creditori

[184]

Per volontà degli stessi creditori si ammette che che, dopo una prima vendita, il prezzo ricavato sia devoluto a favore di uno solo o di alcuni soltanto dei creditori cessionari.

i) Nel caso di una prestazione quantitativamente maggiore nell’ambito della datio in solutum

Ad esempio, le parti concordono che nella fase dell’esecuzione il debitore non debba dare 1000 quintali di grano, ma 1100.

j) Compensazione volontaria

Nel caso in cui, non ricorrendo le caratteristiche della fungibilità, liquidità e dell’esigibilità, le parti, comunque pongano in essere una compensazione anche per crediti aventi valori diversi, cosicché a favore di uno è fatta una liberalità non necessariamente donativa.

k) Polizza assicurativa sulla vita

Secondo cassazione[185] recente nell’assicurazione sulla vita la designazione quale terzo beneficiario di persona non legata al designante da alcun vincolo di mantenimento o dipendenza economica deve presumersi, fino a prova contraria, compiuta a spirito di liberalità, e costituisce una donazione indiretta. Ne consegue che é ad essa applicabile l’articolo 775 c.c., e se compiuta da incapace naturale é annullabile a prescindere dal pregiudizio che quest’ultimo possa averne risentito.

l) Assunzione di obbligazione solidale nell’interesse del terzo e mutuo scopo

La fattispecie in esame si realizza nel caso in cui venga deciso di stipulare un atto di finanziamento bancario, ossia in sede di stipulazione di un contratto di mutuo di scopo vi sia la partecipazione, nell’atto stesso, di una parte mutuataria completamente estranea allo scopo del mutuo[186].

m) Acquiescenza a testamento lesivo

Quando si accetta l’eredità[187], facendo acquiescenza alle disposizioni testamentarie rinunciando con essa a qualunque azione posta a tutela dei legittimari.

n) Delegazione

[188]

La delegazione si svolga, normalmente sulla base di un rapporto di debito del delegante verso il delegatario (rapporto di valuta) e un rapporto di credito del delegante verso il delegato (rapporto di provvista).

Quando manca un rapporto di debito del delegante verso il delegatario e il primo intende donare al secondo ciò che si realizza attraverso la prestazione del delegato.

Es. Tizio (delegante), volendo fare una liberalità a Caio (delegatario), incarica il proprio debitore Caio (delegato ad effettuare la prestazione a favore di Sempronio.

Quando manca un rapporto di credito del delegante verso il delegato e quest’ultimo asume l’obbligo o effettua la prestazione a favore del delegatario. Tizio (delegato) volendo fare una liberalità a favore di Caio (delegante), accetta l’incarico di pagare a Sempronio (delegatario) del quale Caio è debitore

o) Espromissione

[189]

Tizio (espromittente), non avendo alcun rapporto di debito nei confronti di Caio (espromesso), ma esclusivamente per spirito di liberalità, si accorda con Sempronio (espromissario) per assumere l’obbligazione di Caio.

p) Accollo

[190]

L’accollo consiste in un accordo tra debitore (accollato) e terzo (accollante) a cui il creditore può aderire (accollo esterno) o meno (accollo interno)

L’accollo potrebbe essere utilizzato quale negozio –  mezzo per raggiungere un ulteriore scopo, come quello della liberalità.

La giurisprudenza[191], infatti, ha ritenuto che nella figura dell’accollo si ritrova il fenomeno del negozio indiretto: esso dunque rappresenta il negozio mezzo per raggiungere un ulteriore scopo ossia quello di liberalità.

Lo stesso principio vale per l’accollo interno, per il quale la Corte di Cassazione[192] ha affermato che può integrare un’ipotesi di donazione obbligatoria[193], anche se indiretta.

Infatti, mediante l’accollo interno, l’accollante (donante) assume la posizione di debitore nei confronti dell’accollato (donatario) il quale viene arricchito dell’acquisto di un diritto di credito, senza alcun sacrificio correlativo.

Secondo ultima Cassazione[194] in merito, poichè con la donazione indiretta le parti realizzano l’intento di liberalità utilizzando uno schema negoziale avente causa diversa, configura piuttosto una donazione diretta l’accollo interno con cui l’accollante, allo scopo di arricchire la figlia con proprio impoverimento, si sia impegnato nei confronti di quest’ultima a pagare all’Istituto di credito le rate del mutuo bancario dalla medesima contratto, atteso che la liberalità non è un effetto indiretto ma la causa dell’accollo, sicchè l’atto – non rivestendo i requisiti di forma prescritti dall’art. 782 c.c.– deve ritenersi inidoneo a produrre effetti diversi dalla “soluti retentio”di cui all’art. 2034 c.c.

 

5)   PARTICOLARI IPOTESI DI DONAZIONI INDIRETTE

 

q) Società controllate

Sul punto è imtervenuta la Cassazione[195], la quale ha avuto modo di affermare che l’assenza di corrispettivo, se é sufficiente a caratterizzare i negozi a titolo gratuito (così distinguendoli da quelli a titolo oneroso), non basta invece ad individuare i caratteri della donazione, per la cui sussistenza sono necessari, oltre all’incremento del patrimonio altrui, la concorrenza di un elemento soggettivo (lo spirito di liberalità) consistente nella consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti, e di un elemento di carattere obbiettivo, dato dal depauperamento di chi ha disposto del diritto o ha assunto l’obbligazione.

Ne consegue che, quando un atto viene posto in essere da una società “controllata”, va esclusa la ricorrenza di una donazione e non é necessaria l’osservanza delle forme richieste dall’art. 782 c.c. se l’operazione é stata posta in essere in adempimento di direttive impartite dalla capogruppo o comunque di obblighi assunti nell’ambito di una più vasta aggregazione imprenditoriale, mancando la libera scelta del donante. Inoltre, al fine di verificare se l’operazione abbia comportato o meno per la società che l’ha posta in essere un depauperamento effettivo occorre tener conto della complessiva situazione che, nell’ambito del gruppo, a quella società fa capo, potendo l’eventuale pregiudizio economico che da essa sia direttamente derivato aver trovato la sua contropartita in un altro rapporto e l’atto presentarsi come preordinato al soddisfacimento di un ben preciso interesse economico, sia pure mediato e indiretto

 

r) La cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito – contestazione di deposito di fondi di investimento – cointestazione di buoni postali frutteferi

 

Fattispecie dibattuta

Secondo ultima Cassazione[196] la sola cointestazione del contratto di custodia e amministrazione di titoli a coniugi in regime di separazione dei beni non è sufficiente a dimostrare la volontà del coniuge, con il denaro del quale i titoli sono stato acquistati, di disporre della metà dei beni a titolo di liberalità. Ancora più incisivo è il richiamo all’ulteriore principio affermato dalla giurisprudenza, secondo cui incombe alla parte che invoca il negotium mixtum cum donatione l’onere di provare, oltre alla sussistenza di una sproporzione di significativa entità tra le prestazioni, “la consapevolezza di essa e la sua volontaria accettazione da parte dell’alienante in quanto indotto al trasferimento del bene a tali condizioni dell’animus donandi nei confronti dell’acquirente”[197]

E infatti, la possibilità che costituisca donazione indiretta la cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, qualora la predetta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari, è legata all’apprezzamento dell’esistenza dell’animus donandi, consistente nell’accertamento che, al momento della cointestazione, il proprietario del denaro non avesse altro scopo che quello di liberalità[198].

In proposito, si rileva che la cointestazione di un conto corrente (analoghe considerazioni valgono con riferimento alla contestazione di deposito di fondi di investimento), attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto (art. 1854 c.c.) sia nei confronti dei terzi, che nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto (art. 1298, secondo comma, c.c.). Tale presunzione, tuttavia, dà luogo soltanto all’inversione dell’onere probatorio e può essere, quindi, superata attraverso presunzioni semplici – purché gravi, precise e concordanti – dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione.

A tale riguardo, infatti, la giurisprudenza di legittimità[199] ha affermato che per vincere la predetta presunzione, non è sufficiente la prova di aver avuto la proprietà e la disponibilità esclusiva del denaro utilizzato per l’acquisto dei titoli, valendo la cointestazione a rendere solidale il credito anche se il denaro sia immesso sul conto da uno dei cointestatari o da un terzo a favore di uno solo o di entrambi i coniugi, ed essendo, invece, dirimente la prova della pertinenza esclusiva, in base al titolo di acqitisto, del denaro versato in capo a uno dei contestatari.

Per altra sentenza di merito[200] nel negozio di cointestazione di un conto corrente ovvero di un deposito di titoli è rinvenibile, laddove ne rincorrano le condizioni, una cd. donazione indiretta[201].

Ciò perché, mediante il negozio direttamente concluso con il terzo depositario, ovvero con la banca presso cui è accesso il conto corrente, la parte che deposita il proprio denaro consegue l’effetto ulteriore di attuare un’attribuzione patrimoniale in favore di colui che diventa beneficiario della provvista per la corrispondente quota, essendo questi, quale contitolare del titolo nominativo a firma disgiunta ovvero quale cointestatario del conto corrente, legittimato a far valere i relativi diritti.

Orbene, ai fini della validità delle donazioni indirette, ovvero di quelle liberalità realizzate ponendo in essere un negozio tipico diverso da quello previsto dall’art. 782 c.c., non è richiesta la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico adoperato per realizzare lo scopo di liberalità. Ed infatti, l’art. 809 c.c., nel sancire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 c.c. non richiama l’art. 782 c.c. che, per la donazione, richiede la forma dell’atto pubblico. Stante quanto detto, nel caso di specie, non si è potuta accogliere la domanda di simulazione degli atti di contestazione alla convenuta del conto corrente e deposito dei fondi di investimento del de cuius con conseguente nullità della sottostante donazione per difetto di forma. Si é, tuttavia, verificato se negli atti di cointestazione fossero ravvisabili o meno delle donazioni indirette della metà del saldo del conto corrente e dei predetti fondi in deposito, questione rilevante ai fini della determinazione della lesione della legittima, atteso che la donazione è soggetta a riduzione. All’uopo, deve rilevarsi che la cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto sia nei confronti dei terzi, che nei rapporti interni, consente di presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto. Siffatta presunzione implica un’inversione dell’onere probatorio e può essere superata mediante presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti da parte di chi deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione.

Sui buoni postali fruttiferi, di recente è intevenuta la Cassazione[202] affermando il seguente principio La cointestazione di buoni postali fruttiferi, nella specie operata da un genitore per ripartire fra i figli anticipatamente le proprie sostanze, può configurare, ove sia accertata l’esistenza dell’animus donandi, una donazione indiretta, in quanto, attraverso il negozio direttamente concluso con il terzo depositario, la parte che deposita il proprio denaro consegue l’effetto ulteriore di attuare un’attribuzione patrimoniale in favore di colui che ne diventa beneficiario per la corrispondente quota, essendo questi, quale contitolare del titolo nominativo a firma disgiunta, legittimato a fare valere i relativi diritti.

s) La fideiussione

[203]

Per potersi rilevare la sussistenza di un liberalità indiretta non è sufficiente la presenza della sola garanzia fidejussoria ma oltre a questa è anche necessario l’animus donandi, ossia la volontà del fideiussore di perseguire l’intento liberale guardando anche ad altri elementi estranei alla espressa volontà del beneficiante e come abbiamo già più volte detto per fare questo è necessario valutare tutti gli interessi sottesi alla singola operazione: la liberalità indiretta nel caso delle fideiussioni si realizza attraverso la rinuncia da parte del disponente all’azione di regresso nei confronti dell’obbligato principale determinando in capo ad esso un beneficio, poiché in caso contrario il garante conserverà sempre il diritto di rivalsa.

L’opinione prevalente sia in dottrina che in giurisprudenza è che alla presenza di garanzia, sia essa personale o reale, non costituisce donazione per mancanza di arricchimento in quanto il rapporto in esame è destinato a non restare statico, ma è proprio il suo sviluppo determinante per inquadrarlo nell’ambito delle donazioni indirette, quindi una valutazione completa di tutte le circostanze del caso.

Lo spirito di liberalità può esprimersi concretamente attraverso una rinuncia della rivalsa, che diventa prova esplicitaed incontrovertibile di voler porre in essere una donazione indiretta, ma anche si può desumere da qualsiasi altra circostanza come ad esempio l’effettivo pagamento da parte del garante senza possibilità di esperire la rivalsa, ma si sottolinea che la rinuncia esclude la rivalsa ma non determinando alcun arricchimento del beneficiario della garanzia, non si determina automaticamente la donazione indiretta.

 

t) Donazione mista

Ricorre questa figura quando in un negozio oneroso una delle prestazioni è notevolmente inferiore a quanto dovuto e chi la riceve intende, in tal modo, arricchire volontariamente l’altra parte.

Ovviamente, perché si abbia donazione indiretta è necessario che il venditore sia cosciente della differenza di prezzo.

Esempi:

1)     vendita per un prezzo inferiore al valore della cosa venduta, e, viceversa;

2)     vitalizio la cui rendita è inferiore al reddito della cosa trasferita;

3)    divisione con cui uno dei condividenti volontariamente riceve beni di valore inferiore alla quota di diritto a lui spettante;

4)     concedente di enfiteusi  che dispensa l’enfiteuta dall’obbligo di pagare il canone annuo e in tal caso se il canone capitalizzato fosse inferiore al valore della cosa, si avrebbe, appunto, una DONAZIONE INDIRETTA.

Si discute se questa figura, appunto, dia luogo

1)    alla donazione indiretta[204]: in quanto una delle due parti ha l’intenzione di arricchire l’altra e realizza tale scopo attraverso un atto diverso dalla donazione tipica, e, cioé, indirettamente, a mezzo di un diverso negozio (vendita, rendita e divisione).

Difatti, secondo la sentenza su citata si è precisato che il negotium mixtum cum donatione non è riconducibile alla figura del contratto misto, quanto, invece, al negozio indiretto, la cui principale caratteristica risiede nell’utilizzazione di un negozio tipico in vista della realizzazione di uno scopo ulteriore o diverso rispetto a quello del negozio realmente posto in essere.

Detto contratto si qualifica come un contratto mediante il quale le parti volutamente stabiliscono un corrispettivo di gran lunga inferiore a quello che sarebbe dovuto, con l’intento di arricchire la parte acquirente per quella parte eccedente il corrispettivo pattuito. In sostanza le parti adottano lo schema tipico del contratto oneroso con l’ulteriore intento di far conseguire a una di esse un arricchimento a titolo gratuito, in modo da piegare la causa tipica del contratto stipulato alla realizzazione di una finalità di liberalità.

Pertanto, detto contratto non dovrà rivestiire la forma prescritta della donazione ma quella propia dello schema negoziale effettivamente adottato.

In virtù anche dell’ art. 809 c.c., nel sancire l’applicabilità delle norme sulle donazioni agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 c.c., non richiama l’art. 782 c.c., che prescrive la forma dell’atto pubblico per la donazione; essendo la norma appena richiamata volta a tutelare il donante, essa, a differenza delle norme che tutelano i terzi, non può essere estesa a quei negozi che perseguono l’intento di liberalità con schemi negoziali previsti per il raggiungimento di finalità diverse.

Critica alla teoria opposta (negozio misto): non può accogliersi l’opposta teoria del negozio misto in quanto appare insostenibile la fusione di due cause completamente diverse tra loro, anzi contrapposte.

Conseguenze: la disciplina applicabile sarà quella dei negozi indiretti: andranno applicate le norme del negozio mezzo (ossia del negozio oneroso) per gli aspetti formali, mentre andranno applicate le norme delle donazioni per gli aspetti sostanziali.

2) Al negozio misto

questi autori[205] muovono dal presupposto che è compatibile la fusione, in un’unica causa, di due funzioni così diverse tra loro: quella di scambio (ossia onerosa) e quella gratuita.

Critica alla teoria opposta (negozio indiretto).

Sempre per questi autori l’opposta teoria della donazione indiretta darebbe luogo ad un inconveniente: l’onere della forma donativa (atto pubblico alla presenza irrinunciabile di due testimoni) non dovrebbe essere rispettata quando il corrispettivo è d’importo molto basso.

Conseguenze: è che la disciplina applicabile alla figura è quella del contratto misto.

Per recente cassazione[206] nel caso di un atto di compravendita, in cui il rapporto tra valore dei beni e prezzo scambiato è estremamente sbilanciato, si ritiene operante la figura del negotium  mixtum cum donatione, ovvero un contratto oneroso accompagnato dalla cosciente pattuizione di un corrispettivo inadeguato alla controprestazione per  il quale non é richiesta la forma particolare prevista per le donazioni.

Nel caso di specie veniva qualificato come “vendita” il contratto il cui prezzo, asseritamente quietanzato dal venditore nel rogito stesso, risultava essere inferiore o circa pari ad un settimo del valore complessivo del compendio  immobiliare ceduto. Secondo i ricorrenti, nel caso di specie, la assoluta inadeguatezza del prezzo,  nonché il legame familiare e di convivenza dei contraenti, costituivano indici sicuri del fatto che l’elemento di liberalità del contratto era prevalente  rispetto a quello oneroso con la conseguenza che la forma del negozio, in  correlazione a tale criterio di prevalenza, doveva essere quella della  donazione.

Ancora per ultima cassazione[207], premesso che il negotium mixtum cum donatione é un negozio a titolo oneroso che persegue una finalità di liberalità e che costituisce fattispecie non di contratto misto, ma di donazione indiretta, ne consegue che la disciplina applicabile non é quella della donazione tout court, bensì quella delle liberalità risultanti da atti diversi, ai sensi dell’articolo 809 c.c. Tale articolo, che a sua volta stabilisce quali norme della donazione sono applicabili alle liberalità che risultino da atti diversi, deve essere interpretato restrittivamente, nel senso che alle liberalità anzidette non si applicano tutte le altre norme da esso non richiamate. Ne consegue che l’articolo 778 c.c., che detta limiti al mandato a donare, non essendo richiamato dal citato articolo 809 c.c., non é applicabile al mandato a stipulare un negotium mixtum cum donatione.

Nel caso di soggetto che abbia erogato il denaro per l’acquisto di un immobile in capo ad uno dei figli

A tal proposito, va precisato che la dottrina per anni si è chiesta se una siffatta liberalità costituisca una donazione diretta o indiretta di denaro, ovvero una donazione indiretta dell’immobile, assumendo posizioni contrastanti. Altra tesi, invece, ha sempre guardato all’intenzione del donante per individuare l’oggetto della donazione.

Anche la giurisprudenza ha assunto posizioni contrastanti.

In un primo momento, la Cassazione ha appoggiato la tesi della donazione del denaro e non già dell’immobile, che non ha mai fatto parte del patrimonio.

Successivamente, invece, i giudici di legittimità a Sezioni Unite hanno chiarito che nella ipotesi di acquisto con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, si configura una donazione indiretta del bene stesso e non del denaro. In pronunce recenti la Suprema Corte, a definizione della veperata quaestio, ha affermato la necessità di rivolgere l’attenzione dell’oggetto dell’animus donandi per individuare il bene suscettibile di donazione, tenendo distinta la dazione del denaro, quale mezzo per l’unico e specifico fine dell’acquisto dell’immobile, che integra un’ipotesi di donazione indiretta del bene e non del denaro.

Ad esempio[208], nel caso di soggetto che abbia erogato il denaro per l’acquisto di un immobile in capo ad uno dei figli si deve distinguere l’ipotesi della donazione diretta del denaro, impiegato successivamente dal figlio in un acquisto immobiliare, in cui, ovviamente, oggetto della donazione rimane il denaro stesso, da quella in cui il donante fornisce il denaro quale mezzo per l’acquisto dell’immobile, che costituisce il fine della donazione.

In tale caso il collegamento tra l’elargizione del denaro paterno e l’acquisto del bene immobile da parte del figlio porta a concludere che si è in presenza di una donazione (indiretta) dello stesso immobile e non del denaro impiegato per il suo acquisto.

Sempre sulla donazione di denaro altra Cassazione[209] ha così statuito: in tema di donazione indiretta, con riguardo alla vicenda dell’edificazione, con denaro del genitore, su terreno intestato a figli (a seguito di precedente donazione indiretta), il bene donato può ben essere identificato, non nel denaro, ma nello stesso edificio realizzato – senza che a ciò sia di ostacolo l’operatività dei principi sull’acquisto per accessione – tutte le volte in cui, tenendo conto degli aspetti sostanziali della vicenda negoziale (nella specie alternativamente indicata dal giudice del merito come appalto o come contratto a favore di terzi) e dello scopo ultimo perseguito dal disponente, l’impiego del denaro a fini edificatori sia compreso nel programma negoziale perseguito dal genitore donante.

Inoltre, ai fini processuali, come statuito anche da recente sentenza di merito[210], nel cosiddetto negotium mipertun cum donatione, la causa del contratto ha natura onerosa. Tuttavia, il negozio commutativo stipulato dai contraenti ha la finalità di raggiungere, per via indiretta, attraverso la voluta sproporzione tra le prestazioni corrispettive, una finalità diversa e ulteriore rispetto a quella dello scambio, consistente nell’arricchimento, per puro spirito di liberalità, di quello dei contraenti che riceve la prestazione di maggior valore, con ciò realizzando il negozio posto in essere una fattispecie di donazione indiretta. Incombe poi alla parte che intenda far valere in giudizio la simulazione relativa nella quale si traduce il negotium mixtum cum donatione l’onere di provare sia la sussistenza di una sproporzione di significativa entità tra le prestazioni, sia la consapevolezza di essa e la sua volontaria accettazione da parte dell’alienante in quanto indotto al trasferimento del bene a tali condizioni dall’animus donandi nei confronti dell’acquirente.

Sul punto, anche recente Cassazione

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 3 luglio 2019, n. 17881.

è intervenuta affermando che nel caso di acquisto di un immobile da parte di un soggetto, con denaro fornito da un terzo per spirito di liberalità, si configura una donazione indiretta, che si differenzia dalla simulazione giacché l’attribuzione gratuita viene attuata, quale effetto indiretto, con il negozio oneroso che corrisponde alla reale intenzione delle parti e alla quale, pertanto, non si applicano i limiti alla prova testimoniale, in materia di contratti di simulazione, che valgono, invece, per il negozio tipico utilizzato allo scopo.

Per altra Cassazione[211], poi, la donazione indiretta, consistente nell’intestazione in favore del beneficiario di una quota di immobile acquistata con danaro proprio della disponente, proveniente dall’attività di meretricio di quest’ultima, dalla quale il primo traeva guadagno, non è affetta da nullità per illiceità della causa, rimanendo la condotta di sfruttamento della prostituzione irrilevante rispetto all’atto di liberalità, espressione di piena autonomia negoziale ed oggetto di semplice accettazione da parte del donatario.

Tale donazione potrebbe essere soggetta anche ad azione revocatoria ordinaria, come da ultima pronuncia del Tribunale di Salerno[212]. Ritenuta la donazione indiretta, come è applicabile l’azione revocatoria ordinaria di cui all’art. 2901 c.c., il cui principale scopo è quello di far rientrare nel patrimonio del debitore i beni distratti affinché i creditori possano concorrere fino al soddisfo del proprio diritto di credito?

La problematica è dettata dal fatto che gli immobili, formalmente, non hanno mai fatto parte del patrimonio del debitore.

La questione è stata superata attraverso la deduzione logico/normativa secondo cui, trattandosi di donazione indiretta, seppur in mancanza di una formale intestazione, va ritenuto che il donante abbia, di fatto, acquistato l’immobile per poi donarlo, in un secondo momento, ai figli mediante il rogito notarile. Secondo il giudice di merito, gli immobili sarebbero entrati nel patrimonio del padre e quindi del debitore per almeno due motivi: il primo, è che la reale volontà del donante è quella di donare gli immobili e non il denaro occorrente per il loro acquisto, sicché non si può donare se non qualcosa che rientri nella sfera giuridica di chi compie l’atto di liberalità; il secondo, è che la DONAZIONE INDIRETTA non è un istituto giuridico a sé, ma segue le regole della donazione tout court, che non consente la donazione di beni altrui.

Da ultimo è nuovamente tornata la Cassazione

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 17 aprile 2019, n. 10759.

affermando il seguente principio: Si ha donazione indiretta di un bene (nella specie, un immobile) anche quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo della relativa compravendita dovuto dal donatario, laddove sia dimostrato lo specifico collegamento tra dazione e successivo impiego delle somme, dovendo, in tal caso, individuarsi l’oggetto della liberalità, analogamente a quanto affermato in tema di vendita mista a donazione, nella percentuale di proprietà del bene acquistato pari alla quota di prezzo corrisposta con la provvista fornita dal donante.

u) Contratto a favore del terzo

[213]

É il contratto nel quale una parte (cd. stipulante) designa un terzo (estraneo al contratto) quale avente diritto alle prestazioni oggetto del contratto dovute dalla controparte (cd: promittente): lo stipulante fornisce la provvista economica (es. prezzo nella vendita a favore del terzo) allo stipulante il quale trasferisce il diritto o assume l’obbligazione nei confronti del terzo designato; questi, pur restando estraneo al rapporto, acquisisce il diritto per effetto diretto del contratto.

La stipulazione è valida solo se lo stipulante ha un interesse (di natura patrimoniale o morale) che giustifichi l’attribuzione al terzo: – tale interesse può consistere nell’estinzione di una precedente obbligazione (giuridica o naturale) verso il terzo, oppure nella volontà dello stipulante di fare una donazione al terzo (interesse liberale) nel qual caso si avrà una donazione indiretta.

L’operazione si conclude solo con la dichiarazione del terzo beneficiario di voler profittare della prestazione (obbligatoria o reale): qualora intervenga la revoca dello stipulante o il rifiuto del terzo, la prestazione resta a beneficio dello stipulante, salvo diverse pattuizioni fra le parti o salvo che diversamente risulti dalla natura del contratto.

Sotto il profilo della pubblicità va osservato che il contratto a favore del terzo nell’ipotesi più strettamente notarile della vendita di immobile a favore del terzo (o costituzione di servitù prediale a favore del terzo) è immediatamente trascrivibile a carico del promittente e a favore del terzo (o del fondo del terzo) in quanto il terzo acquista il diritto per effetto della stipulazione (1411, II comma, c.c.); l’adesione del terzo  (cd. dichiarazione di voler profittare) non ha la funzione di far acquistare il diritto al terzo, né fa diventare il terzo parte del contratto, ma rileva ai soli fini della  IRREVOCABILITÀ DELLA STIPULAZIONE (da parte del terzo).

La giurisprudenza dominante la considera condicio juris sospensiva dell’acquisizione definitiva del diritto (forse impropriamente in quanto l’acquisizione è già avvenuta); l’atto di adesione va annotato; l’atto di revoca della stipulazione o di rifiuto del terzo vanno invece trascritti contro il terzo beneficiario e a favore dello stipulante.

È discutibile se anche la donazione realizzata in via indiretta a mezzo del contratto a favore del terzo sia nulla quolara abbia ad oggetto beni futuri in base al noto art. 771 c.c. secondo il quale la donazione non può comprendere che i beni futuri[214].

Sembra preferibile[215] la validità dell’atto perché la futurità deve essere riferita non al patrimonio del promittente, ma al patrimonio dello stipulante – donante il quale trasferisce denaro, ossia un bene per il quale l’eventuale futurità non rileva.

Ipotesi di contratto a favore di terzo[216] sono, tra l’altro

ü l’assicurazione sulla vita a favore del terzo: il terzo beneficiario acquisisce un diritto autonomo alla prestazione dell’assicuratore (promittente) la cui esecuzione avviene al momento della morte dell’assicurato; si tratta, secondo la dottrina e giurisprudenza dominante, di atto inter vivos eseguibile dopo la morte con precisazione che la morte funge da termine iniziale di efficacia dell’acquisto e non da causa del contratto onde non si ha deroga al divieto dei patti successori. Qualora l’assicurazione vita a favore del terzo sia stipulata per spirito di liberalità dello stipulante verso il terzo si ha un’ipotesi di DONAZIONE INDIRETTA; tuttavia il diritto del terzo ad incassare il capitale assicurato al momento della morte dello stipulante deriva, come detto, autonomamente dal contratto di assicurazione, onde il terzo non è nè avente causa, né erede dello stipulante; il capitale assicurato, infatti, non proviene dal patrimonio del defunto bensì dalle casse della Società di Assicurazioni.

Da ciò derivano delle conseguenze di notevole rilievo: i creditori del defunto e i suoi eredi (compresi i legittimari) non potranno avanzare pretese sul capitale assicurato, ma soltanto sui PREMI PAGATI dal defunto che rappresentano effettivamente somme uscite dal patrimonio del defunto e come tali soggette a riduzione[217], collazione[218] etc.

ü La costituzione di rendita vitalizia a favore del terzo (art.1875 cc.).

ü Contratto autonomo di garanzia[219] e l’assicurazione fideiussoria

v) Trasferimento di titoli di credito

 

Anche questa da sempre è stata ritenuta un’ipotesi dibattuta, ma da ultimo la Cassazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|19 agosto 2021| n. 23127.

ha affermato che il trasferimento “donationis causa” di titoli di credito astratti non dà luogo ad una donazione indiretta, intesa come mezzo per conseguire, attraverso l’utilizzazione di un negozio con causa tipica, un risultato pratico da questo divergente, essendo detti titoli suscettibili di realizzare in modo diretto qualsiasi scopo voluto dalle parti, sicché integra una donazione diretta, soggetta in quanto tale al requisito di forma nel rapporto base tra il “tradens” e l'”accipiens”.

z) Divorzio e l’accordo contenente l’obbligo di fornire ai figli i mezzi per l’acquisto di un bene a loro nome

Su tale fattispecie la Cassazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|25 novembre 2022| n. 34865.

di recente ha statuito in sentenza quanto segue:

In tema di divorzio, l’accordo contenente l’obbligo di fornire ai figli i mezzi per l’acquisto di un bene a loro nome non costituisce una donazione indiretta ove, ancorché effettuato a titolo gratuito, non sia posto in essere per spirito di liberalità ma costituisca parte integrante della più ampia regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi.

Il dato caratterizzante la donazione e’ generalmente ravvisato nello spirito di liberalita’, che la norma richiede perche’ il contratto abbia natura di donazione e che deve ricorrere anche nelle donazioni indirette, in cui la liberalita’ e’ raggiunta attraverso l’utilizzazione strumentale di negozi diversi (Cass. n. 3526/1976; Cass. n. 3147/1980). Le donazioni indirette sono soggette per un verso a talune norme dettate per la donazione, ai sensi dell’articolo 809 c.c., per altro verso alle norme in tema di collazione (v. articolo 737 c.c., il quale estende l’istituto anche alle donazioni definite indirette dalla stessa norma).
Affinche’ un atto dispositivo possa qualificarsi come donazione non e’ sufficiente che il medesimo sia compiuto a titolo gratuito, ma occorre anche che la disposizione patrimoniale sia animata da spirito di liberalita’, ossia effettuata a titolo di mera e spontanea elargizione, fine a se’ stessa (Cass. n. 21781/2008). In breve, lo spirito di liberalita’ e’ da intendere come “consapevole determinazione dell’arricchimento del beneficiario mediante attribuzioni od erogazioni patrimoniali operate nullo iure cogente” (Cass. n. 3147/1980).
5. La natura di liberalita’ e’ generalmente negata ai negozi con il quale uno dei genitori si obblighi nei confronti dell’altro ad attribuire la proprieta’ di beni immobili ai figli, estranei all’accordo (Cass. n. 12110/1992; n. 11342/2004; n. 5473/2006). Il principio e’ di solito riconosciuto con riferimento all’assunzione dell’obbligo di trasferimento di un bene proprio del genitore. In presenza dei medesimi presupposti che inducono a negare la natura liberale dell’atto, la soluzione non puo’ essere diversa per il caso in cui il genitore, invece dell’obbligo di trasferire, abbia assunto nei confronti dell’altro genitore l’obbligo di fornire ai figli i mezzi per l’acquisto di un bene in loro nome. Il rilievo che l’intestazione di beni in nome altrui sia strumento idoneo a realizzare una liberalita’, proposto dalla Corte d’appello, e’ argomento neutro sotto questo profilo. Esso vale a patto che mezzi siano stati forniti dal disponente per spirito di liberalita’, che non e’ necessariamente implicito nella fattispecie. E’ intuitivo che, in questo caso, non sara’ utilizzabile il rimedio ex articolo 2932 c.c., ammesso dalla giurisprudenza per l’ipotesi di assunzione dell’obbligo di trasferimento diretto.
6. Orbene, la Corte d’appello ha negato che nella vicenda potesse ravvisarsi una donazione della madre in favore dei figli, avvenuta tramite la rinuncia alla quota di comproprieta’ dell’alloggio. L’argomento, ripreso dai controricorrenti, e’ esatto, ma nient’affatto decisivo al fine riconoscere o negare la natura liberale del successivo acquisto. Invero l’indagine indispensabile alla qualificazione della pattuizione avrebbe dovuto passare attraverso lo scrutinio della sussistenza dell’elemento non solo oggettivo, ma anche soggettivo della donazione, cioe’ dello spirito di liberalita’, si’ da verificare se la messa a disposizione dei mezzi per l’acquisto da parte del genitore potesse dirsi effettivamente avvenuto nullo iure cogente. A questi effetti la circostanza di fatto che la madre aveva trasferito la propria quota al padre senza corrispettivo, come ancora si evidenzia nel controricorso, e’ tutt’altro che dirimente, cosi’ come non lo e’ il fatto che la casa familiare sarebbe stata a suo tempo acquistata con denaro solo del padre o che avesse un valore inferiore a quanto da lui erogato alle figlie per l’acquisto dei due immobili. Tali obiezioni lasciano comunque fermo il dato oggettivo, quale emerge dalla stessa sentenza impugnata, che la pattuizione si inseriva nel quadro della complessiva regolazione degli interessi patrimoniali connessi al divorzio, avuto riguardo in particolare alle previsioni riferite alla casa familiare gia’ in comproprieta’, divenuta di proprieta’ esclusiva del padre in base agli accordi, e alla destinazione del ricavato della vendita programmata con la stessa scrittura.

F) LA DONAZIONE OBBLIGATORIA

art. 769  c.c.  definizione

la donazione è il contratto con il quale per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa un diritto proprio, presente nel patrimonio o assumendo verso la stessa una obbligazione.

È dubbio se è consentito al donante assumere un facere nei confronti del donatario.

Dottrina contraria[220] dubita per il facere, perché prestare la propria opera non produrrebbe un depauperamento nel patrimonio del beneficiante, mancando il passaggio definitivo di un valore da un patrimonio ad un altro.

Inoltre[221], sarebbe difficilmente applicabile la disciplina delle donazioni in punto di revoca, collazione[222] e riduzione[223], dovendo procedersi a stima del valore del facere.

Secondo una personale opinione di chi scrive, vi sono non pochi casi, nell’ambito dell’ordinamento positivo, dove le prestazioni di fare non sono accolte in maniera positiva, per la difficile quantificazione del valore, come ad esempio avviene nella disciplina delle S.p.A., in materia di conferiementi, in merito al quale è previsto il limite (se non come prestazioni accessorie art. 2345 c.c.) del conferimento di opera e di servizi per la loro aleatorietà.

Dottrina favorevole[224]: la tesi contraria va respinta perché un valore nel facere (anche nel non facere) è pur sempre ravvisabile e stimabile, tanto più in quanto, come spesso accade, esso si risolva in un dare, cioè nell’esecuzione e consegna di un’opera.

Vi è anche l’arricchimento del donatario che è elmento essenziale della donazione.

Vi è il depauperamento del donante che, è stato affermato[225], può essere individuato nella mancanza di un corrispettivo, che giustifica in un contratto sinallagmatico la prestazione di fare.

Ad es. l’artista che si obbliga a prestare gratuitamente la sua opera in una rappresentazione teatrale o cinematografica. L’esplicazione di una qualunque attività di carattere patrimoniale, genera, infatti, un credito alla ricezione di un compenso: se l’avente diritto rinuncia ab inizio al corrispettivo, subisce, perciò, solo un depauperamento

 

Ancora[226], a sostegno di tale opinione adduce lo stesso testo dell’art. 769 che disciplina qualsiasi obbligazione genericamente intesa.

Si può concludere secondo autorevole dottrina[227] che se la prestazione di fare oggetto della donazione è suscettibile di valutazione pecuniaria eper art 1174 c.c. (perché altrimenti non sarebbe un’obbligazione), viene compiuta animo donandi, e, quindi, non rientra nell’ambito di altro negozio tipico gratuto (altrimenti non si potrebbe applicare la disciplina delle donazioni), non vi sono ragioni per negare la configurabilità di una donazione tipica.

Per la S.C.[228] il contratto di donazione può essere, a norma dell’art. 769 c.c., non solo ad effetti traslativi ma anche ad effetti obbligatori, limitandosi a far sorgere un semplice rapporto d’obbligazione in cui il donante assume la posizione di debitore nei confronti del donatario, il quale viene arricchito dall’acquisto di un diritto di credito senza alcun sacrificio; l’accordo, invece, attraverso cui un soggetto assuma per spirito di liberalità il debito di altro soggetto verso un terzo, non integra una donazione tipica non verificandosi a vantaggio del debitore alcun arricchimento, che potrebbe conseguire solo alla liberazione propria dell’accollo privativo eper art. 1273, secondo comma, c.c., ma realizza tuttavia una donazione indiretta che resta assoggettata, circa la forma, alla disciplina propria dell’atto attraverso il quale si realizza la liberalità, salva l’applicazione delle norme sulla revocazione[229] delle donazioni e di quelle sulla riduzione[230] per reintegrare la quota dovuta ai legittimari.

G) LA DONAZIONE LIBERATORIA

art. 769  c.c.  definizione

la donazione è il contratto con il quale per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa un diritto proprio, presente nel patrimonio o assumendo verso la stessa una obbligazione.

Definizione   

É l’atto col quale un soggetto titolare di un diritto di credito o di un diritto reale limitato (ad es. usufrutto) per spirito di liberalità si libera di tale diritto per arricchire il debitore o il titolare della Nuda Proprietà.

Oggetto

– ogni diritto – non solo quelli di credito – ma anche i diritti reali limitati (ad eccezione della servitù[231]).

Teoria negativa

Parte della dottrina[232] nega nel nostro ordinamento positivo possa avere cittadinanza, perché l’atto, con il quale il titolare del diritto di credito dismette con animo liberale il diritto medesimo, deve sempre qualificarsi remissione di debito; questa tesi è basata principalmente sulla considerazione che l’eventuale dichiarazione di accettare fatta dal beneficiato non comporta la formazione di un contratto perché trattasi di una dichiarazione autonoma e giuridicamente inutile.

Il negozio di remissione, sempre unilaterale, è già compiuto prima che intervenga tale dichiarazione: questa ha valore di mero fatto, altro non esprimendo se non il gradimento della persona beneficiata. L’animo liberale (causa donandi), in altri termini, non trasforma la remissione in donazione, ma può solo integrare una donazione indiretta[233].

art. 1236 c.c.    dichiarazione di remissione del debito

la dichiarazione del creditore di rimettere il debito estingue l’obbligazione quando è comunicata al debitore (1334), salvo che questi dichiari in un congruo termine di non volerne profittare.

Risvolti pratici – forma – disciplina della remissione.

Teoria positiva

Gli autori favorevoli[234] a tale tipo di donazione trovano il conforto letterale nelle parole “disposizione di un diritto” (art.769 c.c.); essa si differenzia dalla MERA Remissione del debito e dalla MERA Rinunzia dell’usufrutto che se fatti senza corrispettivo sono atti a titolo gratuito che si differenziano dalla donazione perchè manca lo spirito di liberalità.

La donazione liberatoria presenta, in concreto, tutti i caratteri fondamentali di ogni altra donazione:

ü     l’arricchimento del donatario –

ü     il depauperamento del donante –

ü     lo spirito di liberalità

Né trattasi di donazione indiretta[235] perché l’atto di disposizione ha come effetto immediato e diretto l’arricchimento del donatario che viene liberato dal debito.

È stato, inoltre, sottolineato[236] che rinunzia e donazione hanno funzioni nettamente diverse: la prima meramente abdicativi, la seconda essenzialmente attributiva.

La donazione, a differenza della semplice remissione, si raggiunge immediatamente il risultato di dare definitività al regolamento dettato col negozio, sottraendolo alla situazione di incertezza determinata dalla possibilità del rifiuto da parte del debitore prevista per la remissione.

Risvolti pratici[237] – forma – disciplina della donazione.

H) LA DONAZIONE RIMUNERATORIA E LA LIBERALITÀ D’USO LIBERATORIA

art. 770 c.c.      donazione rimuneratoria

è donazione anche la liberalità fatta per riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario o per speciale rimunerazione (ques’ultima si dice appunto speciale perché nasce dalla spontanea volontà del donante e non è fatta, invece, in considerazione o in adempimento di usi e consuetudini o tanto meno di obblighi) (c.c.797, 805).

[Liberalità d’uso] Non costituisce donazione la liberalità che si suole fare in occasione di servizi resi o comunque in conformità agli usi (c.c.742, 809).

 

 

1)              LA DONAZIONE RIMUNERATORIA

Vera e propria donazione, la cui causa è costruita, in senso soggettivo, dall’arricchimento altrui senza corrispettivo e, in senso soggettivo, dallo spirito di liberalità.

Per recente Cassazione[238] la donazione rimuneratoria, contratto che soggiace alle condizioni di forma previste dall’articolo 782 c.c., consiste in un’attribuzione gratuita, compiuta spontaneamente e nella consapevolezza di non dover adempiere alcun obbligo giuridico, morale, sociale, volta a compensare i servizi resi dal donatario.

Per la Corte Milanese[239] si parla di donazione rimuneratoria ogni volta che una persona fa una donazione spontaneamente e liberamente, cioè senza avere alcun obbligo, mossa da un sentimento di riconoscenza nei confronti di un’altra persona, o in considerazione di meriti di questa o, ancora, per ripagare un servizio che una persona ha fatto o ha promesso di fare.

Ci possono quindi essere tre diversi tipi di donazione rimuneratoria.

ü La donazione fatta per riconoscenza nei confronti del beneficiario della donazione o di un membro della sua famiglia: in questo caso la donazione è fatta per gratitudine per qualcosa che un soggetto ha fatto.

ü La donazione fatta in considerazione di meriti del beneficiario della donazione è il caso della donazione fatta sulla base di un sentimento di ammirazione che si prova nei confronti dei meriti acquisiti da un altro soggetto per esempio per particolari qualità di questo o per attività degne di merito che questo ha svolto a vantaggio dell’intera collettività, di determinate categorie di persone o anche di singoli individui (diversi da chi fa la donazione o dai suoi familiari).

ü La cosiddetta donazione per speciale rimunerazione è la donazione fatta spontaneamente dal donante con la specifica intenzione di dare un compenso per un servizio resogli o promessogli dal beneficiario della donazione. È fondamentale per poter rientrare in questo caso che colui che fa la donazione non abbia un obbligo di legge o un obbligo morale o sociale di pagare il servizio, ma che decida spontaneamente e liberamente di pagarlo essendo consapevole di non aver alcun obbligo di farlo.

Lo spirito di liberalità non viene meno, pur se l’attribuzione é

ü   fatta per riconoscenza – sentimento di gratitudine –  es. la donazione reciproca, fatta cioé, da chi, in passato beneficiato, dona ora, a sua volta al benefattore

ü  o fatta in considerazione dei meriti del donatario, verso la collettività o verso individui diversi dal donante – sentimento di ammirazione – deve però trattarsi di meriti che non hanno arrecato diretto vantaggio al donante, altrimenti si ricadrebbe nell’ipotesi successiva – es. per una scoperta scientifica – per un‘opera letteraria, ecc.

Secondo una sentenza di merito[240] il prelevamento, in forza di regolare delega, del denaro depositato sul conto corrente del padre, prima della di lui morte ed in osservanza del suo desiderio di compensare la figlia per l’assistenza che gli ha prestato, deve essere considerato come una donazione indiretta[241] rimuneratoria; la somma così acquisita dalla figlia, non può formare oggetto di divisione ereditaria, ma può, però, essere ridotta al fine di integrare la quota di riserva spettante a sua sorella.

É stato, poi, specificato dalla Cassazione[242], nell’ambito dei casi tipici di assistenza, quest’ultima non può essere interpretata, di per sè sola, come fatto rivelatore di un rapporto di lavoro, essendo possibile che sia stata determinata da meri affetto e benevolenza e che per affermare l’esistenza di un rapporto siffatto occorre invece la prova che ab initio vi sia stata l’assunzione, da una parte, dell’impegno a prestar assistenza sia pure con discrezionalità nella scelta dei modi, e dall’altra dell’obbligo di corrispondere un corrispettivo, ancorché con rinvio della sua determinazione ad un momento futuro.

ü  O fatta per speciale (perché non è fatta in considerazione o in adempimento di usi[243] e consuetudini o tanto meno di obblighi) rimunerazione, per servizi resi dal donatario, anche a titolo oneroso, e particolarmente apprezzati dal donante.

Questo servizio può essere sia anteriore che posteriore, purchè manchi la sinallagmaticità tra le due prestazioni – es. tipico – la donazione fatta al medico o all’ Avvocato;

In tale ultima ipotesi secondo la Giurisprudenza: vi è un concorso di motivi, cosicché la donazione è configurabile ove quello liberale prevalga su quello di scambio, configurandosi altrimenti un negozio misto a donazione[244].

Mentre, secondo la dottrina[245] vi sarebbe un collegamento negoziale[246] tra una datio in solutum e una liberalità, cioè tra causa solvendi e causa donandi.

Disciplina

Il donante non è tenuto verso il donatario alla garanzia per evizione[247] entro i limiti delle prestazioni ricevute (art. 797, n. 3, c.c.) e, più in generale, la donazione rimuneratoria non è mai soggetta a revoca[248] (art. 805 c.c.), né da luogo all’obbligo alimentare (art. 437 c.c.)

art. 805 c.c.      donazioni irrevocabili

non possono revocarsi per causa d’ingratitudine, né per sopravvenienza di figli, le donazioni rimuneratorie quelle fatte in riguardo di un determinato matrimonio (c.c.785).

In base all’art. 64 l. fall., la donazione rimuneratoria, a differenza dell’adempimento di un’obbligazione naturale, è soggetta alla revocatoria ordinaria e a quella fallimentare, in quanto, anche se diretta a compensare servizi resi in precedenza al donatario, integra una elargizione di natura discrezionale, non essendovi tenuto il donante, né in base a vincolo giuridico, né per dovere morale o consuetudine sociale[249].

 

Rapporti tra la donazione Rimuneratoria e l’obbligazione naturale

 

Chi dona per riconoscenza o per speciale rimunerazione (ma non per i meriti del donatario) può averlo fatto perché avvertiva una sorta di coercizione, cosicché è difficile individuare il confine rispetto all’adempimento di obbligazione naturale.

Se ci si basa sull’animus il rischio è quello di dar vita ad un processo alle intenzioni.

In termini oggettivi si é, invece, osservato[250] che l’obbligazione naturale è un dovere della morale, cosicché il giudizio sulla sua esistenza non è rimessa al singolo, il quale lo subisce come un obbligo.

In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza unanime della Cassazione[251], la quale ha affermato che affinché si possano distinguere le due figure è necessario che il motivo dell’attribuzione patrimoniale assuma, in entrambe le figure, rilevanza giuridica: nella donazione rimuneratoria, infatti, il motivo dell’attribuzione patrimoniale deve essere correlato specificamente da un comportamento del donatario, nei cui confronti la liberalità si pone come riconoscenza; nell’ambito dell’obbligazione, invece, il motivo dell’attribuzione patrimoniale è quello di adempiere un dovere morale e sociale (vi è sempre, comunque, un animus solvendi a differenza della donazione rimuneratoria per la quale è previsto un animus donandi anche se dovuto all’osservanza di un uso o di un costume).

Per altra sentenza della Cassazione[252] la donazione rimuneratoria consiste nell’attribuzione gratuita compiuta spontaneamente e nella consapevolezza di non dover adempiere alcun obbligo giuridico, morale, sociale per compensare i servizi resi dal donatario. Figura esclusa nella fattispecie, con riferimento alla disposizione con cui una signora aveva riconosciuto di essere debitrice di una somma pecuniaria nei confronti della nipote a titolo di gratitudine e compenso per l’assistenza, la cura e l’amministrazione ricevute per un considerevole periodo.

Ancora per la Corte regolatrice[253] per donazione rimuneratoria deve intendersi l’attribuzione gratuita compiuta spontaneamente e nella consapevolezza di non dover adempiere alcun obbligo giuridico, morale o sociale per compensare i servizi resi dal donatario; pertanto, per la validità della stessa, occorre che sia costituita con le forme di legge previste per la donazione.

 

Risvolti pratici

forma libera – per l’adempimento dell’obbligazione naturale –

forma vincolata  – per la donazione.

Ancora per la Cassazione[254] la disciplina del negotium mixtum cum donatione obbedisce al criterio della prevalenza, nel senso che ricorre la donazione rimuneratoria (che esige la forma solenne richiesta per le donazioni tipiche) quando risulti la prevalenza dell’animus donandi, laddove si avrà invece un negozio a titolo oneroso, che non abbisogna della forma solenne, quando l’attribuzione patrimoniale venga effettuata in funzione di corrispettivo o in adempimento di una obbligazione derivante dalla legge o in osservanza di un dovere nascente dalle comuni norme morali e sociali che si riveli assorbente rispetto all’animus donandi.

Secondo il Tribunale Foggiano[255] non sussistono gli estremi per riconoscere l’esistenza di una donazione indiretta o di una donazione rimuneratoria quando difettano sia gli elementi formali della donazione sia la prova dell’animus donandi. Inoltre, come nel caso all’attenzione, non può ipotizzarsi donazione rimuneratoria laddove non venga né fornita né dedotta prova alcuna della particolare attività di accudimento asserita.

Per la Corte Partenopea[256] l’attribuzione patrimoniale effettuata in favore del convivente more uxorio, a titolo di ristoro per il sacrificio della sua aspirazione ad un’esistenza autonoma ed indipendente, nonchè al fine di assicurargli un’autosufficienza economica per il tempo successivo alla cessazione del rapporto, si configura come adempimento di un’obbligazione naturale piuttosto che come donazione rimuneratoria, purchè la prestazione risulti adeguata alle circostanze e proporzionata all’entità del patrimonio ed alle condizioni sociali del solvens.

 

2)              LE LIBERALITÀ D’USO

La liberalità d’uso solitamente costituisce un’elargizione che viene fatta in occasione di particolari servizi resi o in conformità agli usi vigenti in un determinato luogo.

Per ultima Cassazione[257] la liberalità d’uso prevista dall’art. 770, secondo comma, c.c. (non costituente donazione in senso stretto e perciò non soggetta alla forma propria di questa), sussiste quando la elargizione si uniformi, anche sotto il profilo della proporzionalità, alle condizioni economiche dell’autore dell’atto, agli usi e costumi propri di una determinata occasione, da vagliarsi anche alla stregua dei rapporti esistenti fra le parti e della loro posizione sociale. Tali liberalità trovano fondamento negli usi invalsi a seguito dell’osservanza di un certo comportamento nel tempo, e dunque di regola in occasione di quelle festività, ricorrenze, occasioni celebrative che inducono comunemente a elargizioni, soprattutto in considerazione dei legami esistenti tra le parti.

La causa di siffatta attribuzione non appare prime facie diversa da quella del negozio di liberalità donativa, comportando l’impoverimento del donante e arricchimento del donatario.

Si osserva[258], come il particolare motivo dell’attribuzione, rappresentato dall’intento di compensare un soggetto per i servizi da costui ricevuti, nel rispetto di un uso diffusosi in una determinata località e in un determinato periodo di tempo, finisca con il mutare la causa della liberalità, non più spontanea ma eseguita in osservanza del vigente costume.

In altri termini: chi dona in occasione di una festività non lo fa del tutto spontaneamente, ma magari contro voglia perché costretto dalla conformità agli usi.

Secondo l’orientamento costante della Cassazione[259] la qualificazione giuridica di un’elargizione come liberalità effettuata in conformità agli usi eper art. 770, secondo comma, c.c., deve risultare non solo dal rapporto con la potenzialità economica del donante ma anche in relazione alle condizioni sociali in cui si svolge la sua vita di relazione, oltre che dal concreto accertamento dell’animus solvendi consistente nell’equivalenza economica tra servizi resi e liberalità ed, infine, dall’effettiva corrispondenza agli usi, intesi come costumi sociali e familiari.

 

Natura giuridica

Contratto, per le stesse ragioni addotte con riferimento all’adempimento dell’obbligazione naturale.

Sembra preferibile ritenere che la liberalità d’uso non si distingue dalla donazione per l’elemento causale, perché in entrambe le figure vi è arricchimento e impoverimento ma si distingue, oltre che per il motivo (dovere morale), per l’elemento soggettivo.

Forma

Non è necessaria quella solenne

Disciplina  

a differenza delle donazioni indirette non costituiscono donazione (art. 770, II comma, c.c.) per cui non sono soggette nè a revocazione[260] nè a riduzione[261].

Una particolare liberalità d’uso è quella prevista dall’art. 80 c.c. (doni fatti a causa della promessa di matrimonio: anelli di fidanzamento, somme di danaro, etc), essi quando il fidanzamento viene sciolto debbono essere restituiti (la relativa azione è solo civile, non potendosi parlare di appropriazione indebita in quanto il donatario ne ha acquisito la proprietà con la traditio).

Mentre, secondo la Cassazione[262] un’elargizione di gioielli fatta allo scopo di consentire la prosecuzione di una convivenza, non è assimilabile alla liberalità d’uso, caratterizzata dal fatto che colui che la compie intende osservare un uso, cioè adeguarsi ad un costume vigente nell’ambiente sociale d’appartenenza, costume che determina anche la misura dell’elargizione in funzione della diversa posizione sociale delle parti, delle diverse occasioni ed in proporzione delle loro condizioni economiche, nel senso che comunque la donazione non debba comportare un depauperamento apprezzabile nel patrimonio di chi la compie.

La differenza, inoltre, tra le due figure (liberalità e donazione rimuneratoria) verte anche sui motivi: per la liberalità d’uso il motivo ispiratore è il servizio reso o comunque la conformità agli usi.

 

I) LA DONAZIONE CON RISERVA DI USUFRUTTO

 

art. 796 c.c.     riserva di usufrutto

è  permesso al donante di riservare l’usufrutto (c.c.978 e seguenti, 1002–3) dei beni donati a proprio vantaggio, e dopo di lui a vantaggio di un’altra persona o anche di più persone (contemporaneamente o comulitavamente), ma non successivamente c.c.698).

Applicazione dell’istituto[263]

L’istituo può essere applicato ad ogni negozio anche oneroso, mediante il quale l’elienante trasferisce la proprietà ad altri, costituendo nel medesimo momento e con lo steso negozio, un diritto reale limitato di godimento a proprio favore,

(ad eccezione della servitù[264] perché quando l’alienante vede trasferire il suo diritto di proprietà, non può costituire la servitù su un bene ancora in sua proprietà, poiché andrebbe contro il principio nemini res sua servit, né può costituirla successivamente su un bene non più suo, quindi non può che ottenere la costituzione da parte del donatario con un successivo negozio – attraverso, appunto due negozi collegati e non di un unico contratto misto, perché le vicende reali sono due).

Per accreditata dottrina[265] si ha in tal caso non già una doppia attribuzione (donazione della piena proprietà e costituzione tra questi e il donante del diritto di usufrutto), ma un’unica vicenda: donazione della nuda proprietà con automatica costituzione dell’usufrutto.

Più precisamente la riserva di usufrutto è modalità accessoria, atto a delimitare l’oggetto della donazione, cosicché il proprietario donante muta la natura del suo diritto di godimento, allo stesso modo che muta il titolo del suo possesso.

La vicenda, invece, è duplice se il donante riservi a terzi, che devono accettare prima della morte del donante stesso, l’usufrutto: ad es., alla moglie, con donazione della nuda proprietà al figlio.

Due teorie sulla struttura del contratto

ü   TEORIA DEL DOPPIO NEGOZIO – collegato[266] – vecchia teoria[267]: il donante trasferisce al donatario la PIENA Proprietà e il donatario costituisce l’usufrutto sul bene donato a favore del donante.

Risvolti pratici – doppio pagamento d’imposta di trasferimento – il donatario non potrebbe essere un minore perché, essendo incapace di donare, non potrebbe costituire l’usufrutto a favore del donante.

ü   TEORIA DELL’UNICO NEGOZIO teoria moderna[268]: con cui il donante titolare della PIENA PROPRIETÀ riserva a suo favore una parte del contenuto della piena proprietà e cioè l’usufrutto; così come potrebbe trasferire ad un soggetto l’usufrutto e ad un altro la NUDA Proprietà; così come potrebbe riservare a se stesso un altro diritto reale di godimento come un diritto di enfiteusi.

Secondo Giurisprudenza di merito[269] la donazione con riserva di usufrutto in favore di un terzo da luogo a due distinti negozi, un trasferimento della nuda proprietà in favore del donatario, ed un’offerta di donazione dell’usufrutto in favore del terzo, improduttiva dì effetti fino a che non intervenga l’accettazione del terzo medesimo, prima della morte del costituente, nella prescritta forma dell’atto pubblico; pertanto, ha continuato la stessa Giurisprudenza, ne consegue che, qualora il donante riservi l’usufrutto sui beni donati a proprio vantaggio e, dopo di lui, a vantaggio di un terzo, come consentito dall’art. 796 c.c., il donatario della nuda proprietà acquista il pieno dominio alla cessazione dell’ usufrutto del donante, se il terzo riservatario non abbia accettato con le forme previste per tale tipo di contratto, ancorché in un momento successivo alla stipula del medesimo, in data anteriore al decesso del donante.

È vero che la proprietà costituisce un diritto unitario e non una somma di diritti, ma non vi è ragione, come è stato rilevato, di negare al proprietario la possibilità di rompere questo vincolo unitario.

Il principio generale è che il donante può riservare l’usufrutto a suo favore e poi dopo la sua morte, congiuntamente, a favore di un’altra persona (ad es. moglie) o più persone (ad es. figli) viventi al momento della donazione (USUFRUTTO SUCCESSIVO eccezionalmente valido).

USUFRUTTO SUCCESSIVO 

L’usufrutto successivoin generale è vietato

Non è pertanto ammesso che la riserva sia fatta a favore del donante, dopo di sé, a favore di altre persone e dopo quest’ultime a favore di altri (cd. usufrutto successivo).

Quindi, stante l’intrinseca temporaneità del diritto di usufrutto, questo potrà restare separato dalla nuda proprietà solo per il tempo della vita del donante (primo riservatario) e per quello della vita del secondo riservatario.

L’usufrutto successivo, ha dunque, una struttura nettamente diversa da quello congiuntivo (contemporaneamente a più persone). In questo ultimo si ha un solo usufrutto contemporaneo (o contitolarità dello stesso usufrutto); nell’usufrutto successivo, invece, abbiamo più usufrutti, uno dopo l’altro.

L’usufrutto successivo negli atti mortis causa è assolutamente vietato.

Il fondamento del divieto di usufrutto successivo si ritrova nell’esigenza di evitare una lunga privazione del godimento del bene da parte del proprietario che inciderebbe sulla sua commerciabilità. La conferma di questa ratio è nell’art. 979 c.c. < la durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario (artt. 678, 698, 796, 853, 1014 c.c.) >.

Secondo la S.C.[270] il divieto dell’usufrutto successivo, ricollegandosi a quello della sostituzione fedecommissaria, è di ordine pubblico, giacché si coordina anche esso all’esigenza di evitare che siano frapposti ostacoli alla libera circolazione dei beni, mediante l’imposizione di vincoli di durata assai lunga o indeterminata. Tale divieto trova applicazione anche rispetto ai diritti di uso e di abitazione, in quanto l’art. 1026 c.c. richiama espressamente e senza alcuna discriminazione, le norme in tema di usufrutto, tra le quali si inquadra anche l’art. 698 c.c., ed in quanto la ratio di questo ricorre anche per i diritti di uso e di abitazione.

La collocazione del legato di usufrutto successivo nella stessa sezione della sostituzione fedecommissaria spiega una somiglianza formale dei due istituti ma in realtà, l’art. 698 c.c. vieta una fattispecie strutturalmente diversa, perché nell’usufrutto successivo, a differenza del fedecommesso, manca l’obbligo di conservare e restituire essendo l’usufrutto un diritto che si estingue alla morte del suo titolare.

Perciò oggetto del fedecommesso non può essere un usufrutto, ma solo la proprietà.

art. 698 c.c.   usufrutto successivo

la disposizione, con la quale è lasciato a più persone successivamente l’usufrutto, una rendita o un’annualità, ha valore soltanto a favore di quelli che alla morte del testatore si trovano primi chiamati a goderne (c.c.796).

 

Es. – Tizio ha legato l’usufrutto del fondo Tuscolano a Caio e successivamente, a Mevio e, successivamente, a Sempronio, l’unico legato di usufrutto valido sarà quello a favore di Caio.

Non è, pertanto, ammesso che la riserva sia fatta a favore del donante, dopo di sé, a favore di altre persone e dopo quest’ultime a favore di altri cd. usufrutto successivo

Quindi, stante l’intrinseca temporaneità del diritto di usufrutto, questo potrà restare separato dalla nuda proprietà solo per il tempo della vita del donante (PRIMO RISERVATARIO) e per quello della vita del SECONDO RISERVATARIO.

Secondo alcuni autori[271] in questo caso ricorre un’ipotesi di contratto a favore di terzo: il donatario, al quale viene trasferita la proprietà, assumerebe l’obbligo di costutire l’usufrutto, alla morte del donante, a favore di altra persona.

Invece, secondo altri autori[272], si avranno due DONAZIONI:

DONAZIONE della nuda proprietà ad un soggetto (con riserva di usufrutto al donante – PRIMO RISERVATARIO);

DONAZIONE contestuale ad altro soggetto (o a più soggetti congiuntamente ma non successivamente) avente ad oggetto l’usufrutto (SECONDO RISERVATARIO) per dopo la morte del donante (art.796).

Ne segue che il c.d. terzo, data la struttura contrattuale della donazione, acquisterà l’usufrutto unicamente con l’accettazione, la quale dovrà essere fatta non solo per atto pubblico, ma anche in vita del donante: la sua morte, infatti, toglierà efficacia alla proposta di donazione.

In altre parole, secondo la migliore dottrina, la riserva a favore del secondo Riservatario dà luogo ad una PROPOSTA DI DONAZIONE DIRETTA che va accettata in vita del donante (eper art.782 cc).

Tale fattispecie ricorre molto frequentemente nella donazione dal padre ai figli della nuda proprietà, con riserva di usufrutto a favore di esso donante e per dopo la sua morte a favore del coniuge; per perfezionare il contratto di donazione, la moglie deve costituirsi nell’atto notarile ed accettare la donazione (diretta) dell’usufrutto a suo favore (che ovviamente è sottoposta alla condizione della premorienza del marito alla moglie).

“Tizio, riservando l’usufrutto a suo favore e per dopo la sua morte a favore della moglie, DONA ai figli che accettano, la nuda proprietà dell’appartamento, la moglie Tizia accetta la donazione dell’usufrutto a suo favore diritto che nascerà al momento della morte di Tizio.”

Le cose dette valgono, naturalmente, anche per l’ipotesi, legislativamente non prevista, nella quale la riserva è fatta solo a favore del c.d. terzo e non anche a favore del donante. In questo caso, evidentemente, si avranno 2 donazioni distinte e immediate: una della nuda proprietà, l’altra dell’usufrutto.

 

J) LA DONAZIONE ALTERNATIVA

La dottrina meno recente[273] considerava alternativa la donazione nella quale il donante, dopo aver donato un bene al donatario, assumeva contestualmente l’obbligo di donare un altro bene, in alternativa al primo, per il caso in cui si fosse verificata l’evizione relativamente al primo bene.

Ma è stato giustamente osservato che nella fattispecie considerata non si è in presenza di una vera donazione alternativa ma di due donazioni semplici, costituendo l’evizione l’unica fonte, della seconda donazione, da cui trae origine il dirittodel donatario alla prestazione alternativa, a carattere risarcitoria.

Altri autori[274] hanno ammesso l’applicabilità della figura dell’obbligazione alternativa alle donazioni se il potere di scelta in ordina all’oggetto della donazione è rimesso al donatario o ad un terzo.

art. 1285 c.c.   obbligazione alternativa

il debitore di un’obbligazione alternativa si libera eseguendo una delle due prestazioni dedotte in obbligazione, ma non può costringere il creditore a ricevere parte dell’una e parte dell’altra (c.c.1181).

art. 1286 c.c.   facoltà di scelta

la scelta spetta al debitore, se non è stata attribuita al creditore o ad un terzo (c.c.665).

La scelta diviene irrevocabile con l’esecuzione di una delle due prestazioni, ovvero con la dichiarazione di scelta, comunicata all’altra parte, o ad entrambe se la scelta è fatta da un terzo (c.c.666).

Se la scelta deve essere fatta da più persone, il giudice può fissare loro un termine. Se la scelta non è fatta nel termine stabilito, essa è fatta dal giudice (disp. di att.al c.c. 81).

Maggiori dubbi nascono, invece, nell’ipotesi in cui il suddetto potere di scelta sia rimesso al donante –  I comma art. 1286 c.c.

Si dubita, tuttavia, dell’adempimento della prestazione da parte del donante nell’ipotesi in cui quest’ultimo, intendo sottrarsi al suo obbligo, si astenga dall’esercitare tale scelta.

Si è chiesto se in una simile ipotesi trovi applicazione il disposto dell’art. 1287 c.c.

art. 1287 c.c.    decadenza dalla facoltà di scelta

quando il debitore, condannato alternativamente a due prestazioni, non ne esegue alcuna nel termine assegnatogli dal giudice, la scelta spetta al creditore.

Se la facoltà di scelta spetta al creditore e questi non l’esercita nel termine stabilito o in quello fissatogli dal debitore, la scelta passa a quest’ultimo.

Se la scelta è rimessa a un terzo e questi non la fa nel termine assegnatogli, essa è fatta dal giudice (c.c.631, 664; disp. di att.al c.c 81).

Secondo alcuni[275] è possibile applicare anche in tal caso la previsione della citata norma;

Altri[276], sostengono la teoria negatrice, considerando il carattere personale e libero della scelta del donante rispetto a quella del debitore che nel caso in cui la scelta non dipenda da cause volontarie (quali la morte dello stesso), il diritto in esame dovrebbe passare agli eredi, ma siffatta circostanza si porrebbe in contrasto con il disposto dell’art. 790.

Secondo altra teoria[277], questo tipo di obbligazione alternativa altro non sarebbe che una semplice donazione obbligatoria[278] in cui l’obbligo del donante consiste nel compimento di una scelta tra i diversi oggetti della donazione.

Ne discende che, qualora il donante non voglia adempiere tale obbligo, il donatario è legittimato esclusivamente alla richiesta di risarcimento del danno derivante dall’inadempimento dell’obbligo.

K) LA DONAZIONE OBNUZIALE (o propter nuptias)

art. 785 c.c.     donazione in riguardo di matrimonio

la donazione fatta in riguardo di un determinato futuro matrimonio (c.c.165 e seguenti, 437), sia dagli sposi tra loro, sia da altri a favore di uno o di entrambi gli sposi o dei figli nascituri da questi, si perfeziona senza bisogno che sia accettata, ma non produce effetto finché non segua il matrimonio (c.c.805).

L’annullamento del matrimonio importa la nullità (ma in realtà si tratta d’inefficacia, per il venir meno della condizione cui sono subordinati gli effetti del contratto) della donazione.

La norma non viene applicata, dalla prevalente dottrina e giurisprudenza al caso di dispensa dal matrimonio rato e non consumato che, a differenza dell’annullamento, presuppone la validità del rapporto coniugale e, una volta reso esecutivo agli effetti civili il provvedimento ecclesiastico, determina l’estinzione di tale rapporto con efficacia ex nunc– e non viene applicato nemmeno alle ipotesi di divorzio  e  separazione dei coniugi – il primo non retroagisce e non incide perciò sugli effetti già verificatisi – la seconda non elimina il vincolo matrimoniale. (c.c.117 e seguenti)

Restano, tuttavia, salvi i diritti acquistati dai terzi di buona fede tra il giorno del matrimonio e il passaggio in giudicato (324 c.p.c.) della sentenza che dichiara la nullità del matrimonio.

Il coniuge di buona fede (128 c.c.) non è tenuto a restituire i frutti percepiti anteriormente alla domanda di annullamento del matrimonio.

La donazione in favore di figli nascituri rimane efficace per i figli rispetto ai quali si verificano gli effetti del matrimonio putativo.

In sintesi è quella caratterizzata dal suo perfezionarsi senza l’accettazione; a differenza dei normali contratti di donazione tale figura consta di due elementi:

Ø     l’atto (unilaterale) di donazione

Ø     l’evento–matrimonio, che è la condizione (facti e non iuris) il cui avverarsi perfeziona la donazione con efficacia ex nunc.

In altri termini, la norma in questione esige che l’attribuzione patrimoniale, eseguita dagli sposi o da un terzo, sia fatta in riguardo di determinato futuro matrimonio, con ciò escludendo che possa ritenersi donazione obnuziale quella fatta in contemplazione di generiche e imprecisate nozze.

Il matrimonio a favore del quale la donazione è fatta ha un ruolo centrale e l’atto di liberalità ne segue le sorti nel senso che se il matrimonio non viene celebrato la donazione non ha efficacia, mentre se viene annullato l’attribuzione è nulla e il donante è ripristinato nella titolarità della proprietà del bene donato, come se questo non fosse stato mai trasferito.

La disciplina normativa subordina il momento dell’efficacia della donatio propter nuptias alla celebrazione del matrimonio e fa derivare la nullità della donazione stessa dall’annullamento del matrimonio, con salvezza tuttavia dei diritti acquistati dai terzi di buona fede, tra il giorno del matrimonio e il passaggio in giudicato della sentenza che dichiara la nullità del matrimonio, e per il coniuge di buona fede la possibilità di non restituire i frutti percepiti anteriormente alla domanda di annullamento del matrimonio.

Anche la donazione fatta in favore dei figli nascituri da un determinato matrimonio resta efficace, nonostante l’annullamento, per i figli rispetto ai quali si verificano gli effetti del matrimonio putativo. La donazione obnuziale si distingue nei presupposti e nella disciplina dai doni prenuziali a cui si applica l’art. 80 c.c.

 

IL FONDAMENTO

La previsione di tale istituto, in particolare il suo perfezionamento senza bisogno di accettazione, viene giustificata, come si legge anche nella relazione al progetto preliminare, dall’opportunità di un formalismo meno rigoroso in considerazione del favor testamenti.

La donazione propter nuptias è caratterizzata dal riferimento a un determinato matrimonio bene individuato che, dunque, costituisce motivo essenziale e determinante dell’attribuzione gratuita.

Il requisito della determinatezza del futuro matrimonio del donatario esclude che possa costituire donazione obnuziale l’attribuzione patrimoniale fatta nella prospettiva soltanto generica del matrimonio.

Il donante deve fare riferimento a una unione del donatario ben individuata con un determinato soggetto e non a qualsiasi matrimonio possa essere contratto dallo stesso, in quest’ultimo caso difatti si potrebbe configurare una donazione condizionata in cui l’efficacia della donazione è collegata alla celebrazione di un qualsiasi matrimonio e non la fattispecie prevista dall’art. 785 c.c.

In tal senso, si è espressa la giurisprudenza di legittimità[279] che, in applicazione del suddetto principio, ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva escluso ricorressero gli estremi della donazione obnuziale con riferimento a una pluralità di atti di liberalità tra due persone che avevano convissuto more uxorio, avendo rilevato al riguardo che la convivenza more uxorio protrattasi per circa venti anni e la reiterazione degli atti di liberalità erano inconciliabili, sotto il profilo logico, con la determinatezza del matrimonio richiesta dall’art. 785 c.c. Deve trattarsi, inoltre, di matrimonio futuro ovvero il medesimo non deve essere stato ancora celebrato nel momento in cui il donante manifesta la sua volontà.

Disciplina

La donazione obnuziale, ancorché negozio giuridico unilaterale, è pur sempre una donazione; ad essa perciò si applica in linea di massima, la disciplina prevista dagli art. 769 e ss.

L’istituto della donazione obnuziale è stato ritenuto, dalla giurisprudenza[280], incompatibile con quello della donazione indiretta.

La Suprema Corte ha puntualizzato che la celebrazione del matrimonio, quale condizione dell’efficacia della donazione, può concepirsi solo per la figura di cui all’art. 785, c.c., di cui costituisce il tratto tipizzante, e non per le liberalità attuate in forma diversa da quella pubblica, di conseguenza la mancata celebrazione delle nozze non ha alcuna incidenza sull’attribuzione gratuita nelle donazioni indirette cioè negli atti di liberalità attuati con mezzi diversi dal contratto di donazione.

Dalla donazione obnuziale si deve differenziare la donazione sotto condizione della celebrazione del matrimonio che è una donazione condizionale sottoposta in tutto e per tutto alla disciplina della condizione, in quanto non soltanto riceve integrale applicazione il principio della retroattività della condizione, ma, a differenza della donazione obnuziale, l’annullamento del matrimonio non incide sulla sorte del negozio.

Annullamento del matrimonio e nullità della donazione

Nella donazione obnuziale l’attribuzione patrimoniale è collegata geneticamente e funzionalmente con il matrimonio del quale segue le sorti, così se questo viene annullato l’attribuzione è nulla e il donante è ripristinato nella titolarità della proprietà del bene donato, come se questo non fosse stato mai trasferito.

La retroattività dell’annullamento della donazione, a seguito e in conseguenza dell’annullamento del matrimonio, comporta che la situazione patrimoniale delle parti deve riportarsi al momento in cui la donazione è stata fatta ovvero quest’ultima deve ritenersi[281] come se non fosse stata mai effettuata.

A tal fine il donante può esperire o l’azione, personale e prescrittibile, di restituzione, oppure l’azione imprescrittibile e reale di rivendicazione[282] o infine quella, anch’essa imprescrittibile, di mero accertamento della sua proprietà[283].

Altra questione è se lo scioglimento del matrimonio conseguente al divorzio determini la nullità o meno della donazione obnuziale.

Al riguardo la giurisprudenza[284] è tetragona nell’affermare che la caducazione delle donazioni obnuziali a seguito dell’annullamento del matrimonio, non trova applicazione per il caso di divorzio, poiché questo non elide il vincolo coniugale per vizi inerenti al suo momento genetico, ma ne presuppone la validità, limitandosi a rimuoverne gli effetti per vicende sopravvenute e a partire dalla relativa pronuncia, e, quindi, lascia integra la situazione che ha costituito motivo e condizione di quelle donazioni.

In caso di divorzio, presupponendosi l’esistenza di un matrimonio validamente celebrato, l’estinzione del vincolo ha efficacia ex nunc, pertanto, le donazioni sono valide ed efficaci anche dopo tale evento.

La separazione personale dei coniugi, non comportando lo scioglimento del vincolo coniugale, è irrilevante e non determina la caducazione della donazione obnuziale.

 

Conseguenze della nullità della donazione

Regola generale è che la nullità del matrimonio fa cessare gli effetti della donazione con efficacia retroattiva e il donatario deve restituire i beni al donante.

Tuttavia, nel caso di celebrazione di un matrimonio invalido, ove la donazione abbia prodotto effetti, anche se per un periodo limitato, l’esigenza di tutelare il motivo che ha indotto il donante a compiere l’atto di liberalità confligge con quello della tutela dell’affidamento dei terzi, così il legislatore fa salvi i beni acquistati dai terzi di buona fede tra il giorno del matrimonio e il passaggio in giudicato della sentenza che dichiara la nullità del matrimonio (art. 785, comma II, c.c.).

Anche il coniuge di buona fede non è tenuto alla restituzione dei frutti percepiti anteriormente alla domanda di annullamento (art. 785, comma II, c.c.).

Ulteriore eccezione all’obbligo di restituzione dei beni donati, è la particolare ipotesi prevista dall’ultimo comma dell’art. 785 c.c. secondo cui, nonostante l’annullamento del matrimonio, la donazione in favore di figli nascituri è efficace nella particolare ipotesi in cui si verifichino per i figli gli effetti del matrimonio putativo.

Si discute in ordine alla struttura

  1. A) tesi contrattaulistica[285]:

1) richiama l’art. 1333 c.c. (contratto con obbligazioni del solo proponente, sostenendo che il donatario non deve accettare, ma può rifiutare la proposta entro il termine previsto dall’articolo)

2) o vede un’accettazione implicita nel fatto di sposarsi;

  1. B) tesi del negozio unilaterale recettizio[286]: vera e propria deroga alla struttura bilaterale della donazione di cui può discutersi[287] solo la rifiutabilità o, in alternativa, il potere di rinunzia dei nubendi

La dottrina prevalente[288], sostiene la tesi negativa, affermando che il donatario potrà soltanto rinunziare ai diritti ormai acquistati i quali diventeranno res nullius, salva l’applicazione dell’art. 827 c.c. per i beni immobili (apparterranno allo stato).

Secondo altro autore[289], è preferibile applicare anche alla donazione obnuzile i risultati della dottrina[290] più recente, la quale generalizzando i principi contenuti nella normativa sul contratto a fa vore del terzo, sostiene che in ogni negozio giuridico unilaterale, anche se produttivo di effetti favorevoli, è consentito al terzo di evitare l’acquisto, rifiutando il beneficio, in un congruo termine.

Effetti

La produzione degli effetti della donazione obnuziale rimane subordinata alla celebrazione del matrimonio.

Prima del matrimonio non può prodursi alcun effetto e nessun diritto viene attribuito al donatario come, correlativamente, nessun diritto perde il donante dal cui patrimonio non è uscito il bene oggetto della donazione.

La celebrazione del matrimonio é, dunque, l’evento che condiziona, sospensivamente, l’efficacia della donazione obnuziale[291].

Inoltre, la giurisprudenza[292] ritiene che il matrimonio costituisce motivo essenziale e determinante dell’attribuzione gratuita e perciò un elemento intrinseco che incide sul piano causale ed effettuale del negozio.

Il matrimonio é di per sé la causa stessa della donazione obnuziale e, quindi, la celebrazione di un determinato matrimonio, espressamente indicato nell’atto, è la causa dell’attribuzione dei beni oggetto della donazione[293].

L) LA DISCIPLINA DELLE DONAZIONI

1)             CONFERMA

 

art. 799 c.c.  conferma ed esecuzione volontaria di donazioni nulle

la nullità della donazione da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere dagli eredi o aventi causa dal donante che, conoscendo la causa della nullità, hanno, dopo la morte di lui, confermato la donazione o vi hanno dato volontaria esecuzione (c.c.590, 1444)

Come NORMA SPECULARE rispetto a quella prevista dall’art. 590 c.c. in materia di disposizioni testamentarie[294], la nullità della donazione non può essere fatta valere dagli eredi o eventi causa dal donante che conoscendo la causa delle nullità hanno, dopo la morte di lui, confermato la donazione o vi hanno dato volontaria esecuzione.

Più precisamente sono confermabili tutte le donazioni che non posseggono i requisiti formali previsti dalla legge (è confermabile anche la DONAZIONE ORALE);

ü  sono confermabili anche le donazioni che hanno per oggetto beni futuri[295];

ü  non sono confermabili le donazioni illecite ossia contrarie all’ordine pubblico o al buon costume.

ü  Non sono confermabili – le donazioni nelle quali manca la stessa volontà negoziale (violenza assoluta – dichiarazione non seria o viziata da errore ostativo).

ü  Le donazioni annullabili non sono soggette a conferma ma a convalida ai sensi dell’art.1444 c.c..

ü  Il donante non può confermare la propria donazione nulla potrà però ripeterla con altro atto di donazione valido.

La sanatoria comporta che la donazione nulla diventa pienamente valida con effetto ex tunc, cosicchè colui che ne ha dato conferma non potrà più esercitare l’azione di nullità.

 

2)             INADEMPIMENTO

 

art. 789 c.c.     inadempimento o ritardo nell’esecuzione

il donante, in caso d’inadempimento o di ritardo nell’eseguire la donazione, è responsabile soltanto per dolo o per colpa grave.

È controverso se il donatario che chiede i danni debba provare la sussistenza del dolo o della colpa grave del donante ovvero se il donante ne debba provare la inussistenza per essere assolto.

Secondo alcuni[296] è preferibile la prima, perché qui trova applicazione come norma speciale, l’art. 789 c.c. che non contiene la deroga ai principi sull’onere probatorio (in capo al debitore) contenuta, invece, nell’art. 1218 c.c..

Mentre la seconda tesi (insussistenza) si basa sull’art. 1218 c.c.

art. 1218 c.c.   responsabilità del debitore

il debitore che non esegue esattamente (1307, 1453) la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno (2740), se non prova (1673, 1681, 1693, 1784, 1787, 1805–2, 1821) che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (1256; att. 160).

 

3)             GARANZIA PER EVIZIONE

Non vige il principio secondo cui, trattandosi di effetto naturale del contratto, la garanzia è sempre dovuta salvo clausola contraria (1487 c.c.).

art. 797 c.c.     garanzia per evizione

il donante è tenuto a garanzia verso il donatario, per l’evizione che questi può soffrire delle cose donate (c.c.1483 e seguenti), nei casi seguenti (c.c.168, 180):

l) se ha espressamente promesso la garanzia;

2) se l’evizione dipende dal dolo o dal fatto personale di lui;

3) se si tratta di donazione che impone oneri al donatario, o di donazione rimuneratoria (c.c.770), nei quali casi la garanzia è dovuta fino alla concorrenza dell’ammontare degli oneri o dell’entità delle prestazioni ricevute dal donante

4)             RESPONSABILITÀ PER VIZI DELLA COSA

art. 798 c.c.     responsabilità per vizi della cosa

salvo patto speciale, la garanzia del donante non si estende ai vizi della cosa, a meno che il donante sia stato in dolo (c.c.1490 e seguenti).

5)             LA REVOCA DELLE DONAZIONI

L’importanza dell’animus donandi (l’intenzione di compiere la liberalità) –

Non basta un’attribuzione patrimoniale fatta senza corrispettivo (caratteristica del negozio gratuito), ma occorre che questa sia giustificata dalla coscienza di conferire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi costretti.

Difatti, con ultima pronuncia[297] la S.C. è intervenuta stabilendo che per la revoca della donazione è sempre necessario provare l’animus liberale.

È innegabile, comunque, anche se vi possono essere disposizione testamentarie o di legato che non determinano alcuna liberalità a favore dell’istiuito, che il carattere della liberalità accomuna disposizione testamentarie e donazioni, come è confermato dalla disciplina, contenuta nello stesso libro del codice, che riguarda:

1)   l’incapacità a ricevere (artt. 795 e 799 e 596 c.c.)

2)   i limiti di validità della sostituzione fedecommissaria (artt. 795 e 692 c.c.)

3)   la revocazione per sopravvenienza dei figli (artt. 803 e 687 c.c.)

4)   la sanatoria del negozio nullo (artt. 799 e 590 c.c.)

5)   la rilevanza del motivo illecito (artt. 788 e 626 c.c.)

art. 772 c.c.      donazione di prestazioni periodiche

la donazione che ha per oggetto prestazioni periodiche si estingue alla morte del donante, salvo che risulti dall’atto una diversa volontà.

La dottrina meno recente[298] influenzata dalla tradizione giuridica francese e basandosi sul vecchio art. art. 1050 del codice abrogato, considerava l’irrevocabilità come una caratteristica propria della donazione.

Ma il nuovo legislatore ha contestato il principio, tuttora esistente nel codice francese, e ha voluto abbandonare i requisiti d’irrevocabilità e dell’attualità dello spoglio, considerandoli un relitto storico non più rispondente all’attuali esigenze pratiche e dogmatiche.

In realtà, dunque, può ancora parlarsi d’irrevocabilità  della donazione, ma solo nel senso generico comune a tutti i contratti e desumibile dall’art. 1372, comma I, 2^ parte, c.c.

art. 800 c.c.    cause di revocazione

la donazione può essere revocata per ingratitudine o  per sopravvenienza di figli.

Il FONDAMENTO

Viene dalla dottrina[299] rinvenuto in una presupposizione legale, che si ha nei casi in cui la legge stessa, con una valutazione tipica (non suscettiva di prova contraria), considera il negozio subordinato ad una determinata situazione di fatto e, perciò, ne prevede l’inefficacia quando quella situazione viene meno.

Revocazione: non è un atto negoziale ma è un’azione giudiziale;

è una fattispecie di REVOCA di un contratto chiesta giudizialmente dal donante (o i suoi eredi) cui l’ordinamento riconosce il diritto potestativo di revoca attraverso una domanda giudiziale (di revocazione che mira ad ottenere una sentenza costitutiva del GIUDICE) che determina non la nullità della donazione, bensì le restituzioni di cui all’art. 807 cc. (che disciplina gli effetti della revocazione tra donante e donatario) e di cui all’art. 808 c.c. (che disciplina gli effetti della revocazione rispetto ai terzi): i terzi che hanno acquistato diritti dal donatario prima della trascrizione dalla domanda di revocazione non temono pregiudizi dalla Revocazione, essendo tutte le obbligazioni restitutorie o risarcitorie a carico del donatario.

Le fattispecie di scioglimento in ambito generale

Il mutuo consenso eper art. 1372 c.c.

art. 1372 c.c.  efficacia del contratto

il contratto ha forza di legge tra le parti.

Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge (1671, 2227).

  1. A)  La teoria del contro negozio[300]

Questa opinione considera il mutuo dissenso come un negozio avente un contenuto uguale e contrario a quello che si scioglie, in quanto si afferma che gli effetti negoziali, una volta verificatisi, sono irreversibili. La loro eliminazione, pertanto, è consentita solamente attraverso un contro negozio.

Si avrà lo stesso schema negoziale che si elimina, ma con ruoli inverti (l’alienante sarà l’acquirente e viceversa).

  1. B)   La teoria del negozio risolutorio[301]

Il mutuo consenso è un negozio risolutorio diretto ad eliminare un precedente negozio.

Il mutuo consenso, in altre parole, non dà vita a tanti diversi contro – negozi, ciascuno con una propria causa (vendita, permuta, donazione, ecc.) e accomunati soltanto dalla finalità di porre nel nulla gli effetti prodotti da un precedente negozio, ma costituisce una figura autonoma ed unitaria nella quale si rintracciano, con caratteri tipici, i requisiti essenziali di ogni negozio.

Il recesso è possibile solo se il relativo potere è stato attribuito in sede di contratto, con fissazione di un termine.

In ogni caso può essere esercitato solo finché il contratto non ha avuto un principio di esecuzione.

art. 1373 c.c.  recesso unilaterale

se a una delle parti è attribuita la facoltà di recedere, tale facoltà può essere esercitata finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione.

Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, tale facoltà può essere esercitata anche successivamente, ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione (artt. 1569, 1612 e seguenti, 1671, 2227 c.c.).

In dottrina si sono delineate due concezioni del recesso:

  1. A)   – quella[302] per cui l’istituto può riferirsi soltanto ai rapporti di durata;
  2. B)   – quella[303], che ampliando la nozione ritiene che esso possa riferirsi ad ogni rapporto giuridico poiché l’essenziale è la sua irretroattività.

Per un’autorevole dottrina[304] il recesso, in concreto, è possibile solo nei contratti di durata (ossia ad esecuzione continuata o periodica), perché solo per essi l’irretroattività (caratteristica tipica del recesso, che in ciò si differisce dalla revoca) ha una sua ragione d’essere, in quanto restano fermi gli effetti contrattuali per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione.

Il primo comma dell’art. 1373 c.c. sembra ammettere il recesso anche per i contratti non di durata (va le a dire ad esecuzione unica) e stabilisce che, in tali ipotesi, la facoltà di recesso può essere esercitata solo fino a quando il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione.

Ciò significa che il recesso non può essere, ad esempio, esercitato per un contratto di compravendita ad efficacia immediata (con il trasferimento già c’è stata l’esecuzione), mentre può esserlo per un contratto di compravendita con effetti reali differiti (si pensi alla vendita di cosa futura) qualora il prezzo non sia stato ancora pagato.

Ma a ben guardare, in questo caso, non avendo, il contratto, ancora prodotto effetti né potendoli più produrre, in sostanza si è posto nel nulla il contratto stesso; quindi, più che di recesso, bisognerebbe parlare di revoca.

La revoca

A differenza del mutuo consenso o del recesso unilaterale, non è prevista nel nostro ordinamento una figura generale di revoca; spetta, pertanto, all’interprete di riconoscerla sulla base dei vari casi in cui il legislatore adopera questa espressione.

Anche se in realtà tale affermazione non è del tutto pacifica, poiché è discusso se, nel nostro ordinamento positivo, possa esserci un istituto di revoca fuori dai casi espressamente previsti, vale a dire se in ogni contratto possa inserirsi un atto il quale abbia la funzione di conferire ad uno dei contraenti la possibilità di eliminare, con efficacia retroattiva, il contratto già concluso.

Tesi negativa

Le causa di scioglimento del contratto sono tipiche (art. 1372 e 1373 c.c.) ed il legislatore menziona, come figure generali, soltanto, il mutuo consenso ed il recesso.

Tesi positiva[305]

Ma, in realtà la revoca è prevista dal primo comma dell’art. 1373 c.c., anche se essa, per l’equivoca terminologia usata dal legislatore, viene denominata recesso.

Questa norma, infatti, consente l’attribuzione ad una sola delle parti della facoltà di recedere dal contratto, ma limita nel tempo l’esercizio di tale facoltà e, precisamente, fino a quando il contratto stesso non abbia avuto un principio di esecuzione.

Non avendo, dunque, il contratto ancora prodotto effetti, né potendo più produrli, in sostanza si è eliminato il contratto stesso; si è raggiunto l’effetto retroattivo che è proprio della revoca, non del recesso.

Alcuni autori[306], la definiscono come l’atto con cui si pone nel nulla un negozio già sorto ad opera dello stesso soggetto che questo aveva posto in essere.

Mentre il recesso pone fine direttamente al rapporto obbligatorio, lasciando in vita il negozio che lo originò, la revoca, alla pari del mutuo dissenso, agisce, eliminandolo, sul precedente negozio e, solo come conseguenza mediata, elimina anche il rapporto.

La revoca opera con efficacia retroattiva.

Le ipotesi legali – previste nel codice

1)   nel contratto a favore del terzo[307] art. 1411 c.c.;

2)   nella commissione[308] art. 1734 c.c.;

3)   nella spedizione[309] art.1738 c.c.;

4)   assicurazione sulla vita art. 1921 c.c.;

5)   mandato di credito art. 1958 c.c.;

6)   in tema di vendita di immobile a misura e a corpo artt. 1537 – 1539 c.c.

Un’ipotesi convenzionale si ha nella compravendita con patto di riscatto ex art. 1500 c.c.

A) Ingratitudine

Nelle ipotesi tipicizzate dal legislatore ai nn. 1–2–3 art. 463 cc. ed inoltre nell’ingiuria grave verso il donante.

art. 801 c.c.     revocazione per ingratitudine

la domanda di revocazione per ingratitudine non può essere proposta (c.c.2652) che quando il donatario ha commesso uno dei fatti previsti dai nn. 1, 2 e 3 dell’art. 463 (casi d’indegnità), ovvero si è reso colpevole d’ingiuria grave verso il donante o ha dolosamente arrecato grave pregiudizio al patrimonio di lui o gli ha rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti ai sensi degli artt. 433, 435 e 436 (disp. di att. al c.c. 141).

I casi d’indegnità[310]

É escluso dalla successione come indegno:

1)   chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta, o il coniuge, o un discendente, o un ascendente della medesima, purché non ricorra alcuna delle cause che escludono la punibilità a norma della legge penale;

2)   chi ha commesso, in danno di una di tali persone, un fatto al quale la legge [penale] dichiara applicabili le disposizioni sull’omicidio[311];

3)   chi ha denunziato una di tali persone per reato punibile  con l’ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni, se la denunzia è stata dichiarata calunniosa in giudizio penale; ovvero ha testimoniato contro le persone medesime imputate dei predetti reati, se la testimonianza è stata dichiarata, nei confronti di lui, falsa in giudizio penale;

3 bis) chi, essendo decaduto dalla potestà genitoriale nei confronti della persona della cui successione si tratta a norma dell’articolo 330, non é stato reintegrato nella potestà alla data di apertura della successione della medesima[312].

4) chi ha indotto con dolo o violenza la persona, della cui successione si tratta, a fare, revocare o mutare il testamento, o ne l’ha impedita;

5) chi ha soppresso, celato o alterato il testamento dal quale la successione sarebbe stata regolata;

6) chi ha formato un testamento falso o ne ha fatto scientemente uso.

L’Ingiuria grave

Secondo la Corte di Legittimità[313] l’ingiuria grave richiesta, ex art. 801 c.c., quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale (anche se depenalizzato con ultimo intervento normativo[314]) la sua natura di offesa all’onore e al decoro della persona, deve essere caratterizzata dalla manifestazione, nel comportamento del donatario, di un durevole sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero, invece, improntarne l’atteggiamento; tale presupposto non può essere desunto da singoli accadimenti che, pur risultando di per sé censurabili, per il contesto in cui si sono verificati e per una situazione oggettiva di aspri contrasti esistenti tra le parti, non possono essere ricondotti ad espressione di quella profonda e radicata avversione verso il donante che costituisce il fondamento della revocazione della donazione per ingratitudine.

Sul punto da ultimo è intervenuta nuovamente la Cassazione

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 10 ottobre 2018, n. 24965.

riaffermando che: l’ingiuria grave richiesta dall’articolo 801 c.c. quale presupposto necessario per la revocabilita’ di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all’onore ed al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriore del comportamento del donatario, che deve dimostrare un durevole sentimento di disistima delle qualita’ morali del donante e mancare rispetto alla dignita’ del donante L’ingiuria deve, pertanto, essere espressione di radicata e profonda avversione o di perversa animosita’ verso il donante. Il comportamento del donante va valutato non solo sotto il profilo oggettivo, ma anche nella sua potenzialita’ offensiva del patrimonio morale del donante, perche’ espressamente rivolta a ledere la sua sfera morale, tale da essere contraria a quel senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero improntare l’atteggiamento del donatario. Si tratta, evidentemente di una formula aperta ai mutamenti dei costumi sociali, il cui discrimine e’ segnato dalla ripugnanza che detto comportamento suscita nella coscienza sociale (La relazione extraconiugale intrattenuta dal coniuge donatario costituisce ingiuria grave solo se ad essa si accompagni un atteggiamento di disistima ed avversione da parte del donante).

Per la Giurisprudenza di merito[315], in particolare il Tribunale di Milano[316], allineata ad i principi dettati dalla S.C., la revocazione della donazione per ingratitudine attribuisce al donante, ed ai suoi eredi, nelle ipotesi tassativamente individuate dalla legge, il diritto potestativo di ottenere giudizialmente la cessazione degli effetti dell’atto di liberalità a tutela di un interesse di natura non patrimoniale.

Nell’ipotesi di revocazione per ingiuria grave, tale può qualificarsi qualsiasi comportamento del donatario che leda, sensibilmente, il patrimonio morale ed affettivo del donante esprimendo, in particolare avversione ed ingratitudine nei confronti del donante, sentimenti questi che, a fronte di un atto di liberalità, ripugnano la coscienza comune. Il comportamento illegittimo, quindi, al di là ed indipendentemente da eventuali connotazioni di rilevanza penale, deve connotarsi come offensivo nel contesto sociale nel quale è stato perpetrato e nella situazione contingente in cui si è consumato.

Ancora per ultima giurisprudenza di merito[317] l’ingiuria grave, quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, è caratterizzata dalla manifestazione, nel comportamento del donatario, di un durevole sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero invece, improntarne l’atteggiamento. Siffatto presupposto non può essere desunto da singoli episodi che, pur risultando di per sé censurabili, per il contesto in cui si sono verificati e per una situazione oggettiva di aspri contrasti esistenti tra le parti, non possono essere ricondotti ad espressione di quella profonda e radicata avversione verso il donante costituente il fondamento della revocazione della donazione per ingratitudine.

Casistica

Proprio partendo dall’ultima sentenza enunciata del Tribunale Meneghino, ad esempio, costituisce, pertanto, presupposto sufficiente ai fini del riconoscimento del diritto potestativo alla revocazione per ingiuria grave la condotta, rinvenibile nel caso specifico, del donatario che, dopo una serie di comportamenti contrari al sentimento di gratitudine che dovrebbe pervaderlo a cagione del beneficio ricevuto, privi il donante, definitivamente, della possibilità di accesso all’immobile donato (di cui si era, peraltro, conservato l’usufrutto) mediante apposizione di catene al cancello di ingresso.

Invece, secondo il Tribunale Brianzolo[318], non costituisce inadempimento agli obblighi alimentari, idoneo a legittimare una domanda di revocazione della donazione per ingratitudine, il rifiuto del donatario di prestare gli alimenti al donante ai sensi dell’art. 437 c.c., poiché il testo dell’art. 801 c.c., norma che introduce l’istituto della revoca per ingratitudine, fa riferimento unicamente agli alimenti dovuti ai sensi degli artt. 433, 435 e 436 c.c.

Ancora, secondo la Giurisprudenza di merito[319] non può essere revocata la donazione, con cui un padre abbia fornito alla propria figlia il denaro per l’acquisto di un appartamento, nel caso in cui la figlia faccia pervenire al padre una lettera contenente una diffida ad allontanarsi dall’abitazione. In tale ipotesi, non può ritenersi esistente il presupposto dell’ingiuria grave richiesto dall’art. 801 codice civile per l’accoglimento della domanda di revoca della donazione.

Per una sentenza della S.C.[320], già citata, nell’enunciare il riportato principio ripreso a più parti, ha confermato la decisione dei giudici di merito che avevano escluso la sussistenza degli estremi dell’ingratitudine, ritenendo non provate la segregazione dell’attrice da parte dei donatari e una violenza fisica da lei subita e avevano ricondotto ad una incompatibilità di carattere tra le parti, evidenziatosi con la convivenza, lo stato di tensione tra esse insorto.

Sempre per la medesima Corte[321] con altra sentenza con la quale è stata confermata la decisione di merito che aveva escluso la sussistenza degli estremi dell’ingratitudine, nel comportamento del donatario che aveva schiaffeggiato per due volte la madre donante, essendo l’episodio maturato a seguito di provocazione in un contesto di rapporti familiari deteriorati per contrasti riconducibili alle scelte di vita del donatario, disapprovate dai genitori donanti.

Con altra pronuncia precedente la Corte di Piazza Cavour[322], ha anche affermato che non costituiscono ingiuria grave verso il donante, ai fini della revoca della donazione per ingratitudine ai sensi dell’art. 801 c.c., né il rifiuto di acconsentire alla richiesta del donante di vendita dell’immobile oggetto di donazione (tale richiesta equivalendo ad una pretesa di restituzione del bene, legittimamente rifiutata indipendentemente dai motivi della stessa), né quei comportamenti di reazione legittima (perché attuata attraverso gli strumenti offerti dall’ordinamento) a tale richiesta e ad altri atti in vario modo finalizzati a sostenerla.

Parimenti[323] la presentazione da parte del donatario di un esposto all’autorità di pubblica sicurezza contro il donante non costituisce offesa grave ai sensi dell’articolo 801 del c.c., se l’iniziativa é volta a far cessare un comportamento illegittimo del donante nei confronti del donatario e quindi, in definitiva, alla tutela dei diritti di quest’ultimo. Se, invece, la presentazione dell’esposto abbia dato luogo agli effetti previsti dall’articolo 463 del c.c., costituisce un caso specifico di revocazione per indegnità espressamente previsto dall’articolo 801 e non può integrare, quindi, gli estremi dell’ingiuria grave.

Particolare, risulta questa massima della S.C.[324] secondo la quale ai fini della configurabilità dell’ingiuria grave idonea a giustificare la revoca della donazione per ingratitudine del donatario, ai sensi dell’articolo 801 del c.c., occorre che il comportamento del donatario sia diretto consapevolmente a offendere il patrimonio morale del donante, sì da rivelare un sentimento di avversione verso il donante, espressione dell’ingratitudine che ripugna alla coscienza comune. Esattamente, pertanto, il giudice del merito rigettava la domanda di revoca della donazione per ingiuria grave nell’ipotesi in cui il donatario denunciava il donante di lesioni volontarie e il donatario stesso veniva, poi, assolto, ove la pronuncia penale abbia messo in evidenza una serie di non trascurabili indizi di colpevolezza, a carico dell’imputato che, pur se non idonei ad assurgere al rango di prova per difetto dell’univocità, concordanza e gravità, determinavano una situazione di incertezza in ordine al carattere gratuitamente offensivo dell’accusa prospettata.

Né, ancora, la domanda di revoca della donazione può accogliersi qualora il donatario abbia prospettato in un giudizio civile che il donante ha utilizzato una procura falsa per vendere un immobile di proprietà di esso donatario, ancorché in esito al procedimento di querela di falso sia stata acclarata l’autenticità della procura stessa, trattandosi di un mezzo processuale che, sebbene scorretto e moralmente censurabile, è stato posto in essere per ottenere la vittoria in causa e non per offendere il patrimonio morale del convenuto donante.

Mentre secondo la Corte Milanese[325], partendo dal principio[326] – secondo il quale l’ingiuria grave richiesta, ex art. 801 c.c., quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale il suo significato intrinseco e l’individuazione del bene leso, si distacca, tuttavia, dalle previsioni degli artt. 594 e 595 cod. pen., e consiste in un comportamento suscettibile di ledere in modo rilevante il patrimonio morale del donante ed espressivo di un reale sentimento di avversione da parte del donatario, tale da ripugnare alla coscienza collettiva – ha fatto corretta applicazione il Tribunale escludendo che ricorrano gli estremi dell’ingratitudine nella decisione della moglie di porre fine alla convivenza separandosi dal marito. Un siffatto comportamento è stato congniamente valutato dal primo Giudice in ossequio alle indicazioni fornite dalla Cassazione[327]  secondo la quale, in ipotesi di separazione, non è possibile ravvisare l’ingratitudine del coniuge donatario nel solo fatto di avere posto fine alla convivenza e in quello di avere intrecciato un nuovo legame, dovendo la stessa essere individuata nel modo ingiurioso con cui tali fatti siano stati compiuti. La decisione di separarsi non può, di per sé, costituire manifestazione di un atteggiamento di disistima delle qualità morali del coniuge donante o di mancanza di rispetto nei suoi confronti, né affronto animoso contrastante con il senso di riconoscenza e di solidarietà che, secondo la coscienza comune, deve improntare il comportamento della moglie donataria, bensì come presa d’atto, da parte di costei, del venir meno della comunione spirituale tra i coniugi e del sopravvenire di una condizione tale da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, come peraltro riferito dalla stessa appellata in sede di divorzio.

Infine, per quanto riguarda i casi di ingiuria ma non tali da determinare la revoca, in una massima[328] non molto recente si evince che la revoca della donazione per ingratitudine sotto il profilo dell’ingiuria grave richiede un’azione consapevole e volontaria del donatario direttamente volta contro il patrimonio morale del donante, risolvendosi in una manifestazione di perversa animosità verso il donante idonea a giustificare il pentimento rispetto al compiuto atto di liberalità. Per contro i comportamenti del donatario (nella specie, interruzione degli studi, uso di stupefacenti e commissione di reati) che, pur potendo comportare dolorose reazioni nell’animo del donante, non sono tuttavia volti direttamente a colpirlo, non giustificano la revoca della donazione elargita in epoca anteriore.

Mentre, a mente di una sentenza del Tribunale di Lodi[329] la violazione del dovere coniugale di fedeltà, attuata senza alcun ritegno e fatta oggetto di pettegolezzo divertito e di scherno per il marito, deriso e compatito per il tradimento subito, integra senz’altro l’ingiuria grave e continuata, estremamente lesiva del patrimonio morale del donante e giustifica la revocazione delle donazioni ricevute dal coniuge colpevole.

Infatti[330], la donazione, anche indiretta, tra i coniugi non si sottrae (anche nel vigore del regime di parità introdotto con la riforma del diritto di famiglia) alla revocazione per ingratitudine eper art. 801 c.c. Peraltro, ai detti effetti, l’ingratitudine del coniuge donatario, in ipotesi di separazione, non può ravvisare nel solo fatto di aver posto fine alla convivenza e in quello di aver intrecciato un nuovo legame, ma va individuata nel modo ingiurioso con cui tali fatti siano stati compiuti.

Ancora secondo altra pronuncia di legittimità[331] la condotta della moglie che aveva intrattenuto per lungo tempo una relazione epertraconiugale con modalità oggettivamente irriguardose nei confronti del coniuge, sfociata nell’abbandono della famiglia nonostante la presenza di figli, ha determinato gli estremi dell’ingiuria grave.

Con altra pronuncia, rimanendo in tema, la Corte di Piazza Caour [332], ha condiviso il giudizio della Corte Capitolina, che aveva identificato l’ingratitudine di una donna – alla base della revoca della donazione – proprio nel fatto che ella aveva portato avanti negli anni una relazione adulterina, dimostrata dalle deposizioni testimoniali, anche dunque dopo essersi sposata ed aver ricevuto abbondanti regali, fino ad abbandonare il marito in un momento in cui egli risultava bisognoso di assistenza.

Ancora la Cassazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|14 settembre 2022| n. 27064

in relazione alla condotta ingiuriosa individuata in una relazione extraconiugale intrapresa dal coniuge donatario, la ragione dell’ingratitudine va ravvisata non nella relazione extraconiugale in sé, bensì nella circostanza che tale relazione fosse stata ostentata, anche fra le mura della casa coniugale, in presenza di una pluralità di estranei e, talvolta, anche del marito, a conferma della necessità di valorizzare anche il contesto ristretto o meno dei percettori dell’offesa.

Oppure in altra sentenza[333] è stato ravvisato, nel comportamento del donatario, gli estremi dell’ingratitudine per avere questi più volte gravemente ingiuriato la donante rivolgendole l’appellativo di “puttana”, “delinquente”, disgraziata”, “disonesta”, e per averla minacciato di morte e di prenderla a calci, anche come reazione al rifiuto della predetta di rendere disponibile l’oggetto della donazione alla scadenza prevista.

Per quanto riguarda la prova, sempre secondo la Corte di Legittimità[334], può essere fornita con ogni mezzo e, quindi, anche mediante presunzioni ed il giudizio espresso al riguardo dal giudice del merito, involgendo un apprezzamento di fatto, si sottrae al sindacato di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici e da errori di diritto.

Termine e legittimazione ad agire

art. 802 c.c.     termini e legittimazione ad agire

la domanda di revocazione per causa d’ingr.dine deve essere proposta dal donante o dai suoi eredi, contro il don.rio o i suoi eredi, entro l’anno dal giorno in cui il don.te è venuto a cono.nza del fatto che consente la rev.one (2964 e s.s.).

Se il donatario si è reso responsabile di omicidio volontario in persona del donante o gli ha dolosamente impedito di revocare la donazione, il termine per proporre l’azione è di un anno (c.c.2964) dal giorno in cui gli eredi hanno avuto notizia della causa di revocazione (disp. di att. al c.c. 141).

Termine

È stato affermato in dottrina e in giurisprudenza[335] che il termine di 1 anno è un termine di decadenza e non di prescrizione e, di conseguenza, non saranno applicabili le cause di sospensione e d’interruzione (eper art. 2964) ma solo le cause che impediscono la decadenza – art. 2966 c.c.

art. 2966 c.c.    cause che impediscono la decadenza

la decadenza non è impedita se non dal compimento dell’atto previsto dalla legge o dal contratto. Tuttavia, se si tratta di un termine stabilito dal contratto o da una norma di legge relativa a diritti disponibili, la decadenza può essere anche impedita dal riconoscimento del diritto proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il diritto soggetto a decadenza.

Difatti, per la Corte di Piazza Cavour[336], in tema di revocazione della donazione per ingratitudine, il termine di un anno previsto dall’art. 802 c.c. per la proposizione della domanda – decorrente dal momento in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto che consente la revocazione – è fissato a pena di decadenza e presuppone che la domanda stessa, per dispiegare i propri effetti, sia completa in tutti i suoi elementi costitutivi e sia portata ritualmente a conoscenza del destinatario nelle forme di legge attraverso una valida notifica.

Ne consegue che la perenzione del termine di decadenza non è impedito né dalla notifica nulla di un atto di citazione (perchè effettuata dall’altro coniuge presso il domicilio coniugale da cui la convenuta si era allontanata per andare a vivere altrove) né dalla notifica di un atto di citazione nullo (perchè contenente un termine a comparire inferiore a quello di cui all’art. 163 bis cod. proc. civ.) non essendo sufficiente che gli atti siano venuti di fatto a conoscenza del destinatario.

Secondo una pronuncia di merito[337], alla luce del principio anzidetto, rilevato che nella specie gli attori, genitori del convenuto, al quale avevano donato la nuda proprietà di un immobile dal medesimo impegnato, avevano avuto concreta percezione dei presupposti di un comportamento gravità tale da far ritenere possibile una domanda di revoca già nell’anno 2004, deve concludersi per una declaratoria di improponibilità della domanda di revocazione proposta solo nell’anno 2007.

In base allo stesso principio, secondo il Tribunale di Bassano del Grappa[338], in caso di separazione tra coniugi l’adulterio costituisce senz’altro causa di ingratitudine pertanto, qualora dal tenore della stessa richiesta di separazione sia percepibile che, già da quel momento, il soggetto è pienamente consapevole del comportamento illegittimo del coniuge, si deve ritenere che i termini per l’esercizio della revocazione comincino a decorrere da allora.

Per quanto riguarda la consapevolezza, secondo la Corte nomofilattica, ai fini della decorrenza del termine per proporre domanda di revocazione della donazione per causa d’ingratitudine, allorquando il donatario si è reso colpevole di ingiuria grave, come nel caso di adulterio, non è sufficiente che del fatto ingiurioso il donante abbia vaghe e generiche notizie, essendo invece rilevante la completa conoscenza di fatti e circostanze tali da determinare in lui la certezza di avere subito ingiuria grave da parte del donatario.

Sul punto è tornata nuovamente la Cassazione

Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 18 ottobre 2016, n. 21010

affermando che in presenza di una pluralita’ di atti offensivi fra loro strettamente connessi, perche’ possa iniziare a decorrere il termine decadenziale previsto dall’articolo 802 c.c. – in base al quale “La domanda di revocazione per causa d’ingratitudine deve essere proposta dal donante o dai suoi eredi, contro il donatario o i suoi eredi, entro l’anno dal giorno in cui il donante e’ venuto a conoscenza del fatto che consente la revocazione” – deve guardarsi al momento in cui questi raggiungono un livello tale da non potere essere piu’ ragionevolmente tollerati secondo una valutazione di normalita.

Nella specie, la corte territoriale ha ritenuto, con una motivazione logica e completa, che, benche’ l’ingratitudine del donatario si fosse concretizzata in una progressione di atti ingiuriosi, era a partire dal giorno in cui tale progressione era arrivata al suo culmine che occorreva computare il termine di decadenza di cui all’articolo 802 c.c., culmine che “si ebbe con la estromissione della donante dall’appartamento donato” del 14 giugno 1999.

Legittimazione ad agire

Per la Corte di Legittimità[339], con una pronuncia datata, l’azione di revocazione della donazione (per ingratitudine, ai sensi dell’art 801 c.c.) e quella di annullamento della medesima (ai sensi dell’art 775 c.c. o per vizio di volontà del donante) spettano unicamente al donante e, dopo la sua morte, ai suoi eredi.

Pertanto, non è legittimato ad esperirle – difettando anche d’interesse ad agire, requisito che deve sussistere almeno al momento della pronuncia – il soggetto (nella specie, figlio del donante) il quale assuma che l’atto di liberalità lede suoi futuri diritti successori.

Deve, invece, escludersi che l’azione possa essere esercitata in via surrogatoria dai creditori del donante, essendo il potere di revoca attribuito a tutela d’interessi di ordine preminentemente morali.

Quanto alla legittimazione passiva, è discusso se l’azione possa essere proposta anche contro le persone giuridiche.

Sembra preferibile[340], la tesi negativa[341], perché i comportamenti illeciti, che son alla base della revoca, non possono essere ascritti all’ente, ma, analogamente alla responsabilità penale[342], riguardano solo le persone fisiche che li hanno commessi.

 

B) Sopravvenienza di figli

art. 803 c.c.     revocazione per sopravvenienza di figli

le donazioni, fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti legittimi al tempo della donazione, possono essere revocate per la sopravvenienza o l’esistenza di un figlio o discendente legittimo del donante. Possono inoltre essere revocate per il riconoscimento di un figlio naturale, fatto entro due anni dalla donazione[343], salvo che si provi che al tempo della donazione il donante aveva notizia dell’esistenza del figlio.

La revocazione può essere domandata anche se il figlio donante era già concepito al tempo della donazione.

La sua giustificazione si trova non nella presunta volontà del testatore, ma nella rilevanza dell’affetto paterno e, soprattutto, nella tutela dell’interesse superiore della famiglia.

Secondo la S.C. la revocazione della donazione, regolata dall’art. 803 c.c., ha il suo fondamento nell’esigenza di consentire al donante una rivalutazione dell’opportunità della donazione di fronte al fatto sopravvenuto della nascita o conoscenza dell’esistenza di figli o discendenti legittimi e ciò di eventi che essendo successivi alla perfezione ed efficacia del negozio di donazione non possono sullo stesso influire se non nel momento in cui si siano verificati; con la conseguenza che, stante il divieto di retroattività della legge posto nell’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile come principio generale del nostro ordinamento giuridico, a regolare il rapporto sono le norme in quel tempo vigenti, mancando nella materia disposizioni transitorie come quella dell’art. 141 disp. att. c.c. per la revocazione per ingratitudine.

Prima dell’intervento normativo di cui appresso, per l’equiparzione tra i figli legittimi e naturali, operata dall’art. 30, 3 co della Costituzione, che impone al legislatore di assicurare ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima, è preferibile la tesi di chi[344] afferma ugualmente la revocazione della donazione nel caso di sopravvenienza di figli naturali (contra[345]altri autori che si basano sulla letteralità della norma).

Ma con ultimo intervento il Legislatore, con la Legge 10 dicembre 2012 n. 219 [346] – disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali, in merito alla successione dei figli naturali, ha determinato una modifica imponente, determinando per lo effetto la caducazione dell’atavica distinzione tra figli naturali e legittimi.

In altre parole sono state riscritte le norme sulla successione, in cui ai figli (nati fuori del matrimonio o al suo interno) è riservato lo stesso identico trattamento normativo.

Infine, con il decreto legislativo 154/2013[347] (in attuazione della delega contenuta all’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219) è stata portata a compimento la più radicale modifica del diritto di famiglia successiva alla legge 19 maggio 1975, n. 151

Più complessa é, invece, la questione relativa ai figli adottivi

Bisogna distinguere

1)   l’adozione legittimante dei minori d’età – la rilevanza della revocazione negli stessi termini in cui è prevista per i figli legittimi si basa sull’art. 27, 1 co della legge sull’adozione (L. 4 – 5 1983, n. 184) dove è detto che per effetto della donazione l’adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti.

Anche se in realtà per la giurisprudenza di merito la domanda volta ad ottenere la revocazione della donazione effettuata, per sopravvenienza di figli adottivi, non può essere accolta in virtù del costante orientamento della giurisprudenza secondo il quale la posizione degli adottati non può essere parificata, a quella dei figli legittimi in quanto si finirebbe per consentire al donante di influire con un suo comportamento, sulle sorti del negozio della donazione per effetto della sopravvenienza di figli adottivi successivamente al perfezionamento dell’istituto.

2)   dall’adozione delle persone maggiorenni – nulla prevedendo l’art. 803, non trova applicazione l’istituto della revocazione.

In generale, per Giurisprudenza di merito[348] la revoca della donazione (nella specie in considerazione realizzata in favore del coniuge) per sopravvenienza dei figli non può essere effettuata quando il donante, al momento in cui esegua l’atto di disposizione del proprio patrimonio, abbia già un discendente anche se costui, in data successiva alla donazione, muoia e, dopo tale evento, sopraggiungano altri discendenti.

L’applicabilità dell’art. 803 c.c. postula, infatti, la sussistenza di due presupposti:

1)   l’uno, a carattere negativo, dato dal fatto che il donante non avesse o ignorasse di avere figli o discendenti legittimi al momento della donazione;

2)   l’altro, di contenuto positivo, rappresentato dalla sopravvenienza o dall’apprendere dell’esistenza di un figlio o un discendente legittimo.

Da tali presupposti si deduce il fondamento della disposizione contenuta nell’art. 803 c.c. che risiede, cioé, nell’esigenza di salvaguardare la famiglia del donante anche alla luce del presumibile diverso atteggiamento che sarebbe stato tenuto dal genitore stesso se consapevole della presenza di discendenti; in sostanza il legislatore presume che se il donante avesse saputo che sarebbero sopraggiunti dei figli non avrebbe deciso di compiere il negozio di cui trattasi, dandogli, così, la facoltà di chiedere la revoca della donazione; ne deriva, quindi, che se costui aveva anche solo un figlio al momento della donazione deve presumersi, al contrario, che abbia volontariamente deciso di donare i propri beni a persone diverse dai figli, restando di conseguenza irrilevante il dato della eventuale, successiva morte di costoro e del sopraggiungere di nuovi discendenti, poiché ciò che conta ai fini dell’applicabilità dell’istituto in parola è unicamente la considerazione che il donante fa al momento della donazione rispetto alla propria discendenza.

Per la Cassazione recente[349] la revocazione della donazione per sopravvenienza di figli risponde all’esigenza di consentire al donante di riconsiderare l’opportunità dell’attribuzione già disposta a fronte della sopravvenuta nascita di un figlio o della sopravvenuta conoscenza della sua esistenza, in funzione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione che da tale evento derivano e che in precedenza non erano previsti né prevedibili.

Ai fini della detta revocabilità non sussistono, nel caso di adozione di maggiore di età, in considerazione delle peculiarità dell’istituto, le ragioni che giustificano l’attribuzione al donante del diritto potestativo per sopravvenienza di figli legittimi, naturali o adottivi per effetto di adozione speciale, ovvero per l’ignoranza dell’esistenza di figli o discendenti legittimi o naturali.

Termine e legittimazione ad agire

art. 804 c.c.    termine per l’azione

l’azione di revocazione per sopravvenienza di figli deve essere proposta entro cinque anni (c.c.2964 e seguenti) dal giorno della nascita dell’ultimo figlio o discendente legittimo ovvero della notizia dell’esistenza del figlio o discendente ovvero dell’avvenuto riconoscimento del figlio naturale.

Il donante non può proporre o proseguire l’azione dopo la morte del figlio o del discendente.

 

C) Effetti

art. 807 c.c.     effetti della revocazione

revocata la donazione per ingratitudine o sopravvenienza di figli, il donatario deve restituire i beni in natura, se essi esistono ancora, e i frutti relativi, a partire dal giorno della domanda (c.c.1148; Cod. Proc. Civ. 163).

Se il donatario ha alienato i beni, deve restituirne il valore, avuto riguardo al tempo della domanda, e i frutti relativi, a partire dal giorno della domanda stessa.

art. 808 c.c.     effetti nei riguardi dei terzi

la revocazione per ingratitudine o per sopravvenienza di figli non pregiudica i terzi che hanno acquistato diritti anteriormente alla domanda, salvi gli effetti della trascrizione di questa (c.c.2652, n. 1).

Il donatario, che prima della trascrizione della domanda di revocazione ha costituito sui beni donati diritti reali (c.c.959, 981, 1021 e seguenti) che ne diminuiscono il valore, deve indennizzare il donante della diminuzione di valore sofferta dai beni stessi.

In caso d’immobili, la trascrizione della domanda giudiziale deve precedere quella relativa all’acquisto

 

D) Donazioni irrevocabili

art. 805 c.c.      donazioni irrevocabili

non possono revocarsi per causa d’ingratitudine, ne per sopravvenienza di figli,  A)  le donazioni rimuneratorie[350] e B) quelle fatte in riguardo di un determinato matrimonio[351] (c.c. 785).

C) le liberalità d’uso[352];

D) le liberalità non soggette a collazione[353]

art. 742 c.c.   spese non soggette a collazione

non sono soggette a collazione le spese di mantenimento e di educazione e quelle sostenute per malattia, ne quelle ordinarie fatte per abbigliamento o per nozze.

Le spese per il corredo nuziale e quelle per l’istruzione artistica o professionale sono soggette a collazione solo per quanto eccedono notevolmente la misura ordinaria, tenuto conto delle condizioni economiche del defunto (809).

Non sono soggette a collazione le liberalità previste dal secondo comma dell’art. 770.

Le ragioni dell’esclusione, secondo alcuni autori[354], devono ricercarsi nella prevalenza dei motivi, che hanno spinto il donante alla donazione, sui motivi posti a base della normativa sulla revocazione.

 

E) Rinunzia all’azione

art. 806 c.c.    inammissibilità della rinunzia preventiva

non è valida la rinunzia preventiva alla revocazione della donazione per ingratitudine o per sopravvenienza di figli.

 

6)   L’INVALIDITÀ

 

A) Introduzione

Ricorre l’invalidità qualora gli elementi di un negozio giuridico non corrispondano alla fattispecie richiesta dall’ordinamento, il quale perciò non concede la sua tutela, negando la produzione degli effetti (NULLITÀ) o consentendo fino a quando non venga proposta o accolta la domanda del soggetto legittimato (ANNULLABILITÀ).

Sono applicabili le norme sul’invalidità dei contratti nella maggior parte dei casi –

1     – cause di nullità – 1418 c.c.

2     – nullità parziale – 1419 c.c.

3     – esercizio dell’azione di nullità 1421 – 1422 c.c.

4     – vizi del consenso – 1427 – 1440 c.c.

5     – esercizio dell’azione di annullamento – 1441 – 1443 c.c.

6     – convalida – 1444 c.c.

7     – effetti dell’annullamento – 1445 c.c.

INESISTENZA

La dottrina prevalente[355] ammette la figura perché il negozio, pur esistendo in fatto, è affetto da un vizio più grave e radicale di quello relativo alla nullità in quanto impedisce la stessa possibilità di identificare il contratto come tale.

Il negozio inesistente non implica alcun fenomeno di qualificazione giuridica, a differenza della fattispecie nulla che è giuridicamente qualificata, seppur negativamente, per le conseguenze che produce in termini di restituzioni e risarcimento del danno.

La rilevanza giuridica della figura si ha soprattutto in tema di sanatoria del negozio (artt. 599, 799), di responsabilità precontrattuale e di matrimonio.

La rilevanza giuridica della figura, in tale ambito, si ha soprattutto in tema di sanatoria del negozio (artt. 599, 799): è sanabile il negozio nullo ma non quello inesistente.

Un tipico esempio di questa figura è dato dal testamento orale, nel quale, manca quella realtà minima, al di sotto della quale non è possibile identificare una disposizione testamentaria.

Lo stesso discorso non può farsi per la donazione, nella quali anzi è talvolta consentita la forma orale, come nel caso della donazione di modico valore, valida anche se manca l’atto pubblico, purché vi sia stata la traditio.

IMPUGNABILITÀ

La disciplina dell’impugnabilità della donazione diverge da quella generale sui contratti, in quanto sono ovviamente incompatibili con la natura della donazione degli istituti della rescissione[356] per lesione (art. 1448 c.c.) e della risoluzione[357] per inadempimento (art. 1453  c.c.).

É, invece, prevista una particolare forma d’impugnabilità:

l’azione di riduzione[358]  delle donazioni, il cui valore eccede la quota della quale il defunto poteva disporne.

 

B) Disciplina specifica sull’invalidità delle donazioni

 

A) Invalidità relativa ai soggetti –

1) – art. 775 c.c. [359]  – il legislatore, dunque, non subordina l’azione di annullamento agli stessi requisiti per i contratti previsti dall’art. 428 c.c.; ciò perché il pregiudizio dell’atto per il donante è di regola in re ipsa e non occorre proteggere la buona fede del donatario, il quale con l’annullamento della donazione si vede solo privato di un vantaggio patrimoniale.

2)  In linea astratta potrebbe anche essere annullata la donazione per incapacità d’intendere e di volere del donatario.

In questo caso troverà applicazione il II comma dell’art. 428 c.c., ma sarà ben difficile che ricorra in concreto la mala fede dell’altro contraente, ossia del donatario.

art. 428 c.c.    atti compiuti da persona incapace d’intendere o di volere

gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d’intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all’autore (1425 e seguenti).

L’annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d’intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell’altro contraente (1425).

L’azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui l’atto o il contratto è stato compiuto (2953).

3) Nullità delle donazioni fatte dai rappresentanti di persone incapaci – art. 777 c.c.[360] –

4) Nullità delle donazioni fatte dai rappresentanti di persone inabilitate – art. 776 c.c. [361] –

5) La nullità del mandato a donare  art. 778 c.c.[362] –

6) Inoltre, l’art. 28 n. 3 della L. 16 febbraio 1913 n. 89, stabilisce la nullità per le donazioni fatte al notaio rogante (a sua moglie, parenti e affini), nonché ai testimoni e agli interpreti (artt. 47, 48, 50, 58) che abbiano presentato all’atto di donazione –

7) L’annullamento del matrimonio importa la nullità della donazione – art. 785 c.c. [363]

 

B) Invalidità relativa all’oggetto

A)   rispetto alla disciplina dei contratti (art. 1348 e 1472 c.c.), è nulla la donazione di beni futuri[364], salvo che si tratti di frutti non ancora separati;
B)   il legislatore non vieta i negozi sui beni altrui, anzi espressamente ne disciplina la figura principale (vendita di cosa altrui – art. 1478 c.c.). La donazione di beni altrui secondo una parte della dottrina si considera nulla.

C) Invalidità per motivo erroneo

Non è dunque applicabile l’ipotesi di errore sul motivo della normativa dei contratti in generale (art. 1428 e ss.), secondo la quale è annullabile il contratto solo se l’errore era essenziale e riconoscibile.

D)  Invalidità per motivo illecito

Rende nulla la donazione, purchè risulti dall’atto e sia stato l’unico a determinare il donante (a differenza di quanto disposto in tema di contratti in generale, ove il motivo illecito dà luogo a nullità non solo quando è determinante ed esclusivo ma anche comune alle parti: art. 1345 c.c.).

 

NOTE

[1] Per il collegamento testuale cliccare sul paragrafo o sul numero di pagina

[2] Cfr. per un maggior approfondimento sulla collazione – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2015/05/07/la-collazione/

[3] Per un maggior approfondimento sulla azione di riduzione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/09/26/i-legittimari-azione-di-riduzione-e-di-restituzione/

[4] Cfr. par.fo F) LA DONAZIONE OBBLIGATORIA, pag. 148

[5] Cfr. par.fo G) LA DONAZIONE LIBERATORIA, pag. 152

[6] Torrente – Cicu e Messineo

[7] Corte di Cassazione, sezione II, civile, sentenza 15 luglio 2016, n. 14551 – per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2016/09/19/corte-di-cassazione-sezione-ii-civile-sentenza-15-luglio-2016-n-14551/

Corte di Cassazione, sentenza n. 8018 del 2012; Corte di Cassazione, sentenza n. 12325 del 1998; Corte di Cassazione, sentenza n. 1411 del 1997; Corte di Cassazione, sentenza n. 3621 del 1980

[8] Corte di Cassazione, sez. un., sentenza18 marzo 2010, n. 6538

[9] Cfr par.fo E) LA DONAZIONE INDIRETTA pag. 106

[10] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 16 ottobre 1976, n. 3526

[11] Cfr. par.fo C) I SOGGETTI DELLA DONAZIONE, punto 2) DONATARI, da pag. 89

[12] Cfr. par.fo C) I SOGGETTI DELLA DONAZIONE, punto 2) DONATARI, La sostituzione fedecommissaria, da pag. 102

[13] Cfr. par.fo L) LA DISCIPLINA DELLE DONAZIONI, punto 5) LA REVOCA DELLE DONAZIONI, lettera b) Sopravvenienza di figli pag. 218

[14] Cfr. par.fo B) I CARATTERI DELLA DONAZIONE, punto 6) Il MOTIVO da pag. 50

[15] Corte di Cassazione, sentenza 8018/2012 e Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 13 aprile 2016, n. 7335.

[16] Cfr. par.fo F) LA DONAZIONE OBBLIGATORIA, pag. 148

[17] Cfr. per un maggior approfondimento sulla proposta irrevocabile – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/02/19/la-proposta-irrevocabile-o-ferma/

[18] Biondi – Perchinunno

[19] Capozzi Torrente – Messineo – e giurisprudenza

[20] Cfr. per un maggior approfondimento sull’opzione – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2012/11/21/lopzione/

[21] Cfr. per un maggior approfondimento sul contratto preliminare – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/02/01/le-trattative-ed-il-contratto-preliminare/

[22] Scognamiglio –Mirabelli – Bianca e la giurisprudenza

[23] Messineo – Forchielli – Gabrielli – Gazzoni – Albino – Palazzo

[24] Cfr. par.fo F) LA DONAZIONE OBBLIGATORIA, pag. 148

[25] Tribunale Firenze, Sezione III civile, sentenza 11 marzo 2015, n. 793

[26] Corte di Cassazione, Sezione U civile, sentenza 18 dicembre 1975, n. 4153

[27] Cfr per un maggior approfodnimento sul diritto di superficie – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2012/05/29/il-diritto-di-superficie/

[28] Cfr. per un maggior approfondimento sull’usufrutto, uso ed abitazione – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/06/17/usufrutto/

[29] Cfr. per un maggior approfondimento sulla servitù – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/04/22/servitu-prediali/

[30] Cfr par.fo E) LA DONAZIONE INDIRETTA pag. 106

[31] Cfr. per un maggior approfondimento sull’azienda – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/10/25/azienda/

[32] Cfr. per un maggior approfondimento sulla collazione – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2015/05/07/la-collazione/

[33] Cfr. par.fo L) LA DISCIPLINA DELLE DONAZIONI, punto 5) LA REVOCA DELLE DONAZIONI, da pag. 193

[34] Per un maggior approfondimento sulla azione di riduzione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/09/26/i-legittimari-azione-di-riduzione-e-di-restituzione/

[35] Corte di Cassazione, sentenza 4 maggio 1998, n. 4441, Corte di Cassazione, Sezione II civile, Sentenza 9 novembre 1974, n. 3490. Mentre nell’ipotesi di donazione di pluralità di cose mobili che abbiano destinazione economica unitaria (cosiddetta donazione di universalità) ovvero in quella di donazione di tutti (o di una quota dei) beni del donante considerati nella loro totalità (cosiddetta donazione universale) si ha donazione unica; per contro, allorquando la donazione comprende più beni singolarmente individuati, si è in presenza di una donazione plurima: infatti l’unità o la pluralità dell’atto attributivo dipende dalla correlativa unità o pluralità del bene che ne è oggetto e non dal risultato di una indagine del tipo di quella prevista dall’art 1419 c.c., diretta a stabilire se il donante avrebbe voluto egualmente la donazione di alcuni soltanto dei beni.

La donazione concernente più beni singolarmente considerati si configura come donazione plurima per la pluralità dell’oggetto, senza alcuna necessita di indagini sulla volontà delle parti. Peraltro, ove la pluralità dei beni donati siano considerati come unico compendio, solo tale specifico atteggiamento della volontà negoziale, che deve essere espressamente dichiarato ovvero denunciato da particolarità del contenuto negoziale – come ad esempio: un elemento accidentale operativo solo in relazione a tutte le disposizioni – legittima ulteriori indagini anche in base ad elementi extratestuali

[36]  Cfr. par.fo I) LA DONAZIONE CON RISERVA DI USUFRUTTO, da pag. 169

[37] Cfr par.fo B) I CARATTERI DELLA DONAZIONE, punto 7) GLI ELEMENTI ACCIDENTALI, lettera f) L’onere – (modus) da pag. 63

[38] Cfr par.fo B) I CARATTERI DELLA DONAZIONE, punto 7) GLI ELEMENTI ACCIDENTALI, lettera e) Il termine da pag. 61

[39] Cfr par.fo B) I CARATTERI DELLA DONAZIONE, punto 7) GLI ELEMENTI ACCIDENTALI, lettera a) La condizione da pag. 52

[40] Cfr. per un maggior approfondimento sulla collazione – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2015/05/07/la-collazione/

[41] Corte di Cassazione, Sentenza 15 gennaio 2003, n. 502

[42] Cfr. per un maggior approfondimento sul contratto di compravendita – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2014/04/28/la-compravendita/

[43] Cfr. per un maggior approfondimento sulla vendita di cosa altrui – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2016/06/23/la-vendita-di-cosa-altrui-e-di-cosa-parzialmente-altrui-2/

[44] Gazzoni Biondi – Gentile – Palazzo

[45] Corte di Cassazione, sezione II, 5 febbraio 2001, n. 1596, a tenore del quale la donazione traslativa di beni che le parti considerano di proprietà del donante, ma che in realtà appartengono a terzi, non è nulla, ma semplicemente inefficace, sia per la ristretta portata letterale dell’art. 771 c.c., sia per la natura eccezionale del divieto di donare beni futuri, atteso il riferimento alla disciplina della vendita di cosa altrui.

[46] Capozzi –Torrente – Mengoni – Bonlini

[47] Secondo un primo orientamento (Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 20 dicembre 1985, n. 6544), la donazione dispositiva di un bene altrui sarebbe nulla e non determinerebbe a carico del disponente alcun obbligo, stante il cristallino divieto di donazione di beni futuri previsto dall’art. 771 c.c. in cui andrebbe sussunta, in carenza di una disciplina ad hoc, anche la donazione di beni altrui.

Sul punto cfr anche ultima sentenza di merito Corte d’Appello Roma, Sezione III civile Sentenza 21 giugno 2016, n. 3942, secondo cui dovendo considerarsi come diritto vivente che la donazione di cosa altrui, benché non espressamente disciplinata, debba ritenersi nulla alla stregua della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell’art. 771 c.c. (poiché il divieto di donazione dei beni futuri riguarda tutti gli atti compiuti e perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante (in tal senso, da ultimo, vedi Corte di Cassazione, sentenza 23 maggio 2013, n. 12782; nonché Corte di Cassazione, sentenza 05 maggio 2009, n. 10356)”

[48] Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 15 marzo 2016, n. 5068 – per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2016/04/01/corte-di-cassazione-sezioni-unite-sentenza-15-marzo-2016-n-5068-la-donazione-di-un-bene-altrui-anche-se-non-sia-espressamente-vietata-deve-ritenersi-nulla-per-difetto-di-causa-a-meno-che-nell/

[49] Cfr. per un maggior approfondimento sull’usucapione – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/02/18/il-possesso-lusucapione-e-le-azioni-a-tutela-del-possesso/

[50] Corte di Cassazione, sentenza n. 6544/1985, ripresa anche da Corte di Cassazione, sentenza n. 11311/1996

[51] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 5 maggio 2009, n. 10356

[52] In tal senso Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza, 23 maggio 2013, n. 12782: la donazione di cosa altrui, benché non espressamente disciplinata, deve ritenersi nulla alla stregua della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell’art. 771 c.c., poiché il divieto di donazione dei beni futuri riguarda tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre patrimonio del donante; tale donazione, tuttavia, è idonea ai fini dell’usucapione decennale, poiché il titolo richiesto dall’art. 1159 c.c. deve essere suscettibile in astratto, e non in concreto, di determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l’acquisto del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato titolare).

[53] Corte d’Appello Roma, Sezione III civile, Sentenza 21 giugno 2016, n. 3942, infatti, secondo la Corte Capitolina se la donazione dispositiva di bene altrui è da considerare nulla, nondimeno, ai fini della soluzione, in favore del terzo di buona fede, del conflitto di interessi che lo oppone al proprietario, essa può fungere da co-elemento della fattispecie acquisitiva a titolo originario a norma dell’art. 1159 c.c.

Difatti, la nullità della donazione di cosa altrui dipende, non da un vizio di struttura, ma esclusivamente – come è stato osservato in dottrina – da una ragione inerente alla funzione del negozio, ossia dalla altruità del bene donato rispetto al patrimonio del donante, altruità dalla quale, tuttavia, occorre prescindere allorché si procede alla valutazione della idoneità del titolo, che si ha tutte le volte in cui l’effetto immediatamente attributivo è unicamente precluso dalla carenza di legittimazione traslativa dell’alienante.

In altri termini, la provenienza dell’attribuzione dal non legittimato (perché non proprietario). Se intacca la validità della donazione (non consentendo ad essa, per questa sola ragione, di adempiere concretamente) a funzione traslativa del tipo al quale appartiene), non inficia la sua astratta idoneità ad inserirsi in una più complessa fattispecie acquisitiva a non domino (che si diparte dall’essere stato comunque posto in essere un atto giuridico – donazione – con valenza di titolo idoneo poi anche trascritto).

[54] Cfr. par.fo F) LA DONAZIONE OBBLIGATORIA, pag. 148

[55] Torrente – Balbi, Corte di Cassazione, sentenza 15 febbraio 1983,n.116

[56] Carnevali

[57] Per un maggior approfondimento sulla azione di riduzione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/09/26/i-legittimari-azione-di-riduzione-e-di-restituzione/

[58] Gazzoni (anche perché se ammettono la donazione di cosa altrui) Bonlini – Pianola – Messineo – Rubino

[59] Biondi

[60] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 22 ottobre 1975, n. 3499

[61] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 16 novembre 1992, n. 12280

[62] Capozzi

[63] Corte di Cassazione, Sezione U civile, sentenza 18 dicembre 1975, n. 4153. A norma dell’art 782 secondo comma cod civ, l’accettazione della donazione, ove fatta con atto pubblico posteriore, e idonea a determinare il perfezionamento del contratto solo con la notificazione al donante dell’atto di accettazione; tale effetto non si verifica, pertanto, qualora la delibera, con cui un consiglio comunale abbia accettato una donazione, sia rimasta atto interno del comune e non sia stata ne esteriorizzata, ne portata a conoscenza

[64] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 16 aprile 2015, n. 7821

[65] Cfr. per un maggior approfondimento sul possesso – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/02/18/il-possesso-lusucapione-e-le-azioni-a-tutela-del-possesso/

[66] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 4 maggio 2010, n. 10734

[67] Cfr. per un maggior approfondimento sul mandato – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/10/29/il-mandato/

[68] Cfr. par.fo C) I SOGGETTI DELLA DONAZIONE, punto 1) DONANTE pag. 76

[69] Corte di Cassazione, civile, sentenza 15 novembre 2001, n. 14327

[70] Perozzi – Andreoli – Scognamiglio

[71] Balbi – giurisprudenza – Gazzoni – Spirito di liberalità: C’è chi ravvisa la causa nell’animus donandi, cioè nell’intenzione di arricchire il donatario per spirito di liberalità.

Tale causa della donazione consiste nel depauperamento del donante accompagnato dall’arricchimento del donatario.

[72] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 3 giugno 1980, n. 3621,  Cassazione, sentenza del 18 febbraio 1977,n.737

[73] Capozzi – Torrente e Messineo

[74] Biondi – nel senso che è necessario effettivamente la donazione di una situazione attiva – es. donazione di azioni di società – non vi devono essere passività risultanti dall’ultimo bilancio – da ciò non si potrebbe riscontrare il binomio depauperamento – arricchimento

[75] Torrente – nel senso che –  importante è l’acquisto da parte del donatario di una posizione giuridica – es. donazione di azioni di società – il donatario comunque acquista la qualità di socio

[76] Cfr par.fo H) LA DONAZIONE RIMUNERATORIA E LA LIBERALITÀ D’USO LIBERATORIA, pag. 155

[77] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 7 maggio 1980, n. 3023, Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 19 ottobre 2005, n. 20189. In tema di donazione, stabilire se un elemento sia da qualificare come onere, ex art. 793 c.c., ovvero come motivo, per gli effetti previsti dall’art. 787 c.c., si risolve nella valutazione di circostanze di fatto relative alla ricerca della effettiva volontà dei contraenti, che può essere censurata in sede di legittimità solo se le ragioni poste a base del convincimento del giudice di merito siano viziate da errori logici o giuridici.

[78] Cfr par.fo B) I CARATTERI DELLA DONAZIONE, punto 7) GLI ELEMENTI ACCIDENTALI, lettera f) L’onere – (modus) da pag. 63

[79] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 6 marzo 1992, n. 2695

[80] Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 11 aprile 2012, n.5702 – per la lettura del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2012/04/12/corte-di-cassazione-sezioni-unite-sentenza-11-aprile-2012-n-5702-donazione-modale-lavveramento-dellevento-futuro-ed-incerto-previsto-dalle-parti-come-condizione-risolutiva-del-c/

[81] Tribunale Amministrativo Regionale LOMBARDIA – Milano, Sezione IV, Sentenza 23 aprile 2007, n. 1942

[82] Corte di Cassazione, sentenza 17 novembre 1999, n. 12769; Corte d’Appello di Firenze, 23 giugno 1998; Trib. Ferrara, 16 maggio 1997

[83] Cfr par.fo B) I CARATTERI DELLA DONAZIONE, punto 7) GLI ELEMENTI ACCIDENTALI, lettera f) L’onere – (modus) da pag. 63

[84] Gazzoni

[85] Capozzi

[86] Per tutti Giampiccolo

[87] Chianale

[88] Tribunale Pordenone, civile, Sentenza 6 aprile 2016, n. 216, Corte di Cassazione, civile, Sentenza 6 marzo 1959, n. 576. In caso di donazione di usufrutto, di cui si differisca l’inizio dell’esercizio alla data del decesso del donante, è indubbia la sua qualificazione di donazione inter vivos, e non mortis causa: la condizione si premoriar è compatibile con la figura della donazione inter vivos, purchè si contempli l’evento dedotto in condizione – morte del donante – alla stregua di condizione sospensiva effettiva, e cioè dotata negozialmente di efficacia retroattiva.

[89] Brugi – De Martino

[90] Allara – Messineo – Barbero – Rodotà Natoli – Di Prisco –  Capozzi

[91] Per recente giurisprudenza di merito, Corte d’Appello Campobasso, civile, Sentenza 12 luglio 2016, n. 189, nella donazione modale il modus consiste in un peso imposto dal donante a carico del donatario che, pur comportando una limitazione della liberalità, costituisce un elemento accidentale del negozio in quanto finalizzato a conseguire una finalità ulteriore rispetto a quella principale dell’atto, senza alterarne la natura o condizionarne l’attuazione. In tale atto di liberalità l’onere imposto al donatario costituisce una vera e propria obbligazione, il cui inadempimento, imputabile al donatario, può essere causa di risoluzione della donazione ove in tale atto sia prevista. Legittimati a far valere il vizio e quindi ad esperire domanda di risoluzione per inadempimento dell’onere, sono solamente il donante o i suoi eredi e soltanto nel caso che essa sia stata espressamente prevista dall’atto di donazione mentre i terzi non hanno alcuna legittimazione a far valere vizi di questo genere potendo solo esperire l’azione di adempimento

[92] Cariota Ferrara – Coviello – Santoro – Passarelli – Trabucchi e giurisprudenza (modus: elemento accidentale)

[93] Carnevali – Scuto – Grassetti

[94] Capozzi – Ascoli – Palazzo

[95] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 7 aprile 2015, n. 6925 – per la lettura del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2015/04/24/corte-di-cassazione-sezione-ii-sentenza-7-aprile-2015-n-6925-laggiunta-del-modus-non-snatura-lessenza-della-donazione-non-potendo-assegnarsi-ad-esso-la-funzione-di-corrispettivo-con-la-suss/

L’aggiunta del modus non snatura l’essenza della donazione, non potendo assegnarsi ad esso la funzione di corrispettivo, con la sussunzione della donazione modale nella categoria dei contratti a titolo oneroso, ma comporta che la liberalità, che resta sempre la causa del negozio, attraverso il modus, viene ad esserne limitata. Ne consegue che, nel concorrere alla successione dell’ascendente, i figli legittimi e naturali e i loro discendenti legittimi e naturali, essendo tenuti a conferire ai coeredi tutto ciò che direttamente e indirettamente abbiano ricevuto dal defunto (articolo 737 c.c.), sono assoggettati all’obbligo della collazione anche nell’ipotesi di donazione modale, limitatamente alla differenza tra il valore dei beni donati e il valore dell’onere (Corte di Cassazione, sentenza 27 novembre 1985 n. 5888).

Analoghe considerazioni inducono a ritenere che, poiché l’imposizione di un onere non snatura l’essenza della donazione, trasformandola in un contratto a titolo oneroso, in caso di proposizione di azione di riduzione le donazioni modali non possono ritenersi escluse dalla riunione fittizia. Poiché, tuttavia, l’onere, pur non avendo natura di corrispettivo, comporta una diminuzione di valore della donazione, incidendo sull’ammontare del trasferimento patrimoniale, la determinazione del valore da considerare ai fini della riunione fittizia deve essere effettuata tenendo conto del valore dell’onere, che, pertanto, deve essere detratto dal valore del bene donato.

[96] Corte di Cassazione, Sez. Unite, sentenza 11 aprile 2012, n. 5702. Qualora una clausola apposta ad una donazione sia prevista dalle parti non come “modus“, che costituisce per il donatario una vera e propria obbligazione, ma come condizione risolutiva del contratto, questa produce effetti indipendentemente da ogni indagine sul comportamento, colposo o meno, dei contraenti in ordine al verificarsi dell’evento stesso, tenuto conto che nella disciplina delle condizioni nel contratto non possono trovare applicazione i principi che regolano l’imputabilità in materia di obbligazioni

[97] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 20 giugno 2014, n. 14120

[98] Cfr. per un maggior approfondimento sulla risoluzione – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/03/27/la-risoluzione/

[99] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 20 giugno 2014, n. 14120

[100] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 28 giugno 2005, n. 13876

[101] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza n. 21208 del 17 settembre 2013

[102] Corte di Cassazione, sentenza 2014 n. 14120. In tema di donazione modale, la risoluzione per inadempimento dell’onere non può avvenire ipso iure, senza valutazione della gravità dell’inadempimento, in forza di clausola risolutiva espressa, istituto che, essendo proprio dei contratti sinallagmatici, non può estendersi al negozio a titolo gratuito, cui pure acceda un modus.

Confermato da ultimo, Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 17 giugno 2016, n. 12636 – per la lettura del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2016/10/12/corte-di-cassazione-sezione-ii-civile-sentenza-17-giugno-2016-n-12636/

[103] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 20 giugno 2014, n. 14120, e Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 28 giugno 2005, n. 13876. Poiché in tema di risoluzione della donazione modale esiste una normativa specifica e completa, altre disposizioni non possono trovare ingresso

[104] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 17 aprile 1993, n. 4560

[105] Messineo – Torrente – Biondi

[106] Carnevali – Marini

[107] Cfr par.fo E) LA DONAZIONE INDIRETTA pag. 106

[108] Capozzi

[109] Coviello – Torrente – Grassetti – Balbi

[110]  Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 17 aprile 1993, n. 4560. L’impossibilità dell’onere, che, ai sensi dell’art. 794 c.c., rende nulla la donazione modale ove l’onere stesso ne abbia costituito l’unico motivo determinante, é soltanto l’impossibilità originaria, ossia già esistente all’atto della stipulazione, mentre quella sopravvenuta non può produrre altro effetto che l’estinzione del modus, facendo sì che la donazione ne resti liberata, salva l’ipotesi, disciplinata dall’art. 793, quarto comma, c.c., che le parti abbiano espressamente previsto la risoluzione per inadempimento dell’onere e quest’ultimo sia divenuto impossibile per fatto e colpa del donatario.

Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 22 giugno 1994, n. 5983, agli effetti stabiliti dall’art. 794 c.c., la disposizione modale che accede ad una donazione deve essere valutata globalmente con riguardo anche agli elementi accidentali, quali il termine, che connotano o completano la prestazione dovuta dal donatario, per stabilire se la prestazione era impossibile ab origine o lo é diventata posteriormente alla donazione, nella quale ultima ipotesi perché l’onere possa essere ritenuto non apposto occorre che la causa dell’impossibilità della prestazione non sia imputabile al donatario obbligato.

[111] Tribunale Caltanissetta, civile, sentenza 20 gennaio 2014. Nella fattispecie, in cui gli attori avevano richiesto la nullità dell’atto di donazione per cui è causa stipulato dalla loro dante causa in favore della convenuta per impossibilità originaria dell’onere imposto alla donataria di somministrare in favore della donante gli alimenti per tutto il tempo della sua vita e di prestare assistenza, cura e medicine nel caso di sua malattia, essendo la convenuta affetta da cecità invalidante, che la rendevano del tutto inidonea ad assolvere all’onere che gravava la donazione e come tale da qualificare impossibile, si è sottolineato come, ai fini della individuazione della comune volontà delle parti, in un preciso articolo dell’atto rogato, la donante aveva dichiarato che la donazione doveva considerarsi irrevocabile poiché la liberalità era stata fatta per riconoscenza delle amorevoli cure alla stessa prestate dalla donataria. Si è, dunque, ritenuto che la volontà della donante fosse quella di non subordinare la validità e l’efficacia della donazione all’adempimento dell’onere sopra citato.

[112] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 9 giugno 2014, n. 12959 – per la lettura del testo integrale aprire il seguente collegamento – on-line http://3.70.129.172/2014/06/13/corte-di-cassazione-sezione-ii-sentenza-9-giugno-2014-n-12959

[113] Corte d’Appello L’Aquila, civile, sentenza 5 ottobre 2012, n. 1118

[114] Corte d’Appello Roma, Sezione III civile, sentenza 17 maggio 2011, n. 2151

[115] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 23 febbraio 1995, n. 2085. La prova dei fatti posti a base della domanda di annullamento di un contratto o di una donazione per incapacità naturale, ai sensi degli artt. 428 e 775 c.c., può essere fornita con ogni mezzo e anche con elementi raccolti in un giudizio diverso tra le stesse parti o fra altri; l’apprezzamento di queste prove sfugge al sindacato di legittimità se è sorretto da congrue argomentazioni, esenti da vizi logici e da errori di diritto.

[116] Jannuzzi – Lorefice

[117] Tribunale Mantova, sentenza 7 maggio 2009

[118] Cfr. per un maggior approfondimento sul mandato – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/10/29/il-mandato/

[119] Corte di Cassazione, Sezione VI civile, sentenza 24 luglio 2012, n. 12991

[120] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 12 novembre 1992, n. 12181

[121] Cfr par.fo E) LA DONAZIONE INDIRETTA pag. 106

[122] Torrente – Natale – Bonlini

[123] Mesineo – Casulli – Capozzi

[124] Ferrara – Torrente

[125] Manzini

[126] tra cui Capozzi

[127] Jannuzzi – Lorefice

[128] Capozzi

[129] Rubino

[130] per tutti Biondi

[131] Torrente – Stolfi – Funaioli – Oppo – Capozzi

[132] Lorefice

[133] per tutti De Rosa

[134] Torrente – Santarcangelo

[135] Lorefice

[136] Capozzi

[137] così il solo Capozzi

[138] così Jannuzzi

[139] Lorefice

[140] per tutti Balbi

[141] Capozzi

[142] Capozzi

[143] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 24 gennaio 1979, n. 529, nella specie, trattavasi della donazione di alcuni gioielli di modico valore, effettuata in favore di chi li deteneva, assieme ad altri, in una valigia affidatagli in custodia dal donante

[144] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 27 febbraio 1980, n. 1400, Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 21 aprile 1989, n. 1873 L’art. 783 c. c., nel disciplinare le donazioni di modico valore, prevede che la modicità dell’oggetto della donazione sia valutata obiettivamente anche in rapporto alle condizioni economiche del donante. A tal fine il giudice deve compiere un’indagine complessa, che, partendo dall’accertamento dei dati analitici essenziali che attengono al valore dell’oggetto in sé ed alla potenzialità economica di chi se ne spoglia, pervenga attraverso il loro contemperamento ad affermare ovvero ad escludere che la liberalità incida in modo apprezzabile sul patrimonio del donante. detta indagine comporta un apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione se congruamente motivato.

[145] Corte d’Appello Roma, Sezione III civile, sentenza 22 giugno 2011, n. 2795. Nel caso di specie è stata ritenuta di modico valore la donazione della somma di euro seimila a fronte di un reddito dichiarato di euro trentunomila, anche considerata l’omessa indicazione di eventuali proprietà immobiliari possedute dal donante

[146] Corte di Cassazione, Sezione II civile, Sentenza 12 giugno 2001, n. 7913, ai fini del riconoscimento del modico valore di una donazione, l’art. 783 c.c. non detta criteri rigidi cui ancorare la relativa valutazione, onde il giudizio in proposito è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito la cui valutazione, involgendo un giudizio di fatto, è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivata. Nella specie la Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso il modico valore di una donazione sulla base di un accertamento condotto sia sotto il profilo oggettivo, in relazione al valore del bene oggetto della donazione in sè considerato, sia sotto il profilo soggettivo, in relazione al fatto che la somma donata costituiva la quasi totalità del risparmio del donante.

[147] Cfr par.fo H) LA DONAZIONE RIMUNERATORIA E LA LIBERALITÀ D’USO LIBERATORIA, punto 1) LA DONAZIONE RIMUNERATORIA, da pag. 155

[148] Capozzi

[149] Cfr. per un maggior approfondimento sul collegamento negoziale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/10/27/il-collegamento-negoziale/

[150] Per un maggior approfondimento sulla collazione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2015/05/07/la-collazione/

[151] Cfr. par.fo B) I CARATTERI DELLA DONAZIONE, punto 3) OGGETTO, lettera b) Oggetti o prestazioni inammissibili di donazione, punto 1) donazione di beni futuri, da pag. 26

[152] Cfr. par.fo C) I SOGGETTI DELLA DONAZIONE, punto 1) DONANTE, da pag. 76

[153] Cfr. par.fo C) I SOGGETTI DELLA DONAZIONE, punto 2) DONATARI, da pag. 89

[154] Cfr. par.fo B) I CARATTERI DELLA DONAZIONE, punto 6) Il MOTIVO, da pag. 50

[155] Cfr. par.fo B) I CARATTERI DELLA DONAZIONE, punto 4) FORMA ed ACCETTAZIONE, da pag. 43

[156] Casulli – Biondi

[157] Cfr. per un maggior approfondimento sulla collazione – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2015/05/07/la-collazione/

[158] Per un maggior approfondimento sulla quota di riserva aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/09/26/i-legittimari-azione-di-riduzione-e-di-restituzione/

[159] Cfr. par.fo L) LA DISCIPLINA DELLE DONAZIONI, punto 5) LA REVOCA DELLE DONAZIONI, da pag. 193

[160] Per un maggior approfondimento sulla collazione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2015/05/07/la-collazione/

[161] Corte di Cassazione, Sezione I civile, Sentenza 5 giugno 2013, n. 14197

[162] Corte di Cassazione, sezione II, civile, sentenza 15 luglio 2016, n. 14551 – per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2016/09/19/corte-di-cassazione-sezione-ii-civile-sentenza-15-luglio-2016-n-14551/

[163] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 16 giugno 2014, n. 13684

Per la lettura del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line – http://3.70.129.172/2014/07/22/corte-di-cassazione-sezione-ii-sentenza-16-giugno-2014-n-13684-lart-809-cod-civ-nellindicare-quali-norme-della-donazione-siano-applicabili-alle-liberalita-risultanti-da-atti-diversi-dalla/

[164] Corte di Cassazione, Sezione II civile, Sentenza 21 ottobre 2015, n. 21449, per la lettura del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2015/10/23/corte-di-cassazione-sezione-ii-sentenza-21-ottobre-2015-n-21449-la-donazione-indiretta-consiste-nellelargizione-di-una-liberalita-che-viene-attuata-anziche-con-il-negozio-tipico-descri/

Corte di Cassazione, sezione II, sentenza n. 5333/2004 ha rinvenuto siffatta figura nel collegamento tra contratto preliminare e definitivo di vendita in cui il primo stipulato da un genitore – che ebbe a corrispondere il prezzo – e il secondo dal figlio, che procedette all’acquisto in nome proprio; Corte di Cassazione, sezione II, sentenza n. 26983/2008 ritenne sussistente detto istituto nella cointestazione di un libretto al portatore, in cui erano state depositate le sostanze originariamente appartenenti soltanto ad uno dei cointestatari

[165] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 29 febbraio 2012, n. 3134, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2012/04/04/corte-di-cassazione-sezione-ii-sentenza-29-febbraio-2012-n-3134-lintestazione-fiduciaria-di-un-bene-frutto-della-combinazione-di-effetti-reali-in-capo-al-fiduciario-e-di-effetti-obblig/

[166] Corte di Cassazione, sentenza 2 aprile 2009, n. 8024

[167] Santoro – Passarelli

[168] per tutti Biondi

[169] Rubino – Auricchio

[170] Capozzi

[171] Per la Cassazione: Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 16 marzo 2004, n. 5333, la DONAZIONE INDIRETTA è caratterizzata dal fine perseguito, che è quello di realizzare una liberalità, e non già dal mezzo, che può essere il più vario, nei limiti consentiti dall’ordinamento, e può essere costituito anche da più negozi tra loro collegati, come nel caso in cui un soggetto, stipulato un contratto di compravendita, paghi o si impegni a pagare il relativo prezzo ed, essendosene riservata la facoltà nel momento della conclusione del contratto, provveda ad effettuare la dichiarazione di nomina, sostituendo a sè, come destinatario degli effetti negoziali, il beneficiario della liberalità, cosi consentendo a quest’ultimo di rendersi acquirente del bene ed intestatario dello stesso

Corte di Cassazione, Sezione II civile, Sentenza 21 ottobre 2015, n. 21449, per la lettura del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2015/10/23/corte-di-cassazione-sezione-ii-sentenza-21-ottobre-2015-n-21449-la-donazione-indiretta-consiste-nellelargizione-di-una-liberalita-che-viene-attuata-anziche-con-il-negozio-tipico-descri/

[172] per tutti Torrente e Capozzi

[173]

art. 1180 c.c.   adempimento del terzo

l’obbligazione può essere adempiuta da un terzo, anche contro la volontà

del creditore, se questi non ha interesse a che il debitore esegua

personalmente la prestazione.

Tuttavia il creditore può rifiutare l’adempimento offertogli dal terzo, se il

debitore gli ha manifestato la sua opposizione.

[174] Torrente – Cicu – Messineo

[175] Capozzi

[176] Cfr. per un maggior approfondimento sul diritto di superficie – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2012/05/29/il-diritto-di-superficie/

[177] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 27 luglio 2000, n. 9872

[178] Cfr. per un maggior approfondimento sul fondo patrimoniale – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2014/08/27/il-fondo-patrimoniale/

[179] Cfr. per un maggior approfondimento sulla comunione legale aprire il seguente collegameno on-line http://3.70.129.172/2013/05/24/la-comunione-legale-tra-i-coniugi-e-lo-scioglimento/

[180] Corte di Cassazione, Sezione II civile, Sentenza 9 maggio 2013, n. 10991

[181]

art. 1872 c.c.  modi di costituzione

La rendita vitalizia può essere costituita a titolo oneroso, mediante alienazione di un bene mobile o immobile o mediante cessione di capitale.

La rendita vitalizia può essere costituita anche per donazione o per testamento, e in questo caso si osservano le norme stabilite dalla legge per tali atti.

[182] Corte di Cassazione, sentenza 6395/04; Corte di Cassazione, sentenza 7033/00; Corte di Cassazione, sentenza 8854/98; Corte di Cassazione, sentenza 5342/97

[183] Cfr. per un maggior approfondimento sull’appalto – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2015/03/09/il-contratto-dappalto/

[184] Cfr. per un maggior approfondimento sulla cessione dei beni ai creditori – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2012/05/16/5196/

[185] Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 19 febbraio 2016, n. 3263, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2016/02/23/corte-di-cassazione-sezione-iii-sentenza-19-febbraio-2016-n-3263-nellassicurazione-sulla-vita-lindicazione-di-un-terzo-come-beneficiario-di-persona-non-legata-al-designante-da/

[186] Come ad esempio l’intervento di un genitore a fronte del contratto di mutuo del figlio per l’acquisto di una prima casa, oppure l’ottenimento di un finanziamento bancario da parte di due coniugi, sempre per l’acquisto di una prima casa, i quali precedentemente abbiano optato di passare alla separazione dei beni per usufruire delle agevolazioni fiscali, in cui mutuatari saranno entrambi ma uno solo risulterà acquirente.

[187] Cfr. per un maggior approfondimento sull’accettazione dell’eredità http://3.70.129.172/2015/01/22/acquisto-delleredita-accettazione-espressa-o-tacita-accettazione-con-beneficio-dinventario/

[188]

art. 1268 c.c.   delegazione cumulativa

se il debitore (delegante) assegna al creditore (delegatario)  un nuovo debitore (delegato), il quale si obbliga verso il creditore, il debitore originario non è liberato dalla sua obbligazione, salvo che il creditore dichiari espressamente di liberarlo (1274 e seguenti).

Tuttavia il creditore che ha accettato lobbligazione del terzo non può rivolgersi al delegante, se prima non ha richiesto al delegato ladempimento.

 

art. 1269 c.c.   delegazione di pagamento

se il debitore per eseguire il pagamento ha delegato un terzo, questi può obbligarsi verso il creditore, salvo che il debitore l’abbia vietato.

Il terzo delegato per eseguire il pagamento non è tenuto ad accettare l’incarico, ancorché sia debitore del delegante. Sono salvi. gli usi diversi.

[189]

art. 1272 c.c.    espromissione

il terzo che, senza delegazione del debitore (1180), ne assume verso il creditore il debito, è obbligato in solido col debitore originario, se il creditore non dichiara espressamente di liberare questultimo.

Se non si è convenuto diversamente, il terzo non può opporre al creditore le eccezioni relative ai suoi rapporti col debitore originario.

Può opporgli invece le eccezioni che al creditore avrebbe potuto opporre il debitore originario, se non sono personali a questultimo e non derivano da fatti successivi allespromissione. Non può opporgli la compensazione che avrebbe potuto opporre il debitore originario, quantunque si sia verificata prima dellespromissione.

[190]

art. 1273 c.c.     accollo

se il debitore e un terzo convengono che questi assuma il debito dell’altro, il creditore può aderire alla convenzione, rendendo irrevocabile la stipulazione a suo favore (1411).

L’adesione del creditore importa liberazione del debitore originario solo se ciò costituisce condizione espressa della stipulazione o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo.

Se non vi è liberazione del debitore, questi rimane obbligato in solido col terzo.

In ogni caso il terzo è obbligato verso il creditore che ha aderito alla stipulazione nei limiti in cui ha assunto il debito, e può opporre al creditore le eccezioni fondate sul contratto in base al quale l’assunzione è avvenuta (1413).

[191] Corte di Cassazione, sentenza 11 ottobre 1978, n.4560, Corte di Cassazione, sentenza 27 gennaio 1992, n.861

[192] Corte di Cassazione, sentenza 8 luglio 1993, n. 4618

[193] Cfr. par.fo F) LA DONAZIONE OBBLIGATORIA, pag. 148

[194] Corte di Cassazione, Sezione II civile, Sentenza 30 marzo 2006, n. 7507

[195] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 11 marzo 1996, n. 2001

[196] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 2 dicembre 2013, n. 26991 – per la consultazione del testo integrale aprir eil seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/12/04/corte-di-cassazione-sezione-ii-sentenza-2-dicembre-2013-n-26991-la-possibilita-che-costituisca-donazione-indiretta-la-cointestazione-con-firma-e-disponibilita-disgiunte-di-una-somma-di-denaro/

Corte di Cassazione, sentenza n. 10850/1999

[197] Corte di Cassazione, sentenza n. 19601/2004

[198] Corte di Cassazione, sentenza 12 novembre 2008 n. 26983

[199] Corte di Cassazione, sentenza n. 4496 del 24 febbraio 2010

[200] Tribunale Perugia, Sezione II civile, Sentenza 8 ottobre 2013, n. 1283. Nel caso in esame, è stato accertato che il conto corrente cointestato al de cuius, padre degli attori, ed alla convenuta, moglie in secondo nozze dello stesso, fosse alimentato in misura prevalente dall’accredito della pensione del defunto. Ciò, unitamente ad altre risultanze istruttorie, ha consentito di prevenire alla conclusione che, nonostante la cointestazione del conto, il saldo dello stesso al momento della morte del padre degli attori, dovesse concorrere per l’intero e non già per la metà alla formazione della massa ereditaria, in quanto di pertinenza esclusiva del de cuius. Analoghe considerazioni sono state effettuate in relazione ai fondi di investimento in deposito.

[201] Nel negozio di cointestazione di un conto corrente ovvero di un deposito di titoli è rinvenibile, ove ne ricorrano le condizioni, una c.d. DONAZIONE INDIRETTA, giacché attraverso il negozio direttamente concluso con il terzo depositario ovvero con la banca presso cui è accesso il conto corrente, la parte che deposita il proprio denaro consegue l’effetto ulteriore di attuare un’attribuzione patrimoniale in favore di colui che diventa beneficiario della provvista per la corrispondente quota, essendo questi, quale contitolare del titolo nominativo a firma disgiunta ovvero quale cointestatario del conto corrente, legittimato a fare valere i relativi diritti. Corte di Cassazione, sentenza n. 10991 del 9 maggio 2013.

[202] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 9 maggio 2013, n. 10991

[203] Per una maggiore consutazione sulla fideiussione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2016/06/22/il-contratto-di-fideiussione-il-contratto-autonomo-di-garanzia-e-la-polizza-fideiussoria/

[204] Capozzi – Torrente – Biondi – Giannattasio – Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 17 novembre 2010 n. 23215

[205] Carnevali – Rescigno – Bianca

[206] Corte di cassazione, Sez. II, sentenza n. 3175 del 9/2/2011, per la consultazione del testo integrale http://3.70.129.172/2011/05/26/corte-di-cassazione-sez-ii-sentenza-09022011-n-3175-il-negotium-mipertum-cum-donatione-costituisce-una-donazione-indiretta-attuata-attraverso-lutilizzazione-della-compravendita-al-fine-di/

[207] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 16 giugno 2014, n. 13684, per la lettura del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2014/07/22/corte-di-cassazione-sezione-ii-sentenza-16-giugno-2014-n-13684-lart-809-cod-civ-nellindicare-quali-norme-della-donazione-siano-applicabili-alle-liberalita-risultanti-da-atti-diversi-dalla/

cfr. Cass. nn. 23215/10, 23297/09, 1955/07, 13337/06, 19601/04, 5333/04, 6711/01, 642/00, 1214/97, 7969/91, 1931/91, 6411/88, 6723/82, 3661/75, 201/72, 1790/71 e 1685/63

[208] Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 2 settembre 2014, n. 18541 per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2014/09/05/corte-di-cassazione-sezione-vi-sentenza-2-settembre-2014-n-18541-nel-caso-di-soggetto-che-abbia-erogato-il-denaro-per-lacquisto-di-un-immobile-in-capo-ad-uno-dei-figli-si-deve-distinguere-lip/

[209] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 20 maggio 2014, n. 11035 – per la lettura del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2014/05/23/corte-di-cassazione-sezione-ii-sentenza-20-maggio-2014-n-11035-in-tema-di-donazione-indiretta-con-riguardo-alla-vicenda-delledificazione-con-denaro-del-genitore-su-terreno-intestato-a-figli/

Si legge nella sentenza in commento, ..Questa Corte, con la pronuncia a Sezioni Unite 5 agosto 1992, n. 9282, ha enunciato il principio secondo cui nell’ipotesi di acquisto di un immobile con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente medesimo intenda in tal modo beneficiare, con la sua adesione, la compravendita costituisce strumento formale per il trasferimento del bene ed il corrispondente arricchimento del patrimonio del destinatario, e, quindi, integra DONAZIONE INDIRETTA del bene stesso, non del denaro, sicché, in caso di collazione, secondo le previsioni dell’art. 737 c.c., il conferimento deve avere ad oggetto l’immobile, non il denaro impiegato per il suo acquisto.

Alla base di questa soluzione – convalidata anche dalla giurisprudenza successiva (Sez. II, 29 maggio 1998, n. 5310; Sez. II, 22 settembre 2000, n. 12563; Sez. II, 6 novembre 2008, n. 26746; Sez. I, 12 maggio 2010, n. 11496) – vi è la sottolineatura che, nel caso del denaro corrisposto dal donante al donatario allo specifico scopo dell’acquisto del bene o mediante il versamento diretto dell’importo all’alienante o mediante la previsione della destinazione della somma donata al trasferimento immobiliare, c’è un collegamento tra l’elargizione del danaro e l’acquisto del bene da parte del beneficiario.

[210] Tribunale Treviso, civile, Sentenza 15 giugno 2015, n. 1413

[211] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 25 marzo 2013, n. 7480

[212] TRIBUNALE DI SALERNO, Sentenza 6 maggio 2016, n. 2305, per la lettura del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://www.altalex.com/documents/news/2016/09/05/donazione-indiretta-applicabile-azione-revocatoria-ordinaria

[213] Cfr. per un maggior approfondimento sul contartto a favore del terzo – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/01/12/il-contratto-a-favore-del-terzo/

[214] Cfr. par.fo B) I CARATTERI DELLA DONAZIONE, punto 3) OGGETTO, lettera b) Oggetti o prestazioni inammissibili di donazione, punto 1) donazione di beni futuri, da pag. 26

[215] Capozzi

[216] Cfr. per un maggior approfondimento sul contartto a favore del terzo – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/01/12/il-contratto-a-favore-del-terzo/

[217] Per un maggior approfondimento sulla azione di riduzione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/09/26/i-legittimari-azione-di-riduzione-e-di-restituzione/

[218] Cfr. per un maggior approfondimento sulla collazione – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2015/05/07/la-collazione/

[219] Per una maggiore consutazione sul contratto autonomo di granzia e l’assicurazione fideiussoria apriri il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2016/06/22/il-contratto-di-fideiussione-il-contratto-autonomo-di-garanzia-e-la-polizza-fideiussoria/

[220] Maroi – Torrente  – Balbi

[221] Carnevale

[222] Cfr. per un maggior approfondimento sulla collazione – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2015/05/07/la-collazione/

[223] Per un maggior approfondimento sulla azione di riduzione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/09/26/i-legittimari-azione-di-riduzione-e-di-restituzione/

[224] Gazzoni (anche perché se ammettono la donazione di cosa altrui)  Bonilini – Pianola – Messineo – Rubino

[225] Cataudella

[226] Biondi

[227] Capozzi

[228] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 8 luglio 1983, n. 4618

[229] Cfr. par.fo L) LA DISCIPLINA DELLE DONAZIONI, punto 5) LA REVOCA DELLE DONAZIONI, da pag. 193

[230] Per un maggior approfondimento sulla azione di riduzione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/09/26/i-legittimari-azione-di-riduzione-e-di-restituzione/

[231] Cfr. per un maggior approfondimento sulla servitù – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/04/22/servitu-prediali/

[232] Torrente

[233] Cfr par.fo E) LA DONAZIONE INDIRETTA pag. 106

[234] Messineo – Biondi – Cataudella

[235] Cfr par.fo E) LA DONAZIONE INDIRETTA pag. 106

[236] Cataudella

[237] Esempio: Tizio propone a Caio di donargli € 10.000, mediante la liberazione dal debito di pari somma che Caio ha verso di lui e Caio accetta e Caio accetta la proposta: si avrà un’autentica donazione liberatoria che richiede l’atto pubblico e la presenza necessaria dei testimoni.

[238] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 18 maggio 2016, n. 10262

[239] Corte d’Appello Milano, Sezione 4 civile, sentenza 22 ottobre 2015, n. 4043

[240] Trib. Monza, sentenza 25 gennaio 2001

[241] Cfr par.fo E) LA DONAZIONE INDIRETTA pag. 106

[242] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza n. 14981 del 24/10/2002

[243] Considerato che, come affermato anche dalla Suprema Corte (cfr. Corte di Cassazione, Sentenza n. 2351 del 10 marzo 1994), seppure all’art. 770, co. II, c.c. le due ipotesi (“in occasione di servizi resi o comunque in conformità agli usi”) non siano correlate dalla congiunzione e ma dalla o, “la legge, anche in relazione alla prima ipotesi, quella cioè dei servizi resi, (…) esprime la necessità che anche tali liberalità siano conformi agli usi ed ai costumi”.

[244] Cfr. par.fo LA DONAZIONE INDIRETTA, punto 5) PARTICOLARI IPOTESI DI DONAZIONI INDIRETTE, lettera t) Donazione mista, pag. 135

[245] Torrente

[246] Cfr. per un maggior approfondimento sul collegamento negoziale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/10/27/il-collegamento-negoziale/

[247] Cfr. par.fo L) LA DISCIPLINA DELLE DONAZIONI, punto 3) GARANZIA PER EVIZIONE, da pag. 192

[248] Cfr. par.fo L) LA DISCIPLINA DELLE DONAZIONI, punto 5) LA REVOCA DELLE DONAZIONI, da pag. 193

[249] Corte di Cassazione, sentenza 13 maggio 1987, n. 4394, Corte di Cassazione, sentenza 14 febbraio 1977

[250] Oppo

[251] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 17 novembre 1999, n. 12769, Corte di Cassazione, sentenza del 14 febbraio 1997, n.1411 La figura della donazione remuneratoria, prevista dall’art. 770 primo comma, c.c., é caratterizzata dalla rilevanza giuridica che assume, in essa, il “motivo” dell’attribuzione patrimoniale, correlata specificamente ad un precedente comportamento del donatario, nei cui confronti la liberalità si pone come riconoscenza, apprezzamento di meriti, o “speciale remunerazione” di attività svolta. Ancorché dominata da tale “motivo”, l’attribuzione non cessa peraltro di essere spontanea, e l’atto conserva la “causa” di liberalità, rendendosi così suscettibile di revocatoria fallimentare, perché discrezionale “nell’an“, nel “quomodo” e nel “quantum“, non essendovi il donante tenuto né in base ad un vincolo giuridico, né in adempimento di un dovere morale o di una consuetudine sociale, con la conseguenza che, in nessun caso, l’attribuzione patrimoniale può assumere la qualificazione giuridica di corrispettivo, neppure per la parte corrispondente al valore del servizio reso. Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 20 agosto 1990, n. 8446. Quando l’atto di libertà, oltre ad essere determinato da ragione di riconoscimento o da particolari meriti del beneficiario, é diretto, altresì, al soddisfacimento di prestazioni ricevute, si ha un unico negozio giuridico, nel quale confluiscono motivi in parte onerosi ed in parte gratuiti, la cui regolamentazione obbedisce al criterio della prevalenza, per cui ricorre la donazione remuneratoria, per la quale é richiesta la forma solenne delle donazioni tipiche, se risulti la prevalenza dell’animus donandi e si ha, invece, contratto oneroso, per il quale, in caso di trasferimento di beni immobili, é sufficiente la scrittura privata, allorché il fine della corrispettività si riveli assorbente rispetto a tale animus.

[252] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 03 marzo 2009, n. 5119

[253] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 24 ottobre 2002, n. 14981

[254] Corte di Cassazione, sentenza 29 maggio 1999, n. 5265. Nella specie, la convivente di un soggetto sieropositivo al virus HIV aveva ricevuto da quest’ultimo una somma di danaro prima che la convivenza avesse termine: i giudici di merito, con sentenza confermata dalla S.C., qualificato l’atto come negotium mixtum cum donatione, ne avevano evidenziato la prevalenza dell’aspetto risarcitorio su quello di liberalità, rigettando la richiesta di restituzione del ricorrente

[255] Trib. Genova, Sez. I, sentenza 02 agosto 2006

[256] App. Napoli, sentenza 05 novembre 1999

[257] Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 19 settembre 2016, n.18280, per la lettura del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2016/09/21/corte-di-cassazione-sezione-ii-civile-sentenza-19-settembre-2016-n-18280/

Nel caso specifico il quadro di Picasso ed il diamante da 13 carati regalati alla propria compagna “per farsi perdonare” non costituiscono liberalità d’uso, ai sensi dell’articolo 770 comma II c.c., e, pertanto, devono essere restituiti in caso di cessazione della relazione sentimentale, in quanto trattasi di donazione che depaupera notevolmente il patrimonio del donante. La Cassazione conferma quanto già stabilito dai giudici di merito relativamente all’epilogo litigioso della relazione di una facoltosa coppia. Dopo la rottura, l’uomo aveva chiesto, senza successo, anche la restituzione di altri beni di importante valore artistico regalati in occasione di San Valentino e della festa della donna. Per i giudici, tuttavia, i doni regalati in tali ricorrenze non possono essere restituiti, anche considerando che la portata economica delle elargizioni va commisurata alle condizioni dei soggetti, che erano soliti scambiarsi regali preziosi.

[258] Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 5 aprile 1975, n. 1218 nella previsione del secondo comma dell’art 770 cod civ, l’intento di compensare taluno per i servizi resi e di rispettare l’uso che consiglia di effettuare una liberalità in determinate occasioni (variabili da luogo a luogo e di tempo in tempo) fa si che l’attribuzione, pur in assenza di un obbligo (anche se non coercibile perché non giuridico), non sia del tutto libera e spontanea e che la sua causa non sia quella di arricchire il donatario, bensì quella di agire secondo il costume vigente.

[259] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 18 giugno 2008, n. 16550, Nella specie il giudice di merito aveva qualificato secondo gli usi l’elargizione fatta dal donante prima di morire alla convivente more uxorio consistente in un giroconto per acquisto titoli per 64 milioni di lire e quadri d’autore. La Corte ha cassato con rinvio perché non era stata accertata e motivata l’esistenza delle condizioni qualificanti la liberalità d’uso. Inoltre, l’orientamento della Corte regolatrice ha più volte affermato come il rilevante valore dell’oggetto della donazione, anche in relazione alle condizioni economiche del donante, mentre esclude la configurabilità di una donazione di modico valore ex articolo 783 c.c., non é ostativa alla configurazione di una liberalità d’uso, secondo la previsione dell’articolo 770 c.c. – che, non costituendo donazione in senso stretto, non é assoggettata ai relativi requisiti di forma – sussistendo tale ipotesi quando l’elargizione si uniformi, pure sotto il profilo della proporzionalità con dette condizioni economiche, agli usi e costumi propri di una determinata occasione, da vagliarsi anche alla stregua dei rapporti fra le parti e della loro posizione sociale (ex multis, Corte di Cassazione, sentenza 6720 del 1988; 1873 del 1989; 7913 del 2001,

[260] Cfr. par.fo L) LA DISCIPLINA DELLE DONAZIONI, punto 5) LA REVOCA DELLE DONAZIONI, da pag. 193

[261] Per un maggior approfondimento sulla azione di riduzione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/09/26/i-legittimari-azione-di-riduzione-e-di-restituzione/

[262] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 24 novembre 1998, n. 11894

[263] Cfr. per un maggior approfondimento sull’usufrutto, uso ed abitazione – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/06/17/usufrutto/

[264] Cfr. per un maggior approfondimento sulla servitù – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/04/22/servitu-prediali/

[265] Gazzoni

[266] Cfr. per un maggior approfondimento sul collegamento negoziale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/10/27/il-collegamento-negoziale/

[267] Biondi Messineo – Barbero

[268] Torrente – Capozzi – Pugliese

[269] Tribunale di Nola, Sezione I civile, sentenza 12 febbraio 2008. Conforme, Tribunale di Napoli, sezione civile, Sentenza 17 maggio 2006. La donazione con riserva di usufrutto in favore di un terzo da luogo a due distinti negozi, un trasferimento della nuda proprietà in favore del donatario, ed un‘offerta di donazione dell’usufrutto in favore del terzo, improduttiva di effetti fino a che non intervenga l’accettazione del terzo medesimo, prima della morte del costituente, nella prescritta forma dell’atto pubblico; ne consegue che, qualora il donante riservi l’usufrutto sui beni donati a proprio vantaggio e, dopo di lui, a vantaggio di un terzo, come consentito dall’art. 796 c.c, il donatario della nuda proprietà acquista il pieno dominio alla cessazione dell’ usufrutto del donante, se il terzo riservatane non abbia accettato prima della morte del donante stesso

[270] Corte di Cassazione, sentenza del 14 maggio 1962, n. 1024. Secondo altra pronuncia, Corte di Cassazione, sezione II, sentenza n. 4376 del 27 marzo 2002, a norma degli artt. 979 e 980 c.c. la durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario, il quale, peraltro, può cedere il suo diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata. La temporaneità del diritto, pertanto, esclude che esso possa formare oggetto di disposizione testamentaria o ricadere nell’ambito di una successione mortis causa; tuttavia, una volta che l’usufrutto sia stato ceduto per atto inter vivos, esso, fino alla morte dell’originario e primo usufruttuario, si rende suscettibile di successione mortis causa ove l’originario cessionario deceda prima del cedente, e, se il cessionario in questione non ne abbia disposto per atto di ultima volontà, esso si trasmette per legge agli eredi dello stesso (ed è suscettibile di successive trasmissioni mortis causa), non essendosi estinto e continuando a far parte del patrimonio relitto fino alla sua estinzione per morte del primo usufruttuario.

[271] Barbero

[272] Capozzi – Torrente

[273] Torrente – Biondi

[274] Azzariti – Giannattasio – Palazzo – Iacovino – Tavassi – Cassandro

[275] Per tutti Azzariti

[276] Per tutti Giannattasio

[277] Iacovino

[278] Cfr. par.fo F) LA DONAZIONE OBBLIGATORIA, pag. 148

[279] Corte di Cassazione, sentenza 7 dicembre 1989, n. 5410

[280] Corte di Cassazione, sentenza 12 luglio 2006, n. 15873; per giurisprudenza di merito Tribunale di Pavia 26 gennaio 2009 e Tribunale di Rovigo 7 dicembre 2007

[281] Biondi

[282] Per un maggior approfondimento sull’azione di rivendicazione aprire il seguente collegamento on-line

[283] Corte di Cassazione, sentenza 4 aprile 1973, n. 945

[284] Corte di Cassazione, sentenza 25 ottobre 1991, n. 11370; Corte di Cassazione, sentenza 6 luglio 1977, n. 2963 e Corte di Cassazione, sentenza 13 marzo 1976, n. 904

[285] Carnevali –Maroi – Sacco – De Nova – Azzariti

[286] La dottrina prevalente Ferri – Biondi – Torente – Palazza – Messineo – Iacovino – Tavassi – Cassandro – Capozzi,  ritiene che si tratti di uno dei negozi unilaterali che si perfezionano con la sola manifestazione di volontà del dichiarante. In particolare, muovendo dalla configurazione della donazione obnuziale come atto unilaterale, generalmente si ammette l’applicabilità dell’art. 1334 c.c. per cui essa si perfeziona nel momento in cui la dichiarazione di volontà del donante giunge a conoscenza del destinatario (TorrenTe), mentre la produzione dei suoi effetti rimane subordinata alla celebrazione del matrimonio. Tra i sostenitori della tesi del negozio unilaterale alcuni (BalBi) escludono per il donatario ogni possibilità di rifiuto ritenendo che l’acquisto avvenga contro la sua volontà, mentre altri gli riconoscono il potere di rifiutare (Palazzo)

[287] Gazzoni

[288] Biondi – Torrente

[289] Capozzi

[290] Dionisi

[291] Corte di Cassazione, sentenza 13 marzo 1976, n. 904

[292] Corte di Cassazione, sentenza 22 ottobre 1988, n. 5731

[293] Corte di Cassazione, sentenza 22 ottobre 1998, n. 5731; Corte di Cassazione, sentenza 23 giugno 1971, n. 1987 e Corte di Cassazione, sentenza 13 ottobre 1960, n. 2708

[294] Per un maggior approfondimento sulla conferma delle disposizioni testamentarie aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/03/17/la-conferma-delle-disposizioni-testamentarie-nulle-eo-annullabili/

[295] Cfr. par.fo B) I CARATTERI DELLA DONAZIONE, punto 3) OGGETTO, lettera b) Oggetti o prestazioni inammissibili di donazione, punto 1) donazione di beni futuri, da pag. 26

[296] Per tutti Capozzi

[297] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 27 agosto 2012 n. 14654, per la lettura del testo integrale aprir eil seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2012/08/28/corte-di-cassazione-sezione-ii-sentenza-27-agosto-2012-n-14654-per-la-revoca-della-donazione-e-sempre-necessario-provare-lanimus-liberale/

[298] Messineo – Capozzi

[299] Santoro – Passarelli

[300] Dejana – Mirabelli – Rubino – Biondi

[301] Betti – Bianca – Santoro Passarelli – Luminoso – Capozzi

[302] Dejana

[303] Scognamiglio – Santoro Passarelli – Rubino – Bianca

[304] Capozzi

[305] Per tutti Capozzi

[306] Su tutti Mirabelli

[307] Cfr. per un maggior approfondimento sul contartto a favore del terzo – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/01/12/il-contratto-a-favore-del-terzo/

[308]Cfr. per un maggior approfondimento sulla commisisone – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/10/29/commissione/

[309] Cfr. per un maggior approfondimento sulla spedizione – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/10/29/la-spedizione/

[310] Per una maggiore disamina dell’istituto dell’indegnità a succedere aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/01/13/lindegnita-a-succedere/

[311] La parola tra parentesi quadra contenuta nel presente numero è stata soppressa dall’ art. 1, L. 08 luglio 2005, n. 137, con decorrenza dal 03 agosto 2005.

[312] Il presente numero è stato aggiunto dall’ art. 1, L. 08 luglio 2005, n. 137 con decorrenza dal 03 agosto 2005

[313] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza n. 17188 del 24 giugno 2008. Nella specie, la S.C., nell’enunciare il riportato principio, ha confermato la decisione dei giudici di merito che avevano escluso la sussistenza degli estremi dell’ingratitudine, ritenendo non provate la segregazione dell’attrice da parte dei donatari e una violenza fisica da lei subita e avevano ricondotto ad una incompatibilità di carattere tra le parti, evidenziatosi con la convivenza, lo stato di tensione tra esse insorto. Conformi Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 5 aprile 2005, n. 7033; Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 28 maggio 2008, n. 14093; Corte di Cassazione, Sezione II civile, Sentenza 31.03.2011, n. 7487. Si legge in quest’ultima sentenza che di questo principio ha fatto corretta applicazione la Corte del merito, quando, con logico e motivato apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto, ha escluso che ricorrano gli estremi di detta figura di ingratitudine nel comportamento della figlia donataria, la quale, di fronte alla sopravvenuta intollerabilità della convivenza tra i suoi genitori e nella pendenza del giudizio di separazione personale con addebito instaurato dalla madre, inviti il padre, co una lettera formale, a lasciare l’immobile di sua proprietà, acquistato con il danaro ricevuto dalla liberalità paterna e materna, destinato a casa familiare. Di questo principio ha fatto corretta applicazione la Corte del merito, quando, con logico e motivato apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto, ha escluso che ricorrano gli estremi di detta figura di ingratitudine nel comportamento della figlia donataria, la quale, di fronte alla sopravvenuta intollerabilità della convivenza tra i suoi genitori e nella pendenza del giudizio di separazione personale con addebito instaurato dalla madre, inviti il padre, con una lettera formale, a lasciare l’immobile di sua proprietà, acquistato con il danaro ricevuto dalla liberalità paterna e materna, destinato a casa familiare.

[314] Decreto legislativo 15 gennaio 2016 n. 7 recante “Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili” e con il decreto legislativo 15 gennaio 2016 n. 8 recante “Disposizioni in materia di depenalizzazione”, pubblicati in Gazzetta n. 17 del 22 gennaio 2016, in attuazione della legge 28 aprile 2014, n. 67.

[315] Tribunale di Bassano Del Grappa civile, sentenza 27 febbraio 2010, n. 139. Ai sensi dell’art. 802 c.c. la domanda di revocazione per causa di ingratitudine deve essere presentata a pena di decadenza entro un anno dalla scoperta della causa di ingratitudine. In caso di separazione tra coniugi l’adulterio costituisce senz’altro causa di ingratitudine pertanto, qualora dal tenore della stessa richiesta di separazione sia percepibile che, già da quel momento, il soggetto è pienamente consapevole del comportamento illegittimo del coniuge, si deve ritenere che i termini per l’esercizio della revocazione comincino a decorrere da allora. Tribunale di Roma Sezione VIII civile, Sentenza 03 novembre 2009, n. 22492. La “ingiuria grave” prevista dall’art. 801 c.c. quale potenziale causa legittimante la revocazione della donazione, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all’onore ed al decoro della persona, è tuttavia autonoma sotto il profilo della rilevabilità in concreto, e deve essere connotata dalla manifestazione, nel comportamento del donatario, da un durevole sentimento di disistima delle qualità morali del donante e di mancanza di rispetto della sua dignità, contrastanti con quel senso di riconoscenza che, secondo la corrente valutazione sociale ed etica, dovrebbero inversamente improntarne l’atteggiamento, onde è individuabile solo laddove si sia in presenza di manifestazioni dell’agente rivolte contro la sfera morale e spirituale del donante che siano allo stesso tempo qualificate da oggettiva potenzialità offensiva e costituiscano espressione di un sentimento di avversione e di ingratitudine di natura tale da ripugnare alla coscienza comune.

[316] Tribunale di Milano, Sezione IV civile, sentenza 22 ottobre 2010, n. 11989

[317] Tribunale Bari, Sezione 1 civile, sentenza 14 gennaio 2016, n. 157. Inoltre, il termine di decadenza per la proposizione della domanda di revocazione decorre dal momento in cui il donante abbia acquisito la piena e sicura consapevolezza del compimento da parte del donatario di uno degli atti che legittimano l’esercizio del relativo diritto. Nella fattispecie non poteva ritenersi provato un durevole sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità dei donanti da parte della convenuta donataria, con conseguente rigetto della domanda di revocazione della donazione per ingratitudine

[318] Tribunale di Monza, Sezione IV civile, sentenza 08 giugno 2009, n. 1752

[319] Tribunale di San Remo, sentenza 21 febbraio 2002

[320] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza n. 17188 del 24 giugno 2008

[321] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 05 aprile 2005, n. 7033

[322] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 29 maggio 1998, n. 5310

[323] Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 16 marzo 2004, n. 5333

[324] Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 05 novembre 2001, n. 13632

[325] Corte d’Appello Milano, Sezione II civile, sentenza 16 dicembre 2015, n. 4843

[326] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 5 aprile 2005, n. 7033; Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 28 maggio 2008, n. 14093; Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 24 giugno 2008, n. 17188

[327] Corte di Cassazione, sentenza  n. 2003/1987

[328] Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 05 novembre 1990, n. 10614

[329] Tribunale di Lodi civile, sentenza 24 giugno 2008, n. 435

[330] Corte di Cassazione Sezione II civile, sentenza 25 febbraio 1987, n. 2003

[331] Corte di Cassazione Sezione II civile, sentenza 28 maggio 2008, n. 14093

[332] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza n. 22936 del 4 novembre 2011, per la lettura del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/11/07/corte-di-cassazione-sezione-ii-sentenza-n-22936-del-4-novembre-2011-revoca-della-donazione-per-adulterio-ed-abbandono/

[333] Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 28 agosto 1997, n. 8165

[334] Corte di Cassazione, sentenza 21 febbraio 1968, n. 591.

[335] Corte di Cassazione, sezione II civile, Sentenza 30 marzo 1995, n. 3795  Il termine di cui all’articolo 802 del codice civile, come pacifico in dottrina e in giurisprudenza, ha natura sicuramente decadenziale, e ciò non tanto per la sua brevità rispetto a quelli che sono normalmente i termini della prescrizione estintiva, quanto perchè si riferisce, con carattere perentorio, al compimento per la prima e unica volta di uno specifico atto di esercizio del diritto quale è, appunto, la proposizione della domanda giudiziale di revocazione della donazione per causa di ingratitudine. Ne discende che il termine previsto dall’articolo 802 del codice civile per proporre la domanda di revocazione della donazione per cause di ingratitudine, é un termine di decadenza, e non di prescrizione.

[336] Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 07 novembre 2008, n. 26827. Conforme, Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 05 aprile 2005, n. 7033; Corte di Cassazione Sezione II civile, sentenza 18 gennaio 2007, n. 1090, In tema di revocazione per ingratitudine della donazione, il termine previsto a pena di decadenza dall’art.802 c.c. decorre dal momento in cui il donante abbia acquisito la piena e sicura consapevolezza del compimento da parte del donatario di uno degli atti che legittimano l’esercizio del relativo diritto. (Nella specie, si è ritenuto che l’attore era decaduto dall’azione sul rilievo che il termine di cui all’art. 802 c.c. dovesse decorrere dal momento in cui, avendo in precedenza instaurato un analogo giudizio poi estinto, il donante aveva acquisito la necessaria certezza del comportamento gravemente ingiurioso tenuto nei suoi confronti dal donatario, certezza che non poteva essere esclusa dalla circostanza che tale condotta si fosse aggravata e protratta successivamente all’introduzione del precedente giudizio).

[337] Tribunale di Bari, Sezione I civile, sentenza 04 marzo 2010, n. 760

[338] Tribunale di Bassano Del Grappa civile, sentenza 27 febbraio 2010, n. 139

[339] Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 13 dicembre 1979, n. 6504

[340] Capozzi

[341] Biondi

[342] Contra  Torrente

[343] Corte Costituzionale, Sentenza 03 luglio 2000, n. 250. È costituzionalmente illegittimo l’art. 803 primo comma, del codice civile, nella parte in cui prevede che – in caso di sopravvenienza di un figlio naturale – la donazione possa essere revocata solo se il riconoscimento del figlio sia intervenuto entro due anni dalla donazione, in quanto detta norma, espressione del tradizionale disfavore verso la filiazione naturale, appare incompatibile con il principio dettato dall’art. 30, terzo comma, della Costituzione, che vuole assicurata ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima, e viola nel contempo anche l’art. 3 della Costituzione sotto i due concorrenti profili, della disparità di trattamento rispetto alla possibilità di revocazione della donazione concessa senza limiti al genitore legittimo (ed anche all’adottante) in seguito alla sopravvenienza di figli legittimi, e della palese irragionevolezza.

[344] Perego – de Cupis

[345] Carnevali – Scognamiglio

[346] Per la lettura della legge integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2012/12/19/legge-10-dicembre-2012-n-219-disposizioni-in-materia-di-riconoscimento-dei-figli-naturali/

[347] DECRETO LEGISLATIVO 28 dicembre 2013, n. 154. Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219. Per la lettura del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2014/01/10/decreto-legislativo-28-dicembre-2013-n-154-revisione-delle-disposizioni-vigenti-in-materia-di-filiazione-a-norma-dellarticolo-2-della-legge-10-dicembre-2012-n-219/

[348] Tribunale di Benevento civile, sentenza 01 giugno 2009, n. 1219

[349] Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 18 ottobre 2011 e 4 maggio 2012 n. 6761. Come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 250 del 2000, l’istituto della revocazione della donazione per sopravvenienza di figli risponde alla esigenza di consentire al donante di riconsiderare l’opportunità dell’attribuzione già disposta a fronte della sopravvenuta nascita di un figlio o della sopravvenuta conoscenza della sua esistenza (in tal senso v. anche Corte di Cassazione, sentenza n. 2031 del 1994). Tale esigenza si pone in quanto con l’instaurazione di un nuovo rapporto di filiazione sorgono in capo al genitore donante nuovi doveri di mantenimento, istruzione ed educazione per il cui adempimento egli deve poter disporre di mezzi adeguati. Proprio a tal fine il legislatore consente al donante di valutare se per la sopravvenienza di figli e per l’adempimento dei menzionati doveri sia necessario recuperare le precedenti attribuzioni patrimomali. In sostanza l’interesse tutelato dal legislatore attraverso l’istituto della revocazione della donazione per sopravvenienza di figli è quello di consentire al genitore donante di soddisfare le esigenze fondamentali dei figli. Se questo è l’interesse tutelato dall’art. 803 c.c., risulta evidente come lo stesso non ricorra nel caso di adozione di un maggiore di età. L’istituto dell’adozione ordinaria, infatti, non è finalizzato alle esigenze di protezione della prole, essendo piuttosto diretto ad assicurare all’adottante la perpetuazione di una discendenza e la trasmissione del nome e del patrimonio. Questa funzione dell’adozione di maggiori di età è stata ribadita dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n. 173 del 2003, nella quale si è osservato che l’adozione di persone maggiori di età continua ad essere caratterizzata, diversamente dall’adozione dei minorenni, dalla originaria finalità di procurare un figlio a chi non lo ha avuto mediante il matrimonio (adoptio in hereditatem). Al contrario, l’adozione dei minori di età persegue il fine di garantire al minore il diritto a vivere, crescere ed essere educato in una famiglia e ad essere allevato da una coppia di genitori in caso di inesistenza o inidoneità di quelli biologici. In realtà quest’ultima finalità è assente nel caso dell’adozione del maggiore di età che, oltre ad essere consentita anche al singolo, non fa sorgere alcun rapporto tra l’adottante e la famiglia dell’adottato, né tra questo e i parenti dell’adottante, e non fa venir meno i diritti e doveri dell’adottato verso la sua famiglia di origine.

[350] Cfr. par.fo H) LA DONAZIONE RIMUNERATORIA E LA LIBERALITÀ D’USO LIBERATORIA, punto 1) LA DONAZIONE RIMUNERATORIA, da pag. 155

[351] Cfr. par.fo K) LA DONAZIONE OBNUZIALE (o propter nuptias), da pag. 180

[352] Cfr. par.fo H) LA DONAZIONE RIMUNERATORIA E LA LIBERALITÀ D’USO LIBERATORIA, punto 2) LE LIBERALITÀ D’USO, da pag. 164

[353] Cfr. per un maggior approfondimento sulla collazione – aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2015/05/07/la-collazione/

[354] Su tutti Capozzi

[355] Bianca – Scognamiglio – Mirabelli – Tommasini

[356] Per un maggior approfondimento sulla rescissione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2011/06/01/la-rescissione/

[357] Per un maggior approfondimento sulla risoluzione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/03/27/la-risoluzione/

[358] Per un maggior approfondimento sulla azione di riduzione aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2013/09/26/i-legittimari-azione-di-riduzione-e-di-restituzione/

[359] Cfr. par.fo C) I SOGGETTI DELLA DONAZIONE, punto 1) DONANTE, pag. 77

[360] Cfr. par.fo C) I SOGGETTI DELLA DONAZIONE, punto 1) DONANTE, pag. 80

[361] Cfr. par.fo C) I SOGGETTI DELLA DONAZIONE, punto 1) DONANTE, pag. 79

[362] Cfr. par.fo C) I SOGGETTI DELLA DONAZIONE, punto 1) DONANTE, pag. 81

[363] Cfr. par.fo K) LA DONAZIONE OBNUZIALE (o propter nuptias), da pag. 180

[364] Cfr. par.fo B) I CARATTERI DELLA DONAZIONE, punto 3) OGGETTO, lettera b) Oggetti o prestazioni inammissibili di donazione, punto 1) donazione di beni futuri, da pag. 26

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