Suprema Corte di Cassazione
sezione V
sentenza 3 ottobre 2014, n. 41190
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DUBOLINO Pietro – Presidente
Dott. BEVERE Antonio – Consigliere
Dott. FUMO Maurizi – rel. Consigliere
Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere
Dott. MICHELI Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 8/2013 TRIBUNALE di CASSINO, del 06/12/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/07/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FUMO MAURIZIO;
udito il PG in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. GALASSO A. che ha chiesto dichiarasi inammissibile il ricorso,
udito il difensore della PC. avv. CAVALIERE R. che deposita conclusioni scritte, alle quali si riporta, e nota spese,
udito il difensore degli imputati, avv. (OMISSIS) che si e’ riportato al ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
Gli stessi furono anche condannati al risarcimento del danno.
2. Ricorre per cassazione il difensore degli imputati e deduce mancanza e manifesta illogicita’ della motivazione atteso che i fatti contestati non sono avvenuti il (OMISSIS) e che essi sono scaturiti da una condotta illegittima del (OMISSIS) e degli altri coltivatori, i quali si opponevano alla esecuzione di un provvedimento giudiziario emesso in favore della madre della (OMISSIS).
Neanche che vi e’ prova del fatto che le frasi siano state pronunciate, in quanto i testi, diversi dalla persona offesa, si erano ormai allontanati dal luogo nel quale, asseritamente, erano avvenuti i fatti.
3. Con altra censura, i ricorrenti deducono l’insussistenza del reato di cui all’articolo 594 c.p., per mancanza dell’elemento soggettivo, atteso che le espressioni pronunciate non avevano contenuto di disprezzo e di lesione dell’onore e del decoro delle persone costituitesi parte civile. D’altra parte, l’evoluzione del linguaggio ha privato della loro carica offensiva molte parole.
4. Con la terza censura, si deduce violazione dell’articolo 62 bis c.p., per non avere i giudici di merito chiarito le ragioni per cui sono state negate le attenuanti generiche.
5. Con l’ultima censura, si deduce la eccessivita’ della pena in violazione dell’articolo 133 c.p..
2. Tanto premesso, mentre la prima censura e’ incomprensibile (e dunque inammissibile per genericita’), non essendo chiaro quale incidenza possano avere sul decisum dei giudicanti di primo e secondo grado le argomentazioni in essa contenute, la seconda censura e’, nella sostanza e al di la’ della sua formulazione, fondata. Invero non e’ l’elemento psicologico quello che manca nel delitto di ingiuria contestato agli imputati, ma addirittura l’elemento materiale.
Augurarsi la morte di un’altra persona e’ certamente manifestazione di astio, forse di odio, nei confronti della stessa persona, ma poiche’ il precetto evangelico di amare il prossimo come se stessi non ha sanzione penale, la sua violazione e’, appunto, penalmente irrilevante.
Meno che mai costituisce ingiuria, perche’ desiderare la morte altrui non sta necessariamente a significare che si intenda offenderne l’onore e il decoro (e che di fatto li si offenda).
2.1. Quanto al delitto di minaccia, e’ noto che il male ingiusto e futuro che si prospetta alla persona offesa deve essere rappresentato come conseguente ad un’azione dell’offensore.
Nel caso di specie, il fatto che (OMISSIS) si sia augurato la morte di (OMISSIS) in un incidente stradale e che (OMISSIS) l’abbia prevista quale imminente conseguenza dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute, rappresentano certamente manifestazioni di scarso affetto nei confronti del (OMISSIS) stesso e, se si vuole, di evidente mancanza di fair play tra avversari processuali (a quanto si apprende, la famiglia degli imputati era in lite giudiziaria con il (OMISSIS)), ma ne’ (OMISSIS), ne’ (OMISSIS), a stare al capo di imputazione, hanno manifestato l’intenzione di fare alcunche’ per determinare, anticipare o propiziare la morte del (OMISSIS). In particolare, (OMISSIS) non ha “promesso” al (OMISSIS) che si sarebbe attivato per provocare incidenti automobilistici, ma si e’ augurato che cio’ accada casualmente ad opera di terzi (sconosciuti) ed ha chiarito che egli, se avesse visto steso per terra il (OMISSIS), non l’avrebbe soccorso, con cio’, al piu’, preannunciando che si sarebbe reso responsabile di un futuro ed eventuale reato (articolo 189 C.d.S., articolo 593 c.p.). (OMISSIS) ha formulato una “previsione” (e una speranza), certo con animo malevolo, ma di assoluta irrilevanza penale.
3. Conclusivamente la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per insussistenza del fatto.
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