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Tali categorie, che hanno ascendenze antichissime nella nostra tradizione giuridica, non ricevono alcuna definizione codicistica.
E tuttavia la prevalente opinione dottrinale e giurisprudenziale, condivisa criticamente da questo Collegio, assegna al “caso fortuito” la valenza di una situazione “scusante”, come tale idonea ad escludere l’elemento soggettivo, consistente in un avvenimento “imprevisto e imprevedibile” che si sovrappone alla condotta dell’agente, la quale, conseguentemente, non puo’, in alcun modo e nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire alla dimensione psichica e soggettiva dell’agente (ex plurimis Sez. 4, n. 6982 del 19/12/2012, dep. 12/02/2013, D’Amico, Rv. 254479); mentre la “forza maggiore” si configura come un evento, naturalistico o umano, che fuoriesca dalla sfera di dominio dell’agente e che sia tale da determinarlo incoercibilmente (vis maior cui resisti non potest) verso la realizzazione di una determinata condotta, attiva od omissiva, la quale, conseguentemente, non puo’ essergli giuridicamente attribuita (in questa direzione sembra attestarsi Sez. 5, n. 23026 del 3/04/2017, dep. 11/05/2017, Mastrolia, Rv. 270145). Secondo questa ricostruzione, dunque, la forza maggiore si colloca su un piano distinto e logicamente antecedente rispetto alla configurabilita’ dell’elemento soggettivo, ovvero nell’ambito delle situazioni in grado di escludere finanche la cd. suitas della condotta.
Ora, secondo la prospettazione difensiva la situazione di crisi di impresa avrebbe impedito, in termini di una assoluta impossibilita’, di adempiere agli obblighi contributivi; impedimento che il giudice di merito avrebbe dovuto apprezzare con riferimento allo specifico momento della scadenza dell’obbligo contributivo. Dunque, secondo questa impostazione, si verserebbe proprio nell’ambito tipico della cd. “forza maggiore” nell’accezione prima delineata.
Rileva, sul punto, il Collegio come una siffatta situazione di impossibilita’ sia stata nondimeno esclusa, in fatto, dai giudici di merito, i quali hanno rilevato come l’azienda avesse continuato, alla scadenza mensile della relativa obbligazione retributiva, a corrispondere lo stipendio ai dipendenti; segno, evidentemente, che la crisi di liquidita’ non era affatto assoluta e che, pertanto, l’impresa non si trovava in quella situazione di impossibilita’ di compiere scelte alternative, ovvero nella condizione di una condotta (omissiva) irresistibilmente coartata verso un determinato risultato o effetto (il mancato versamento delle ritenute previdenziali).
Cio’ che, pertanto, consente di rilevare la palese insussistenza, nella specie, di una situazione di “forza maggiore”.
Valgano, in proposito, due ulteriori considerazioni.
Sotto un primo profilo, deve osservarsi come la corresponsione, ogni mese, delle retribuzioni, non abbia consentito di dimostrare la dedotta situazione di impossibilita’ di adempimento delle obbligazioni previdenziali alla scadenza del termine mensile. Pertanto, la condizione di assoluta illiquidita’, pur presente come dato sistemico nell’economia dell’azienda, non e’ stata dimostrata nella sua reale efficienza causale rispetto alla condotta omissiva.
Ma soprattutto, come piu’ volte osservato dalla giurisprudenza di questa Corte, non e’ possibile riconoscere alcuna valenza esimente o anche semplicemente scusante a una situazione astrattamente idonea a escludere l’elemento soggettivo e finanche la suitas della condotta quando tale situazione sia stata preordinata alla realizzazione della condotta medesima (secondo lo schema tipico della cd. actio libera in causa) o anche solo prevista come certa o altamente probabile, secondo uno schema riconducibile al cd. dolo eventuale. E nel caso di specie, i giudici di merito hanno ben evidenziato come, anche a voler ritenere dimostrata l’impossibilita’ del versamento alla scadenza del termine per gli adempimenti contributivi, l’agente dovesse avere previsto come risultato certo che, a fronte della reiterazione, mese dopo mese, del pagamento delle retribuzioni, non avrebbe potuto adempiere agli obblighi contributivi, essendo necessario procedere all’ulteriore pagamento delle spettanze dei lavoratori; cio’ che del resto lo stesso (OMISSIS) ha apertamente rivendicato allorche’ ha sottolineato l’impossibilita’ di decurtare le retribuzioni, gia’ molto basse, dei dipendenti.
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