Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 19 dicembre 2017, n. 56432. In riferimento all’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali ex articolo 81 cpv. c.p., e L. 11 novembre 1983, n. 638, articolo 2

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Peraltro, ai sensi del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 44, comma 9, convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, il datore di lavoro e’ obbligato a trasmettere all’INPS in via telematica e, oggi, con cadenza mensile, le dichiarazioni informatiche, trasmesse secondo il sistema denominato UNIEMENS (un tempo DM10/2), relative alle “retribuzioni corrisposte”.
Orbene, ai fini che qui interessano, il reato di omesso versamento delle ritenute contributive, previsto dal Decreto Legge 12 settembre 1983, n. 463, articolo 2, comma 1-bis, conv. in L. 11 novembre 1983, n. 638, prevede espressamente, diversamente da quello stabilito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 37, quale suo elemento costitutivo, la effettiva corresponsione delle retribuzioni e la effettiva ritenuta contributiva alla fonte (Sez. U, n. 27641 del 28/05/2003, Silvestri, Rv. 224609). Inoltre, sul piano penalistico, e’ necessario che ricorrano due ulteriori condizioni: la prima e’ che il termine previsto per il versamento della ritenuta sia infruttuosamente scaduto; mentre la seconda consiste, dopo la recente modifica introdotta dal Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, articolo 3, comma 6, nel fatto che sia superata una soglia di punibilita’ “annuale”, pari a 10.000 Euro (secondo la nuova formulazione della norma, infatti, “l’omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a Euro 10.000 annui, e’ punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a Euro 1.032. Se l’importo omesso non e’ superiore a Euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da Euro 10.000 a Euro 50.000”).
Secondo l’opinione accolta, in altre occasioni, da questa Corte di legittimita’, mentre secondo la previgente configurazione il delitto in esame si consumava alla scadenza della singola mensilita’, venendo in rilievo, in caso di piu’ omissioni, una ipotesi di continuazione tra una pluralita’ di violazioni, secondo l’attuale regime la fattispecie considerata configura il superamento della soglia annuale quale vero e proprio elemento caratterizzante il disvalore di offensivita’ che viene a segnare, tra l’altro, il momento consumativo dello stesso (Sez. 3, n. 37232 del 11/05/2016, Lanzoni, Rv 268308).
In altri termini, mentre in passato si era affermato che il reato in questione, da considerarsi come “omissivo proprio istantaneo”, si perfezionasse, indipendentemente dall’entita’ dell’importo non versato, all’atto dello scadere del termine previsto per il pagamento, allorche’ il soggetto attivo non avesse provveduto a corrispondere quanto avrebbe dovuto, in precedenza, accantonare, attualmente il momento consumativo si identifica in quello in cui, dopo la scadenza di una o piu’ mensilita’, sia superata, nell’arco del medesimo anno solare, la soglia prima ricordata.
Ne consegue, dunque, che dopo la recente modifica normativa, la condotta del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziale puo’ configurarsi anche attraverso una pluralita’ di omissioni, compiute nel periodo annuale di riferimento, le quali, singolarmente considerate, possono di per se’ anche non costituire reato; sicche’ la consumazione del delitto puo’ essere istantanea o di durata e, in quest’ultimo caso, ad effetto prolungato sino al termine dell’anno in contestazione (Sez. 3, n. 35589 del 11/05/2016, dep. 29/08/2016, Di Cataldo, Rv. 268115).
Il quadro normativo si completa, infine, con la previsione di un termine di tre mesi successivi alla contestazione della violazione entro il quale il datore di lavoro puo’ adempiere al pagamento delle somme volute avvalendosi della speciale causa di non punibilita’ di cui al Decreto Legge 12 settembre 1983, n. 463, articolo 2, comma 1-bis, con conseguente sospensione del corso della prescrizione per il tempo necessario (Sez. 3, n. 26732 del 5/03/2015, dep. 25/06/2015, P.G. in proc. Bongiorno, Rv. 264031).

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