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6. Rileva il Collegio, che la norma incriminatrice di cui all’articolo 346 bis c.p., non precisa se il reato sia configurabile anche nel caso in cui la stessa sia effettivamente esercitata nei confronti del soggetto pubblico – in mancanza della promessa o corresponsione alcunche’, ricadendosi, altrimenti nella ipotesi della istigazione alla corruzione, in caso di mancata accettazione, ovvero di corruzione, nel caso di accettazione – o debba, invece, restare unicamente a livello di prospettazione, senza che l’intermediario abbia effettivamente ad agire, scelta ermeneutica, quest’ultima, che accentua la funzione della fattispecie in esame di tutela anticipata all’imparzialita’ della pubblica amministrazione, punendo chi offre e chi acquista una mediazione illecita nei confronti di un pubblico ufficiale o di un incaricato di pubblico servizio – e, dunque, ne fa commercio – a prescindere che tale mediazione possa diventare episodio corruttivo. Ne’ la norma di cui all’articolo 346 bis c.p. chiarisce il grado di relazione con il soggetto pubblico, necessario affinche’ l’esistenza possa ritenersi realizzata: al di la’ dell’indistinto richiamo alla esistenza, l’aggettivazione sfugge ad una piu’ precisa descrizione, circa l’intensita’ e la durata, ed e’ idonea a ricomprendere sia rapporti occasionali e sporadici, sia rapporti stabili e duraturi. E’, pero’, indubbio che la esistenza della relazione con il soggetto pubblico costituisce il sostrato dello sfruttamento della influenza che l’agente e’ in grado di esercitare per soddisfare le esigenze di un soggetto che e’ ben consapevole di dovere comprare i favori del pubblico ufficiale, e che per questa ragione viene punito, sicche’ e’ necessario che, nel reato in esame, lo sfruttamento delle relazioni esistenti si leghi in modo inscindibile con la dazione o la promessa del denaro o altro vantaggio patrimoniale, nel senso che lo sfruttamento costituisce la ragione per cui avviene tale dazione o tale promessa atteggiandosi l’uno come risorsa e l’altra come vantaggio. In altre parole, la dazione o la promessa costituiscono il corrispettivo dello sfruttamento di relazioni esistenti e tale sfruttamento in favore del compratore di influenze deve costituire la causa o quanto meno il motivo determinante dell’accordo con l’intermediario. Puo’, dunque, pervenirsi ad una prima conclusione secondo la quale l’esistenza delle relazioni tra intermediario e soggetto pubblico, che nell’ottica del patto dovranno essere sfruttate, e’ il presupposto del reato.
8. Ma la realta’ della relazione non e’ da sola sufficiente a connotare la sussistenza del reato poiche’, come accennato, la vera causa del negozio illecito tra il mediatore e il soggetto privato interessato e’ costituita dallo sfruttamento della esistente relazione per determinare, o perlomeno, orientare il comportamento del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio.
Indubbiamente un peso specifico, in termini di capacita’ di influenza, possiedono alcune relazioni – si pensi alle relazioni di parentela, sentimentali, amicali, di subordinazione o di rapporto lavorativo, presenti al momento del reato rispetto ad altre, saltuarie, incostanti o desuete, ma pure esse reali, al pari di quelle di chi, occasionalmente e senza alcuna confidenza, incontra il pubblico agente, situazioni, soprattutto queste ultime, che presentano connotati di affinita’ con le ipotesi di millantato credito esaminate nella giurisprudenza fino all’entrata in vigore della L. n. 190 del 2012 nelle quali l’autore del reato aveva un rapporto reale con il pubblico ufficiale e, amplificando artatamente il proprio credito verso di lui, abbia indotto il soggetto passivo a credere di poter ottenere il favore e a riconoscergli il prezzo della mediazione o del corrispettivo dovuto al pubblico ufficiale o incaricato del pubblico servizio per comprarne il favore o remunerarlo.
9. Ne consegue che i rispettivi ambiti delle fattispecie di cui all’articolo 346 c.p. e 346 bis c.p. possono essere cosi’ ricostruiti: il traffico di influenze incrimina le condotte nelle quali le relazioni tra mediatore e pubblico agente siano esistenti e reale sia il potere di influenza del mediatore sul pubblico funzionario. Invece il millantato credito incrimina i casi in cui il potere di influenza non ci sia, siano le relazioni esistenti o inesistenti, ma tale potere e’ ostentato ugualmente dal millantatore, al fine di ricevere un indebito vantaggio da chi, raggirato, e’ configurato come vittima del reato. Il compratore di influenze, per essere considerato soggetto attivo, deve essere consapevole che il potere di influenza sia esistente e che quindi il pericolo per la disfunzione dei pubblici apparati a suo vantaggio sia obiettivo concretamente perseguibile. Viceversa, la fattispecie di millantato credito verra’ in rilievo in tutte le ipotesi in cui il credito sia fasullo e posticcio e, pertanto, non esista ne’ la relazione con il pubblico ufficiale, tanto meno l’influenza.
10.0rbene, passando al caso in esame, rileva il Collegio che e’ indiscussa la esistenza di una relazione tra il (OMISSIS) ed il magistrato inquirente incaricato della trattazione del procedimento, in ragione del ruolo dell’autore della condotta – addetto all’ufficio denunce e in servizio presso la Stazione di Reggio nell’Emilia e che ha agito in violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione ricoperta secondo la previsione dell’articolo 61 c.p., n. 9 – ma, soprattutto, reale il potere di influenza del mediatore sul pubblico funzionario, avuto riguardo alla concreta attivita’ che l’odierno imputato aveva svolto, raccogliendo la denuncia del (OMISSIS) poi inoltrata al pubblico ministero per le indagini del caso. Ed e’ valorizzando tale dato fattuale che la sentenza di primo grado aveva sussunto la condotta del (OMISSIS) nella fattispecie di cui all’articolo 346 bis c.p., secondo una corretta opzione ermeneutica che va in questa sede confermata a seguito della entrata in vigore della specifica fattispecie incriminatrice che ha enucleato, come elemento tipizzante, il tratto della esistenza di una relazione tra l’agente ed il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, segnando un confine e una cesura con il contiguo delitto di millantato credito anche rispetto alla interpretazione fornita da questa Corte della nozione “allargata” di millanteria. Ed e’, in vero, la esistenza della relazione ed il potere di influenza del (OMISSIS) che ha costituito la base della mediazione assolta dall’imputato verso il (OMISSIS) ed il cui sfruttamento costituiva la ragione della dazione da questi erogata come prezzo della remunerazione del pubblico ufficiale, a prescindere dalla estraneita’ del magistrato inquirente a tutta la vicenda.
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