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L’agente infatti non pone ad oggetto della propria pattuizione il proprio intervento, ne’ richiede un compenso per se’, ma adduce come causa della controprestazione il “dover comprare il favore del pubblico ufficiale” ovvero “il doverlo remunerare”. A fronte di tale condotta sono possibili due sole alternative: o il soggetto si appropria delle somme, ed in questo caso deve rispondere del reato di cui all’articolo 346 c.p., comma 2, o veramente corrompe o tenta di corrompere il funzionario, ed in questo caso dovra’ rispondere del reato di corruzione. Quando non vi siano elementi che dimostrino quest’ultima ipotesi, residua la prima, senza che assuma rilevanza ne’ la millanteria del credito ne’ l’eventuale assunta mediazione (Sez. 6, n. 4915 del 02/04/1997 – dep. 27/05/1997, Moschetti F, Rv. 208140).
6.Come noto la L. 16 novembre 2012, n. 190 ha introdotto – in adempimento alle indicazioni provenienti dalle Convenzioni Internazionali in materia di corruzione ratificate dall’Italia – la nuova fattispecie di cui all’articolo 346 bis c.p. che, fuori dei casi di concorso nei reati di corruzione di cui agli articoli 319 e 319 bis c.p., punisce la condotta di colui che, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a se’ o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio. A differenza del millantato credito, inoltre, viene punito anche il soggetto privato che da’ o promette il denaro o il vantaggio patrimoniale, sia per il fine della prima parte che per quello della seconda (articolo 346 bis c.p., comma 2). Il privato – si e’ osservato in dottrina – cessa, cosi’, di essere il malcapitato “compratore di fumo”, beffato nel millantato credito, eventualmente da tutelare sotto il profilo dell’interesse patrimoniale leso, e diviene punibile per il pactum sceleris contratto quale controparte dell’accordo inteso a sfruttare le relazioni del mediatore, che devono dunque esistere in concreto. Dalla figura delittuosa in esame e’ stata espunta ogni nota di frode od inganno, polarizzando la fattispecie incriminatrice sul disvalore del mercanteggiamento dell’ingerenza nell’attivita’ della pubblica amministrazione con lo scopo di colpire il fenomeno di intermediazione illecita tra il privato e il pubblico funzionario, finalizzato alla corruzione di quest’ultimo. Scomparsa ogni assonanza del delitto in esame con quello di truffa – assonanza che ancora connota il delitto di cui all’articolo 346 c.p.-, l’articolo 346 bis c.p. mira a colpire la lesione o messa in pericolo dell’immagine e dell’interesse alla trasparenza della pubblica amministrazione cui fa da sfondo la probita’ dei suoi funzionari.
7.Le indicazioni ricavabili dal complesso degli obblighi internazionali cui si e’ voluto corrispondere attraverso la incriminazione della condotta di traffico di influenze; la enunciazione del presupposto negativo del fatto tipico (fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319 e 319 ter); la incriminazione anche del soggetto privato che da’ o promette denaro, rendono evidente la finalita’ della norma incriminatrice, intesa a sanzionare un comportamento propedeutico alla commissione di una eventuale corruzione, ratio vieppiu’ palese ove si rifletta che la figura del trading in influence, nota nel contesto internazionale, secondo la giurisprudenza di legittimita’, si poneva al di fuori della tipicita’ delle norme incriminatrici della corruzione contemplate dall’ordinamento, presupponendo, questa, un nesso tra il pubblico ufficiale e l’atto d’ufficio oggetto del mercimonio e non potendo essere dilatata fino al punto da comprendervi, con una operazione analogica non consentita in materia penale anche la mera venalita’ della carica (Sez. 6, n. 33345 del 04/05/2006, Battistella; Sez. 6, n. 5781 del 06/11/2006, Simonetti e altri; Sez. 6, n. 8043 del 12/05/1983, Amitrano, non massimate sul punto). Con la introduzione della fattispecie si intende, cosi’, intralciare, mediante una tecnica di tipizzazione anticipata, la realizzazione di condotte concretamente pericolose per i valori del buon andamento e dell’imparzialita’ dei funzionari della pubblica amministrazione, colpendo uno dei momenti anteriori a quelli dell’adozione, a vantaggio dell’istigatore iniziale, di un atto contrario ai doveri di ufficio o l’omissione/ritardo di un atto di ufficio e, cioe’, la sollecitazione o offerta di denaro o altro vantaggio patrimoniale – cioe’ di benefici economicamente quantificabili – in vista dello sfruttamento di relazioni esistenti con il pubblico agente, momento che normalmente costituisce il primo stadio di una trattativa illecita, rispetto alla quale rimangono irrilevanti sia l’effettivo esercizio dell’influenza sia, a fortiori, il raggiungimento dell’esito voluto dall’istigatore iniziale.
5. Sotto altro aspetto, la collocazione della norma, che segue quella del millantato credito; la prospettazione, da parte dell’agente intermediario, della necessita’ di esercitare opera di mediazione verso il soggetto pubblico rispetto alle attese e richieste del privato e la stessa scansione della fattispecie incriminatrice, avvicinano la figura delittuosa in esame al reato di millantato credito e pongono la questione della individuazione degli elementi di diversificazione tra le due fattispecie e che, nel caso in esame, alla stregua del diverso inquadramento contenuto nella sentenza di primo grado e in quella di appello, e’ dato dalla esistenza delle relazioni con il pubblico funzionario o incaricato di pubblico servizio destinatario della mediazione, esistenza della relazione che costituisce il presupposto della mediazione e l’oggetto dello sfruttamento e che e’ stata valorizzata nella sentenza di primo grado come elemento di rilievo per la sussunzione del fatto nella fattispecie di cui all’articolo 346 bis c.p. e posta a fondamento della mediazione da parte del ricorrente ovvero nella prospettazione della corruttibilita’ del destinatario della mediazione, rivelatasi del tutto infondata, valorizzata nella sentenza impugnata ai fini dell’inquadramento del fatto nella fattispecie di cui all’articolo 346 c.p..

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