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Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza 07/03/2005, n. 4806, hanno affermato il principio per cui, in tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprieta’ esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarita’ nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto.
Nella disciplina del condominio antecedente alle modifiche introdotte dalla L. n. 220 del 2012 (ratione temporis applicabile per giudicare la validita’ dell’impugnata deliberazione assembleare risalente al 9 febbraio 2006), non esisteva alcuna prescrizione legale che imponesse la nomina del presidente dell’assemblea, facendo a tale figura riferimento soltanto l’articolo 67 disp. att. c.c., comma 2; ne’ tale obbligo poteva desumersi per implicito dall’obbligo di redazione del processo verbale delle deliberazioni (ora “delle riunioni”) dell’assemblea stabilito dall’articolo 1136 c.c., comma 7. Tanto meno sussiste, prima come dopo la Riforma del 2012, una disposizione di legge che prescriva (a differenza di quanto il Codice civile fa all’articolo 2375, per le deliberazioni dell’assemblea delle societa’ per azioni) che le delibere dell’assemblea dei condomini debbano constare da verbale sottoscritto dal presidente e dal segretario. E’ la natura di organo collegiale dell’assemblea condominiale che lascia presumere che essa agisca sotto la direzione del presidente, il quale ne accerta la regolare costituzione, apre e regola la discussione sugli argomenti indicati nell’ordine del giorno, indice la votazione e ne dichiara il risultato, conferendo all’assemblea concretezza di espressione comunicativa (arg. da Cass. Sez. 2, 13/11/2009, n. 24132).
In epoca risalente, questa stessa Corte aveva cosi’ affermato che, proprio perche’ la nomina del presidente e del segretario dell’assemblea dei condomini non e’ prevista da alcuna norma (come anche la redazione per iscritto del verbale che non incida su diritti reali immobiliari), le eventuali irregolarita’ formali relative alla nomina del Presidente e del segretario dell’assemblea dei condomini non comportano l’invalidita’ delle delibere dell’assemblea (Cass. Sez. 2, 16/07/1980, n. 4615; Cass. Sez. 2, 27/06/1987, 5709). E’ stato invece di recente riaffermato che l’effetto della sottoscrizione del verbale ad opera del presidente e del segretario della riunione e’ unicamente quello di imprimervi il valore probatorio di scrittura privata con riguardo alla provenienza delle dichiarazioni dai sottoscrittori (Cass. Sez. 6 – 2, 09/05/2017, n. 11375). La Corte d’Appello di Palermo ha desunto che l’invalidita’ del verbale di assemblea, giacche’ non sottoscritto da parte del presidente, discendesse nel caso in esame dall’essenzialita’ di tale figura alla stregua dell’articolo 10 del regolamento del Condominio di via (OMISSIS), ma non puo’ logicamente concludersi che la disposizione regolamentare che obblighi l’assemblea a nominare un presidente comporti ex se l’automatica annullabilita’ del verbale comunque redatto sotto la direzione del presidente nominato e soltanto da questo non firmato.
Il primo motivo di ricorso deve, quindi, essere accolto, rimanendo assorbito il secondo motivo (in quanto attinente la regolamentazione delle spese processuali), e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Palermo, che decidera’ la causa uniformandosi agli enunciati principi e tenendo conto dei rilievi svolti, regolando anche le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Palermo, anche per le spese del giudizio di cassazione.
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