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1.2. In proposito si e’ argomentato che il decorso di un intervallo temporale tra la condotta di guida incriminata e l’esecuzione del test alcolimetrico e’ inevitabile e non incide sulla validita’ del rilevamento alcolemico (Sez. 4, n. 13999 del 11/03/2014, Pittiani, Rv. 259694); e tuttavia, il decorso di un intervallo temporale di alcune ore tra la condotta di guida incriminata e l’esecuzione del test alcolemico rende necessario verificare, ai fini della sussunzione del fatto in una delle due ipotesi di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera b) e c), la presenza di altri elementi indiziari (Sez. 4, n. 47298 del 11/11/2014, Ciminari, Rv. 261573). Quest’ultima affermazione, peraltro, non va intesa come indicatrice di una sorta di aritmetica delle prove: come se, dato un accertamento strumentale a distanza di un tempo non breve dall’atto di guida (durata invero difficile da determinare una volta per tutte), fosse necessario aggiungere elementi indiziari per ottenere il risultato di “prova sufficiente” dell’accusa. Va infatti tenuto conto anche della distribuzione degli oneri probatori. Non v’e’ alcun dubbio che l’accusa sia tenuta a dare dimostrazione della avvenuta integrazione del reato, offrendo la prova di ciascuno e tutti gli elementi essenziali dell’illecito. Ma tale prova, per espressa indicazione normativa (e per radicata interpretazione giurisprudenziale), e’ gia’ data dall’esito di un accertamento strumentale che replichi le cadenze e le modalita’ previste dal Codice della strada e dal relativo regolamento. La presenza di fattori in grado di compromettere la valenza dimostrativa di quell’accertamento non puo’ che concretizzarsi ad opera dell’imputato, al quale compete di dare la dimostrazione dell’insussistenza dei presupposti del fatto tipico.
2. Nella indicata prospettiva va intesa la motivazione della sentenza impugnata, che, lungi dal porsi in contrasto con i principi del libero convincimento e dell’assenza di prove legali, ha semplicemente ribadito gli insegnamenti dianzi accennati in ordine alla impossibilita’ di fondare un giudizio di ragionevole dubbio in ordine alla configurabilita’ del reato di guida in stato di ebbrezza sul mero dato costituito dal lasso temporale (piu’ o meno breve) decorso tra la conduzione del veicolo e l’effettuazione delle prove alcolimetriche.
3. A fronte della regolare esecuzione delle due prove mediante etilometro, la Corte territoriale, con motivazione logica e congrua, nonche’ corretta in punto di diritto, e pertanto immune da vizi di legittimita’, ha indicato gli elementi di prova a carico del prevenuto e, nel contempo, ha sostanzialmente contrastato, sia pure succintamente, le argomentazioni del consulente tecnico di parte, nella parte in cui ha opinato che i risultati dell’alcooltest non possono essere letti con la lente delle variabili soggettive nelle tempistiche d’assorbimento dell’alcool. Si tratta della nota problematica della incidenza della cd. curva alcolimetrica che, prescindendo dalla valutazione dei suoi fondamenti scientifici, non puo’ essere predicata in astratto o sulla base di meri indici di “verosimiglianza”, perche’ va puntualmente e concretamente dimostrato che il tasso esibito dalla misurazione strumentale eseguita a distanza di tempo non rappresenta la condizione organica del momento in cui si era ancora alla guida.
Piu’ in generale, nella materia in riferimento non puo’ essere accolta una prova a discarico basata soltanto su valutazioni teorico-scientifiche che costituiscono espressione della soggettiva dinamica metabolica della curva alcolemica rispetto al momento di assunzione della sostanza alcolica, tanto piu’ in assenza di adeguati riferimenti al momento esatto di tale assunzione.
4. Ne consegue che le censure articolate dal ricorrente non colgono nel segno, posto che la sentenza impugnata ha fatto corretto uso dei principi che informano la distribuzione dell’onere probatorio rispetto all’applicazione della disciplina di cui all’articolo 186 cod. strada, fornendo adeguata risposta alle problematiche sottese al caso concreto sottoposto al suo esame.
5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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