Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 9 dicembre 2014, n. 25841
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUSSO Libertino Alberto – Presidente
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5658/2011 proposto da:
(OMISSIS) SRL (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, sig.ra (OMISSIS), considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL (OMISSIS), (OMISSIS) SPA;
– intimate –
nonche’ da:
(OMISSIS) SRL (OMISSIS), in persona del suo legale rappresentante, sig. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) SRL (OMISSIS), (OMISSIS) SPA;
– intimate –
avverso la sentenza n. 79/2010 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 01/02/2010 R.G.N. 1930/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/06/2014 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per l’inammissibilita’ in subordine rigetto del ricorso principale, assorbito quello incidentale.
Le obbligazioni del conduttore vennero garantite dalla societa’ (OMISSIS) (che in seguito ha mutato la propria ragione sociale in ” (OMISSIS)”, e come tale sara’ d’ora innanzi indicata).
2. A marzo del 1994 la societa’ (OMISSIS) convenne dinanzi al Tribunale di Brescia la locatrice (OMISSIS), assumendo che l’immobile non aveva le caratteristiche promesse: vale a dire una superficie calpestarle di almeno 150 metri quadrati, necessari affinche’ la conduttrice potesse stipulare un contratto di franchising con una terza societa’.
Concluse pertanto chiedendo la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno.
3. La (OMISSIS) si costitui’ negando che l’immobile non avesse le caratteristiche promesse; soggiunse che in ogni caso la (OMISSIS) aveva ispezionato l’immobile prima della stipula e l’aveva accettato senza contestazioni.
Chiese percio’ il rigetto della domanda attorea e, in via riconvenzionale, che il contratto fosse dichiarato risolto per l’inadempimento dell’attrice, che aveva omesso di pagare i primi tre canoni di locazione.
4. Nelle more di questo giudizio, con separato atto di citazione, la (OMISSIS) convenne la (OMISSIS) dinanzi al Tribunale di Brescia, chiedendone la condanna all’adempimento degli obblighi scaturenti dalla fideiussione prestate a favore della (OMISSIS).
La (OMISSIS) si costitui’ ammettendo l’esistenza e l’efficacia della fideiussione, ed eccependo di conseguenza il difetto di interesse ad agire della (OMISSIS).
5. Riunite le cause, il Tribunale Brescia con sentenza 18.11.2004 n. 4916 dichiaro’ il contratto di locazione risolto per inadempimento della locatrice (OMISSIS), ritenendo che questa avesse in mala fede sottaciuto alla conduttrice le reali dimensioni dell’immobile.
Rigetto’ di conseguenza anche la domanda proposta dalla (OMISSIS) nei confronti del fideiussore.
6. La Corte d’appello di Brescia, adita dalla soccombente, con sentenza 1.2.2010 n. 79 riformo’ la decisione di primo grado, e dichiaro’ il contratto risolto per inadempimento del conduttore: cio’ sul presupposto che questi gia’ prima della stipula del contratto era stato posto in condizione di avvedersi delle reali dimensioni del locale commerciale.
7. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione dalla (OMISSIS), sulla base di tre motivi illustrati da memoria.
La societa’ (OMISSIS) ha proposto ricorso incidentale fondato su due motivi illustrati da memoria.
Nel giudizio dinanzi a questa Corte la (OMISSIS) non si e’ difesa.
1.1. La societa’ (OMISSIS) ha eccepito l’inammissibilita’ del ricorso. L’eccezione e’ fondata sul presupposto che la (OMISSIS) s.r.l., odierna ricorrente, e’ stata dichiarata fallita dal Tribunale di Bergamo con sentenza (OMISSIS) n. 10. Sicche’, essendo stato il ricorso notificato il 3.2.2011, al momento della notifica il legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l. non aveva piu’ ne’ la legittimazione processuale, ne’ il potere sostanziale di conferire il mandato alle liti.
1.2. L’eccezione e’ infondata, per due indipendenti ragioni:
(-) sia perche’ solo il curatore fallimentare e’ legittimato a far valere il difetto di capacita’ processuale del fallito che abbia agito in proprio, difetto che pertanto non puo’ essere rilevato d’ufficio o su eccezione della controparte (ex multis, Sez. 5, Sentenza n. 9434 del 30/04/2014, Rv. 630585; Sez. 6-1, Ordinanza n. 6248 del 18/03/2014, Rv. 629870; Sez. 5, Sentenza n. 8990 del 16/04/2007, Rv. 598196; Sez. 5, Sentenza n. 5671 del 15/03/2006, Rv. 587772; Sez. 3, Sentenza n. 5028 del 18/04/2000, Rv. 535810);
(-) sia perche’ in ogni caso la sentenza dichiarativa del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. e’ stata annullata dalla Corte d’appello di Brescia con sentenza 9.6.2011 n. 680, depositata dalla (OMISSIS) s.r.l. in allegato alla memoria ex articolo 378 c.p.c..
Ne’ tale modalita’ di deposito puo’ ritenersi illegittima: sia perche’ solo per effetto del deposito del controricorso e’ sorta per la (OMISSIS) l’esigenza di documentare l’annullamento della sentenza di fallimento; sia perche’ alla regola secondo i documenti relativi all’ammissibilita’ del ricorso, prodotti dopo il deposito di questo, vanno notificati alle altre parti (articolo 372 c.p.c.., comma 2) si puo’ derogare quando, nonostante l’omissione della notifica, il contraddittorio sia stato comunque garantito, come appunto nell’ipotesi in cui la produzione avvenga in allegato alla memoria ex articolo 378 c.p.c. e l’avvocato della controparte prenda parte alla discussione (cosi’ Sez. 3, Sentenza n. 21729 del 23/09/2013, Rv. 628148).
2. Il primo motivo del ricorso principale.
2.1. Col primo motivo di ricorso la (OMISSIS) lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Si assume violato l’articolo 1372 c.c..
Espone, al riguardo, che il contratto di locazione stipulato tra (OMISSIS) e (OMISSIS) prevedeva espressamente che l’immobile locato avesse una superficie di “150 mq circa”. Poiche’ tuttavia la superficie era in realta’ inferiore (110 mq), la Corte d’appello, nell’escludere la sussistenza dell’inadempimento della locatrice, avrebbe violato l’articolo 1372 c.c., la’ dove stabilisce che il contratto ha forza di legge tra le parti.
2.2. Il motivo e’ infondato, perche’ non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.
La Corte d’appello, infatti, ha rigettato la domanda di risoluzione proposta dalla (OMISSIS) per due indipendenti ragioni:
– sia perche’ ha ritenuto non dimostrato che la superficie dell’immobile fosse stata elevata dalle parti a “condizione essenziale” di efficacia del contratto (cosi’ la sentenza impugnata, pag. 13);
– sia perche’ in ogni caso la (OMISSIS) era stata messa dal locatore in condizione di sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, quali fossero le reali dimensioni del locale erano inferiori. Sicche’, stipulando ugualmente il contratto, la (OMISSIS) aveva di fatto accettato la differenza tra superficie promessa e superficie offerta.
La Corte d’appello, pertanto, non ha affatto affermato che le clausole del contratto non vincolassero le parti, ne’ implicitamente statuito in tal senso; ha invece affermato un principio ben diverso: e cioe’ che la clausola contenente la descrizione dell’immobile e la sua superficie non poteva essere invocata da chi, conoscendo o potendo conoscere la reale superficie del locale, abbia comunque accettato senza riserve la stipula del contratto: affermazione, quest’ultima, conforme alla regola dettata dall’articolo 1578 c.c., comma 1, ultimo periodo.
3. Il secondo motivo del ricorso principale.
3.1. Col secondo motivo di ricorso il ricorrente principale lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Si assume violato l’articolo 1453 c.c.. Nell’illustrazione del motivo, il ricorrente espone che la Corte d’appello avrebbe violato le regole sul riparto dell’onere della prova: nel giudizio di risoluzione del contratto, infatti, e’ onere dell’attore provare esistenza ed efficacia del contratto, e la (OMISSIS) aveva provato l’una e l’altra, oltre che l’inadempimento della (OMISSIS), per avere promesso un locale della superficie di 150 metri quadrati, ed averne poi offerto uno di superficie assai inferiore (98,51 metri quadrati).
3.2. Il motivo e’ infondato.
Anche in questo caso, infatti, il ricorrente non censura la reale ratio decidendi posta dalla Corte d’appello a fondamento della propria decisione:
e cioe’ che il locatore sapeva, ovvero poteva sapere con l’ordinaria diligenza, quale fosse la reale superficie del locale commerciale.
La Corte dunque non ha invertito l’onere della prova, ma ha piu’ semplicemente ritenuto che l’inadempimento della locatrice (rectius, il vizio della cosa locata), anche se in tesi sussistente, era stato reso irrilevante dalla condotta del conduttore.
4. Il terzo motivo del ricorso principale.
4.1. Col terzo motivo di ricorso la ricorrente principale sostiene che la sentenza impugnata sarebbe incorsa in un vizio di motivazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.
Espone, al riguardo, che la motivazione sarebbe contraddittoria perche’ la Corte d’appello da un lato ha dichiarato risolto il contratto per l’inadempimento della (OMISSIS), consistito nel mancato pagamento dei canoni di locazione da febbraio ad aprile del 1994; e dall’altro ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ordinato alla (OMISSIS) la “restituzione” delle fideiussioni prestate da (OMISSIS) a favore di (OMISSIS), le quali proprio il pagamento di quei canoni avrebbero dovuto garantire.
4.2. Il motivo e’ infondato.
La statuizione della quale la ricorrente si duole non e’ affatto contraddittoria, in quanto l’esistenza dell’inadempimento e la sua rilevanza ai fini della risoluzione del contratto (ex articolo 1455 c.c.) non sono ne’ escluse, ne’ attenuate dal fatto che il debitore inadempiente abbia un fideiussore. L’esistenza di garanzie reali o personali serve a tenere indenne il creditore dalle conseguenze patrimoniali dell’inadempimento, ma non vale ad impedire il vizio del sinallagma contrattuale, che si verifica quando una delle due parti non adempie la propria prestazione nei contratti a prestazioni corrispettive. La garanzia pertanto, non impedendo il vizio del sinallagma, non puo’ evitare l’effetto di quel vizio, ovvero la risoluzione del contratto.
5. Il primo motivo del ricorso incidentale della (OMISSIS).
5.1. Col primo motivo di ricorso incidentale la (OMISSIS) sostiene che la sentenza impugnata sarebbe viziata da una nullita’ processuale, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4.
Espone, al riguardo, che la Corte d’appello non si e’ pronunciata sulla domanda, da essa ritualmente proposta, di condanna della (OMISSIS) al pagamento delle fideiussioni prestate in favore della (OMISSIS).
5.2. Il motivo e’ infondato.
Sulla richiesta di condanna della (OMISSIS) (fideiussore) al pagamento dell’obbligazione di garanzia la Corte d’appello ha infatti provveduto, alle pp. 18 (ultimo cpv.) e 19 (1 cpv.) della sentenza impugnata, stabilendo che la domanda doveva essere rigettata poiche’ il garante non aveva “mai negato l’esistenza delle due fideiussioni, ne’ posto in (…) dubbio l’obbligazione di garanzia”.
6. Il secondo motivo del ricorso incidentale della (OMISSIS).
6.1. Col secondo motivo del ricorso incidentale la (OMISSIS) lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di violazione di legge di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Si assume violato l’articolo 100 c.p.c..
Espone, al riguardo, che nella propria veste di creditore garantito aveva un interesse attuale e concreto ad una pronuncia di condanna della (OMISSIS) al pagamento delle fideiussioni: sia perche’ queste erano soggette a scadenza, sia perche’ il loro pagamento era stato in corso di causa inibito ai sensi dell’articolo 700 c.p.c..
6.2. Il motivo e’ fondato.
La societa’ (OMISSIS) ha formulato nei confronti della societa’ (OMISSIS) una domanda di condanna: l’ha trascritta in questi esatti termini la stessa sentenza impugnata, a pag. 3 (“condannarsi la (OMISSIS) s.p.a. (…) al pagamento (…) di tutte le somme che la (OMISSIS) s.r.l. verra’ condannata a pagare alla stessa (OMISSIS)”).
La Corte d’appello di Brescia ha negato che la creditrice avesse interesse, ex articolo 100 c.p.c., ad una pronuncia di condanna, sul presupposto che il debitore non avesse contestato l’esistenza e l’efficacia dell’obbligazione. Quella compiuta dalla Corte d’appello e’ una affermazione erronea in iure.
6.2.1. L’interesse ad agire di cui all’articolo 100 c.p., e’ tradizionalmente definito come un elemento dell’azione, che ricorre al cospetto di uno stato di fatto contrario a diritto. La rimozione di questo stato di fatto contrario al diritto, se non conseguibile senza l’intervento del giudice, costituisce giustappunto l’oggetto dell’ “interesse” di cui all’articolo 100 c.p.c. (ex permultis, Sez. 1, Sentenza n. 7786 del 29/03/2007, Rv. 596007).
Da questo tradizionale insegnamento suole trarsi l’altrettanto tradizionale corollario secondo cui altro e’ il fatto costitutivo del diritto, altro e’ il fatto costitutivo dell’interesse ad agire.
Da questa impostazione discende che l’interesse ad agire non assume sempre gli stessi contenuti e le stesse forme.
Nelle azioni costitutive, ad esempio, esso e’ tradizionalmente ritenuto in re ipsa, in quanto il fatto generatore del diritto e’ di per se’ anche fatto generatore dell’interesse: tali sono, tra gli altri, l’interclusione del fondo rispetto alla domanda di costituzione di servitu’ coattiva, ovvero l’inadempimento del contratto rispetto alla domanda di risoluzione giudiziale.
6.2.2. Lo stesso dicasi delle azioni di condanna. Qui e’ teoricamente concepibile uno stato di fatto (l’inadempimento del debitore) non conforme allo stato di diritto (l’esistenza dell’obbligazione); e tuttavia il fatto stesso che sia sorta una obbligazione liquida ed esigibile e’ idoneo di per se’ a far sorgere un interesse del creditore all’adempimento. L’esigibilita’ dell’obbligazione non soggetta a termini o condizioni fa si’ che il creditore non abbia alcun onere di interpellare il debitore circa le sue intenzioni di adempiere; ed assurdo sarebbe il ritenere che solo in caso di diniego del debitore il creditore possa promuovere l’azione di condanna.
Il creditore di una obbligazione ha infatti, per cio’ solo, il diritto ad ottenere un titolo esecutivo; e questo puo’ essere ottenuto solo con una azione giudiziale di condanna.
L’azione di condanna al pagamento d’una somma di denaro, pertanto, quando il creditore non disponga d’un titolo esecutivo, e’ per cio’ solo sorretta da un interesse ad agire, quale che sia l’atteggiamento – antagonistico o meno – assunto dal debitore. La decisione impugnata ha pertanto violato questi precetti, pacifici e risalenti nella dottrina e nella giurisprudenza di legittimita’, la’ dove ha ritenuto che l’acquiescenza del debitore circa l’esistenza del debito precluda al creditore non solo l’azione di accertamento, ma sinanche quella di condanna.
7. La decisione nel merito.
7.1. L’errore commesso dalla Corte d’appello di Brescia non rende necessaria la cassazione con rinvio della sentenza impugnata. Infatti, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la domanda della (OMISSIS) puo’ essere decisa nel merito.
La sentenza impugnata infatti, per effetto del rigetto del ricorso principale, e’ passata in giudicato nella parte in cui condanna la (OMISSIS) s.r.l. al pagamento in favore della (OMISSIS) s.r.l. della somma complessiva di euro 16.769,35, oltre interessi legali dalla data della domanda (vale a dire dal 30.11.1994, data di notifica dell’atto di citazione della (OMISSIS) alla (OMISSIS)).
Non e’ mai stato in contestazione nel presente giudizio che la (OMISSIS) (olim, (OMISSIS)) abbia garantito l’adempimento delle obbligazioni della (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) con due fideiussioni datate 1.2.1994, recanti i numeri “(OMISSIS)” ed “(OMISSIS)”, fino all’importo di 65 milioni di lire, ovvero euro 33.569,70.
Nei suddetti limiti deve pertanto essere accolta la domanda di condanna proposta dalla (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS).
8. Le spese.
Nei rapporti tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS), le spese del giudizio di legittimita’ vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 1.
Nei rapporti tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS), le spese dell’intero giudizio seguono la soccombenza, e si liquidano come in dispositivo.
-) rigetta il ricorso principale;
-) accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata nelle parti e per le ragioni indicate ai 6.2 e ss. dei “Motivi della decisione” e, decidendo nel merito, condanna la (OMISSIS) s.p.a. al pagamento in favore della (OMISSIS) s.r.l. della somma di euro 16.769,35, oltre interessi legali dal 30.11.1994;
-) condanna la (OMISSIS) s.r.l. e la (OMISSIS) s.p.a., in solido, alla rifusione in favore della (OMISSIS) s.r.l. delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di euro 5.400, di cui 200 per spese vive, oltre spese generali, I.V.A. e contributi previdenziali;
-) condanna la (OMISSIS) s.p.a. alla rifusione in favore della (OMISSIS) s.r.l. delle spese del primo grado di giudizio, che si liquidano in euro 700 per spese, euro 3.800 per diritti ed euro 4.500 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e contributi previdenziali;
-) condanna la (OMISSIS) s.p.a. alla rifusione in favore della (OMISSIS) s.r.l. delle spese del secondo grado di giudizio, che si liquidano in euro 750 per spese, euro 2.500 per diritti ed euro 3.800 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e contributi previdenziali.
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