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2.5.. I principi appena esposti per un verso costituiscono il corollario di regole da tempo affermate da questa Corte; e dall’altro non sono infittitati dai rilievi svolti dalle parti controricorrenti nella memoria depositata ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c..

2.5.1. Questa Corte ha infatti gia’ in piu’ occasioni stabilito che il conducente di un veicolo a motore, quando si veda contorniato o preceduto da pedoni, ha il dovere giuridico di prevenirne anche le eventuali scorrettezze, adeguando coerentemente la propria condotta di guida, e all’occorrenza arrestando la marcia.

Ha ritenuto, in particolare, che il conducente, quando sia accertata la presenza di bambini sul marciapiede latistante la traiettoria del veicolo, in caso di investimento per vincere la presunzione di cui all’articolo 2054 c.c., comma 1, deve dimostrare che il pedone investito (in quel caso, un bimbo di tre anni, svincolatosi dalle mani della nonna per inseguire un cuginetto) non avesse tenuto un comportamento che denunciasse il suo intento di attraversamento della strada, seppur di corsa e fuori dalle strisce pedonali. (Sez. 3, Sentenza n. 3542 del 13/02/2013).

Si e’ poi affermato che la condotta anche anomala ed imprudente di un pedone non vale di per se’ ad escludere la responsabilita’ dell’automobilista, ove tale condotta anomala del pedone fosse, per le circostanze di tempo e di luogo, ragionevolmente prevedibile, e che tale prevedibilita’ “deve ritenersi di norma sussistente con riferimento alla condotta dei bambini, in quanto istintivamente imprudenti, con la conseguenza che in presenza di essi, e massimamente in prossimita’ di istituti scolastici, l’automobilista ha l’obbligo di procedere con la massima cautela, e tenersi pronto ad arrestare il veicolo in caso di necessita’” (Sez. 3, Sentenza n. 524 del 12/01/2011).

2.5.2. Per le ragioni indicate la corte territoriale ha sostanzialmente commesso un errore di sussunzione, la’ dove la dinamica della vicenda per come da essa stessa accertate avrebbero dovuto indurla a ravvisare in essa la tenuta di una condotta di guida del conducente dello scuolabus non conforme al Codice della Strada ed alle norme di comune prudenza e, dunque, affetta da colpa. Com’e’ noto, il vizio di sussunzione, che integra la c.d. falsa applicazione di norma di diritto, di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3, ricorre allorquando il giudice di merito, dopo avere ricostruito i fatti rilevanti per la decisione in un certo modo si rifiuta erroneamente di ricondurli sotto la norma che appare idonea a disciplinarli oppure li riconduce sotto una norma diversa. La Corte di Cassazione, in tal caso, procede al suo sindacato in iure, in quanto assume i fatti per come ricostruiti dal giudice di merito e rileva il rifiuto o l’errore nel procedimento di sussunzione, cosi’ censurando un vizio in iure i quanto relativo all’applicazione della norma giuridica.

2.6. Come accennato, rispetto alle considerazioni svolte nei precedenti § 2.2 e seguenti della presente motivazione, non appaiono decisive le considerazioni svolte dalla difesa dei controricorrenti nella memoria depositata ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c..

In tale memoria i controricorrenti spendono cinque argomenti per sostenere che il ricorso sia infondato.

2.6.1. Con un primo rilievo, i controricorrenti assumono che la caduta del bimbo fu accidentale, e dunque costitui’ una fatalita’ (p. 2 della memoria).

A tale rilievo deve replicarsi in primo luogo che in questa sede e’ irrilevante discutere per quale causa il bambino inciampo’ e cadde (causa che, del resto, rimase ignota allo stesso giudice di merito) ed infatti nelle considerazioni svolte sopra non lo si e’ fatto; e’ rilevante, invece, solo se la condotta del conducente, cosi’ come accertata dalla Corte d’appello, fu conforme alle regole del codice della strada, dettate anche per prevenire le fatalita’.

In secondo luogo al rilievo in esame deve comunque replicarsi, sempre sul piano del procedimento di sussunzione, che se fu fatalita’ la caduta del bambino, non fu fatalita’ l’investimento, dal momento che il rispetto delle prescrizioni di cui all’articolo 191, comma 3, cod. strad., da parte del conducente lo scuolabus avrebbe potuto verosimilmente prevenirlo.

2.6.2. Con un secondo rilievo, i controricorrenti deducono che il conducente del bus non tenne una condotta colposa, perche’ riparti’ solo dopo essersi sincerato che “la madre ed il bimbo fossero in condizioni di sicurezza” (pp. 3-4 della memoria).

Il rilievo recepisce e duplica l’errore di sussunzione gia’ commesso dalla Corte d’appello, e qui denunciato.

Che un pedone sia “in condizioni di sicurezza” ai sensi dell’articolo 191 C.d.S., infatti, non vuol dire ne’ che il pedone sia disceso dal bus, ne’ che il pedone sia salito sul marciapiede, ne’ che il pedone sia vigilato od affidato ad altro pedone. Vuoi dire, invece, una cosa ben diversa, ovvero che il pedone sia sufficientemente distante dal mezzo in manovra. Il giudice di merito, invece, come gia’ detto ritenne “in sicurezza” il bambino sol perche’ recuperato dalla madre, ma senza considerare che tanto l’una, quanto l’altra, si trovavano ancora in prossimita’ del bus quando questo riprese la marcia.

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