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Sulla base di questi accertamenti di fatto, la Corte d’appello ritenne di non ravvisare alcuna colpa nella condotta del conducente. Secondo il giudice di merito, infatti, questi, una volta veduto il bimbo tra le braccia della madre, poteva fare ragionevole affidamento sul fatto che ormai il piccolo si trovasse in condizioni di sicurezza, e il mezzo potesse dunque ripartire (questo, in sostanza, il contenuto delle pp. 911 della sentenza impugnata).
5. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione da (OMISSIS) e (OMISSIS), con ricorso fondato su sei motivi ed illustrato da memoria.
Hanno resistito con un controricorso unitario il Comune di Cingia de’ Botti e la societa’ (OMISSIS), i quali hanno altresi’ depositato memoria.
Considerato che:
1. Questioni preliminari.
1.1. 11 Comune e la (OMISSIS) hanno eccepito in via preliminare l’inammissibilita’ del ricorso, sostenendo che esso sia volto ad ottenere il riesame nel merito dei fatti gia’ accertati dalla Corte d’appello.
1.2. Tale eccezione e’ infondata.
Il giudizio di legittimita’ non puo’ estendersi a sindacare gli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito.
Questo generale principio conosce, nella pratica, numerose declinazioni: sara’ dunque inammissibile la richiesta di ricostruire i fatti in modo diverso rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito; la richiesta di valutare le prove in modo diverso rispetto alle valutazioni del giudice di merito; la richiesta di attribuire ad un mezzo di prova trascurato dal giudice di merito maggior peso rispetto alle altre fonti, ritenute invece decisive dalla sentenza impugnata; la richiesta di interpretare un contratto od un negozio in modo difforme rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito.
Non e’ invece affatto precluso al giudice di legittimita’ stabilire se il giudice di merito abbia correttamente sussunto sotto l’appropriata previsione normativa i fatti da lui accertati, ferma restando l’insindacabilita’ di questi ultimi e l’impossibilita’ di ricostruirli in modo diverso.
Questo tipo di errore, prasseologicamente definito “vizio di sussunzione”, non e’ un errore di accertamento, ma un errore di giudizio: esso infatti consiste nello scegliere in modo erroneo quella, tra le tante norme dell’ordinamento, della quale deve farsi applicazione al caso concreto. In materia di fatti illeciti il giudice puo’ incorrere in un vizio di sussunzione tra l’altro quando, ricostruita correttamente la condotta tenuta dal preteso responsabile, ne valuti la liceita’ o la colpevolezza in base a regole di condotta diverse da quelle dettate, per quel caso, dalla legge.
Nel nostro caso, come meglio si dira’ esaminando i primi tre motivi di ricorso, e’ proprio questo il nucleo delle censure mosse dai ricorrenti alla sentenza impugnata: essi infatti, sia pur tra altre doglianze, hanno sostenuto che la condotta del conducente dello scuolabus, cosi’ come ricostruita dalla Corte d’appello, non si sarebbe dovuta ritenere conforme ne’ alle regole del codice della strada, ne’ a quelle della ordinaria diligenza.
A prescindere dunque, per ora, da qualsiasi valutazione circa la fondatezza d’una simile censura, essa comunque non investe l’accertamento dei fatti, ma la valutazione di essi sub specie iuris, per come e’ stata compiuta dalla Corte d’appello.
Ne consegue che il ricorso va dichiarato, per questa parte, ammissibile.
2. Il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso.
2.1. I primi tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, perche’ pongono questioni tra loro strettamente intrecciate.
Col primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli articoli 140, 141 e 154 C.d.S.. Svolgono, al riguardo, una censura cosi’ riassumibile:
(a) la Corte d’appello ha ritenuto il conducente dello scuolabus esente da responsabilita’ per essere egli ripartito solo dopo essersi accertato che il bambino fosse stato ricevuto dalla madre, e fosse nella “sfera di controllo” di quest’ultima;
(b) i ricorrenti non negano che cio’ sia avvenuto, ma affermano in buona sostanza che tale condotta fu comunque colposa, perche’ le regole del codice della strada avrebbero imposto al conducente non gia’ di limitarsi a verificare se il bambino fosse stato preso in consegna dalla madre, ma di accertarsi, prima di riprendere la marcia, che l’uno e l’altra fossero in posizione di assoluta sicurezza.
Col secondo motivo i ricorrenti lamentano che la sentenza sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, (lamentano, anche in questo caso, la violazione degli articoli 140, 141 e 154 C.d.S.), sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.
Deducono che la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare il seguente “fatto decisivo”: che il conducente dello scuolabus, al momento di ripartire, guardo’ soltanto alla propria sinistra, per accertarsi che non sopraggiungessero da tergo altri mezzi; egli invece non guardo’ alla propria destra, ovvero dalla parte dove era disceso il bambino e dove si trovava la di lui madre, e di conseguenza non si accerto’ della distanza a cui costoro si trovassero dal bus, al momento in cui il mezzo riprese la marcia.
Col terzo motivo di ricorso, infine, i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli articoli 157 e 158 C.d.S..
Deducono, a tal riguardo, che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto diligente la condotta del conducente dello scuolabus, nonostante avesse accertato in fatto che questi accosto’ il mezzo e fece discendere il bimbo non attenendosi alle prescrizioni degli articoli 157 e 158 C.d.S.: ovvero non nel punto previsto per la fermata, non parallelamente al margine destro della carreggiata, e nemmeno in posizione strettamente accostata a quest’ultimo.
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