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I motivi si presentano, altresi’, inammissibili in quanto va precisato che il giudice del merito e’ libero di scegliere le risultanze istruttorie ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti in discussione, e di dare liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (ex plurimis Cass. SS.UU. 5802/1998 e 2418/2013, Cass. 1892/2002, 15355/2004, 1014/2006, 18119/2008, del 1998). Sicche’ la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., e’ apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e nei ristretti limiti oggi consentiti dalle modifiche apportate dal Decreto Legge 22 giungo 2012, articolo 54, comma 1, lettera b), conv. con modd. in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile “ratione temporis” posto che la sentenza impugnata e’ stata pubblicata dopo l’11.9.2012 (Cass. 10075/2013, 15107/2013, 21234/2012; Ord. 6448/2017) e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non gia’ dal riesame del merito della causa, inammissibile in sede di legittimita’ (Cass. 14267/ 2006; 2707/2004). Riesame che, in realta’, e’ sotteso alle doglianze che addebitano alla sentenza impugnata la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., posto che la ricorrente ha denunciato l’incoerenza valutativa delle risultanze istruttorie deducendo che la Corte territoriale avrebbe trascurato la mancanza di espressa autorizzazione alla fruizione di un periodo di ferie che a suo dire confermerebbe che il lavoratore era assente per malattia.
Nessuna omissione o contraddizione – nei termini precisati dalle Sezioni Unite n. 8053/2014 di tutela del minimo costituzionali -, puo’ ravvisarsi nella sentenza impugnata che, richiamato il criterio di riparto dell’onere della prova nelle ipotesi di licenziamento per superamento del periodo di comporto (cosi’ come affermato, in via consolidata, da questa Corte), ha ritenuto che “la sola busta paga, documento di provenienza datoriale, non e’ sufficiente, non potendosi fare derivare dalla mera ricezione del prospetto alcun significato concludente circa l’accettazione dei titoli quindi, anche l’indennita’ di malattia – che determinano la sua liquidazione”.
5. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite sono regolate in applicazione del criterio della soccombenza dettato dall’articolo 91 c.p.c..
6. Il ricorso e’ stato notificato in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilita’ del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17), che ha integrato il Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche incidentale e’ respinta integralmente o e’ dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta e’ tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma articolo 1 bis. Il giudice da atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) da rigettarsi, deve provvedersi in conformita’.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese di lite a favore del controricorrente, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, da distrarre a favore del procuratore dichiaratosi antistatario avv. (OMISSIS).
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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