Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 6 febbraio 2018, n.5454. Ai fini dell’integrazione del delitto di minaccia, che ha natura di reato di pericolo, è sufficiente la mera esposizione a pericolo del bene giuridico

Ai fini dell’integrazione del delitto di minaccia, che ha natura di reato di pericolo, è sufficiente la mera esposizione a pericolo del bene giuridico, senza che si verifichi la effettiva lesione del bene: occorre, cioè, che il male prospettato possa incutere timore nel destinatario, secondo un criterio di medianità riecheggiante le reazioni della donna e dell’uomo comune con la conseguente lesione della sfera di libertà morale.

CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
SENTENZA 6 febbraio 2018, n.5454

Pres. Sabeone – est. Amatore

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza impugnata il Giudice di Pace di Eboli ha assolto i predetti imputati, in relazione al reato di cui all’art. 594 cod. pen., perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e, in relazione al reato di cui all’art. 612 cod. pen., perché il fatto non sussiste. Avverso la predetta sentenza ricorre il P.G. presso la Corte di Appello di Salerno, affidando la sua impugnativa a due motivi di doglianza.

1.1 Denunzia il ricorrente, con il primo motivo, violazione della legge penale in riferimento all’art. 612 cod. pen..

Osserva il P.G. ricorrente che il reato di minaccia è reato di pericolo per la cui integrazione è sufficiente la mera esposizione a pericolo del bene giuridico, senza che si verifichi la effettiva lesione del bene. Occorre, cioè, che il male prospettato possa incutere timore nel destinatario, secondo un criterio di medianità riecheggiante le reazioni della donna e dell’uomo comune e la lesione della sfera di libertà morale. Si evidenzia che la sentenza impugnata non aveva applicato il criterio da ultimo citato, assolvendo gli imputati per il solo fatto che la persona offesa aveva dichiarato che la minaccia proferita non la aveva intimorita.

1.2 Con un secondo motivo si declina vizio argomentativo sul medesimo punto dedotto nella prima doglianza, evidenziando, peraltro, che la stessa giurisprudenza richiamata nella sentenza impugnata portava a concludere nel senso opposto alla declaratoria di assoluzione per il reato di cui all’art. 612 cod. pen..

Considerato in diritto

2. Il ricorso è fondato già quanto al primo motivo il cui accoglimento assorbe peraltro l’esame del secondo motivo di censura.

2.1 Occorre ricordare come la giurisprudenza di questa Corte abbia sempre con voce unanime affermato che nel reato di minaccia elemento essenziale è la limitazione della libertà psichica mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato dall’autore alla vittima, senza che sia necessario che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente in quest’ultima, essendo sufficiente la sola attitudine della condotta ad intimorire e irrilevante l’indeterminatezza del male minacciato purché questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente ( cfr. anche : Sez. 5, n. 31693 del 07/06/2001 – dep. 24/08/2001, Tretter, Rv. 21985101 ; Sez. 5, Sentenza n. 21601 del 12/05/2010 (dep. 07/06/2010 ) Rv. 247762 ;

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