Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 6 febbraio 2018, n.5454. Ai fini dell’integrazione del delitto di minaccia, che ha natura di reato di pericolo, è sufficiente la mera esposizione a pericolo del bene giuridico

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Dunque, può affermarsi con sicurezza che costituisce principio consolidato quello secondo cui ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’art. 612 cod. pen. – che ha natura di reato di pericolo – è necessario che la minaccia – da valutarsi con criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto – sia idonea a cagionare effetti intimidatori sul soggetto passivo, ancorché il turbamento psichico non si verifichi in concreto ( così, Sez. 5, Sentenza n. 644 del 06/11/2013 Ud. (dep. 10/01/2014 ) Rv. 257951 ; cfr. anche, nello stesso, senso : Sez. 5, Sentenza n. 45502 del 22/04/2014 Ud. (dep. 04/11/2014 ) Rv. 261678 ).

Ne consegue, come precipitato logico del principio qui riaffermato, che ai fini dell’integrazione del reato di minaccia, non è necessario che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito, essendo richiesto che la condotta posta in essere dall’agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale del soggetto passivo ( così, Sez. 1, Sentenza n. 44128 del 03/05/2016 Ud. (dep. 18/10/2016 ) Rv. 268289 ).

Tutto ciò premesso, risulta evidente come nel caso di specie la motivazione della sentenza impugnata si sia discostata dai consolidati principi affermati da questa Corte in tema di esegesi del disposto normativo di cui all’art. 612 cod. pen., così incorrendo nella lamentata violazione di legge. Ed invero, la declaratoria liberatoria qui impugnata si fonda sulla riferita circostanza che la persona offesa, escussa in dibattimento, aveva affermato che, dopo la minaccia, aveva detto agli imputati ‘non mi fate paura’.

Orbene, risulta evidente come l’affermazione – sulla cui base si è statuita l’assoluzione degli imputati – non tenga conto, come correttamente denunziato dal P.G. ricorrente, che il reato di minaccia è reato di pericolo per la cui integrazione è sufficiente la mera esposizione a pericolo del bene giuridico, senza che si verifichi la effettiva lesione del bene : occorre, cioè, che il male prospettato possa incutere timore nel destinatario, secondo un criterio di medianità riecheggiante le reazioni della donna e dell’uomo comune con la conseguente lesione della sfera di libertà morale.

Si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata affinché il giudice del rinvio riesamini la vicenda secondo i principi di diritto sopra ricordati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Giudice di pace di Eboli

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