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Il provvedimento in questione è appunto la delibera 88/2013, che al citato § 4.7 prevede: “Laddove ricorrano le casistiche indicate al comma 2.7 della deliberazione 347/201/R/IDR, la tariffa verrà determinata d’ufficio ponendo il moltiplicatore tariffario teta (?) pari a 0,9 finché perdurano tali casistiche. In tali casi, la tariffa calcolata in base al metodo tariffario transitorio, di cui all’Allegato 1 alla presente deliberazione, produce effetti a partire dal momento in cui sono rese disponibili le informazioni necessarie alla definizione della medesima ritenute conformi alle disposizioni vigenti da parte dell’Autorità”.
6. In proposito, si devono svolgere due rilievi.
In primo luogo, le norme citate -escluso il caso, che nella specie non ricorre, di un generico pregiudizio agli utenti, previsto dal comma 20 dell’art. 2 della l. 481/1995- prevedono un’alternativa secca: o i dati fornitile sono esaurienti, e allora l’Autorità è tenuta ad approvare la tariffa proposta; o i dati stessi esaurienti non sono, e allora l’Autorità procede a determinarla con i criteri ufficiosi fissati nei termini visti.
Non si dà una terza possibilità intermedia, in cui l’Autorità non approva la tariffa, ma la determina essa stessa in base a criteri diversi da quello officioso in questione, quali che essi siano.
In tal senso quindi, l’affermazione contraria della sentenza impugnata presuppone l’errore di prospettiva già evidenziato, secondo il quale l’Autorità avrebbe in generale funzione di determinare, e non di approvare, le tariffe in parola.
In secondo luogo, ai fini della scelta fra le due alternative possibili, è evidente che le valutazioni di sufficienza o insufficienza dei dati forniti effettuate in base alle norme citate sono espressione dell’ampia discrezionalità tecnica attribuita all’Autorità stessa nelle materie di propria competenza, discrezionalità che, secondo la regola generale, è sindacabile nella presente sede giurisdizionale di legittimità solo in caso di esiti manifestamente illogici e arbitrari: specifica sul punto C.d.S. sez. VI 15 dicembre 2014 n. 6153.
Nel caso di specie, pertanto, la scelta dell’Autorità di applicare il moltiplicatore tariffario d’ufficio nei confronti dell’ente appellato sarebbe stata censurabile solo deducendone un carattere in concreto illogico, che viceversa non è stato nemmeno allegato.
7. La sentenza impugnata va quindi riformata, nei termini di cui al dispositivo.
8. La novità e particolarità delle questioni trattate, sulle quali non constano precedenti editi negli esatti termini, è giusto motivo per compensare le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 9545/2016 R.G.), lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara irricevibile il ricorso di primo grado nella parte in cui è rivolto contro gli atti dell’Autorità di determinazione in via generale degli obblighi informativi dei soggetti gestori verso l’Autorità stessa e lo respinge nel resto.
Compensa per intero fra le parti le spese dell’intero giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore
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