Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 27 novembre 2017, n. 5524. In riferimento alle tariffe del servizio idrico

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Il primo Giudice ha poi respinto l’ulteriore eccezione preliminare della difesa dell’AEEGSI, secondo la quale il ricorso sarebbe stato tardivo nella parte volta a censurare le delibere presupposte, che fissano in generale gli obblighi informativi dei soggetti gestori verso l’Autorità. Ha infatti sostenuto che tali delibere, riferite genericamente ai “soggetti competenti” non si sarebbero potute individuare come lesive se non dopo chiarito, da parte dell’autorità, che fra i soggetti competenti vi era effettivamente il ricorrente appellato, ovvero dopo che la delibera di determinazione della tariffa d’ufficio era stata emanata.

In tal senso, il primo Giudice ha dichiarato irricevibile il ricorso limitatamente all’unica delibera in cui il destinatario dell’obbligo informativo era fin da subito direttamente individuato.

Nel merito, il primo Giudice ha infine annullato gli atti impugnati, ritenendo in sintesi estrema che l’autorità non avrebbe potuto determinare d’ufficio la tariffa se non dopo avere instaurato con l’ente interessato un contraddittorio, volto a individuare i dati necessari e non trasmessi e a sollecitarne specificamente la trasmissione, e dopo avere verificato se non fosse comunque possibile determinare la tariffa in base ai dati disponibili.

Contro tale sentenza, l’AEEGSI ha proposto impugnazione, con appello che contiene i seguenti quattro motivi:

– con il primo di essi, deduce presunto error in iudicando sull’eccezione di tardività relativa alla determinazione d’ufficio della tariffa per gli anni 2012-2013. Sostiene infatti che, nella parte in cui riguarda tali annualità, nei termini spiegati, il ricorso si sarebbe dovuto dichiarare comunque irricevibile;

– con il secondo motivo, deduce parimenti presunto error in iudicando in relazione agli obblighi informativi che gravano sui gestori ex CIPE. Sostiene in proposito che l’ente appellato, in quanto soggetto gestore del servizio in economia, ben avrebbe avuto la possibilità di rendersi conto di rientrare nei “soggetti competenti” tenuti a trasmettere i dati e le notizie relativi al servizio stesso all’autorità di settore;

– con il terzo motivo, deduce ulteriore presunto error in iudicando in merito alla mancata indicazione di dati e documenti indispensabili alla predisposizione tariffaria. Sostiene in proposito da un lato che l’appellato, ancora una volta quale gestore del servizio, non potrebbe “seriamente sostenere di ignorare le informazioni e la documentazione” da trasmettere (appello, p. 23); dall’altro lato che competenza dell’autorità è quella di approvare tariffe già predisposte, e che in questo senso sarebbe illogico imporle l’onere di collaborare nella loro determinazione con ciascuno delle molte centinaia di enti che gestiscono il servizio in economia. Evidenzia a tal proposito che, comunque, una funzione collaborativa in ciò è svolta dalla procedura guidata on line che è stata predisposta per l’inserimento dei dati;

– con il quarto motivo, deduce infine ancora error in iudicando sulle modalità di esercizio del potere di determinare d’ufficio la tariffa. Sostiene in proposito che di avere effettivamente verificato, nell’esercizio della propria discrezionalità, l’impossibilità di determinare la tariffa coi dati messile a disposizione, e che il primo Giudice non avrebbe, in sostanza, spiegato perché dovrebbe essere vero il contrario.

Ha resistito l’appellato, con atto 18 gennaio e memoria 23 gennaio 2017, ed ha chiesto che l’appello sia respinto, difendendo la motivazione della sentenza di primo grado.

Alla camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2017, fissata per decidere sulla domanda cautelare, sull’accordo di tutte le parti, il Presidente del Collegio ha disposto il rinvio al merito della causa, senza esecuzione della sentenza da parte dell’appellato.

Successivamente, con memorie 4 ottobre e 10 ottobre 2017 rispettivamente per l’Autorità e per l’appellato, e con replica 13 ottobre 2017 per il solo appellato, le parti hanno ribadito le rispettive difese.

All’udienza del giorno 26 ottobre 2017, fissata nei termini di cui si è detto, la Sezione ha infine trattenuto il ricorso in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è in parte fondato e va accolto, nei termini che seguono.

2. Il primo motivo di appello ripropone l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado: censura la parte della delibera di determinazione della tariffa di ufficio, secondo la quale i valori tariffari così determinati valgono anche per determinare i conguagli del periodo regolatorio 2012-2105.

Come tale, il motivo è infondato e va respinto.

Sul punto, la delibera impugnata afferma quanto segue: la determinazione del theta nella misura d’ufficio è fatta “specificando che”, con riferimento alle gestioni interessate, “il medesimo valore ???(pari a 0,9 sia da utilizzarsi – a titolo di moltiplicatore tariffario medio (???(medio) – in sede di definizione dei conguagli relativi al primo periodo regolatorio 2012-2015” (così il dispositivo della delibera 324/2015, in atti nel fascicolo di I grado).

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