Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 27 novembre 2017, n. 5565. La gestione commissariale, espressamente qualificata come attività di pubblica utilità, è volta, attraverso l’intervento del Prefetto

La gestione commissariale, espressamente qualificata come attività di pubblica utilità, è volta, attraverso l’intervento del Prefetto, non soltanto a garantire l’interesse pubblico alla completa esecuzione dell’opera appaltata ma anche a sterilizzare la gestione del contratto oggetto del procedimento penale dal pericolo di acquisizione delle utilità illecitamente captate in danno della pubblica amministrazione; sotto tale profilo l’istituto si manifesta come uno strumento di autotutela contrattuale previsto direttamente dalla legge; questa speciale forma di commissariamento riguarda soltanto il contratto (e la realizzazione dell’opera pubblica) e non la governance dell’impresa in quanto tale

Sentenza 27 novembre 2017, n. 5565
Data udienza 26 ottobre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2413 del 2017, proposto da:

Anac – Autorità Nazionale Anticorruzione, Ministero dell’Interno, U.T.G. – Prefettura di Roma, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Gen. Le Dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);

contro

Soc Consorzio Venezia Nuova non costituito in giudizio;

Ko. S.C.P.A., rappresentato e difeso dagli avvocati St, La,, Al, Za,, An, Ma,, con domicilio eletto presso lo studio An, Ma, in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE I TER n. 12870/2016, resa tra le parti, concernente l’annullamento del decreto n. 21107 adottato il 22.1.2016 dal Prefetto di Roma con il quale si dispone che gli Amministratori Straordinari del Consorzio Venezia Nuova accantonino gli utili delle imprese consorziate a quest’ultimo; di tutti gli atti antecedenti e presupposti, inclusi: la proposta n. 6080 formata il 14.1.2016 dal Presidente dell’ANAC e dalla quale scaturisce il decreto prefettizio impugnato; il precedente decreto n. 280717 adottato il giorno 1 dicembre 2014 dal Prefetto di Roma con il quale si è assoggettato il Consorzio Venezia Roma alla misura di straordinaria e temporanea gestione prevista dall’art. 32 D.L. 90/2014; la proposta formata il 6.11.2014 dal Presidente dell’ANAC dalla quale è scaturito il decreto prefettizio n. 280817/14.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ko. S.C.P.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2017 il Cons. Luigi Birritteri e uditi per le parti gli avvocati An. Ma. e l’Avvocato dello Stato Gi. Pi. Ma.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con sentenza n. 12870 del 25 ottobre 2016 (pubblicata il 29 dicembre 2016) il TAR del Lazio ha accolto il ricorso proposto dalla Ko. s.c.p.a. avverso il decreto del 22 gennaio 2016, con il quale il Prefetto di Roma ha esteso anche alle imprese consorziate l’accantonamento degli utili imposto al Consorzio Venezia Nuova con la misura di straordinaria e temporanea gestione dell’impresa, applicata con precedente provvedimento dell’1.12.2014, ai sensi dell’art. 32, comma 1, lett. b) dei D.L. n. 90/2014.

Il primo giudice – dopo aver ricordato che l’originario provvedimento di commissariamento era stato adottato a seguito delle vicende di carattere penale che hanno interessato gli ex amministratori del Consorzio Venezia Nuova, concessionario dei lavori per la realizzazione del MOSE di Venezia – ha ritenuto che detto accantonamento non potrebbe avere effetto nei confronti delle imprese consorziate, essendo soggetto al commissariamento solo il Consorzio.

In particolare, la separazione tra il consorzio e le imprese che ne fanno parte impedirebbe di applicare anche a queste ultime il potere dei commissari di accantonare gli utili prodotti in capo alle singole consorziate, fatta salva l’ipotesi di applicare anche a queste ultime la misura della straordinaria e temporanea gestione prevista dall’art. 32, comma 1, lett. b), d.l. 90/2014.

Infine l’adito TAR evidenzia un vizio procedurale conseguente all’omessa comunicazione di avvio del procedimento alle imprese consorziate, sul presupposto dell’autonomia del provvedimento “estensivo” oggetto di impugnazione.

Avverso tale decisione – con unico atto – propongono appello la Prefettura di Roma, il Ministero dell’Interno e l’Autorità Nazionale Anticorruzione.

Parte appellante lamenta, con un primo motivo, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32, del decreto legge del 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 e degli artt. 2612 e ss. cod. civ, nonché motivazione insufficiente e contraddittoria, sottolineando che il primo giudice non avrebbe tenuto conto della particolare connotazione del contratto la cui esecuzione è stata commissariata dall’originario provvedimento prefettizio (dell’1.12.2014).

A sostegno dell’assunto l’appellante evidenzia che il contratto oggetto di commissariamento (ossia la Convenzione Generale Rep. n. 7191 del 4 ottobre 1991), riguarda l’intera realizzazione del Piano di salvaguardia della Laguna di Venezia e del Sistema Mose e rappresenta un unicum nel nostro ordinamento, poiché le singole imprese consorziate, pur non essendo parte della Convenzione Generale, eseguono la commessa in questione senza partecipare ad alcuna procedura di evidenza pubblica.

Nella sostanza, secondo l’appellante, tutti i ricavi derivanti dal “contratto” commissariato, la cui esecuzione è ripartita con affidamenti dal CVN alle consorziate, confluiscono esclusivamente in capo alle imprese assegnatarie in concreto dei singoli lavori, salvo che per una quota del tutto residuale, pari al 12% del corrispettivo contrattuale, spettante al Consorzio per la copertura degli oneri di coordinamento. Sicchè, impedire l’accantonamento degli utili destinati alle imprese consorziate rende, di fatto, inoperante il commissariamento del contratto.

Con un secondo motivo l’appellante deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e 21-octies della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Si è costituita in giudizio la la Ko. s.c.p.a. invocando il rigetto dell’appello.

All’udienza del 26 ottobre 2017, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione

DIRITTO

Nel presente giudizio la principale questione controversa è se – in presenza di un provvedimento prefettizio che dispone di provvedere direttamente alla straordinaria e temporanea gestione dell’impresa limitatamente alla completa esecuzione di un opera pubblica, ex art. 32 d.l. n. 90/2014 – la regola che dispone l’accantonamento in apposito fondo dell’utile d’impresa derivante dall’esecuzione del contratto commissariato sia estensibile o meno anche agli utili spettanti alle imprese che eseguono i lavori per conto del concessionario, con il quale sono consorziate.

Al riguardo appare utile ricordare che – come osservato da acuta dottrina – l’articolo 32 del d.l. anticorruzione si propone l’ambizioso obiettivo di contemperare due opposte esigenze: garantire la completa esecuzione degli appalti e neutralizzare il rischio derivante dall’infiltrazione criminale nelle imprese, introducendo un originale e innovativo meccanismo di commissariamento.

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