L’art. 1341 c.c., comma 2, stabilisce che non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore dell’autore del modulo seriale, limitazioni di responsabilità, facoltà di recesso o sospensione degli effetti del contratto o sanciscono, a carico dell’altra parte, decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o di deroga alla competenza. Si tratta di elencazione, che ha carattere tassativo e non esemplificativo, sicchè ne è esclusa l’applicazione analogica, ma non l’interpretazione estensiva.
Un contratto è qualificabile “per adesione” secondo il disposto dell’art. 1341 c.c. – e come tale soggetto, per l’efficacia delle clausole cosiddette vessatorie, alla specifica approvazione per iscritto – solo quando sia destinato a regolare una serie indefinita di rapporti e sia stato predisposto unilateralmente da un contraente. Ne consegue che tale ipotesi non ricorre quando risulta che il negozio è stato concluso mediante trattative intercorse tra le parti.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 10 agosto 2016, n. 16889
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – rel. Presidente –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
sul ricorso 10565-2013 proposto da:
Z.S., (OMISSIS) in proprio e quale titolare della ditta individuale MICI E AMICI DI Z.S., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
B.T., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati GIANPAOLO CROCIATELLI, LUCIO FERRARO giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3293/2012 del TRIBUNALE di GENOVA, depositata il 12/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/06/2016 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;
udito l’Avvocato CARLA SCARNATI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Z.S. propone ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Genova,depositata il 2 ottobre 2012, che a modifica della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda di risarcimento danni subiti da un immobile condotto in locazione.
La Z. ha dedotto di condurre in locazione ad uso diverso dall’abitazione un immobile di proprietà della B.T. e che detto immobile era stato oggetto di frequenti allagamenti,sia di acque bianche che di acque nere, che avevano procurato danni alla merce ed alle attrezzature del negozio.
Nella resistenza della B. il giudice di primo grado accoglieva la domanda e la condannava al pagamento di Euro 1.600,00 oltre accessori.
Il tribunale di Genova, quale giudice di appello, rigettava la domanda applicando la clausola numero 7 e del contratto di locazione.
Il ricorso si articola in quattro motivi.
Resiste con controricorso B.T..
1. Il Tribunale, quale giudice di appello, ha ritenuto che la B. non dovesse rispondere dei danni riportati all’immobile condotto in locazione dalla Z. sul rilievo che la clausola n.7 del contratto prevedeva che la conduttrice non poteva pretendere, e pertanto vi rinunciava,indennità per danni causati da eventi atmosferici, alluvioni terremoti, da rotture di condutture, da macchie di umidità, da infiltrazioni d’acqua derivanti dal tetto di copertura o da altre parti del fabbricato e neppure indennità per il mancato godimento parziale o totale dell’immobile locato che poteva verificarsi in dipendenza dei lavori di restauro.
Il giudice dell’impugnazione ha ritenuto che tale clausola non avesse contenuto vessatorio e che pertanto non doveva essere approvata specificamente per iscritto, sul rilievo che le rinunzie non rientravano nelle clausole vessatorie e che secondo giurisprudenza costante, perchè una clausola potesse considerarsi vessatoria, era necessario la predisposizione da parte di uno dei contraenti di condizioni generali del contratto e che chi aveva interesse a far valere l’inefficacia della clausola in quanto vessatoria in mancanza di specifica approvazione per iscritto, doveva provare la predisposizione unilaterale da parte dell’altro contraente della clausola.
Mancando i due requisiti, cioè la natura vessatoria della clausola e la predisposizione unilaterale da parte di uno dei contraenti, la domanda doveva essere rigettata.
2. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 24 Cost. in relazione agli artt. 1418 e 1421 c.c. ex art. 360 c.p.c., c.p.c., n. 3.
3. Con il secondo motivo si denuncia violazione falsa applicazione dell’art. 1341 c.c., comma 2 in relazione all’art. 36, n. 2 sub B Codice consumatore D.Lgs. n. 06 del 2005, violazione dell’art. 1229 c.c., comma 2 ex art. 360 c.p.c., c.p.c., nn. 3 e 5.
4. Con il terzo motivo si denuncia violazione falsa applicazione degli artt. 1363 e 1371 c.c., degli artt. 1576 e 1609 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., c.p.c., nn. 3 e 5.
5. Con il quarto motivo si denuncia l’erronea liquidazione delle spese.
6. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Infatti la clausola contenuta nel contratto di locazione non è formulata in violazione dell’art. 24 Cost. e non limita la possibilità della parte di ricorrere al giudice per la tutela dei suoi diritti, ma contiene una modalità di regolamentazione del rapporto contrattuale attribuita alla libera volontà delle parti,la cui nullità o inefficacia può essere accertata dal giudice al quale alle parti interessate non è vietato di ricorrere, cosa che avvenuta nella specie.
7. Si esaminano congiuntamente il secondo ed il terzo motivo di ricorso per la stretta connessione logico giuridica che li lega e sono infondati.
Preliminarmente si osserva che il contratto in oggetto non è stato stipulato fra un professionista ed un consumatore, trattandosi di un contratto di locazione intercorso fra privati. La equiparazione che la ricorrente attua nel primo motivo di ricorso fra la qualità di locatore e quella di professionista,come delineata la figura dal codice del consumo, non ha alcun fondamento normativo.
Infatti nella locazione fra privati non v’è alcun squilibrio fra le posizioni delle parti per cui il conduttore deve ritenersi parte meno provveduta ed attrezzata da tutelare con le norme del codice del consumo. Si osserva che la qualità di conduttore e l’eventuale sua posizione di svantaggio rispetto alla locatore e già idoneamente tutelate dalle norme in materia di locazione.
8. I motivi di ricorso sono rivolti contro il punto della decisione in cui la sentenza impugnata ha negato che nel contratto di locazione figurasse una clausola vessatoria con riferimento all’obbligo del conduttore a non rivolgersi al locatore per il risarcimento dei danni derivati da una pluralità di cause tutte elencate.
Preliminarmente si conferma la decisione del giudice di appello sulla natura non vessatoria della clausola, con la specificazione che la clausola non fa altro che riprodurre dei modelli legali in materia di risarcimento del danno, in quanto mai il conduttore avrebbe potuto rivolgersi al locatore in materia di danni derivati da eventi atmosferici, alluvioni, terremoti, da macchie di umidità evidentemente derivanti da tali eventi, da infiltrazioni acqua derivanti dal tetto di copertura o da altre parti del fabbricato. Infatti il locatore non avrebbe potuto essere ritenuto responsabile di tali danni indipendenti dagli obblighi contenute nel contratto di locazione.
9.Si osserva che l’art. 1341 c.c., comma 2, stabilisce che non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore dell’autore del modulo seriale, limitazioni di responsabilità, facoltà di recesso o sospensione degli effetti del contratto o sanciscono, a carico dell’altra parte, decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o di deroga alla competenza. Si tratta di elencazione, che ha carattere tassativo e non esemplificativo (Cass. 19 marzo 2003, n. 4036), sicchè ne è esclusa l’applicazione analogica, ma non l’interpretazione estensiva. La clausola Indicata nel contratto di locazione oggetto di questo giudizio non è del genere di quelle indicate nel citato art. 1342 c.c., nè assimilabile ad alcuna di queste. Cass, Sentenza n. 15592 del 12/07/2007.
Inoltre un contratto è qualificabile “per adesione” secondo il disposto dell’art. 1341 c.c. – e come tale soggetto, per l’efficacia delle clausole cosiddette vessatorie, alla specifica approvazione per iscritto – solo quando sia destinato a regolare una serie indefinita di rapporti e sia stato predisposto unilateralmente da un contraente. Ne consegue che tale ipotesi non ricorre quando risulta che il negozio è stato concluso mediante trattative intercorse tra le parti.
Come risulta inequivocamente dal testo dell’art. 1341 c.c. e come riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte, un contratto è qualificabile “per adesione” solo quando sia destinato a regolare una serie indefinita di rapporti e sia stato predisposto unilateralmente da un contraente. Ne consegue che tale ipotesi non ricorre quando risulta che il negozio è stato concluso mediante trattative intercorse tra le parti (Cass., sez. 3, sentenza del 19 maggio 2006, n. 11757; Cass., sez. 3, sentenza del 30 gennaio 2008, n. 2110). Cass. Sentenza n. 7605 de/ 15/04/2015).
10. Il giudice di appello ha affermato che mancava la prova che il contratto fosse stato unilateralmente predisposto e tale affermazione non è smentita neanche con i motivi di ricorso.
11. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile in quanto la censura sull’entità del compenso liquidato dal giudice d’appello non è compiutamente formulata e non consente a questo giudice di apprezzarne la fondatezza. Infatti il ricorrente fa riferimento in modo incompleto solo agli onorari minimi e medi.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di spese processuali liquidate in Euro 1.400,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2016.
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