Suprema Corte di Cassazione
sezione tributaria
sentenza 4 maggio 2016, n. 8812
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIELLI Stefano – Presidente
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6145-2010 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che Io rappresenta e difende giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4/2008 della COMM.TRIB.REG. dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 14/01/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/02/2016 dal Consigliere Dott. MARCO MARULLI;
udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BARILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il 2.12.2003 l’ufficio di Bologna dell’Agenzia delle Entrate notificava all’avv.to (OMISSIS) un avviso di accertamento’ con cui procedeva a rideterminare i redditi di lavoro autonomo dal medesimo dichiarati per l’anno 1998 in applicazione dei parametri introdotti dalla L. n. 545 del 1995, articolo 3, commi 181 e segg..
Avverso la sentenza di primo grado – che aveva accolto il ricorso del contribuente in considerazione della natura presuntiva dell’accertamento paramterico e della prova contraria offerta dal medesimo mediante la produzione dello studio di settore relativo al 2001 – interponeva appello l’Agenzia delle Entrate avanti alla CTR Emilia Romagna che, in accoglimento del gravame, riformava l’impugnata sentenza. Ritenevano invero i giudici di secondo grado, che “il contribuente ha contestato gli indici applicati, ma non ha fornito alcuna dimostrazione che il reddito presunto sulla base dei parametri non esisteva o esisteva in misura inferiore”. In particolare non poteva avere “valore” lo studio di settore elaborato con riguardo alla medesima categoria professionale del ricorrente per l’anno 2001, sicche’ in buona sostanza “doveva rilevarsi che il contribuente aveva solo contestato il sistema di accertamento fondato sui parametri”, senza tuttavia precisare o documentare le circostanze che avrebbero influito negativamente sulla sua situazione reddituale per l’anno in contestazione.
Per la cassazione di detta sentenza l’avv.to (OMISSIS) promuove ricorso sulla base di tre motivi, a cui ha fatto seguire memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
Resiste con controricorso l’erario.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo di ricorso, il contribuente si duole per gli effetti dell’articolo 360, comma 1, n. 3 dell’errore di diritto in cui e’ incorsa la CTR nell’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, comma 1, lettera d), del L. n. 549 del 1995, articolo 3, commi 181 e segg., degli articoli 2727 e 2697 c.c. e dell’articolo 53 Cost., nonche’ dei principi in tema di onere probatorio, avendo essa, in chiara violazione del rubricato quadro di diritto, da un lato, giudicato legittimo, pur in presenza di scritture e dichiarazioni incontestate e regolarmente tenute, l’accertamento nella spezie operato dall’Agenzia delle Entrate “basato esclusivamente sulle risultanze dei parametri”, dall’altro ha indebitamente trasferito sul contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto sulla base dei parametri “non esisteva o esisteva in maniera inferiore”.
2.2. Il motivo e’ infondato.
La Corte, sul filo dell’insegnamento dispensato dalle SS.UU. (26635/09) e dall’adesiva giurisprudenza di questa sezione – a tenore della quale “i parametri o studi di settore previsti dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, articolo 3, commi da 181 a 187, rappresentando la risultante dell’estrapolazione statistica di una pluralita’ di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ex articolo 39, comma 1, lettera d, che deve essere necessariamente svolto in contraddittorio con il contribuente, sul quale, nella fase amministrativa e, soprattutto, in quella contenziosa, incombe l’onere di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attivita’ dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, si’ da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilita’ dello “standard” prescelto al caso concreto oggetto di accertamento” (848/16; 21136/15; 3415/15) – ha da tempo formalizzato l’opinione secondo cui “il potere di accertamento dell’Ufficio, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54 e L. n. 549 del 1995, articolo 3, una volta che l’amministrazione finanziaria abbia applicato i parametri presuntivi, personalizzati in relazione alla specifica situazione del contribuente, ed abbia soppesato e disatteso le contestazioni proposte da quest’ultimo in sede amministrativa, non puo’ ritenersi condizionato da alcun altro incombente” (25995/14; 10042/14; 6929/13). Piu’ in dettaglio si e’ chiarito che “l’ufficio che procede ad accertamento dell’imposta sui redditi ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 39, comma 1, lettera d), avvalendosi, ai sensi della L. 28 dicembre 1995, n. 549, articolo 3, comma 181, dei parametri per la determinazione presuntiva dei ricavi, dei compensi e del volume d’affari previsti dal successivo comma 184, e poi specificati dal D.P.C.M. 29 gennaio 1996, non deve apportare alcun elemento atto a confortare il proprio diverso accertamento, perche’ gli elementi considerati nell’elaborazione dei parametri stessi e l’applicazione di questi ai dati esposti dal singolo contribuente hanno gia’ i caratteri della presunzione legale, quali richiesti dall’articolo 2728 cod. civ., comma 1, e sono di per se’ idonei a fondare un corrispondente accertamento, restando comunque consentito al contribuente di provare, anche con presunzioni, la cui valutazione e’ rimessa al prudente apprezzamento del giudice, l’inapplicabilita’ dei parametri alla sua posizione reddituale” (11991/11; 25376/10; 3228/09). Ne’ nell’operare la determinazione induttiva del reddito imponibile in applicazione dei parametri di reddittivita’ elaborati in relazione a categorie omogenee di contribuenti l’ufficio rinviene ostacolo nella regolare tenuta della contabilita’, giacche’, come gia’ chiarito dalla citata pronuncia delle SS.UU., la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore non si colloca all’interno della procedura di accertamento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, ma la affianca, essendo indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui regolarita’ non impedisce dunque l’applicazione degli standard ne’ puo’ essere invocata del contribuente quale valida prova contraria rispetto al risultato reddituale induttivamente determinato dall’ufficio (6929/13).
2.3. Poste queste premesse e’ di tutta evidenza che nessun addebito puo’ muoversi in parte qua all’impugnata sentenza e, segnatamente, da quanto essa stimato in ordine all’efficacia probatoria dell’accertamento standardizzato, risultando immune da censure, in ragione della sua adesivita’ ai principi diritto sopra richiamati, l’affermazione secondo cui, a fronte del risultato reddiale determinato dal fisco in applicazione dei parametri di cui alla L. n. 544 del 1995, articolo 3, commi 181 e segg., era onere probatorio, che la parte avrebbe potuto assolvere senza limitazioni di facolta’ e senza vincoli rispetto alla pregressa fase istruttoria, dimostrare che il reddito presunto “non esisteva o esisteva in misura minore”, in difetto del che la valenza presuntiva dei parametri mantiene immutata la propria efficacia e legittima di per se’ stessa il susseguente accertamento senza bisogno di ulteriori integrazioni.
3.1. Violazione e falsa applicazione di legge a mente dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente lamenta con il secondo motivo di ricorso, risultando nella specie violati il Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, comma 1, lettera d), la L. n. 549 del 1995, articolo 3, commi 181 e segg., il Decreto Legge n. 331 del 1993, articoli 62-bis e segg., gli articoli 2727 e 2697 c.c. e gli articoli 24 e 53 Cost., nonche’ i principi in tema di onere probatorio anche in relazione alle circolari A.E. 74/E dell’11/9/2002 e 25 del 14/3/2001, vero che, contrariamente a quanto affermato dalla CTR in punto di onere della prova, i documenti contabili ossia le dichiarazioni fiscali dal medesimo prodotte in giudizio “stanno appunto a testimoniare la reale capacita’ reddituale del contribuente”, mentre in ordine alla facolta’ del contribuente di provare con ogni mezzo la sua effettiva situazione reddituale opera, come pure riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte e dalla stessa amministrazione finanziaria, la prova precauzionalmente offerta nella specie dal medesimo “consistente nelle risultanze dello studio di settore relativo agli studi legali”, in guisa delle quali, diversamente da quelle emerse in sede di applicazione dei parametri, era dimostrato come le dichiarazioni del contribuente fossero perfettamente coerenti.
3.2. Il motivo e’ fondato e la sua fondatezza determina anche l’assorbimento del terzo motivo di ricorso inteso a denunciare il vizio di motivazione non essendo dato comprendere dalla lettura della sentenza “per quali ragioni non sia stato ritenuto sufficiente a smentire l’astratto accertamento parametrico l’inequivoco risultato di conformita’ dello studio di settore” ne’ come in pari tempo si sia potuto ritenere generico l’accertamento fondato sui parametri, laddove al contrario “i parametri applicati dall’amministrazione erariale rappresentano il massimo di astrattezza e genericita’ che sia immaginabile in materia fiscale”.
3.3. Quanto al motivo accolto, vale qui richiamare – sempre ricordando con le SS.UU. sopra citate i parametri, istituiti con la finanziaria 1996 rappresentano una tappa centrale di un percorso evolutivo dell’ordinamento tributario che va dai coefficienti presuntivi introdotti nel 1989 agli studi di settore previsti dal Decreto Legge n. 331 del 1996, attivati poi progressivamente con successivi aggiustamenti nel processo di affinamento di metodi standardizzati di accertamento intesi a facilitare la lotta all’evasione fiscale e a ridurre il contenzioso tra contribuenti ed amministrazione – il consolidato indirizzo di questa Corte, in ragione del quale la naturale evoluzione che lo strumento ha conosciuto nel corso del tempo ha portato ad affermare che “l’accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri e degli studi di settore costituisce un sistema unitario, frutto di un progressivo affinamento degli strumenti di rilevazione della normale redditivita’ per categorie omogenee di contribuenti, per cui si giustifica l’applicazione retroattiva dello strumento piu’ recente, che prevale rispetto a quello precedente, in quanto piu’ raffinato e piu’ affidabile”, di modo e’ di conseguenza illegittimita’ la rettifica reddituale operata in base ai parametri di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, e L. n. 549 del 1995, articolo 3, commi 181 e 184, vigenti all’epoca dell’accertamento, nonostante la congruita’ dei ricavi dichiarati dal contribuente rispetto agli studi di settore, previsti dal Decreto Legge n. 331 del 1993, 62 bis e 62 sexies, conv. in L. n. 427 del 1993, successivamente introdotti (23554/15; 22949/14; 1843/14).
3.4. Errato e’ percio’ il contrario convincimento espresso dal giudice d’appello laddove ha disatteso l’argomento probatorio rappresentato dalla congruita’ dei ricavi rispetto allo studio di settore prodotto in giudizio dalla parte, disconoscendone genericamente “il valore”, sebbene lo studio di settore costituisca nel quadro evolutivo dei metodi di determinazione induttiva del reddito uno strumento che, per le modalita’ di formazione, nonche’ per la crescente raffinatezza delle metodologie statistiche adottate, e’ in grado di assicurare una rappresentazione della situazione reddituale del contribuente piu’ aderente alla sua concreta realta’, in ragione del che se ne giustifica appunto l’applicazione retroattiva.
4. Accogliendosi percio’ il secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata andra’ conseguentemente cassata e la causa andra’ rinviata ai sensi dell’articolo 383 c.p.c., u.c., al giudice territoriale per un nuovo giudizio.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo e dichiara assorbito il terzo, cassa, nei limiti del motivo accolto, l’impugnata sentenza e rinvia avanti alla CTR Emilia Romagna che, in altra composizione, provvedera’ pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
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