Suprema Corte di Cassazione
sezioni unite
sentenza 25 giugno 2015, n. 13144
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f.
Dott. ODDO Massimo – Presidente Sezione
Dott. RORDORF Renato – Presidente Sezione
Dott. DI AMATO Sergio – rel. Presidente Sezione
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere
Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere
Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 10412/2009 proposto da:
RCE DI (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.n.c. ora (OMISSIS), in persona dei soci accomandatari (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 411/2008 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 16/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/06/2015 dal Consigliere Dott. SERGIO DI AMATO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega dell’Avvocato (OMISSIS) e l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso con rinvio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 16 ottobre 2008 la Corte di appello di Perugia, in riforma della sentenza in data 1 dicembre 2003 del Tribunale della stessa citta’, ha rigettato l’opposizione proposta dalla ditta (OMISSIS) avverso il decreto con il quale le era stato ingiunto il pagamento della somma di lire 5.310.735, quale corrispettivo dovuto alla s.n.c. (OMISSIS) per la tenuta della contabilita’ fiscale negli anni 1993 e 1994. In particolare, la Corte di appello ha respinto l’eccezione di prescrizione presuntiva sollevata dall’opponente, osservando che l’articolo 2956 c.c., n. 2, si riferisce ai crediti dei “professionisti”, e non a quelli per prestazioni, anche latamente intellettuali, da chiunque rese, con la conseguenza che l’istituto non si applica ai crediti delle societa’ commerciali; in questo senso, secondo la Corte territoriale, soccorre anche l’insegnamento della giurisprudenza di legittimita’ (Cass. n. 5002/2002), in tema di privilegio generale ex articolo 2751 bis c.c., n. 2, secondo cui il termine “professionisti” designa i singoli professionisti, con esclusione delle societa’, indipendentemente dallo svolgimento da parte di queste ultime di una attivita’ intellettuale analoga a quella svolta dai primi.
(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo. La s.a.s. (OMISSIS), gia’ s.n.c. (OMISSIS), ha resistito con controricorso, illustrato anche con memoria.
Con ordinanza interlocutoria n. 1184 del 22 gennaio 2015, la seconda sezione civile di questa Corte ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle sezioni unite, esponendo che gli argomenti in base ai quali in passato era stata esclusa l’ammissibilita’ dell’esercizio, da parte di una societa’, di una attivita’ professionale intellettuale, tanto piu’ se “protetta” – e cioe’ il divieto Legge n. 1815 del 1939, ex articolo 2, di costituire societa’ le quali abbiano lo scopo di fornire prestazioni di assistenza o consulenza in materia tecnica, legale, commerciale, amministrativa, contabile o tributaria ed il carattere personale della prestazione previsto dall’articolo 2232 c.c. – potevano ritenersi superati dal mutato quadro normativo. Sotto tale profilo assumevano rilievo, oltre che l’abrogazione del citato articolo 2, con la Legge n. 266 del 1997, articolo 24, il Decreto Legislativo n. 96 del 2001, articolo 16, comma 1, (che ha consentito la costituzione di societa’ tra avvocati, sia pure solo nelle forme della societa’ in nome collettivo), la Legge n. 248 del 2006, articolo 2, comma 1, lettera e), (che ha abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano, con riferimento alle attivita’ libero-professionali ed intellettuali, il divieto di fornire all’utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte, tra l’altro, di societa’ di persone), la Legge n. 183 del 2011, articolo 10, (che ha ammesso la costituzione di societa’ tra professionisti per l’esercizio di qualsivoglia attivita’ professionale “protetta”, merce l’utilizzazione dei tipi della societa’ semplice, della societa’ in nome collettivo, della societa’ in accomandita semplice, della societa’ per azioni, della societa’ in accomandita per azioni, della societa’ a responsabilita’ limitata e della societa’ cooperativa), la Legge n. 4 del 2013, articolo 1, (che ha consentito l’esercizio in forma societaria delle professioni non organizzate in ordini o collegi) e la L.F., articolo 28, comma 1, (alla cui stregua possono essere chiamate a svolgere le funzioni di curatore anche “societa’ tra professionisti”).
Pertanto, l’ordinanza interlocutoria ha sollecitato l’intervento delle Sezioni Unite, perche’ “…riflettano sul se e sui margini in cui la nuova figura di professionista – siccome destinata a connotarsi anche in forma societaria sia per le professioni protette sia per le professioni non protette – si riverberi sulla nozione di professionista di cui all’articolo 2956 c.c., n. 2)”.
Dopo la fissazione dell’udienza innanzi a queste sezioni unite, la controricorrente ha presentato ulteriore memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo proposto il ricorrente ha dedotto la violazione dell’articolo 2956 c.c., n. 2, sostenendo che la norma non pone alcuna restrizione nell’interpretazione del termine “professionista”, che l’attivita’ della resistente si fonda sul lavoro intellettuale dei soci e che questo, nel caso di specie, e’ elemento essenziale e prevalente rispetto all’organizzazione dei fattori produttivi e, in particolare, rispetto all’attivita’ di elaborazione elettronica dei dati.
All’esame del ricorso si deve premettere che il credito per cui e’ causa e’ maturato dall’aprile 1993 al 31 dicembre 1994 e, pertanto, il mutamento del quadro normativo indicato dall’ordinanza di rimessione e’ totalmente successivo al momento del conferimento dell’incarico; avendo, d’altro canto, riguardo al momento di maturazione del credito, le novita’ legislative potrebbero essere apprezzate esclusivamente con riferimento alla Legge n. 266 del 1997, che ha abrogato il divieto previsto dalla Legge n. 1815 del 1939, articolo 2.
Tanto premesso, si deve osservare che la ratio della prescrizione presuntiva viene pacificamente individuata nella particolare natura dei rapporti obbligatori ai quali si applica: si tratta, infatti, almeno nella valutazione del legislatore del 1942, di rapporti rispetto ai quali l’adempimento suole avvenire senza dilazione, o comunque in tempi brevi, e senza il rilascio di quietanza scritta. Il legislatore, pertanto, sopperisce con la presunzione alla difficolta’ del solvens di fornire la prova certa del proprio adempimento. In particolare, per quanto qui interessa, l’articolo 2956 c.c., n. 2, prevede che “si prescrive in tre anni il diritto:… 2) dei professionisti, per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle spese correlative”. La prescrizione presuntiva, pertanto, e’ collegata dalla legge al “contratto che ha per oggetto una prestazione d’opera intellettuale” (articolo 2230 c.c.), come e’ reso evidente non solo dalla individuazione di una delle parti nel professionista, ma anche dalla individuazione dell’oggetto del contratto nella prestazione d’opera e dal riferimento al compenso (anziche’ al corrispettivo) ed al rimborso spese, che di tale contratto rappresentano elementi caratteristici; ne consegue che il problema della applicabilita’ della prescrizione presuntiva al credito di una societa’ di persone per prestazioni di carattere professionale deve risolversi accertando se tale societa’ puo’ essere o meno parte del predetto contratto. Infatti, cio’ che assume rilievo non e’ la tipologia in se’ del creditore (come accade, invece, ai fini del riconoscimento del privilegio previsto dall’articolo 2751 bis c.c.), ma la natura del rapporto dal quale sorge il credito. Nella fattispecie in esame, caratterizzata dal fatto che il momento genetico del rapporto obbligatorio e’ anteriore alle rilevanti novita’ legislative indicate dall’ordinanza di rimessione, deve essere data una risposta negativa al descritto interrogativo.
Invero, indipendentemente dal divieto di costituire societa’ con lo scopo di fornire prestazioni di assistenza o consulenza in materia tecnica, legale, commerciale, amministrativa, contabile o tributaria (divieto stabilito dalla Legge n. 1815 del 1939, articolo 2, ed abrogato dalla Legge n. 266 del 1997, articolo 24), la disciplina del contratto d’opera professionale, dettata dall’articolo 2229 c.c. e ss., presuppone ed implica l’esercizio individuale della professione, come e’ reso evidente soprattutto dal principio della personalita’ della prestazione e dalla conseguente necessita’ che chi si obbliga a fornire la prestazione intellettuale sia una individuata persona fisica e che l’eventuale intervento dei terzi nell’adempimento puo’ avvenire solo con le forme ed i limiti della collaborazione sostitutiva o ausiliaria prevista dall’articolo 2232 c.c.. Proprio tale disciplina, del resto, impedi’, secondo autorevole dottrina, di stabilire con un regolamento, dopo l’abrogazione del divieto previsto dalla Legge n. 1815 del 1939, articolo 2, i requisiti per l’esercizio in forma societaria delle attivita’ dirette a fornire prestazioni di assistenza o consulenza in materia tecnica, legale, commerciale, amministrativa, contabile o tributaria.
Ne consegue che negli anni 1993 e 1994, nei quali si e’ svolta l’attivita’ per la quale e’ richiesto il corrispettivo, non era possibile, in difetto di una deroga esplicita o implicita alla disciplina codicistica, conferire ad una societa’ incarichi per lo svolgimento di una attivita’ professionale, utilizzando il contratto di prestazione d’opera professionale. Ulteriore conseguenza era quella della necessita’ di distinguere tra le attivita’ riservate alle c.d. professioni protette, cioe’ a quelle professioni organizzate ordinisticamente, e le altre attivita’. Per le prime, infatti, l’attivita’ era riservata al professionista iscritto all’albo professionale e poteva essere oggetto soltanto di un contratto d’opera professionale; per le seconde l’incarico poteva essere conferito anche ad una societa’, ma utilizzando uno strumento contrattuale diverso da quello del contratto d’opera professionale, riservato alle persone fisiche.
Nella specie l’attivita’ espletata dalla odierna controricorrente aveva ad oggetto la tenuta della contabilita’, con prestazioni amministrative, contabili e tributarie. Si trattava, pertanto, di attivita’ all’epoca non riservata a professione protetta, come stabilito invece successivamente dal Decreto Legislativo n. 139 del 2005, e comunque comprensiva anche della attivita’ materiale di elaborazione dati, non inclusa tra quelle poi riservate ai commercialisti ed agli esperti contabili. Ne consegue che la tenuta delle scritture contabili poteva essere affidata ad una societa’ di persone, ma con contratto diverso dal contratto d’opera professionale, riservato alle persone fisiche. Nella specie, quindi, non trovava applicazione la prescrizione presuntiva.
Si deve, in conclusione, affermare il seguente principio di diritto: “la prescrizione presuntiva triennale del diritto dei professionisti, per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle spese correlative (articolo 2956 c.c., n. 2), trova la sua giustificazione nella particolare natura del rapporto di prestazione d’opera intellettuale dal quale, secondo la valutazione del legislatore del 1942, derivano obbligazioni il cui adempimento suole avvenire senza dilazione, o comunque in tempi brevi, e senza il rilascio di quietanza scritta. Ne consegue, in un regime nel quale il contratto d’opera professionale sia caratterizzato dalla personalita’ della prestazione, non solo che ad una societa’ puo’ essere conferito soltanto l’incarico di svolgere attivita’ diverse da quelle riservate alle professioni c.d. protette, ma anche che deve necessariamente essere utilizzato uno strumento diverso dal contratto d’opera professionale e che percio’ alla societa’ non puo’ essere opposta la prescrizione presuntiva triennale”.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese di lite liquidate in euro 2.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali, IVA e CP.
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