Cassazione 10

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 24 giugno 2015, n. 13132

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere

Dott. MANNA Felice – Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) ((OMISSIS)), rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso, dagli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, pressi cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e’ domiciliato per legge;

– resistente –

per la cassazione dell’ordinanza della Corte d’appello di Trento, depositata il 13 novembre.2013 (R.G. n. 173/13 V.G.);

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 maggio 2015 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti.

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il precedente relatore designato alla trattazione del ricorso ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c.: “… 1. Con ordinanza 13/11/2013 (del) la Corte di Appello di Trento rigettava l’opposizione proposta dall’avv. (OMISSIS) (avverso) il decreto con il quale la Corte di Appello aveva rigettato la sua domanda di liquidazione del compenso a difensore di ufficio di persone irreperibili. La Corte di Appello, con l’ordinanza oggetto di ricorso rigettava l’opposizione rilevando:

– che le persone difese dal difensore di ufficio, che erano domiciliati presso il suo studio, si erano rese irreperibili di fatto in un momento successivo ai contatti diretti avuti dal difensore con gli stessi durante il procedimento relativo alla custodia cautelare;

– che pertanto il difensore aveva avuto la possibilita’ di esercitare la pretesa di pagamento dei compensi e di conseguenza non ricorreva il presupposto richiesto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 117, per la liquidazione del compenso in quanto il difensore non aveva dimostrato di avere esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti.

L’avvocato (OMISSIS) ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo.

Il Ministero della Giustizia si e’ costituito con l’Avvocatura Generale dello Stato, senza depositare controricorso.

2. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione ed erronea applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 116 e 117, e l’omesso esame del fatto decisivo relativo all’irreperibilita’ di fatto degli imputati.

Il ricorrente sostiene che le ragioni poste a fondamento del rigetto della sua opposizione al diniego di liquidazione sono giuridicamente irrilevanti perche’:

non rileva che l’irreperibilita’ di fatto si sia verificata dopo i contatti con il difensore in quanto la condizione di irreperibilita’ deve essere verificata al momento in cui la pretesa diventa azionabile; nella specie l’irreperibilita’ si era verificata sin dalla scarcerazione degli imputati;

– non rileva che gli imputati avessero eletto il domicilio presso il difensore in quanto l’elezione di domicilio ha la funzione di agevolare le notifiche, ma non incide sul fatto dell’irreperibilita’ e non e’ idonea a provare la presenza del soggetto nel luogo in cui ha eletto domicilio, tanto che le notifiche andrebbero eseguite presso il difensore anche se questi rifiutasse l’elezione di domicilio.

Il ricorrente aggiunge che gli assistiti erano di fatto irreperibili in quanto qualificati da Carabinieri di Rovereto senza fissa dimora e che dopo la scarcerazione si rendevano irreperibili anche per le forze dell’ordine (il riferimento e’ ad un verbale di vane ricerche del 9/6/2011) Con ordinanza del 13/11/2013 la Corte di Appello di Trento decidendo sull’opposizione a decreto con il quale era stata rigettata l’istanza di liquidazione, rigettava l’opposizione ritenendo che siccome gli assistiti si erano resi irreperibili di fatto in un momento successivo ai contatti diretti avuti con il loro difensore durante il procedimento cautelare e siccome essi erano domiciliati presso lo studio dello stesso avvocato (OMISSIS) sin dal momento della loro scarcerazione, non ricorresse la fattispecie prevista dall’articolo 117 DPR 115/2002 e che pertanto il difensore avrebbe dovuto dimostrare di avere esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti.

L’avv. (OMISSIS) ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo.

Il Ministero della Giustizia, rappresentato dall’Avvocatura Generale dello Stato, si e’ costituito senza proporre controricorso, ma chiedendo il rigetto del ricorso e sostenendo che la motivazione era adeguata e immune da vizi.

2. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione ed erronea applicazione degli articoli 116 e 117 DPR 115 del 2002 e l’omesso esame in ordine all’irreperibilita’ di fatto, decisiva per la decisione.

2.1 Il motivo e’ fondato nei limiti di cui infra. La Corte di Appello ha posto a fondamento della decisione reiettiva due circostanze (i contatti diretti avuti dagli assistiti con il difensore durante il procedimento cautelare e la domiciliazione presso l’avvocato). Queste circostanze non sono pertinenti rispetto alla nozione di irreperibile di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 117, alla luce dell’interpretazione della norma quale emerge dalla recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. 20/7/2010 n. 17021) che qui si condivide, secondo la quale il Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 117, non specifica la significazione del termine “irreperibile” e non richiama espressamente gli articoli 159 e 160 c.p.c., sicche’, non chiarisce se “irreperibile” e’ solo il soggetto che tale sia stato dichiarato nel corso del procedimento penale con apposito decreto del giudice, ovvero anche la persona che, pur rintracciata nel procedimento penale, venga successivamente a trovarsi in una situazione di sostanziale irrintracciabilita’.

Soccorre, quindi, la ratio sottesa al combinato disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 116 e 117, cit. per la quale il difensore e’ tenuto ad esperire le procedure per il recupero dell’onorario e delle spese, non potendo queste essere poste a carico dell’erario solo per l’assunzione officiosa dell’incarico professionale, se tali procedure non sono possibili perche’ se il debitore non a’ rintracciabile e’, appunto, irreperibile, non puo’ esigersi che il difensore esperisca alcuna attivita’ in tal senso, questa essendo del tutto vanificata da tale condizione del debitore medesimo, e le spese, in tal caso, vanno poste a carico dell’erario, che “ha diritto di ripetere le somme anticipate da chi si e’ reso successivamente reperibile”. Ne discende che la condizione di “irreperibilita’” afferisce ad una situazione sostanziale, di fatto che, rendendo irrintracciabile il debitore, impedisca di effettuare procedura alcuna per il recupero del credito professionale.

Questa Corte, nel richiamato precedente ha inoltre osservato che a tale conclusione induce anche la considerazione che la irreperibilita’ deve sussistere al momento in cui il creditore e’ in grado di azionare la sua pretesa e se a quel momento il procedimento penale si e’ gia’ concluso e non si faccia questione alcuna in sede di esecuzione, non e’ dato al giudice emettere piu’ alcun decreto ex articolo 160 c.p.p.; la diversa tesi comporterebbe la conclusione – non conforme ai principi costituzionali – che se l’indagato, imputato o condannato non sia stato formalmente dichiarato irreperibile nel procedimento penale e tale si sia reso dopo la conclusione dello stesso, nessun compenso spetterebbe al difensore pur non essendo questi in grado di esperire alcuna procedura recuperatoria nei confronti di quel soggetto. Non si tratta, quindi, di apprezzare la diversita’ tra gli istituti di cui all’articolo 159 c.p.p., e all’articolo 161 c.p.p., comma 4, ma di accertare se il debitore fosse sostanzialmente irrintracciabile, anche in mancanza di un formale decreto ex articolo 160 c.p.p., sicche’ non e’ esigibile da parte del difensore istante alcuna previa procedura intesa al recupero del credito professionale, tenuto conto anche della sostanziale equiparazione quoad effectum tra la irreperibilita’ formalmente dichiarata ex articolo 159 c.p.p., e quella presunta ex lege ai sensi dell’articolo 161 c.p.p., comma 4 (in tal senso v. anche Cass. pen. n. 32284 del 2003).

Con l’interpretazione qui sostenuta non si estende l’articolo 117 cit. ad ipotesi estranee al concetto di irreperibilita’.

Anche nella giurisprudenza delle sezioni penali di questa Corte (v. quarta Sezione n. 4153 del 2007) si e’ affermato il principio di diritto per cui “la condizione di irreperibilita’ del patrocinato alla quale il Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 117, subordina la liquidazione degli onorari e delle spese di difesa a carico dell’Erario, afferisce ad una situazione sostanziale e di fatto che e’ indipendente dalla pronunzia processuale di irreperibilita’, ma attiene al fatto della non rintracciabilita’ al momento in cui la pretesa creditoria diventa azionabile, fatto che impedisce di effettuare qualunque procedura per il recupero del credito professionale (cfr. anche Cass. 17021/2010 gia’ citata).

Pertanto appaiono del tutto non pertinenti, quanto ai criteri da seguire per stabilire l’irreperibilita’ ai sensi del citato articolo 117, il fatto, meramente formale, dell’elezione del domicilio presso il difensore o che l’irreperibilita’ sia successiva ai contatti diretti avuti con il difensore durante il procedimento cautelare (circostanze poste invece a fondamento della decisione). A tal fine il giudice della liquidazione (in questo caso il giudice investito dell’opposizione) deve accertare se, trattandosi di soggetti stranieri, il difensore, prima di richiedere il compenso con la procedura ex articolo 117, Decreto del Presidente della Repubblica cit., abbia assolto l’onere, su di lui incombente al fine (di) considerare irreperibile di fatto i predetti soggetti:

Nel caso in cui i loro dati anagrafici siano conosciuti con sicurezza (pertanto senza necessita’ di particolari ricerche o attivita’ che non siano esigibili da un normale creditore) sara’ onere dell’avvocato esperire ricerche a mezzo di accertamenti, anche tramite l’ufficio stranieri della Questura, onde stabilire se sussista irreperibilita’ nel senso sopra precisato.

A questi principi ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., dovra’ uniformarsi il giudice del rinvio.

3. In conclusione il ricorso puo’ essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli articoli 380 bis e 375 c.p.c., per essere dichiarato manifestamente fondato”.

Considerato che il Collegio condivide la proposta di decisione, alla quale, del resto non sono state rivolte critiche di sorta;

che, dunque, il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione del provvedimento impugnato, con rinvio alla Corte d’appello di Trento perche’, in diversa composizione, proceda a nuovo esame dell’opposizione;

che al giudice di rinvio e’ demandata altresi’ la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa, il provvedimento impugnato e rinvia., anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Trento, in diversa composizione.

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