Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 30 ottobre 2014, n. 45090

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE ROBERTO Giovanni – Presidente
Dott. CONTI Giovanni – Consigliere

Dott. LEO Guglielmo – Consigliere

Dott. CITTERIO Carlo – rel. Consigliere

Dott. FIDELBO Giorgio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 1429/2013 GIP TRIBUNALE di ANCONA, del 30/05/2013;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CITTERIO CARLO;

sentite le conclusioni del PG Dott. FRATICELLI Mario, per l’annullamento con rinvio.

CONSIDERATO IN FATTO
1. (OMISSIS) ha definito con sentenza di applicazione della pena, deliberata dal GUP di Ancona il 9.3.2011, imputazioni di usura ed estorsione, in continuazione.
Quanto al delitto di usura, questa era l’imputazione: con piu’ azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, si faceva promettere da (OMISSIS), in corrispettivo della espletata prestazione di danaro in favore della predetta di euro 5.000, interessi usurari, in particolare circa euro 70.000 per 11 mesi , dall’agosto 2009 al 22 luglio 2010. Dal capo di imputazione relativo all’estorsione si apprendeva che la persona offesa era stata costretta a consegnare al (OMISSIS) la somma di euro 1.000 in contanti e due assegni bancari (rispettivamente recanti gli importi di euro 31.000 e 9.000) .
Adita dal ricorso del procuratore generale distrettuale, altra Sezione di questa Corte con sentenza 7.11.2012-21.2.2013 n. 8451/13 annullava tale deliberazione limitatamente all’omessa decisione sulla confisca, ex articolo 644 c.p., u.c., con rinvio al Tribunale di Ancona per la relativa pronuncia. Con sentenza 30.5-7.6.2013 il GUP di Ancona disponeva la confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro beni ed utilita’ per un importo pari ad euro 64.500,00. Spiegava tale quantificazione muovendo dalla somma effettivamente consegnata dal condannato (5.000,00 euro), da quella corrispondente agli interessi pattuiti (70.000,00 in undici mesi), dalla sottrazione degli interessi giudicati fisiologici nel 10% (quindi 500,00 euro): la somma di euro 64.500,00 doveva pertanto considerarsi quella indebitamente pattuita a titolo di interessi usurari .
2. Ricorre l’imputato, enunciando due motivi:
– inosservanza dell’articolo 644 c.p., u.c. e articolo 627 c.p.p., comma 3: la deliberazione sarebbe abnorme, perche’ il condannato non avrebbe mai percepito, direttamente o indirettamente, gli interessi pattuiti: la somma in contanti di 1.000 euro (che secondo il ricorrente riguarderebbe il diverso delitto di estorsione) afferirebbe al capitale prestato, gli assegni sarebbero stati privi di copertura e comunque mai incassati, da qui l’assenza di alcuna utilita’ economica e di alcun profitto come conseguenza della propria condotta e, quindi, l’illegittimita’ della disposta confisca;
– inosservanza dell’articolo 426 c.p.p., comma 3, per la mancanza o incompletezza nel. dispositivo dell’elemento essenziale dell’indicazione dei beni che dovrebbero essere oggetto di confisca.
3. Il procuratore generale in sede ha presentato conclusioni scritte per l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Il ricorso e’ fondato nei termini che seguono.
Il secondo motivo (relativo alla mancata preventiva indicazione nel dispositivo dei beni da confiscare) e’ manifestamente infondato, trattandosi di accertamento e determinazione che, quando come nella fattispecie non siano gia’ immediatamente individuabili ex actis beni aggredibili, puo’ trovare concretizzazione fisiologica nella fase esecutiva, che garantisce comunque l’idoneo contraddittorio.
Il primo motivo e’ fondato. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, la nozione di profitto confiscabile del reato s’identifica con il vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dall’illecito presupposto e il profitto e’ individuabile soltanto in un effettivo arricchimento patrimoniale acquisito e non nella semplice esistenza di un credito, per cosi’ dire, virtuale , in quanto non riscosso (Sez. 6?, sent. 27746/2010; cfr. anche SU sent. 26654/2008). Oggetto della . confisca possono essere, oltre che il denaro e altri beni e utilita’, anche i titoli di credito, sia con riferimento alla materiale identita’ cartolare che ai diritti in essi incorporati o che da essi derivano (Sez. 2 , sent. 35969/2009; Sez., sent. 18343/2011).
Il Giudice del merito pare aver sovrapposto l’aspetto della consumazione del reato di usura (che secondo la stessa lettera dell’articolo 644 c.p., si perfeziona anche con la mera pattuizione degli interessi usurari, la cui eventuale concreta successiva percezione sposta in avanti il momento consumativo, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimita’) con quello dell’individuazione dello specifico profitto ricavato dalla condotta illecita concretamente contestata, sostanzialmente facendo coincidere quest’ultimo con gli interessi (solo) pattuiti, a prescindere dal concreto loro pagamento, parziale o totale. Da qui la quantificazione in 64.500 euro, secondo i parametri di cui si e’ dato conto al primo paragrafo.
Dalla stessa narrazione dei fatti contenuta nel provvedimento impugnato emerge pero’ che a fronte di un prestito di 5.000 euro la persona offesa ha consegnato la somma in contanti di 1.000 euro e due assegni bancari per il complessivo importo di euro 40.000. Nulla riferisce la sentenza in ordine alla sorte di tali titoli.
Per determinare l’effettivo arricchimento che, secondo i principi appena richiamati, configura lo specifico profitto nella fattispecie de qua, deve pertanto aversi riguardo esclusivamente alla somma in contanti ed agli importi recati dai titoli, nonche’ alla somma ricevuta in prestito (ove dagli atti altro non risulti). E’ quindi indispensabile l’accertamento sulla sorte dei titoli, atteso che, in ragione di quanto osservato prima, essa influisce per quantificare il profitto e determinare anche l’oggetto dell’eventuale confisca (posto che, appunto, anche i titoli di credito non utilizzati/riscossi possono essere oggetto della medesima).
Sul punto si impone pertanto l’annullamento con rinvio per nuovo giudizio, che si atterra’ ai principi di diritto sopra ricordati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Ancona per nuovo giudizio.

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